A ME STESSA
Scollata da me
non trovo margine.
Da me separata
mi spezzo in tutto.
Lotto, lotto,
ma, stolta,
non mi accorgo
quanto mi costa la lotta
Poi mi fermo e provo ad amarmi.
LEGAMI
Non ti lascio essere
E non mi difendo
Invece,
ti lascerò essere
ma mi difenderò.
Cosi, forse
lascerò essere anche me.
OLTRE
Sto andando oltre
perché ho capito:
Sono più forte
del mio bisogno.
ABBRACCI
E il tuo abbraccio, amico,
che contiene i battiti in eccesso.
Mi nasconde agli occhi del buio,
mi apre al tuo cuore
SPRAZZI DI LUCE
Sprazzi di luce sulla volta del ponte
Brevi attimi di vita passeggera.
Vorrei far come loro:
brillare forte e dondolando fluire
RESURREZIONE
E da allora…
Mai più un buio pazzo
Ma luce che traspare.
Non più confini chiusi
Ma spazi sconfinati
E da allora…
Ogni cuore ha un canto che l’attende.
TESTIMONI
Sopravvissuti al gas
Sopravvissuti a chi
Il gas lo ha negato
Sopravvissuti all’inferno,
alla indifferenza,
al tacito assenso.
Vissuti sopra il male
Vissuti sopra il tempo
Sopra una vita di morte
Sono qui, a ricordare
per noi affinché
poi noi niente di simile
avessimo mai a ricordare
SGOMBRIAMO (chiusura centri d’accoglienza)
Qualche piccola radicina
(una parte di me)
su terre non mie
con fatica e sudore
era scesa, piano affondata
Poi lo strappo, di nuovo,
nessuno, di nuovo,
senza volto
tra gente a me straniera,
ancora estraneo.
Senza intimità,
senza un orizzonte.
Di nuovo:
CHISSA’…
FIGLI
Non definire tuo figlio
Non etichettarlo:
la profezia si auto adempie!!!!
Lo ingabbi in stigmi che
bloccano la vita nascente
che è ancora vita informe,
incerta, indefinita.
Non dargli tu, una forma.
C’è il pericolo serio
Che il figlio si conformi.
Segui il delinearsi naturale
di un contorno
flessibile all’inizio
poi gradualmente marcato.
Asseconda, promuovi,
sostieni e intanto fai il tifo.
Ma lascia fare, lascia dire
E provare e riprovarci.
Cresci con lui
senza progettarlo con schemi rigidi.
I genitori non sono ingegneri
Ma sostenitori della vita nascente
Per come si manifesta, svolge e matura.
Amalo per quello che è
e sarà quello che deve essere
UN SALUTO ALLA MIA CLASSE QUINTA
Care ragazze/i,
nel congedarmi da voi (o siete voi che vi congedate da me?), vorrei rivolgervi un caldo invito:
- a diventare sempre più genitori di voi stessi (Erikson), insomma, a prendervi cura di voi
- a vivere una vita autentica, abborrendo al massimo la dittatura del “Si” impersonale (Heidegger)
- ad accrescere la consapevolezza di essere tanti Singoli unici e preziosissimi (Kierkegaard)
- ad incontrare l’altro nel suo volto e nel suo mistero, espressione di qualcosa di più alto (Lévinas).
È stato un piacere vivere con Voi questi tre anni, con fatiche generazionali diverse.
Spero (mi pare di sì…) che un incontro vero ci sia stato.
Da brava insegnante (colui/lei che lascia un segno) m’illudo di avervi un po’ amorevolmente “graffiato” e stimolato.
A tutti, ma anche ad ognuno, dico: ricorda!
Nel cerchio della, vita, sta sicuro, già ci sei
Basta solo che cammini con la testa e con il cuore
per trovare la giusta via da imboccare con amore.
Amore che, a proposito: è “un’arte”, dice Fromm.
Non una semplice illusione (Schopenhauer).
Anzi, una splendida realtà.
E questo, lo dico io, la vostra “Prof”.
Vi porterò nel cuore.