Manuela Melis - Poesie

Limbo

 

Ti leghi così tanto al tuo supplizio

da sentirti vuoto quando svanisce.

Diventa così parte di te

da incastrarsi nel profondo dell’essere,

proprio lì, dove ogni tanto batte più forte il petto.

Diventa compagno di vita perché, costante, non t’abbandona.

Ma è ora che ha inizio il vero lutto: ora,

nel mezzo della tua apatia che chiami limbo,

devi risollevarti dal freddo pavimento.

Il vero dolore quando inizia?

Quando navighi tra le lacrime

con ancora negli occhi ciò che hai perso

o quando il male si trasforma in vuoto,

nella nebbia che, ora, affolla il tuo cuore roccioso?

Aggrappati e affronta la tormenta, in bilico,

sugli scogli dominanti, oppure lasciati cadere.

Abbandona la rotta, entra nel buio

e appendi il tuo dolore solitario

insieme a frammenti di roccia del tuo cuore addolorato.

Questa è la tua scelta:

perché, sì, a volte il dolore bisogna lasciarlo andare via.


Dicembre

 

Dicembre è profumo, emozione, colori.

Bianco come la neve candida che, posandosi sul naso,

mi ricorda la gioia dei dettagli più semplici.

Rosso come i tramonti sul mare, romantici, ricchi di vita,

nostalgici per l’estate oramai trascorsa,

speranzosi nell’attesa di ciò che verrà.

Azzurro come il freddo, il vento, il mare.

Azzurro torbido, offuscato dalla nebbia di stagione.

Azzurro confuso tra pensieri e cielo.

Ancora rosso, colore del Natale: quel tempo eterno

dedicato alle mancanze più crude e alla presenze essenziali.

Giallo, come le foglie appassite, stanche dalle fatiche

di un intero anno, che si abbandonano

tra le braccia della terra umida, silenziose.

Giallo come il timido sole che ogni giorno lotta

alla ricerca del proprio piccolo spazio.

E poi bianco, il bianco delle nuvole soffici

che richiamano la tenerezza dei legami più antichi.

Dicembre, tra l’autunno e l’inverno, tra il vecchio e il nuovo.

Dicembre che non sarà mai più lo stesso

dicembre, senza te.


Oltre, altrove, lontana

 

Ho un debole per gli animi rotti, cosparsi di cicatrici.

Per i ribelli, i solitari, i sopravvissuti.

Ho un debole per i cuori in frantumi,

per chi ha navigato nella tempesta del proprio dolore.

Per i poeti, i malinconici, i viaggiatori.

Ho un debole per chi è capace di godere del silenzio

e per chi, la musica, la sente nella pelle.

Per i passionali, i sognatori, i guerrieri.

Ho un debole per chi sente la paura, le emozioni, la vita.

Per chi come me non può che essere oltre, altrove, lontana

e, sentirsi sola, mai.


Malinconia

 

Malinconia non è tristezza.

Malinconia è percepire le emozioni entrar nella pelle

e viaggiare in ogni vena fino a toccarci l’anima.

È consapevolezza. È l’inquietudine

che si porta appresso colui che ha attraversato la bufera.

È quel modo burrascoso di amare e farsi amare.

Non siamo tristi, siamo sensibili

in un cassetto ben nascosto e profondo del cuore.

Per noi i colori sono più vivi e intensi,

la musica è più alta,

i tramonti più rossi e romantici.

Noi malinconici sentiamo tutto un po’ di più.

Vediamo quel qualcosa che i vostri occhi non sognano ancora.

Malinconia è arte, è l’arte di sentire la vita.


Sardegna

 

Sardegna è uno stato d’animo. È libertà.

È l’oltre sconfinante dalla storia, dal tempo e dalla geografia.

Una terra da scoprire che se ne sta lì, appartata,

tra Europa e Africa

e si svela solo a chi la sa ascoltare.

Eppure è così facile: è sufficiente voltare il capo,

dar le spalle al mare, con estrema fiducia,

per accorgersi che al di là del proprio sguardo,

che raggiunge le montagne, esiste una realtà meravigliosa

fatta di storia, profumi, tradizioni, folklore e leggende.

Sentiresti l’odore del mirto in fiore,

del pino, del lentischio, dell’elicriso.

Scopriresti l’orgoglio e la volontà

di non perdere un’identità così radicata e viscerale

nonostante anni di lotte e dominazioni,

dai romani ai bizantini, dai pisani

agli aragonesi e ai piemontesi.

Osserveresti i simboli della nostra storia:

bastioni, torri, menhir, tombe dei giganti,

complessi nuragici imperiosi.

Se facessi estrema attenzione potresti accorgerti che

il maestrale non scompiglia soltanto i capelli

ma le sue urla riordinano i pensieri,

indirizzandoti lungo la via maestra.

Conosceresti i segreti racchiusi nelle sagre dell’entroterra:

musiche, balli, costumi, maschere.

Apprezzeresti il vero artigianato:

ceramica, filigrana, pietre, coralli, cesti, coltelli.

Potresti perderti nelle zone più selvagge della Barbagia,

visitare le grotte di Nettuno, i borghi di Bosa

e Castelsardo, il Canyon di Su Gorroppu,

i murales di Orgosolo, gli asinelli albini dell’Asinara

o, semplicemente, riscoprire un luccichìo negli occhi

affacciandoti dalla Sella del Diavolo

direttamente sul Golfo degli Angeli, mentre il sole si sveglia.

Ma carpire lo spirito e la profondità di questa terra

è un’emozione che non viene concessa

a chiunque venga in vacanza, è necessario

l’occhio attento di un viaggiatore dall’animo nobile.


Immobile

 

Guardo il cielo azzurro e sereno, il mare

e la schiuma formarsi fra le onde che si scontrano,

la sabbia appiccicosa, ancora umida per la brezza della notte.

Il sole risplende mentre scalda la mia pelle

candida d’inverno, le nuvole bianche viaggiano

indomabili sopra la mia testa. Volgo lo sguardo,

sento l’abisso pervadermi, un macigno sul petto:

emozioni, lacrime, sorrisi, serenità, tristezza, pensieri.

Non sono in grado di controllarmi, non so placarmi.

Non voglio farlo, questa sono io.

È parte di me e liberandomi delle mie amozioni

mi perderei, un’altra volta, ancora.

Porto tutto con me e, immmobile, mi lascio attraversare.


Una sola volta

 

Una volta mi sono innamorata:

quell’amore puro che ti fa stare in equilibrio,

quello di chi vede il mondo sempre illuminato,

quell’amore che ti fa sentire giusta

per le strade di terre lontane e straniere.

Una volta mi sentivo così e se hai amato profondamente

una sola volta basta per tutta la vita.

Anche se tu, quelle strade, hai preferito non percorrerle,

ne hai scelto altre e, da allora, quando vedo un aereo

che decolla o due spalle che si voltano, allontanandosi,

io penso a te e a quello che ti sei portato via.

Forse non sono quella che volevi, che desideravi,

non sono quella che ti aspettavi, che immaginavi,

quella che sognavi e in cui speravi.

Ma io sono quì con tutta me stessa e tu…

tu, puoi cambiare le tue aspettative,

allungare un braccio e prendere per mano l’amore.

A volte dobbiamo permettere alla realtà

di superare i nostri sogni.


Amare o essere amati

 

Tempo fa mi chiesero:

“E’ meglio amare senza essere corrisposti

o essere amati da chi non ami?”

Ci pensai per qualche minuto ma non seppi rispondere.

Bhe, se me lo chiedeste ora vi risponderei

che, senza alcun dubbio, è meglio amare.

Lo so, fa un male cane amare qualcuno che non ricambia

il tuo amore, ma avete mai provato ad essere dall’ altra parte?

Sarà che ormai sono apatica, di ghiaccio, senza cuore,

come volete… ma non c’è partita.

L’amare ti riempie il cuore, l’anima, la vita.

L’amore per chi non ti ama ti distrugge in un modo devastante

lasciandoti solchi e cicatrici, il dolore penetra e si radica

in ogni tua cellula, in ogni tuo pensiero.

L’essere amato da chi non ami ti fa sentire vuoto,

privo di emozioni, senz’anima.

Non provi nulla, nè tenerezza, nè compassione.

Perciò preferisco amare, sentirmi viva e piena

seppure di dolore, che essere amata

in modo sterile e sentirmi completamente al buio.


A casa

 

Mi piacerebbe guardarti negli occhi

ritrovarci in uno sguardo

ritrovare me stessa.

Guardarli per ore finchè,

sfinita, abbandonerei le palpabre

al loro sonno profondo e sereno.

Vorrei sentirli posati sui miei

mentre mi stringi e sussulti

senza più attese, ansie, aspettative,

solo la pura emozione

del sentirsi di nuovo a casa.


Si vive una volta

 

Si muore una volta sola sai?

Si muore un sol giorno in tutta la vita,

tutti gli altri giorni si vive.

Il nostro corpo muore una sola volta ma, l’anima?

Quante volte si può morire dentro?

Ogni volta che muori diventi un po’ più arida,

fino a che non sentirai più nulla.

Finchè sei morto ma vivi.

L’anima funziona diversamente, vedi,

lei sa morire e sa rinascere. E’ una fenice.

Solo che si porta dietro le sue cicatrici,

quelle delle vite passate.

E ogni volta in cui rinasce ne ha di più,

sempre di più. Se le porta addosso,

dentro, appresso. Deve viverci assieme.

Per l’eternità.

Le morti sono, quindi, tante e la vita una sola.

Ma se si vive intensamente, una sola

è sufficiente per la vita.