Lucia Fabiano - Poesie

Dedica: ““A mio padre, colui che mi ha trasmesso l’amore per la giustizia”

 

Gelso e amore

 

Non muta il pensier

Il cor si compiace

Nell’estasi di gioia

Il labbro tace.

 

L’occhio si inebria

Una lacrima scende

E colgo il frutto nell’aria

Dal ramo del gelso che pende

 

Vola lontano

Il pensiero felice

Di prender per mano

Colui che l’amore non dice.


L’inizio del viaggio

 

L’alba si fa strada

Tra i pensieri di una notte

Che protegge come una rada

L’uomo dalle tante lotte.

 

Si alza una brezza

Che muove le tende

Accarezza la bellezza

Di chi ormai nulla pretende.

 

E mentre la gente 

Affolla le strade

Una lacrime scende

Per colui che ormai è nell’Ade.

 

Niente è come prima

Il cuore lo sa già 

Ma la gente non fa rima

Con conforto e pietà.


L’estate

 

Vorrei tornare a volare

Con i pensieri della mia età

Vorrei tornare a sentirmi libera

Piantare i fiori nel mio giardino.

Vorrei saltare via trepidante

Come le goccioline di rugiada dalle foglie

Che in autunno al comparire del sole

Scivolano sull’ultimo verde

Prima di zampillare nel vuoto

Ma nella certezza che il prato le accolga

E che all’indomani si ritroveranno a scivolare su un’altra spoglia.

Vorrei volare in alto

Come quella rondine

Che attende lo sciogliersi della neve

Per portare la lieta novella… che è giunta

È giunta lei madre primavera…

Vorrei … vorrei tanto… vorrei adesso…

Un giorno mi promisero di rapirmi in estate

E da quel giorno attendo quell’estate

Ma più si avvicina e più la vorrei adesso

Perché questa attesa non ha colore

Non ha sapore non ha profumo

E solo l’attesa di un tempo che passa

Per spiccare il volo… verso i luoghi del cuore,

‘Ti rapirò in estate’…ed io attendo quell’estate.


Il tempo

 

Voglio piantate fiori con te

Voglio poi poterli cogliere per metterli sulla nostra tavola,

Voglio piantare alberi insieme a te

Per poi poterne gustare i frutti insieme

Voglio stare sull’amaca con te

Per cullarci come bambini tra le braccia della mamma

Voglio guardare il sole ed il cielo stellato con te

E vivere l’avvicendarsi delle stagioni …

Degli anni… vedere l’argento sui miei capelli che ne prende dai tuoi . ..

E specchiarmi nella luce dei tuoi occhi quando mi guardi al mattino

spettinata dalle mie idee disordinate ed insolite

Dai miei capricci che chiamano amore

Perché è da tempo ormai che io non esisto se non come la me stessa amata da te,

E tu non esisti se non come l’essere amato da me,

Perché l’essenza del tempo è nel suo valore e si possiede solo dando ad esso il vero significato,

Di quel cuore che si completa nel cuore del suo amato.


Viaggio di una guerriera

 

Parma…novembre 2014, mi resi conto che la tempesta più dura della mia vita era giunta al termine…ed io che fino ad allora avevo tenuto chiuse le imposte del mio cuore, non mi ero resa conto che fuori…mi aspettava un panorama devastante…insieme ad un enorme arcobaleno di colori….perché una giovane ed acerba guerriera alle prime armi quando combatte contro le avversità peggiori della vita…la perdita dagli affetti, il tradimento degli amici più cari e l’attacco congiunto dei nemici…ha davanti a sé solo due opzioni….la prima è soccombere e non se ne parla proprio…la seconda è farsi coraggio e lottare…e con lucida razionalità, chiudendo fuori sentimenti e dolore e lasciando che la neve cadesse copiosa nel proprio cuore e ricoprisse tutto quello che vi risiede… pian piano le ferite si rimarginano, in quel limbo di silenzi e gelo…

Finche’ una mattina di novembre, qualcosa discosta lievemente una delle imposte…forse un ramo spezzato sotto il peso della neve….non so…tuttavia un raggio di sole, entrò nel cuore della guerriera destandola dal suo sonno…ed ella senza accorgersene accennò un lieve sorriso dopo anni di gelo…e d’istinto spalancò le imposte permettendo alla luce di scaldarla dall’interno….

Poi davanti a lei si presentò quel panorama devastante…o mamma tutto da ricostruire…ma osservando meglio la guerriera scorge, che la neve sciogliendosi aveva creato spontaneamente dei piccoli ruscelli di acqua limpida…che il cielo era di un azzurro intenso…che gli alberi erano tutti in fiore e nell’aria si alzava pungente il profumo della vita…la natura rinasceva…e senti battere di nuovo il suo cuore…e pulsare nelle vene il sangue ed il calore salire sulle sue guance come quando da piccola correva nei vicoli con gli amici la domenica…

Si mise a ridere ed a piangere contemporaneamente perché la vita fa questo effetto… ma allo stesso tempo si rese conto che anche lei col suo gelo aveva mietuto vittime…alcune cadute giustamente ma altre ingiustamente…e per le seconde poco poteva fare per mettere insieme i cocci….ma armata di nuovo spirito si mette in viaggio alla ricerca di nuovi amici…nuovi posti da visitare, cercando di trovare il luogo dove mettere radici ma soprattutto, parte per conoscere sé stessa…la persona più importante, perché allora lei, la guerriera.. .”io la scrivente” mi resi conto che solo scoprendo, amando e perdonando se stessi sarebbe stato possibile accogliere nel proprio cuore gli altri, nuovi amici, qualcuno di speciale a cui riservare il posto d’onore…solo così e senza più freddezza…senza più vittime…ma in serenità, semplicità e gioia…


Aquila, maggio 2009

 

Mi cadde addosso senza cercarlo un incarico di grande responsabilità, gestire un campo di croce rossa durante l’emergenza terremoto del 2009 all’Aquila, con i volontari della mia provincia…Dio mio se ci penso…che incosciente…folle…e sfrontata ma all’epoca della guerriera c’erano solo i primi accenni di potenziale ma null’altro, quindi potei usare solo la mente ed il cuore di una trentenne inesperta ma coraggiosa. Fu un mese bellissimo i giorni si avvicendavano velocemente ed i miei occhi incrociarono migliaia di occhi, quelli pieni di paura dei terremotati, quelli pieni di coraggio dei volontari e delle forze armate…e la sera ci si ritrovava tutti insieme dopo aver riassettato la cucina da campo intorno ad una sorta di falò fantasma,  per scambiarci pareri opinioni ed energie e farci coraggio a vicenda perché in fondo in fondo avevamo tutti paura di quella terra che continuava a tremare…

La motivazione reale della mia missione però, benché nobile era estremamente più semplice…”la fuga”…come scappare da un rapporto indefinito….ebbene sì in quel periodo io vivevo un rapporto indefinito e devastante che assorbiva quasi tutte le mie energie, mentali ed interiori…un rapporto incerto che io non ero in grado di affrontare…che disastro che ero all’epoca…invece di affrontare le cose cercavo la scorciatoia più ovvia “la fuga”…ma non si può fuggire in eterno e quella fuga un giorno porterà ad una battuta d’arresto, contro un muro di sofferenze,  e i pensieri si tramuteranno in parole mai dette….perché l’orgoglio è il peggiore dei mali, tra due persone che si amano ma non parlano, e quando il silenzio si insinua sulle labbra degli amanti…allora l’amore si svilisce e diventa tormento.


La gratitudine, maggio 2017

 

Perché difendere il più debole è la missione della guerriera.

L’arrivo del nuovo parroco destò in tutti tanta curiosità ma soprattutto tanta gioia, visto che il suo predecessore tirò il suo mandato per oltre mezzo secolo nel torpore spirituale a cui avevamo fatto tutti l’abitudine.
Il suo successore, aveva un aspetto alquanto curioso e simpatico, bassino, senza capelli ma con gli occhi luminosi e pungenti. L’aria si era tinta di nuovi colori, stranamente la sera la gente aveva preso l’abitudine ad uscire di più e a fare gruppo, sorrideva, colloquiava cordialmente ed era gioiosa intorno a questa misteriosa e curiosa figura.

Ben presto, questa nuova anima rivoluzionò la parrocchia, nel suo modo di fare, nel suo modo di essere pastore di anime, ed ogni messa era gioia e la chiesa era sempre piena.

Ma il suo essere così poco attaccato al denaro, la sua sincerità e la forza che metteva nel dir no al male, ben presto lo resero impopolare a quel piccolo gruppo di persone che cercano il lucro personale ovunque, anche nella chiesa e si scatenò una vera e propria battaglia spirituale, che ben presto porterà alla separazione netta tra le anime bianche e le anime nere ed al taglio netto di determinati rapporti.
Facciamo un passo indietro, il nuovo arrivato fu come solitamente capita avvicinato in primis dai…”bravi” di turno che cercavano di tirar l’acqua al proprio mulino, i quali non avevano fatto i conti col carattere impositivo del parroco, che dotato di grande senso di giustizia e di discernimento spirituale operò una grande azione di pulizia ed iniziò a dire NO…alle pressioni malefiche acquistandosi l’ira dei bravi, dell’Innominato e del don Abbondio locale, il buon vecchio parroco arido nel cuore come la sterpaglia del deserto.

Fu così che una sera di primavera del mese si maggio, mi fermarono in piazza un gruppo concitato di persone chiedendo il mio parere sull’improvvisa decisione dello spostamento del malcapitato, a meno di un anno dal mandato, ora benché fino a quel momento, non mi ero mai più di tanto interessata ai problemi della comunità, il fatto che un giovane parroco, orfano di padre e proveniente da famiglia povera tra l’altro lontanissima da lui, dall’altra parte del mondo, venisse maltrattato perché non aveva venduto la sua anima al denaro, fu un motivo più che sufficiente per scatenare in me un innato senso di giustizia e scendere in campo per difenderlo, e per proteggere una comunità che si sentiva sbrancata da una tale imposizione.

Fu cosi che pian piano nella lotta, ognuno assunse i connotati che più rispecchiavano la propria identità interiore, a botte di lettere colloqui e mediazioni, un’intera comunità per il tramite dei suoi portavoce fece valere la propria opinione, e già questa fu una vittoria, perché la comunità è stata totalmente dormiente in mezzo secolo, mai un’espressione di disapprovazione, mai una contrapposizione alle decisioni del lucro, ora invece tutti erano pervasi dalla sete di giustizia. La guerriera si spinse al suo limite, così scoprì lati del suo carattere e della sua interiorità che non conosceva e non si è mai piegata insieme ai suoi compagni di battaglia davanti a nessun potere, purtroppo al tempo della stesura del presente la battaglia era ancora in corso quindi non sappiamo come si concluderà, ma quello che veramente conta è che quel piccolo uomo ha svegliato le coscienze di una comunità ferita di un piccolo paesino dal sud Italia, ed ha fatto emergere come il dio denaro abbia sostituito il culto del Dio vero…ad ogni livello…e che non è un abito che può mutare la natura umana…questa per quanto si cerchi di nasconderla prima o poi viene sempre a galla e si mostra agli altri.


Solo un respiro, dicembre 2007

 

Solo un respiro è l’espressione che descrive meglio il mio primo amore, quello dell’inesperienza.
Una sera di dicembre del 2007, ci riunimmo un gruppo di sognatori, nel tentativo di dar vita ad un gruppo teatrale di una piccola cittadina di provincia. Tenendo la riunione nella sala della casa canonica, che ospitava di solito i bambini al sabato, era come fare un tuffo nel passato, su quelle microscopiche sedie in legno dismesse della scuola elementare. Il mio compagno di banco, era un omone alto, possente ed impacciato, forse per la stazza, forse per il contesto…non so…, so solo che quella sera quando mi rivolse la parola, io prima di voltarmi, presi un solo respiro, un po’ scocciata, e mi girai di scatto puntandolo negli occhi.

Occhi verdi e grandi come i miei, dolci ed espressivi e fare accogliente, cavolo, mi entrò nel cuore subito, non feci nemmeno in tempo a dire il mio nome, che il mio cervello resettò ogni possibile prosieguo di conversazione che non fosse si o no.

Nei giorni a seguire ci incrociammo diverse volte ma non riuscivamo a parlare, almeno non molto e quindi la seconda parola che descrive questa storia oltre a “respiro” è “silenzio”, finché arrivato il primo dell’anno io ruppi il silenzio, proferendo con grande coraggio, parole che descrivevano un piccolo sentimento reciproco che stava nascendo, ma non ebbi molta fortuna perché entrò con prepotenza in gioco una terza parola, “ostacolo”, e ancora prima di godere di un poco di felicità arrivò un ostacolo grosso quanto una montagna ad offuscare la luce. E poi arrivò “tempo”, il tempo che trascorreva ad una velocità assurda e noi due non facevamo altro che rincorrerci, quando c’era l’uno non c’era l’altro e viceversa, tanto è vero che da un certo punto in poi smettemmo di chiederci reciprocamente una possibilità di chiarimento. Poi arriva una quinta parola… “altri”…, tutti quelli che ci conoscevano parlavano di noi…meno che noi di noi stessi…. Noi ci rincorrevamo e ci osservavamo da lontano come se fossimo uno il santo protettore dell’altro…ed in questo turbinio di confusione, la clessidra del tempo di uno dei due aveva finito i suoi granelli di sabbia e mentre le nostre anime erano giunte a due risoluzioni divergenti ma definitive entrambe,  che rimasero non pronunciate, ecco sopraggiungere la sesta parola “partenza”. Quel giorno in cui l’ultimo granello di sabbia, nella clessidra del tempo di quell’omone buono e generoso passò oltre, lasciando a chi lo amava solo un immenso dolore, lasciando al mondo solo una coppia di occhi verdi ad osservarlo, quel giorno, proprio quel giorno compivo gli anni. Ed ecco che tornò per me, di nuovo la prima  parola a chiudere il cerchio, un solo “respiro”, ancora, quello prima di cedere l’anima giù per la scala, perché in quella confusione interiore ed in quel turbinio di parole di una piccola cittadina di provincia, gli unici a non aver mai parlato, ormai non potevano farlo più e tutti i pensieri mai espressi rimasero parole mai dette, e tutti i propositi e le risoluzioni giunte, rimasero sospese nel tempo…un solo respiro…poi il mare che raccolse le lacrime un pomeriggio d’estate.

E poi la neve iniziò a cadere copiosa nel mio cuore fino a gelarne la vita completamente.


Cielo e terra 2017

 

Passeggiando tra le nuvole, la guerriera scorge nascosto sui rami di un imponente gelso una strana creatura, alta longilinea dai tratti gentili e dallo sguardo penetrante. Se ne stava lì in silenzio, seduto sul ramo più alto della pianta e subito fu notato dal luccichio della sua chioma argentea, allora la guerriera incuriosita da quella creatura così diversa si avvicinò con garbo e le rivolse la parola, disse:” buongiorno chi sei?”, e la creatura dalla chioma argentea rispose:” sono il custode del gelso…mio padre mi ha detto di star qui ad attendere l’arrivo di un angelo…ed io ormai è da tanto tempo che attendo in silenzio…ho guardato tanti occhi e conosciuto tante anime …ma l’angelo ancora non è arrivato”. La guerriera allora, si avvicinò ulteriormente attratta da quella strana risposta e domando nuovamente:” scusami ma come farai a riconoscere questo angelo, se tanta gente è passata si qua e non lo hai ancora trovato…”, allora il custode del gelso rispose:” mio padre mi ha detto che quando l’angelo sarebbe arrivato, io avrei sentito dentro di me come una forte tempesta che avrebbe spalancato le porte del mio cuore e la mia vita sarebbe stata piena di gioia”, la guerriera dalla risposta ne rimase colpita ed intenerita e decise di sporgersi ancora un po’ per poter osservare il custode negli occhi e scorgerne l’anima. Prese nuovamente la parola e disse:” scusami posso guardare il tuo volto? Io però sono sulle nuvole e tu su un ramo, quindi io mi metto a testa in giù per non cadere dal cielo e tu mi porgo la tua mano in modo che io possa vederti “, il custode di d’accordo si alzò in piedi sul ramo e la guerriera si sporse come detto…quando le mani dei due esseri si congiunsero il tocco di “familiare” aveva il profumo ed il sapore del pane caldo appena sfornato, quando i due volti si trovarono uno di fronte all’altro il custode notò che quella strana guerriera aveva due enormi occhi verdi profondi e luminosi, si senti tremare nell’anima; la guerriera vide due occhi castani come la terra in autunno che la attiravano verso il basso,  capì subito, che ben presto dalla sua nuvola sarebbe caduta e pose un’ultima domanda al custode, chiese:” un’ultima cosa poi non ti tedio più con le mie domande…ma una volta trovato questo angelo cosa succederà???”…ed il custode rispose secco:” ci ameremo per sempre nella gioia e nel dolore perché questo ci hanno lasciato come insegnamento mamma e papà…”. Finite di pronunciare queste parole l’angelo guerriero cadde dalla nuvola in braccio al custode del gelso ed una maestosa tempesta scosse i suoi rami ed i loro cuori…fu Amore…quello vero… il gelso si rinvigorì, i loro cuori furono ricolmi di gioia, ed il custode nel ringraziare il padre per avergli lasciato un albero così alto da arrivare al cielo rivolse un pensiero al suo amore e disse:” mio padre non mi aveva detto che avrei amato l’angelo della tempesta….SEO”.


Un piccolo uomo e la sua bambina

 

Un piccolo uomo e la sua bambina…questi siamo io ed il mio papà… facciamo qualche passo indietro. La guerriera nasce in un piccolo paese di provincia dimenticato dal mondo, in una famiglia molto umile. Ricordo poco dei tempi delle scuole elementari…ben poco di positivo ad eccezione della sensazione di calore umano che l’abbraccio del mio papà mi trasferiva allorquando d’inverno cadeva la neve e lui mi portava in braccio fino a scuola e mi veniva a riprendere. Poi di questo piccolo uomo ben poco ho conosciuto negli anni perché una nonna invadente aveva deciso che il rapporto tra noi figlie e quello che lui riteneva un indegno padre…si risolvesse solo in un mero trasferimento economico di stipendi ed accessori. Ma a me ed al mio papà bastava poco, bastava uno sguardo dolce per capirci, bastava attendere l’inverno e la sua bianca neve.

Dio mi fece dono di un cervello brillante su cui ho puntato tutto, scontrandomi con le preferenze e i favoreggiamenti scolastici e lavorativi, ma  mio padre mi ha sempre detto fai del tuo meglio, non mollare, sei la mia bambina…e la cosa bella era che…me lo diceva con gli occhi…orgogliosi e puri propri di un’anima libera ed onesta, non con il comune linguaggio verbale. Con gli anni crescendo però…dovetti portare il peso sociale della povertà della mia famiglia, il peso apparente della purezza di mio padre che si rifletteva su di me agli occhi del mondo come una sorta di orfanaggio morale…che lasciava passava il messaggio che non avere un padre potente socialmente ed economicamente fosse come non avercelo proprio…

Ed io lo ammetto, per tanti anni ho sofferto questa condizione interiore, fino a quando la stessa vita con le sue esperienze mi ha permesso di maturare spiritualmente, emotivamente e moralmente diventando la persona per la quale Dio aveva scelto quel papà e non un altro. Integerrima, forte, coraggiosa, pronta a difendere i deboli e gli indifesi…proprio perché il mio papà è debole ed indifeso, ho visto gli altri cedere alla seduzione del potere e della paura del più forte, ma io sono sempre riuscita a risollevarmi e ad evolvere diventando il più delle volte una colonna per gli altri, un punto di riferimento certo, perché è cosi che mio padre mi ha cresciuta è questo che mi ha trasmesso…e lo ha fatto solo…guardandomi negli occhi e sacrificandosi per me ogni giorno.

Avrei potuto avere un padre potente, spietato e forte…ma non sarei mai diventata la “guerriera” l’essere che Dio ha concepito non avrebbe mai preso forma. Oggi comprendo che la debolezza di mio padre è stata la mia forza, la sua povertà materiale la mia determinazione nel riscatto sociale, il suo essere indifeso la mia sete di giustizia. Un piccolo grande uomo che aspetta la neve d’inverno ancora oggi per poter guardare me negli occhi e suscitare il ricordo della mia infanzia e di un abbraccio tra un padre e la sua bambina.