Sotto la pioggia
Era così che immaginavo. Fili di pioggia
cortina a nascondere le strade lontane
incrociantisi là oltre le case oltre
i tetti evanescenti in difformi misure
occhi abbassati al selciato
spalle incassate in futili pensieri
- schivare la pozzanghera e chissà
se farò tardi all’appuntamento – si avvera.
Ma poi che significa un’ora in più o in meno
di attesa – non è educato fare aspettare –
o di vita? Forse dovevo agire altrimenti
in ogni occasione del mio tempo forse.
Ora sì devo alzare la testa devo offrirmi
col volto a questa pioggia lava pur se è grigia
gli occhi – li socchiudo li apro li spalanco -
lava le pupille lava la mente i ricordi
lava il male che ho dentro scorre via.
Granchiolini
Quei piccoli granchi furtivi
da sotto rocce affogate affiorano
con trasversali movenze
esplorano pozze di sale
appiattiti sul fondo ristanno
cauti in perfetta mimesi
dentro spazi conquistati
di circoscritte ricerche
finché un’onda non giunge che li svelle
da inerti sicurezze e lontano
li scaglia. Così in me stessa raccolta
un turbine m’investe scivolano
dal contratto silenzio della mente
scalzate le certezze razionali.
E faccio professione
d’inesausta solitudine
mentre sono sbalzata via lontano.
Pennellate
Con dita ingegnose alacremente stasera
scomponi la materia duttile dell’esperienza
spezzetti le sequenze e le riplasmi
poi collochi i frammenti – pennellate pastose –
sulla tela della tua vita immaginaria.
Ora ti fai un poco indietro e in prospettiva osservi
come sprazzi di luce scrivano il colore
di forme arcuate su grumi di giorni radiosi
e smontino le immagini delle ore più oscure
e il pulviscolo – nebbia sottile di oblìo –
si posi a sfuocare contorni definiti di ricordi.
Soltanto adesso comprendi forse
che non potevi mutare le linee del disegno
ma la trama di tela che affiora dal colore
ti dà il senso del tutto e l’essere dentro i tuoi giorni
in questa luce morbida del tramonto.
Eclisse
Il drago si mangia la luna. Rosata sfaldata consunta
disfacentesi luce. A decrittare le stelle
leggevo le galassie e mi stupivo che fossero
così lucidi gli astri dove lo sguardo si frangeva
contro l’orlo del cielo. Era un riparo ove perdersi
nel vallo scavato di una nuova frontiera
da attraversare oscillando sul bordo delle parole.
Le parole che hanno scritto la mia storia
non sono più quelle pronunciate – di quel suono
mi sento spossessata – scompaio con la luna
forse. Perché con potenti incantesimi
le maghe tessali la trassero dal cielo.
Giardino d’inverno
“Busca su perfil seguro
y el sueño lo desorienta.”
Garcia Lorca
Lungo la solita strada
proprio svoltato l’angolo
in mimesi di nebbia azzurrina
il cancello.
Lui mi ha lasciato la chiave
acquistata in passato
da un rigattiere di sogni.
Dentro – un angusto vialetto
bordato di rose sfiorite
tortuosamente conduce
a prati da poco tagliati
- odore di erba nell’aria -
Sotto grappoli dolci di glicini
lui siede sulla riva
il lago vibrante d’argento
circoscrive il suo sguardo.
Non tendo le braccia a toccarlo
temo che possa svanire
soltanto da lontano
di riguardare sono paga
il suo profilo intento.
Innocenza
Il cielo bianco dispensa la neve
e divora le forme se si mischia
svaporando nel limite assente
dell’orizzonte. Protende le braccia
nel mio giardino il platano germoglia
fiori di gelo ed il pino si adorna
di chiare meraviglie cotonina
candida a buon mercato. Sfavillare
acuto di ghiaccioli dalla gronda
investita da un turbine di vento
- ci ha raggiunto da steppe siberiane
vortice di rapina – nel crocicchio
lentamente dal freddo sale al cuore
il sospiro del mondo e la visione
s’apre sul fremito della bellezza.
Dicotomia d’inverno spiove a me
una bianca innocenza lo sfumato
gelido della fine che rinnova
ogni piacere e pena ed ogni vita
prolunga nell’eterno suo fluire.
Bosco d’autunno
Foglie di sangue e di cromo sul sentiero
di questo bosco in fiamme autunnali
tremolio d’ombra filtro di rami
sottile ricamo di luce che spiove
verde oscillante nelle pupille.
Qui t’incontro quando si fa sera
fitta di argentei fili che mi avvolgono
fatti dei tuoi capelli di luna
e un frinire di grilli s’accende.
Così ascoltiamo il mistero che ci incombe
nel nero silenzio la civetta
su prede pigolanti a rapina
si getta senza un grido ghermisce lieve
nella notte ora amara di morte
e non so che tremore mi coglie.
A te m’accosto tu mi prendi per mano.
Compagno nella pioggia
Mi sei compagno nella pioggia cupa dei giorni
se fulgori obliqui tagliano il cielo d’agosto
e tinna tremula una campana là lontana
tra i rombi della terra. Ai varchi delle siepi
mi attendevi silente gli occhi pieni di sogni
da trascorrere in vastità d’orizzonte – intatti –
Come siamo giunti qui per viottoli scoscesi
o labirintiche deviazioni del cammino
mi meraviglio se di tanta strada percorsa
non ricordo il tracciato e cristalli di grandine
si frammentano secchi nella mente percossa.
Cancellate stagioni
Ma se si avvolge in spire con diseguale
forza il tuo tempo che misuri ogni giorno
il metronomo ticchetta le scansioni
inesorabile dipana il timore
da un nucleo fisso e non dà tregua penetra
nei gesti stanchi nelle mani serrate
- bianche le nocche – a trattenere ostinate
la vita assottigliata in equilibrio
- volo radente sul filo delle ore –
Guardo il tuo volto diafano lo accarezzo
con mie parole mute appena accennati
tocchi di sguardi ed un dolore complice
cosa sarà di noi su una corda tesa
oscillante come esperti funamboli
- nessuna rete di salvataggio sotto –
quale sarà mai la misura del giorno
se stagioni cancellate annulleranno
il ciclo rassicurante dell’eterno
Ritorno. Cosa sarà di noi mi chiedo.
Stremata sorgente
Fremito d’autunno sospiro di betulle
mosaico bizantino lo sfondo nel bosco
mischiata fiamma di cinabro e ocra
qui scivola dalla mia stremata sorgente
il nastro sottile disperso tra i ciottoli
nell’alveo sul greto lucente scorre
ciò che resta di un corso impetuoso
sconnette i colori trascina gli sguardi
sui giorni svuotati di senso – in pace -
nell’assoluta impassibile pace
della Natura incurante di mali e tormenti.
Le stelle stanotte bucheranno il nero lassù
fioriranno magnifiche tra i rami spogli
come da milioni di anni sulla terra
forse si specchieranno nell’esile rio
che non può più cantare che scorre silente.
Loredana Becherini