Manuel Lucaroni - Poesie

Il ragazzo e il mare

 

Sto.

Come una tiepida barca

sul rivo di un mare in tempesta;

e lunga è l’onda, e soffocante

e crudo il cielo inquieto intorno.

In questo sporco risciacquio

di tristezza e indifferenza

è dura la virata per chi, nella vita

arèna in oblio.


 Naufragio d’amore

 

“Il tuo canto che dolce straniamento

voce profonda, sirena di tromba

mi porti lontano per mano col vento

funesto il richiamo di un mondo oltre Te”


 Scilla

 

“Scilla con gli occhi di mare

Scilla pulita, rapita in un mondo

castello, porta sommersa sul fondo

                                        -mistero-

avvolta in un manto stellare di spuma

Scilla, ti sento cantare…

allieti tempeste in un soffio di labbra”


 Inverno in fiore

 

Dammi l’ebbrezza di sorridere

Bambina, ciliegi bianchi con le labbra

Stringimi, passami intero il seme

tempo eterno stonato, qui accordato

solo per noi: io con te inverno in fiore.


 Sembrava il letto un prato

 

Sembrava il letto un prato

rigoglioso coi suoi capelli

concime, sparso nella mia terra

dal ventre, il seno

frutto proibito più maturo

 

Sembrava il letto un prato

radici intorno a me, le gambe

ansima la vita dalla bocca

- vento dolciastro m’invoca-

ogni colpo è nutrimento


 Attese e ricerche

 

Dov’è la mia regina?

L’aspetto qui, cavalcando

le nostre terre desolate;

ma non muove una foglia

non una foglia nemmeno

col vento che sembra accarezzarmi…

 

Ti aspetto Regina,

incoronata nel lontano passato

forse già in strada verso me:

potessi soltanto prenderti in braccio

posarti innalzata, null’altro

sulle nostre terre tornerebbe l’aurora…

 

Io sono già qui: perché?

E’ meta raggiunta finire all’inizio?


 Corpo e spirito

 

Troppo diverso per i diversi

troppo uguale per gli uguali

inseguo mondi inammissibili

affogo in vertigini, dall’alto

troppi pensieri, una voce che parla

controcanto che sprona: tu sei!


 Melanconia

 

“Fragile sono, cara

carta di vetro ammaccata

non basta l’oro a colmare

i vuoti in frantumi, sparsi

o forse è questo il valore:

saper di appassire e piegarsi

                                 -rugiada-

carta bagnata dal sole”


 Corpo di Donna

 

Ma un corpo di donna non sente

pressione da un mondo tetro

schiaffeggia coi fianchi poi impreca

col seno, frutti gentili e quieti

                             nelle intemperie:

un corpo di donna profuma al lamento


Estratto da “Eostre”

 

Strilla tu Diva, ch’Io non ho voce

e coraggio nell’esporre l’accaduto

nelle lande più industriali del paese,

dove cortine di cemento miste a lava

fumaioli tossenti, strade secche, spianate,

stramazzate, lasciano senz’aria …

“Hanno rapito la nostra Primavera

O peggio uccisa, forse soffocata

In un gelido quartiere residenziale dove

uomini senza pasta né forma camminano:

automi d’acciaio, o carne senza respiro.

La chiamavano Eostre la meraviglia:

Creatrice di destini fertili, destatrice di

speranze e danze, iniziavano al suo passaggio

fanciulli si destavano forza in spalle

Spinti dalla brezza al suo respiro

E un suo bacio, sulla punta della fronte

Lì rendeva fieri, liberi nel pericolo.

Cos’è successo nelle lande desolate:

hanno rapito la nostra barbara guida

inetti ora, un tempo suoi amanti

chiudono i cieli di un suo ritorno

non credono più alla vivida linfa

che un tempo sua sgorgava tra gli umani.

Cos’è successo nelle lande affollate

Hanno rapito la brillante speranza…”