Loredana Becherini - Poesie

Sotto la pioggia

 

Era così che immaginavo. Fili di pioggia

cortina a nascondere le strade lontane

incrociantisi là oltre le case oltre

i tetti evanescenti in difformi misure

occhi abbassati al selciato

spalle incassate in futili pensieri

- schivare la pozzanghera e chissà

se farò tardi all’appuntamento – si avvera.

Ma poi che significa un’ora in più  o in meno

di attesa – non è educato fare aspettare –

o di vita? Forse dovevo agire altrimenti

in ogni occasione del mio tempo forse.

Ora sì devo alzare la testa devo offrirmi

col volto a questa pioggia lava pur se è grigia

gli occhi – li socchiudo li apro li spalanco -

lava le pupille lava la mente i ricordi

lava il male che ho dentro scorre via.


 

Granchiolini

 

Quei piccoli granchi furtivi

da sotto rocce affogate affiorano

con trasversali movenze

esplorano pozze di sale

appiattiti sul fondo ristanno

cauti in perfetta mimesi

dentro spazi conquistati

di circoscritte ricerche

finché un’onda non giunge che li svelle

da inerti sicurezze e lontano

li scaglia. Così in me stessa raccolta

un turbine m’investe scivolano

dal contratto silenzio della mente

scalzate le certezze razionali.

E faccio professione

d’inesausta solitudine

mentre sono sbalzata via lontano.



Pennellate

 

Con dita ingegnose alacremente stasera

scomponi la materia duttile dell’esperienza

spezzetti le sequenze e le riplasmi

poi collochi i frammenti – pennellate pastose –

sulla tela della tua vita immaginaria.

 

Ora ti fai un poco indietro e in prospettiva osservi

come sprazzi di luce scrivano il colore

di forme arcuate su grumi di giorni radiosi   

e smontino le immagini delle ore più oscure

e il pulviscolo – nebbia sottile di oblìo –

si posi a sfuocare contorni definiti di ricordi.

 

Soltanto adesso comprendi forse

che non potevi mutare le linee del disegno

ma la trama di tela che affiora dal colore

ti dà il senso del tutto e l’essere dentro i tuoi giorni

in questa luce morbida del tramonto.



Eclisse

 

Il drago si mangia la luna. Rosata sfaldata consunta

disfacentesi luce. A decrittare le stelle

leggevo le galassie e mi stupivo che fossero

così lucidi gli astri dove lo sguardo si frangeva

contro l’orlo del cielo. Era un riparo ove perdersi

nel vallo scavato di una nuova frontiera

da attraversare oscillando sul bordo delle parole.

Le parole che hanno scritto la mia storia

non sono più quelle pronunciate – di quel suono

mi sento spossessata – scompaio con la luna                    

forse. Perché con potenti incantesimi                               

le maghe tessali la trassero dal cielo.



Giardino d’inverno


“Busca su perfil seguro
y el sueño lo desorienta.”               
Garcia Lorca

Lungo la solita strada
proprio svoltato l’angolo
in mimesi di nebbia azzurrina
il cancello.
Lui mi ha lasciato la chiave
acquistata in passato
da un rigattiere di sogni.
Dentro – un angusto vialetto
bordato di rose sfiorite
tortuosamente conduce
a prati da poco tagliati
- odore di erba nell’aria -
Sotto grappoli dolci di glicini
lui siede sulla riva
il lago vibrante d’argento
circoscrive il suo sguardo.
Non tendo le braccia a toccarlo
temo che possa svanire
soltanto da lontano
di riguardare sono paga
il suo profilo intento.


 

Innocenza

 

Il cielo bianco dispensa la neve

e divora le forme se si mischia

svaporando nel limite assente

dell’orizzonte. Protende le braccia

nel mio giardino il platano germoglia   

fiori di gelo ed il pino si adorna

di chiare meraviglie cotonina

candida a buon mercato. Sfavillare

acuto di ghiaccioli dalla gronda

investita da un turbine di vento

- ci ha raggiunto da steppe siberiane

vortice di rapina – nel crocicchio   

lentamente dal freddo sale al cuore

il sospiro del mondo e la visione

s’apre sul fremito della bellezza.

Dicotomia d’inverno spiove a me

una bianca innocenza lo sfumato

gelido della fine che rinnova

ogni piacere e pena ed ogni vita

prolunga nell’eterno suo fluire.



Bosco d’autunno

 

Foglie di sangue e di cromo sul sentiero

di questo bosco in fiamme autunnali

tremolio d’ombra filtro di rami

sottile ricamo di luce che spiove

verde oscillante nelle pupille.

Qui t’incontro quando si fa sera

fitta di argentei fili che mi avvolgono

fatti dei tuoi capelli di luna

e un frinire di grilli s’accende.

Così ascoltiamo il mistero che ci incombe

nel nero silenzio la civetta

su prede pigolanti a rapina

si getta senza un grido ghermisce  lieve

nella notte ora amara di morte

e non so che tremore mi coglie.

A te m’accosto tu mi prendi per mano.



Compagno nella pioggia

 

Mi sei compagno nella pioggia cupa dei giorni
se fulgori obliqui tagliano il cielo d’agosto
e tinna tremula una campana là lontana
tra i rombi della terra. Ai varchi delle siepi
mi attendevi silente gli occhi pieni di sogni
da trascorrere in vastità d’orizzonte – intatti –
Come siamo giunti qui per viottoli scoscesi
o labirintiche deviazioni del cammino
mi meraviglio se di tanta strada percorsa
non ricordo il tracciato e cristalli di grandine
si frammentano secchi nella mente percossa.



Cancellate stagioni

 

Ma se si avvolge in spire con diseguale

forza il tuo tempo che misuri ogni giorno

il metronomo ticchetta le scansioni

inesorabile dipana il timore

da un nucleo fisso e non dà tregua penetra

nei gesti stanchi nelle mani serrate

- bianche le nocche – a trattenere ostinate

la vita assottigliata in equilibrio

- volo radente sul filo delle ore –

Guardo il tuo volto diafano lo accarezzo

con mie parole mute appena accennati

tocchi di sguardi ed un dolore complice

cosa sarà di noi su una corda tesa

oscillante come esperti funamboli

- nessuna rete di salvataggio sotto –

quale sarà mai la misura del giorno

se stagioni cancellate annulleranno

il ciclo rassicurante dell’eterno

Ritorno. Cosa sarà di noi mi chiedo.



Stremata sorgente

 

Fremito d’autunno sospiro di betulle
mosaico bizantino lo sfondo nel bosco
mischiata fiamma di cinabro e ocra
qui scivola dalla mia stremata sorgente
il nastro sottile disperso tra i ciottoli
nell’alveo sul greto lucente scorre
ciò che resta di un corso impetuoso
sconnette i colori trascina gli sguardi
sui giorni svuotati di senso – in pace -
nell’assoluta impassibile pace
della Natura incurante di mali e tormenti.
Le stelle stanotte bucheranno il nero lassù
fioriranno magnifiche tra i rami spogli
come da milioni di anni sulla terra
forse si specchieranno nell’esile rio
che non può più cantare che scorre silente.

 

Loredana Becherini