Marco Agrusti - Poesie

La speranza in un sogno

 

 

Resto connesso, indugio ancora un po’

cos’è che voglio davvero, io non lo so,

e quell’orizzonte virtuale, là, forse vano

mi suona strano, ma volar mi fa lontano.

 

Quello strale mi osserva fiero da lassù

lo proteggo dentro me, sì, e sempre più

volteggia, plana, accarezza il tutto

e di oblio e ruggine consacra il lutto.

 

E non sai quanto manchi, sì è così,

benedetto senso, ti si cerca tanto qui,

se vuoi la mia ancora innalzo fin là

è il tuo vento, il tuo sole, che sa di libertà.

 

Quella che sospiri, la tua infinita fantasia 

dove vivo ancora nei miei mille decolli di follia,

riaffiorando dagli abissi di un giorno ieri oscuro

la mia immagine approda in un porto più sicuro.

 

Abbraccerà una speranza che al sogno darà valore

perché è essenza, nucleo di fuoco e sempre amore,

a sua volta cantico e viatico di quel vespro siderale

dove è già il domani, figlio puro di un oggi speciale.  


Speranza di vita

 

 

Di te canto, goccia di vivida rugiada

che inerme sin qui languivi e senza speranza,

al greve stridio di sgraziati passi e d’armi

che inesorabili straziavano ogni tuo fiero intento.

 

D’affanno implorava e accorato l’estremo grido 

le spietate genti, che d’odio e negletto alloro

si cingevano le sinistre menti, ancor più dileggiando  

di cruento labaro ciò che il Supremo nel creato dispose.

 

Declina in me, fedele e nobile afflato, in questa notte 

di aureo baluginio così diletto sovente mi soccorri,

dei miei versi fomite d’amor ti invoco, suvvia librati

qui adesso ad ammantare i simili che l’avversa sorte 

d’arbitrio in nuda terra volle sempre vinti e sottomessi.


Ritratto di una illusione

 

 

Mi emoziono ancora questa notte a veder quelle stelle danzare

ingenue dame uscite dal tempo e luna sovrana, loro presentatrice,

culla antica di ogni pianeta, col suo suadente dondolio fa brillare

cornice tela e loro musa, che dell’umana impressione è forza motrice.

 

Musica vola e vira fino al suo volto solare, lei si lascia ondeggiare,

arde di un brivido vivido, nota e poi voce sicura la veste ed investe

e lei gentil qui si arrende, ma di lacrima desiste e di sorriso insiste.

 

Eccoli, finalmente, i mille rivoli cangianti e sognanti di due stelle

così belle, autrici e prime attrici del loro proscenio, non più ribelle.

 

Ora a noi, cielo sincero, ridesta il pensiero alla carezza del tuo aquilone

nel ritratto che è vita, atomo, fregio e dissolve nel tutto servo e padrone,

e tu, ebbro e fabbro di mistero, arrivi a sfiorare il volto di questa illusione? 


Dove

 

 

Dove sei, vento che da molto lontano spiri,

 

da assolato colle solitario maestoso ti ergi,

 

fuggitivi da me rendi i lunghi, tribolati sospiri

 

mentre ogni città sopita con vigore sommergi.

 

Dove sei, sole che da plumbea nube fai capolino,

 

da inabissate arcane azzurrità risplendi radioso,

 

muta ora tormento in quiete fino alle mie sponde

 

su di esse alle meraviglie del creato oggi mi inchino.

 

Ed ancora pace reca a quel mare che da ribelli onde

 

si bea agli occhi di ignare genti più che procelloso.

 

Dove sei, angelo mio custode, che di celeste aurea aura

 

nell’incerto della sera con tue carezze d’amor mi incanti

 

mente e spirito e sano intento eleva in me, sempre in avanti. 


Stella

 

 

Nell’urlo della notte ora mi destreggio, volteggio nel ricordare

 

di quei timidi brividi che accendendomi vividi mi instillavi,

 

quelle bizzarre frasi ridenti che oggi sento in me riecheggiare

 

e poi dolci carezze che abile in codice al mio cuor strappavi.

 

Strana sorte nel mutare del tempo la nostra adesso ci riappare

 

dardo e baluardo noi, autentici testimoni di quel nostro primo amore,

 

antica sponda amica, laddove il mio inquieto io strenuo ora ribolle

 

eccola, la ridente stella sorella, mi ripete che bene sempre ti volle.


Un nuovo orizzonte  

 

 

Un nuovo orizzonte, un terso firmamento

nel mio intimo han come d’incanto rievocato

fiumane di parole e turbini d’un sentimento,
mentre il fragore inerme di una silente verità
rievocano in me il ricordo di fanciulla che resterà
viva, desta dentro te, a guisa di un’ostrica curiosa 
che, gelosa, nasconde in sé la sua opale preziosa.
  
Tu sei vita, attimo, brezza sublime e soave figura
nel volo che sai puoi ora librarti desta e più sicura, 

lassù non v’è più spazio per spietate idre od avvoltoi,

vi impera il vespro silente, il canto degli occhi tuoi.

 

Né discordia, né dolore, l’universo oggi è Amore, 

e se il negletto sentire di fatui orpelli si erige tetro

allora il tuo sguardo sorride fiero da un incerto vetro.

In un giorno come questo che, come il tuo ed il mio

momento è santo, sale il nostro spirito che strenuo anela,

ancor rimiro la tua stella lassù nel cielo, al fin vedo Dio,

che per te l’itinerario della pura felicità sempre rivela.

Sovente la notte, tacita amica presente, in me ad ogni ora

 foriera di poetico afflato, in te sorgente di un’altra aurora.

 

 Dubita pure del cosmo, dell’oceano, di astri e gabbiani 

 cogli il nitido canto, e non stupirti, te ne prego, bensì

 accetta, codesto animo strano ma umile che parla tanto,

 pensa oltremodo, scrive e compone versi per suo diletto.                                                                                    


  A Maurizio

 

 

Alter destriero diletto e fedele era il tuo strale

 

da sua sella dominavi indomito lo spazio siderale,

 

e mentre fendevi i nembi più ostili del firmamento

 

ne seguivo attonito la scia maestra ogni momento.

 

Da quel giorno il sorriso del tempo fermo hai sorvolato

 

e tu virtù, onori, ambizioni, sogni e virate hai bissato,

 

lodi e trofei ed encomi ti hanno al valore riconosciuto

 

ma per me sei ancora l’uomo che da tenera età è venuto.

 

La mia preghiera, conduci me e noi che vicini ti siamo

 

alla volta di cosmici oceani che in cuor nostro bramiamo,

 

perché coesi nell’orgoglio per il tuo profondo animo impavido

 

un inno di elevato tripudio innalzeremo fino all’ultimo brivido.

 

                                                  

                                          A mio fratello, per sempre . . .


Vorrei 

 

 

Vorrei averti per mano sempre stretta

fosse anche il mio estremo pensiero, mia diletta.

 

Vorrei le gote tue soavemente lambirti

per poi dolci frasi sussurrarti, dirti.

 

Vorrei trovar quiete sul tuo pieno, serico seno

rifuggendo dal nostro vivo intimo ogni veleno.

 

Vorrei languidamente baciare più gli occhi tuoi

e meno a lungo le tue labbra, per tutto l’amor che vuoi.

 

Vorrei nel silenzio dei monti, del fuoco l’ardere

che mai cessi l’ansia, quel desiderio di non perdere

quelle carezze, quella timidezza che mi avvolgeva

allorquando il corpo mio con calore il tuo cingeva.

 

Vorrei mai e poi mai morire

e, come nello spirito degli eroi del passato,

grandi gesta con te scoprire ed ancora riscoprire

con ogni astio e grigiore e sospiro domato e debellato.


Cometa d’ Amore

 

 

Intonso discese dalle inabissate vette del tuo firmamento

 

siffatto fulgido amabile ed ancor vivissimo astro nascente,

 

ponendo soave fine ad ogni mio più piccolo struggimento

 

nuovo cantico, voce di libertà tuonava nel poema più silente.

 

 

Sovente rimembro dentro quella intensa e benevola luce amica

 

che a cercar te navigar mi faceva e naufrago di quel cielo tutto,

 

e sublime vigore e coraggio e fortezza mi infondeva ed antica

 

indomita virtù, quando mutava fraterno timor in nemico distrutto.


Se

 

 

Se il ceruleo empireo d’incanto divenisse candido nobil papiro

e tenue inchiostro il tumultuoso mare, che io ancora miro e rimiro,

fiero bramerei di entrambi cotanto idilliaco sodalizio naturale

al fin di tramare all’uopo e d’amor per te un poema magistrale.

Se il vivido sole sovrano fosse adesso di nostro cosmo intero

il perpetuo lume e suadente della saggezza e della purezza d’animo,

allora saresti tu, immensa fonte inestimabile di calor puro e vero

e la reproba mente e il negletto verbo di virtù renderesti minimo.

Se la rigogliosa acqua fosse ineluttabile oblio di vanagloria e cinismo            

sol con te tuffarmi vorrei in un caleidoscopio di serica beatitudine,

nel suo anelante riverbero vinti ed estinti siano atrocità e fanatismo

poiché trasumanerebbe d’ogni singolo mortale la propria finitudine.

Se Amor che regge il macrocosmo fosse una galassia sterminata

sì che impavido decollerei in guisa di altero strale nel tuo infinito,

eccomi, diletta direttrice di un’anima spoglia e da tua verità guidata,

con te, unica costante, tra angeliche aure ed auree ali volerò turrito.