ANIMA SOLITARIA
Tra le mura di quell’aula fredda
all’ultimo piano di quell’istituto
eri in disparte;seduta al banco giù in fondo
anima introversa e solitaria.
Ridevano di te a squarciagola a
ogni ricreazione,
lontano da occhi vigili e adulti i
tuoi compagni dal volto spavaldo;
per quel tuo capo sempre chino e
fisso sul quaderno poi ancora per
quei tuoi occhiali enormi che
mascheravano l’intero volto.
Ti aspettavano all’entrata e l’uscita della
scuola per denigrarti,insultarti a volte picchiarti;
colpivano il tuo essere fragile servandosi del
tuo aspetto buffo e goffo;
loro in sei contro te sempre sola!
Dopo un anno di percosse hai
dato voce al tuo dolore nascosto all’ombra di
un sorriso finto,solitario e amaro;
con un gesto agile e impulsivo ti
sei gettata dalla finestra di
quell’aula fredda durante la ricreazione.
Dopo il tuo lancio nel vuoto accorsero tutti
preside,coetanei e professori a osservare invano
nel cortile di quell’istituto il tuo corpo disteso a
terra avvolto in un lago di sangue privo di colpa
senza più vita.
CHIMERA
Il mio amore per te è ancestrale e
tu lo hai calpestato come un tappeto
di foglie secche cadute a terra.
Non era necessario fingere
bastava non ricambiare;
serrando le porte dei miei
sogni che ancora ci guardano
nell’eternità dei nostri abbracci
il cui volto somiglia all’essenza
della tua pelle.
Andarlo nell’anima ho
inciso il tuo nome ma
prima o poi svanirai dai
miei pensieri
i ammaliante,esecrata
chimera.
CI RINCONTREREMO
Fra strade e strade
ci separiamo e
le nostre anime
in noi perdiamo.
In questa notte
senza stelle scompare pure
la speranza;
quando ancora
senza perché l’amore
si dipinge tra noi.
Il tuo volto tace di
amarezza,
ma ancora una volta
la luce del giorno
colora il tuo sguardo
col mio sorriso.
Ti dico arrivederci,
come se piantassi
un fiore che forse
non sboccerà mai.
Ma se nel cielo
rinascerà l’alba ci
rincontreremo attraverso un
sogno che porterà il
nome delle nostre
iniziali.
IL DONO DELLA VITA
La terra è un prato fiorito!
Che deriva dalla
memoria delle speranze;
generate dall’amore
che coltiva
il dono della vita.
Petali di rose
vaganti nel
vento !
Il ritratto di
tale passione
che sfocia
nell’unione
degli esseri.
Così nella
meraviglia del
tempo il
profumo intenso di
quel fiore
appena sbocciato genera
l’immenso.
Sussegue una
catena che
contempla
l’essere primigenio.
IL MONDO DI OGGI
Ho abbassato per un istante lo sguardo;
mille frammenti di una vita sono
stati dispersi nel vento.
Vedo uomini affamati e terre
che bruciano tra le fiamme.
Vedo mari in tempesta e
navi affondare.
Vedo bambini maltrattati e
guerre in azione.
Odo voci in coro spezzate dal pianto
pregare e sperare;tra sangue che scorre e
gente che muore.
Vedo tormento,rabbia e disperazione;in
vari volti innocenti “l’uno il ritratto dell’altro”.
Vedo dolore,rabbia e frustrazione.
Lo vedo io insieme ad altri migliaia e
migliaia di sguardi.
E’ il mondo di oggi e noi lo osserviamo invano.
MERITI DI VIVERE LIBERO
Viscidi dall’arido animo,
pecore nelle vesti di lupi,
corrono in branco ossequiose poi
tampinano la debole preda.
Ermo fanciullo non permettere loro
di seviziarti!
Più della torma ti colpiscono
sguardi simili a lame affilate
di molteplici volti inerti.
Sii audace!
l’indolenza è la tua spada,
l’essere retto la tua forza,
la solitudine il tuo scudo.
Eclissa il tuo nemico ma non finirlo!
Non sei il ritratto di questo nudo fermento.
Redimiti dalle pesanti catene che
recludono il tuo essere:
“Meriti di vivere libero.”
NEL CUORE DELLA VITA
Ognuno nel cuore della vita rimane solo
tra illusioni e sofferenze che
cancellano dalla memoria ogni
gioia e spensieratezza di
un tempo senza ritorno.
Solo nel subbuglio quotidiano che
riempie i nostri giorni ostacolando
le nostre scelte.
Solo tra falsi sorrisi e
speranze insane
ritratto di una burla del
destino che quasi mai
ci tende la mano.
Solo e senza visi amici perché
nel cuore di questa vita
nessuno è amico di nessuno;
siamo tutti nemici sopratutto
di noi stessi.
SETE DI RABBIA
Si innalza il fuoco tra le
strade della città e si
vedono cocci di bottiglia dove
si graffiano bambini tra
quel muro che divide la
vita dalla pace.
Uomini armati di fucile
gridano:”E’ arrivata la guerra”;
svegliatevi gente! Ogni giorno della
nostra vita è una guerra.
Si grida e si piange il mondo è
avvolto da un’enorme
nube nera che ritrae l’umana e
implacabile sete di
rabbia.
UN GIORNO
Un giorno forse torneremo a
tenerci per mano senza trepido;
usciremo dalla nicchia delle nostre dimore,
abbracceremo con gaudio affini e propizi;
poi ancora festosamente banchetteremo
simultaneamente.
Sarà trionfo!
Sarà emancipazione!
Sarà sconfitta della pandemia!
Ma questa piaga letale e sociale,
non per contingenza vaga indisturbata e grifagna
per l’Italia avvolta in uno scialle invisibile.
La su missione e rammentare all’intera etnia
il disagio della fame e della postazione;
piegando con fermezza e brutalità anche
l’essere più individualista a rispettare
meticolosità e inerenza comune.
Un giorno forse torneremo a vivere
senza restrizioni ma e
sufficiente una quisquilia per
annientare il genere umano
. La natura è nostra madre dobbiamo
onorarla mai distruggerla.
O forse un giorno ci castigherà ancora.
UNITI CE LA FAREMO
Geme la patria tricolore dal volto infausto geme!
mentre caracolla nell’ebrezza e in ozio
la fosca penombra dal manto funesto il cui tocco mortale,
pervade la fascinosa terra e sinistra i patrioti.
E’ pandemia!
E’ subbuglio!
E’ costernazione!
Si affliggono milioni di italiani dall’animo inquieto
per lusinghe dilaniate a un avvenire irresoluto.
Meste,spoglie e loquaci sono le piazze,i borghi e
le strade dal nord al sud del nostro “stivale”,
di regione in regione da paese in paese.
La quiete apparente,maschera quella frenesia
che è inutile placare.
Si ravvisano tramonti all’ombra di frantumate bramosie;
germogliando rimpianti inconsolabili per
il periodo andante dove ognuno a modo suo
inavvertitamente scherniva.
Possibile che un demone ferino ha imposto al
singolo intelletto tale evoluzione ed ossequio?
Quanta inerenza e pluralismo si eccepisce in ciascun individuo !
Gli uni distanti dagli alti innalzando al cielo la propria spada,
arrandellando in coro:’Uniti ce la faremo!’