Agrodolce limbo
Ed ora io vivo sospeso a metà,
tra il mondo dei sogni
e quello delle necessità.
A volte ritorni
a farmi visita,
col tuo sorriso mi confondi,
tra le pieghe delle lenzuola;
l’odore dei tuoi capelli
su cuscini di nuvola,
il calore dei tuoi seni
su un letto di mandorla.
E non capisco più
a quale dei due mondi
appartieni tu.
Urlo di silenzio
Un urlo di silenzio
giace qui in fondo al mio cuore;
ore ed ore, a contorcermi nel dolore.
Incessante strazio.
Schiacciato, sul pavimento,
m’agito, tremo; laconico sgomento.
Gravato da un peso inconsistente,
ma assai denso e resiliente.
Sbatto mani e piedi, piango;
furioso spalanco la bocca come gridando;
ma è solo una truffa, poiché tutto tace:
energiche mimiche d’agonia, prive di suoni e voce.
Cerco, invano cerco, di espellerlo,
ma quel veleno rimane in circolo,
vizioso ed ozioso, avido e verace
d’un affannato respiro, che invece richiede pace.
Ridicolo
A volte nella vita
semplicemente perdi,
ma se non hai qualcuno da incolpare
non vedi via d’uscita.
Dentro ti rimane un vuoto,
ma è così denso
che ti trascina a fondo
e il tempo, ti blocca in un limbo.
Scusa se ho cercato di odiarti,
perché il dolore era troppo
e avevo bisogno di cancellarti.
Ma tu non hai colpe e mi sento così ridicolo.
Scusa se ho tentato di offuscarti
e diluire i ricordi, anche i più belli.
Ma come scordare il tuo sorriso?
Tu eri così meravigliosa ed io così ridicolo.
Farei di tutto pur di riaverti,
anche se per un solo istante,
pur di riaccarezzarti, nuovamente,
ed aver la possibilità di respirarti.
Siano dannati quei tuoi occhi splendenti
e la tua vivacità travolgente.
Per me sei stata una droga, la più potente,
ed ora non riesco a disintossicarmi.
Per me sei stata una droga, la più sconvolgente,
e senza di te, tutto è così poco interessante.
Io che pensavo di essere diverso, speciale,
che niente potesse ferirmi o contagiare,
ma ora dalle tue labbra pende un cappio
a cui mi vorrei banalmente impiccare.
Scusa se ho pensato di ucciderti,
perché se tu non ci fossi più,
sarebbe tutto più semplice.
Ma non te lo meriti ed io son ridicolo, semplicemente.
Scusa se ho sperato di seppellirti,
le orme lasciate dai tuoi passi,
perché se anche tornassi, ormai è passato.
Tu sei poesia, magia, ed io solo un omuncolo, ridicolo.
Ma non è forse questo che fa l’amore?
Renderti ridicolo, senza alcun pudore?
Fibre d’anima
Quando t’ho incontrata,
è stato caso o destino?
Tu volevi solo un’avventura,
io invece una cura.
Ero solitario e impacciato,
ma autentico,
mentre tu sfoggiavi la loquacità
d’una grande sofferenza:
ti mostravi forte
per via del tuo passato,
ma in realtà pure tu desideravi
cure e assistenza.
Quando ti guardavo
offrivi silenzi che eludevo,
e dai tuoi occhi ti leggevo,
l’emozioni e il pensiero.
Avevamo un ritmo perverso,
ma sincronizzato,
respiri che battevano
lo stesso tempo;
i nostri baci,
così intensi e avvolgenti,
condensavano le ore
in secondi.
Quando te ne sei andata,
è stata colpa o destino?
Volevi sorrisi e non compromessi,
io ogni tassello del tuo mosaico:
pure le dure lacrime,
preludio di qualcosa che dura;
pure le imperfezioni,
sintomi d’un intima complicità;
come la tua bellezza,
un po’ ammaliatrice e ingannatrice,
ma che si disperdeva
al disotto della superficie:
il tuo volto spigoloso
e il mento piatto,
il profilo sgraziato di orecchie
celate da capelli sciolti.
Forse mai te l’ho detto,
per paura d’offenderti,
ma adoravo follemente
tutti quei tuoi piccoli “difetti”,
perdermi…
nei tuoi particolari,
perché ci ricamavo sopra
le mie emozioni.
Quale direzione?
Ero dalla nostra parte
quando ci incontrammo,
perché i silenzi tuoi
ed i silenzi miei
provenivano da stazioni diverse,
ma puntavano la stessa direzione.
Ero dalla tua parte,
quando decidesti d’andartene,
perché t’avevo ferito
e fatto carico
d’un ulteriore
scomodo bagaglio.
Son tornato dalla mia parte,
quando i gesti tuoi
t’hanno tradita,
perché mai hai voluto
condividere il viaggio,
ma il solo prezzo
del biglietto.
Ed ora son fermo al centro,
fra due binari paralleli,
proiettati su futuri diversi,
entrambi dolorosi,
ma estremamente lunghi
e in antitesi:
la consapevolezza
che dovrei scordarti
ed augurarti
un lungo viaggio,
fra mille sorrisi,
ma zero compagni;
ciò che ancor rimane
ed elude la ragione,
attraverso il tempo,
saggio maestro,
che forse mai riuscirà
a sbiadir del tutto,
ciò che per me era autentico.
Ma sia quel che sia,
nel mentre che
m’accendo una sigaretta,
perché non c’è fretta alcuna
nel recuperare
il tuo fastidioso ritardo.
Grazie…
… per esserti messa a nudo col tuo agire
ed aver rimosso ogni velo di falso
dalle tue parole.
… per avermi dimostrato che non vedi
oltre alla superficie
di ciò che conviene;
… per avermi mostrato che era un dono e non ho perso,
perché niente hai, da offrire,
oltre al sesso;
… per avermi finalmente liberato,
dalle aride catene
dell’indecisione;
… per avermi fatto versare lacrime,
un po’ dolci, un po’ amare,
di compassione.
Mi ci son lavato l’anima
e l’ho ripulita dalle scorie
del tuo leggero bianco e nero:
la mia tela emotiva,
più candida e limpida,
di come l’avevi trovata,
finalmente pronta,
per tutte le sfumature
d’un vero amore.
Dolci attenzioni
Spesso m’immagino
il ricordo d’un futuro che voglio,
ma che per il momento attendo.
Una domenica mattina,
in cui prepari un dolce,
da dietro, lento mi avvicino.
Le mie labbra sulla tua spalla:
i tuoi brividi, il mio calore;
scorro le mani sulla tua pelle,
fino ad intrecciarle colle tue:
mentre le guido con esperienza,
una ricetta che è sempre la stessa,
ma è sempre diversa,
ci amalgamiamo,
com’ingredienti di ruvida passione.
Sensibilità
Tutto… … …è amplificato,
qui dentro:
tutto è immenso e denso,
qui dentro.
Aliti leggeri,
in superficie,
ma non sento più il senso del tempo
qui dentro:
s’infrangono sulle mie pareti,
com’echi che vibrano,
entrano in risonanza,
senz’affievolirsi,
ed è assai arduo
non cercar d’arrendersi
al conforto d’un sordo esilio,
da un mondo che parla troppo.
Un fragile timpano,
ad un sol soffio,
dallo implodere.
Sguardi
Il volto tuo…
ad un respiro di distanza
dal mio…
ed è…
così intimo,
questo silenzio…
di sguardi,
che parlano
di sogni e intenzioni,
c’accarezzano l’anima
e l’accolgono,
col loro tepore.
Occhi esausti,
su corpi provati,
appena consumati,
ma sussurran timidi,
fin dentro al ventre,
d’un altro domani.
Carezze
Tra il mai e il per sempre,
c’è un mondo di favole,
infrante,
in cui son tornato a credere,
perché sei carne,
in ciò che lasci trasparire,
ma anima,
in ciò che vorresti avere…
…anche se, non lo chiedi:
perché c’hai un doppiofondo
in quel tuo cassetto,
sepolto dentro al dolore,
sigillato dal passato.
Per questo son tornato,
a credere nei sogni,
quelli romantici, da nascondere,
da sussurrare all’orecchio…
…com’invisibili carezze, al cuore.
Agrodolce limbo
Ed ora io vivo sospeso a metà,
tra il mondo dei sogni
e quello delle necessità.
A volte ritorni
a farmi visita,
col tuo sorriso mi confondi,
tra le pieghe delle lenzuola;
l’odore dei tuoi capelli
su cuscini di nuvola,
il calore dei tuoi seni
su un letto di mandorla.
E non capisco più
a quale dei due mondi
appartieni tu.
Figli (di altri figli)
Forse avrei dovuto
esser più clemente,
verso i vostri sbagli.
Rammentarmi
che anche i vostri son tentativi,
speranze e desideri.
Rammentarmi,
che pure voi,
non siete altro che figli (di altri figli).
Allora perché non ci sediamo
e mi insegni le cose, mamma,
che ancora non ho capito sull’amore:
perché sei restata, se desideravi viaggiare?
(Da te ho preso sia la forza che la fragilità.)
Allora perché non condividiamo un bicchiere di vino
e cerchiamo di ridere un po’, babbo,
così da scioglier quel tuo viso sempre severo,
solo per celare la tua profonda sensibilità.
(Da te l’ho ereditata, anche se lo nascondi.)
Solo perché gli altri non corrispondono
le stesse attenzioni, che investiamo verso di loro.
Dimmi,
hai imparato a prenderti cura di te stesso?
Urlo di silenzio
Un urlo di silenzio
giace qui in fondo al mio cuore;
ore ed ore, a contorcermi nel dolore.
Incessante strazio.
Schiacciato, sul pavimento,
m’agito, tremo; laconico sgomento.
Gravato da un peso inconsistente,
ma assai denso e resiliente.
Sbatto mani e piedi, piango;
furioso spalanco la bocca come gridando;
ma è solo una truffa, poiché tutto tace:
energiche mimiche d’agonia, prive di suoni e voce.
Cerco, invano cerco, di espellerlo,
ma quel veleno rimane in circolo,
vizioso ed ozioso, avido e verace
d’un affannato respiro, che invece richiede pace.
Andata…
Arriviamo qui in lacrime,
ma subito veniamo dissuasi
dal piangere.
All’inizio ci viene raccontato
che andrà tutto bene,
solo favole per cui combattere.
Ma nessuno dice la verità:
che la vita è anche crudeltà.
Ma oramai è tardi: siamo già in ballo
e quindi lottiamo con fede cieca,
per evitare lo stallo.
Dell’animo, nessuno
ci insegna come si cura,
in balia di noi stessi e della natura
inizia un’odissea:
una giostra di carezze,
ma fa anche un po’ paura.
Una lama a doppio taglio
che mette a nudo le nostre debolezze,
ma sa anche guarirle.
Mentre le leggi della fisica
spingono la vita con certezza
nel caos delle probabilità,
continuerei a sceglierti,
per l’eternità:
la più stupefacente incertezza.
Nostalgia
Il fiume della coscienza
scorre e scava
nella valle della memoria,
e lascia segni e solchi,
man mano che divora
la dura materia.
Quando versi lacrime,
siano esse meste o felici,
il fiume s’ingrossa,
riaffiorano i ricordi:
quei solchi vengono bagnati
un’altra volta.
E ritorna in superficie,
un’altra volta.
Niente di più
Fuori è inverno e c’è la neve;
è notte e le stelle
assistono dalle pareti a vetri.
Un calice rovesciato
e l’altro vuoto:
risate e morsi.
Stesi sul tappeto,
mentre il camino infiamma:
ci apparteniamo.
Il nostro più bello spettacolo.
Adesso sì,
che posso concedermi di morir.
Dolci attenzioni
Spesso m’immagino
il ricordo d’un futuro che voglio,
ma che per il momento attendo.
Una domenica mattina,
in cui prepari un dolce,
da dietro, lento mi avvicino.
Le mie labbra sulla tua spalla:
i tuoi brividi, il mio calore;
scorro le mani sulla tua pelle,
fino ad intrecciarle colle tue:
mentre le guido con esperienza,
una ricetta che è sempre la stessa,
ma è sempre diversa,
ci amalgamiamo,
com’ingredienti di ruvida passione.
Sensibilità
Tutto… … …è amplificato,
qui dentro:
tutto è immenso e denso,
qui dentro.
Aliti leggeri
in superficie,
ma non sento più il senso del tempo,
qui dentro:
s’infrangono sulle mie pareti,
com’echi che vibrano,
in risonanza
senza affievolirsi,
ed è arduo,
non arrendersi,
al conforto di fingersi sordo,
in un mondo, in cui tutti parlano…
…parlano troppo,
…parlano a caso.
Un timpano fragile,
ad un soffio, dall’implodere.
Carezze
Tra il mai e il per sempre,
c’è un mondo di favole
infrante,
in cui son tornato a credere,
perché tu sei carne,
in ciò che lasci trasparire,
ma anima,
in ciò che vorresti avere…
…anche se non lo chiedi:
perché c’hai un doppiofondo
nel cassetto del dolore,
sepolto dentro,
sigillato, dal passato.
Per questo, son tornato a credere
ai sogni, quelli romantici,
quelli da nascondere,
perché vorrei darti, carezze invisibili,
al cuore.
Proposta di matrimonio
Che ne dici,
se assieme impariamo
a contagiarci,
invece di influenzarci,
ad esser complici,
anziché reduci?