Marco Santangelo - Poesie

Il Cielo di Maggio

 

Latte di riso la tua pelle

Cielo di Maggio, bianco alla vista.

Gialla ginestra chiusa nell’ armadio, un lenzuolo asciutto profuma ancora.

Cielo di Maggio ricorda parole sussurrate incomprensibili non necessarie.

È bianco alla vista come il latte di un seno che nutre

Racconta la sera che torna ancora

Racconti di anni felici

Giorni di parole tornano quando il cielo è bianco.

Copre il capo di verdi montagne

Sotto un velo fiori di campo.


 

Mio Padre

 

Erano i campi la tua scuola, libro di paglia, penna di vite, inchiostro di mosto scrive su terre da curare.

Era il fiume il tuo mare, nudo bambino bagna ferite di guerra, doveri, padroni..lava il suo corpo con sapone di erba.

Nudo quel giorno pieno d’orgoglio sapevi che a casa avresti rimpianto quell’ora di libertà.

Raccontaci ancora di una madre severa..era la guerra e ogni mano è preziosa.

Era prezioso al mio giudizio quella guadagnata libertà, pochi attimi di sfida verso chi voleva una corda per legare.

Era famiglia dentro una stanza, povera di cibo di amore, di madre e padre..

Era una strada scalza e veloce.

Si torna indietro a volte, di corsa spietata..

C’era rifiuto nel guardare un gregge, lavoro di terra non era per Te.

Chissà se anche quel giorno era lunedi, quando da quel fiume di pace tornasti nudo a casa..

Nudo e magro ma fiero e severo.

Chi ti assomiglia di noi..?

Raccontaci ancora del bene che divide che va verso campi di versi di spighe e alte vette, di parole forti e feroci..

Si impiega del tempo per comprendere tutto e se scrivi ancora fallo su povera paglia che alla vista diventa ricca di ricordo e amore.


 

Anemoni

 

Leggeri anemoni viola sui campi di umida argilla,  timidi, al tepore di un sole ancora pallido si svegliavano.

Sembrava un unica macchia di colore che da li a poco avrebbe ceduto al giallo fiore del trifoglio e poi al fieno.

I campi recintati ne impedivano l’ingresso ma la vista era libera di ammirare quel fragile prato di vetro.

È fragile l’anemone.

Lo sguardo che si posa sul viola vivo di quel luogo ne rivive il tempo.

Era sempre una festa uscire in tre per coglierne un mazzo.

Quel pomeriggio che torna alla mente ricorda una madre con un fazzoletto sul capo

Il fresco vento non era per lei in quei giorni.

Decise di venire, di cedere alle suppliche perché era importante che vedesse.

Correvo tra anemoni, narcisi e iris bianchi..

Una primavera d’inverno.

È fragile l’anemone viola.

Un volto sorride, una macchina si riempie di profumi gentili.

Erano tre dei fiori che avrei legato all’argilla, alle scarpe di terra e poi anemoni, narcisi e iris bianchi..


 

 Dono Te

 

Cosa potevo saperne a quel tempo

Ieri è sempre più distante da oggi.

La terrazza gialla, le finestre di legno dipinte, la seduta che si affacciava sull’orto e la cisterna con il secchio di rame..

Sembra quasi camminarci  ancora.

Era appena andato via qualcuno, anche lui verso un tempo diverso.

Dicono che non si può ricordare la vita a sei mesi..è vero, forse.

I passi in avanti lasciano l’abbraccio dietro, sembra quasi dire vai, puoi farlo.

E lo feci.

Ricordo una nonna vestita di nero, una madre che generosa dona il suo bambino al sole.

Il profumo di quel gentile vai impregna anche le distanze piu profonde.

Quel gentile e lontano sorriso che dice vai

Che accoglie il sole di quel giorno sul pavimento giallo, tra i muri verdi e il cielo che cambia giorno, tra i sapori dolci che si conservano che vanno verso momenti fermi su pavimenti diversi.


 

Il tempo dei merli

 

Il tempo dei merli  sa di racconto

Di giallo  becco e nero manto

Leggero sul tetto è il suo canto

Ascolta in silenzio, ascolta la storia.

Inchina il capo l’ inverno ormai stanco cedendo il passo e la sua corona al giorno  più lungo al risveglio atteso e mentre il suo gesto è mite e gentile ogni pietra del capo diviene seme.

Al cielo sereno che lascia il suo grigio dona turchesi e perle di luna, dona alla terra  foglie smeraldo rubini ai papaveri topazi alle rose..  Lieta dei doni cammina al suo fianco ascolta il saluto  ma ne supera il passo.

È il suo tempo, quello dei fiori, dei meli dei peschi dei gigli odorosi.

Il cielo dei canti risuona ancora sul prato corre un vento nuovo.

È il tempo del merlo che torna alla grondaia a filare il suo nido di rami e respiro.

È giallo il suo becco ricorda l’ oro, onice il suo manto, buio che di inverno ne conserva il dono.


 

Agosto

 

C’era una tinozza capovolta sotto la vite di uva bianca , aspettava l’ultima parte dell’estate per svegliarsi.

L ‘ora delle conserve di pomodoro era alle porte.

C’era l’ allegria delle donne che abitavano casa, era festa

Le mani sapienti di passato curavano ogni dettaglio.

C’era profumo d’inverno nei gesti e si assaporava già la freschezza dell’estate che rinasceva sul tavolo caldo mentre fuori il freddo avrebbe addormentato il generoso orto.

Era una festa di colori profumi di basilico e aglio, di rosso acre e dolce sapore che tornavano ogni volta ad Agosto.

C’e ancora quella tinozza capovolta sembra  conservare  la carezza ricevuta e guardandoci dentro ho rivisto tutto

Agosto e il suo malinconico viso, il sorriso a metà..il buio di stelle, i fuochi d’artificio oltre il terreno arido e giallo di erba secca..I fuochi d’artificio di mezzanotte che festeggiano l’ inizio del giorno come i sogni di un bambino che guardano quel tempo colorato di profumo di pelle e pioggia d’autunno.


 

Ciao Papà

 

C’è una ginestra lungo la strada

Nero asfalto.

Giallo e secco terreno, libero da ombra.

C’è il sole il primo giorno di giugno è di pioggia però.. un saluto che profuma di intensa ginestra.

Riconosco la bellezza di un fiore adesso,  spacca la pietra,  non teme il fuoco

Sfida il sole con la sua bellezza.

Ginestra senza paura,

Forte e profondo buio che su intrecci di aghi verdi fiorisce di giallo e sole e profonda forza..

Ciao papà..


 

Il mare

 

Umida è la sabbia del mattino, tiene ancora le corse dei gabbiani, fragili forme che corrono veloci come i pensieri di fine agosto.

Che carezza è il mare oggi..sembra un saluto.

Mi ricorda Te una donna che nuota sola nell’acqua limpida del mattino, silenziosa e lenta si muove dentro il mare che cambia colore

Sui piedi  l’onda leggera scivola

Non lascia orme asciutte ma ne trascina via il peso.


 

Tabacco

 

L’ odore intenso di tabacco stanco teneva compagnia ai suoi ricordi.

Erano giorni verdi sui muri ingialliti di nostalgia

Sui pavimenti vecchi l’eco dei passi passati ad un altro tempo prendevano vita.

Erano giorni di tramonti senza più albe come quando si cade dentro se stessi e si dimentica il resto.

Erano giorni dai colori sbiaditi che nemmeno la luce che a metà entrava dalla finestra riusciva a svegliare.

Un giorno uguale a tutti che se pur passa poco importa.

La notte arrivava per fissare il tetto che leggero di fumo rimaneva sospeso senza mostrare il resto.

Si dice che nei sogni si è liberi, che se cadi ti svegli, che se provi ad immaginare oltre quel muro di tabacco stanco forse puoi vedere ciò che ti resta accanto.


 

 Novembre

 

Novembre accorcia il giorno

Risveglia i sensi..

Cambia profumo la notte più lunga, le foglie spoglie di verdi accesi lasciano nell’ aria umidi e intensi pensieri.. È caldo il conforto del tetto sospeso nasconde il cielo adesso e ne tiene il peso..

Era blu intenso la notte passata, calda estate riposa nel ricordo di accese fiamme in cielo che adesso cadono al suolo.

Fuori è buio e ne prendo il dono.

Le luci sospese della città che torna in casa sembrano brillare ancora, avvolte da nebbia leggera si confondono nell’aria..sono stelle appese che seppur finte danno sollievo allo sguardo.

Lento è il passo su foglie brune..note che tornano ancora che suono dentro e per ognuno è diverso.

Foglie che cadono e cambiano senso, prima in alto e ora al suolo si spengono.


Vai

 

Cosa potevo saperne a quel tempo

Ieri è sempre più distante da oggi.

La terrazza gialla, le finestre di legno dipinte, la seduta che si affacciava sull’orto e la cisterna con il secchio di rame..

Sembra quasi camminarci  ancora.

Era appena andato via qualcuno, anche lui verso un tempo diverso.

Dicono che non si può ricordare la vita a sei mesi..è vero, forse.

I passi in avanti lasciano l’abbraccio dietro, sembra quasi dire vai, puoi farlo.

E lo feci.

Ricordo una nonna vestita di nero, una madre che generosa dona il suo bambino al sole.

Il profumo di quel gentile vai impregna anche le distanze piu profonde.

Quel gentile e lontano sorriso che dice vai

Che accoglie il sole di quel giorno sul pavimento giallo, tra i muri verdi e il cielo che cambia giorno, tra i sapori dolci che si conservano che vanno verso momenti fermi su pavimenti diversi.


 

Anemoni

 

Leggeri anemoni viola sui campi di umida argilla,  timidi, al tepore di un sole ancora pallido si svegliavano.

Sembrava un unica macchia di colore che da li a poco avrebbe ceduto al giallo fiore del trifoglio e poi al fieno.

I campi recintati ne impedivano l’ingresso ma la vista era libera di ammirare quel fragile prato di vetro.

È fragile l’anemone.

Lo sguardo che si posa sul viola vivo di quel luogo ne rivive il tempo.

Era sempre una festa uscire in tre per coglierne un mazzo.

Quel pomeriggio che torna alla mente ricorda una madre con un fazzoletto sul capo

Il fresco vento non era per lei in quei giorni.

Decise di venire, di cedere alle suppliche perché era importante che vedesse.

Correvo tra anemoni, narcisi e iris bianchi..

Una primavera d’inverno.

È fragile l’anemone viola.

Un volto sorride, una macchina si riempie di profumi gentili.

Erano tre dei fiori che avrei legato all’argilla, alle scarpe di terra e poi anemoni, narcisi e iris bianchi..


 

 Sirene

 

Una sirena di mare e di guerra.

Un bambino sul tetto, un alba sul mare.

Un mare di pesci incantati da un tuono

Infanzia rubata nei racconti di un uomo.

Una scheggia nel braccio  di rosso si tingeva.

Un abbraccio..era un braccio segnato.

Nel cielo era giorno, sul tetto sentivo sirene..Come il canto che inganna.

Un viso bagnato di acqua di mare

Una sirena di guerra che sul tetto sapeva di sale..


 

 Luna

 

 

C’era una pozzo sulla collina verde di trifoglio

Il vento passava la mano e accarezzava il manto.

Due lepri saltavano sull’ultimo braccio di sole aspettando che la luna sedesse al suo posto.

La luna salì nel cielo, tinse il pozzo d’argento mentre

Il muschio che riposava sul muro umido celebrava il  risveglio.

L’ acqua del pozzo  divenne limpida sembrava diversa, più di uno specchio ne rifletteva l’incanto.

Per un attimo fu tutto immobile come un quadro

Anche il vento pose il suo fiato ai suoi piedi.

Da quel pozzo verso l’alto un buco vivo guardava il cielo, come un occhio aperto che si nutriva d’ argento.

Perchè ora ti vedo?

Disse la Luna:

Ogni notte un occhio nuovo prima piccolo quasi socchiuso poi tondo e dinuovo piccolo e poi buio prima che torni l’ atteso dono.


 

 Orfeo

 

Orfeo si vestì di mare turchese

L’ acqua si tinse di riflesso di cielo.

Un sole giallo tenue sul capo, come oro nascosto illuminato per caso.

Dentro ha una melodia sgraziata, sa  che il silenzio a volte serve a poco,  se tenuto dentro si rompe e va via veloce indifferente all’ udito.

Orfeo è quasi il canto del gallo delle cinque del mattino, il sole che entra da un vetro bucato per lui è  un giorno nuovo.

Rompe e assorbe la notte,  buio dentro punti sotto i suoi occhi neri, sotto il suo capo giallo tenue, dentro il mare turchese.

Ha una lunga coda blu cobalto, a volte dona una piuma.

Storie di abissi di tesori nascosti,  storie di altri da scrivere per ricordarne il passo.

Guarda adesso..si nasconde timido dietro una  tenda di stoffe preziose, come se aspettasse di uscire dal suo riparo per affrontare il volo..

Salta sui rami di giada e topazio

Mangia spighe di grano

Per poi diventare uno specchio di mare sotto il turchese del suo cielo lontano.


 

 Perseo

 

 

Perseo arrivò per caso in caldo giorno d’estate uno di quelli in cui si chiede il miracolo.

Si distese sul muretto che recinta uno spazio verde, pensava sarebbe finita li.

Non aveva un nome quel gomitolo scarno..

La paura aveva disarmato e vinto un piccolo rapace di terra..Un guerriero solo che giaceva all’ombra della sua ombra.

 

Non c’è un motivo vero e poco importa..a volte però accadono le cose.

Perseo, che non sa di chiamarsi, venne sorpresa da una ciotola d’acqua messa lì da una mano gentile.

Forse non era ancora notte per lei.

Occhi gialli di sole d’Agosto illuminarono quel pomeriggio che volgeva al termine, quel gesto d’ amore divenne acqua e vita.

L’ ombra del muro aveva ascoltato, aveva resistito, aveva donato riparo..come se non fosse stata ombra l’ultima cosa che potesse vedere.

Era salva, stupita, forse solo grata..

Oggi è una bellissima regina.

Non vive più nel giardino che da sulla strada ma in un bosco fitto, solo se entri trovi calore, un luogo ormai suo..

Giuro, solo chi suona la giusta nota ha ingresso comodo..

E poi la vedo e..

Sembra ubriaca Perseo , cammina goffa ma fiera, ferita  come chi ha vissuto qull’ agosto caldo e non solo di sole.

Lei il suo nome antico , che soffia a chi è gigante.. incurante del vicino ma cosciente delle buche scavate in uno luogo che non è suo.

Lei a pancia in su e riconoscente

si fida delle poche viole rimaste, del cuscino su cui dorme del respiro che a volte è uguale.


 

 Pioggia d’ Agosto

 

 

Una debole pioggia cambia ogni cosa anche i contorni del viso appaiono diversi sfumati di grigio rendono il colore più vero.

Piove sui vetri aridi della finestra, sul tetto

sulle impronte di chi abita le tegole.

Toccano terra i canti dei grilli, si addormentano giù, nell’orto che profuma di bagnato.

La vite sul balcone inizia a striarsi di rosso mentre l’aria si inasprisce di elettricità.

Pioggia di fine Agosto, che profuma di erbe aromatiche che ceda il passo al fresco risveglio mentre cerca riparo dentro una cesta di foglie  stanca dello splendore vissuto.


 

 Vento di mare

 

 

Era un giorno di vento, proprio come oggi

Era novembre.

Dentro un caldo maglione il corto giorno cercava riparo.

Sui vetri appannati della cucina le dita di un bambino disegnavano nostalgici pensieri

Ogni cosa fuori da quella stanza si muoveva senza pause, il vento cambia le forme, delinea contorni nuovi.

Una vecchia cucina a legna asciugava i panni che profumano ancora di sole.

Era il vento che veniva dal mare, così raccontavano

Porta con sé il prezioso sale, e le leggende del re che reclama il suo regno.

Era sale che si scioglieva sui vetri bagnati dalla pioggia mentre le dita disegnavano il profilo di un viso.

Il vento porta con sé cose da altri luoghi, non sappiamo cosa..forse voci, pensieri di altri, vita e polvere.

Era un respiro forte che svegliava il malinconico torpore..

È un vento che viene dal mare, dicevano..mentre ascoltavo le sue storie protetto dentro il giorno di chissà quale tempo viaggiavo.


 

 Il nido del merlo

 

Il tempo dei merli  sa di racconto

Di giallo  becco e nero manto

Leggero sul tetto è il suo canto

Ascolta in silenzio, ascolta la storia.

Inchina il capo l’ inverno ormai stanco cedendo il passo e la sua corona al giorno  più lungo al risveglio atteso e mentre il suo gesto è mite e gentile ogni pietra del capo diviene seme.

Al cielo sereno che lascia il suo grigio dona turchesi e perle di luna, dona alla terra  foglie smeraldo rubini ai papaveri topazi alle rose..  Lieta dei doni cammina al suo fianco ascolta il saluto  ma ne supera il passo.

È il suo tempo, quello dei fiori, dei meli dei peschi dei gigli odorosi.

Il cielo dei canti risuona ancora sul prato corre un vento nuovo.

È il tempo del merlo che torna alla grondaia a filare il suo nido di rami e respiro.

È giallo il suo becco ricorda l’ oro, onice il suo manto, buio che di inverno ne conserva il dono.


 

 Uno

 

 

Il canto delle megattere era

sospeso nell’acqua, malinconico all’udito, segnava nel più profondo abisso un solco.

Lì dove tutto è fermo si cullava.

Uno stormo di uccelli disegnava nel cielo inventate forme dall’alto verso il basso, nello spazio limpido dell’azzurro..

La megattera volteggiava come loro, dentro un blu più cupo però.

Vedeva il cielo immenso.

Dentro il suo canto ne aggiunse un pezzo di quel cielo..

La culla nel solco iniziò a danzare e quel luogo cosi profondo emerse quasi a formare un isola.

Lo stormo posò lì il respiro come se cielo e mare fossero uno.