La speranza in un sogno
Resto connesso, indugio ancora un po’
cos’è che voglio davvero, io non lo so,
e quell’orizzonte virtuale, là, forse vano
mi suona strano, ma volar mi fa lontano.
Quello strale mi osserva fiero da lassù
lo proteggo dentro me, sì, e sempre più
volteggia, plana, accarezza il tutto
e di oblio e ruggine consacra il lutto.
E non sai quanto manchi, sì è così,
benedetto senso, ti si cerca tanto qui,
se vuoi la mia ancora innalzo fin là
è il tuo vento, il tuo sole, che sa di libertà.
Quella che sospiri, la tua infinita fantasia
dove vivo ancora nei miei mille decolli di follia,
riaffiorando dagli abissi di un giorno ieri oscuro
la mia immagine approda in un porto più sicuro.
Abbraccerà una speranza che al sogno darà valore
perché è essenza, nucleo di fuoco e sempre amore,
a sua volta cantico e viatico di quel vespro siderale
dove è già il domani, figlio puro di un oggi speciale.
Speranza di vita
Di te canto, goccia di vivida rugiada
che inerme sin qui languivi e senza speranza,
al greve stridio di sgraziati passi e d’armi
che inesorabili straziavano ogni tuo fiero intento.
D’affanno implorava e accorato l’estremo grido
le spietate genti, che d’odio e negletto alloro
si cingevano le sinistre menti, ancor più dileggiando
di cruento labaro ciò che il Supremo nel creato dispose.
Declina in me, fedele e nobile afflato, in questa notte
di aureo baluginio così diletto sovente mi soccorri,
dei miei versi fomite d’amor ti invoco, suvvia librati
qui adesso ad ammantare i simili che l’avversa sorte
d’arbitrio in nuda terra volle sempre vinti e sottomessi.
Ritratto di una illusione
Mi emoziono ancora questa notte a veder quelle stelle danzare
ingenue dame uscite dal tempo e luna sovrana, loro presentatrice,
culla antica di ogni pianeta, col suo suadente dondolio fa brillare
cornice tela e loro musa, che dell’umana impressione è forza motrice.
Musica vola e vira fino al suo volto solare, lei si lascia ondeggiare,
arde di un brivido vivido, nota e poi voce sicura la veste ed investe
e lei gentil qui si arrende, ma di lacrima desiste e di sorriso insiste.
Eccoli, finalmente, i mille rivoli cangianti e sognanti di due stelle
così belle, autrici e prime attrici del loro proscenio, non più ribelle.
Ora a noi, cielo sincero, ridesta il pensiero alla carezza del tuo aquilone
nel ritratto che è vita, atomo, fregio e dissolve nel tutto servo e padrone,
e tu, ebbro e fabbro di mistero, arrivi a sfiorare il volto di questa illusione?
Dove
Dove sei, vento che da molto lontano spiri,
da assolato colle solitario maestoso ti ergi,
fuggitivi da me rendi i lunghi, tribolati sospiri
mentre ogni città sopita con vigore sommergi.
Dove sei, sole che da plumbea nube fai capolino,
da inabissate arcane azzurrità risplendi radioso,
muta ora tormento in quiete fino alle mie sponde
su di esse alle meraviglie del creato oggi mi inchino.
Ed ancora pace reca a quel mare che da ribelli onde
si bea agli occhi di ignare genti più che procelloso.
Dove sei, angelo mio custode, che di celeste aurea aura
nell’incerto della sera con tue carezze d’amor mi incanti
mente e spirito e sano intento eleva in me, sempre in avanti.
Stella
Nell’urlo della notte ora mi destreggio, volteggio nel ricordare
di quei timidi brividi che accendendomi vividi mi instillavi,
quelle bizzarre frasi ridenti che oggi sento in me riecheggiare
e poi dolci carezze che abile in codice al mio cuor strappavi.
Strana sorte nel mutare del tempo la nostra adesso ci riappare
dardo e baluardo noi, autentici testimoni di quel nostro primo amore,
antica sponda amica, laddove il mio inquieto io strenuo ora ribolle
eccola, la ridente stella sorella, mi ripete che bene sempre ti volle.
Un nuovo orizzonte
Un nuovo orizzonte, un terso firmamento
nel mio intimo han come d’incanto rievocato
fiumane di parole e turbini d’un sentimento,
mentre il fragore inerme di una silente verità
rievocano in me il ricordo di fanciulla che resterà
viva, desta dentro te, a guisa di un’ostrica curiosa
che, gelosa, nasconde in sé la sua opale preziosa.
Tu sei vita, attimo, brezza sublime e soave figura
nel volo che sai puoi ora librarti desta e più sicura,
lassù non v’è più spazio per spietate idre od avvoltoi,
vi impera il vespro silente, il canto degli occhi tuoi.
Né discordia, né dolore, l’universo oggi è Amore,
e se il negletto sentire di fatui orpelli si erige tetro
allora il tuo sguardo sorride fiero da un incerto vetro.
In un giorno come questo che, come il tuo ed il mio
momento è santo, sale il nostro spirito che strenuo anela,
ancor rimiro la tua stella lassù nel cielo, al fin vedo Dio,
che per te l’itinerario della pura felicità sempre rivela.
Sovente la notte, tacita amica presente, in me ad ogni ora
foriera di poetico afflato, in te sorgente di un’altra aurora.
Dubita pure del cosmo, dell’oceano, di astri e gabbiani
cogli il nitido canto, e non stupirti, te ne prego, bensì
accetta, codesto animo strano ma umile che parla tanto,
pensa oltremodo, scrive e compone versi per suo diletto.
A Maurizio
Alter destriero diletto e fedele era il tuo strale
da sua sella dominavi indomito lo spazio siderale,
e mentre fendevi i nembi più ostili del firmamento
ne seguivo attonito la scia maestra ogni momento.
Da quel giorno il sorriso del tempo fermo hai sorvolato
e tu virtù, onori, ambizioni, sogni e virate hai bissato,
lodi e trofei ed encomi ti hanno al valore riconosciuto
ma per me sei ancora l’uomo che da tenera età è venuto.
La mia preghiera, conduci me e noi che vicini ti siamo
alla volta di cosmici oceani che in cuor nostro bramiamo,
perché coesi nell’orgoglio per il tuo profondo animo impavido
un inno di elevato tripudio innalzeremo fino all’ultimo brivido.
A mio fratello, per sempre . . .
Vorrei
Vorrei averti per mano sempre stretta
fosse anche il mio estremo pensiero, mia diletta.
Vorrei le gote tue soavemente lambirti
per poi dolci frasi sussurrarti, dirti.
Vorrei trovar quiete sul tuo pieno, serico seno
rifuggendo dal nostro vivo intimo ogni veleno.
Vorrei languidamente baciare più gli occhi tuoi
e meno a lungo le tue labbra, per tutto l’amor che vuoi.
Vorrei nel silenzio dei monti, del fuoco l’ardere
che mai cessi l’ansia, quel desiderio di non perdere
quelle carezze, quella timidezza che mi avvolgeva
allorquando il corpo mio con calore il tuo cingeva.
Vorrei mai e poi mai morire
e, come nello spirito degli eroi del passato,
grandi gesta con te scoprire ed ancora riscoprire
con ogni astio e grigiore e sospiro domato e debellato.
Cometa d’ Amore
Intonso discese dalle inabissate vette del tuo firmamento
siffatto fulgido amabile ed ancor vivissimo astro nascente,
ponendo soave fine ad ogni mio più piccolo struggimento
nuovo cantico, voce di libertà tuonava nel poema più silente.
Sovente rimembro dentro quella intensa e benevola luce amica
che a cercar te navigar mi faceva e naufrago di quel cielo tutto,
e sublime vigore e coraggio e fortezza mi infondeva ed antica
indomita virtù, quando mutava fraterno timor in nemico distrutto.
Se
Se il ceruleo empireo d’incanto divenisse candido nobil papiro
e tenue inchiostro il tumultuoso mare, che io ancora miro e rimiro,
fiero bramerei di entrambi cotanto idilliaco sodalizio naturale
al fin di tramare all’uopo e d’amor per te un poema magistrale.
Se il vivido sole sovrano fosse adesso di nostro cosmo intero
il perpetuo lume e suadente della saggezza e della purezza d’animo,
allora saresti tu, immensa fonte inestimabile di calor puro e vero
e la reproba mente e il negletto verbo di virtù renderesti minimo.
Se la rigogliosa acqua fosse ineluttabile oblio di vanagloria e cinismo
sol con te tuffarmi vorrei in un caleidoscopio di serica beatitudine,
nel suo anelante riverbero vinti ed estinti siano atrocità e fanatismo
poiché trasumanerebbe d’ogni singolo mortale la propria finitudine.
Se Amor che regge il macrocosmo fosse una galassia sterminata
sì che impavido decollerei in guisa di altero strale nel tuo infinito,
eccomi, diletta direttrice di un’anima spoglia e da tua verità guidata,
con te, unica costante, tra angeliche aure ed auree ali volerò turrito.