EGLOGA MEDITERRANEA
Siamo quelle barche capovolte
come mostri marini spiaggiati
in coma, in porticcioli bianchi
senza più remi, coi nomi sbiaditi
e i colori scrostati dalla salsedine
sotto una luce greca e un alloro secco,
Dio solo sa cosa abbiamo pescato
e in quali acque!
E adesso per sempre assetati
siamo reduci di guerre buffe
in visita ai campi di battaglia
a distillare il silenzio di ora
a commemorare approdi
invasioni di noi fantasmi.
Qui ormeggiava la nostra nave
di cui eravamo le viscere,
qui giace sotto la superficie
o come sempre riemergerà
per navigare via stanotte.
Noi da questa tenera taverna
solleticata da minuscole onde
ci specchieremo, ci rivedremo
in quei lumini in alto mare,
chissà che isole erano?
Quelle che sfioravamo al tramonto
che avevano già il faro acceso
oh quanto ne invidiavo i guardiani!
Non eravamo che arance
appese nei viali d’un pueblo rovente
cadute in un chiostro di Clarisse
o vendute su carretti nella Medina
mentre cantano forte i minareti.
Non eravamo che anime
su un vascello a spasso nel nulla
banale vaso di metallo
ora reliquiario gigante
che galleggia chissà dove,
messaggio in una bottiglia
che nessuno poi ha trovato.
Meraviglia di precipizi
nell’assoluto azzurro
affacciati senza vertigine
con quei temerari fiori gialli,
labirinto di tetti rossi
dove correre in equilibrio
tra campane a festa e d’allarme.
Io almeno me ne scappo
sul promontorio sacro
nelle contrade costiere
so camminare all’indietro nella notte
tra gli uliveti verso la spiaggia
in quel profumo verde e fresco
ed un fumo di fuochi buoni
vado a perdermi sdraiato
travolto in una valanga
di sassi e costellazioni
e più avanti nelle altre baie
come Fontana delle Rose
che sembra un presepe
o in quelle calette desolate
in una pace lunare e mortale
e finalmente è mio il mare
come un cucciolo
che mi dorme sulle gambe.
Ma resto agrodolce
come quei bar dei lidi
già aperti ad Aprile
per comprare un gelato
in attesa dell’estate.
E resto sacrilego
come quelle chiesette
sempre candide e chiuse
appoggiate su uno scoglio
a sorvegliare questa fame
a serbare tutto quell’amore
Mediterraneo.
TI SCRIVERO’ DAL MARE
Ti scriverò dal mare
da sperduti cantieri sull’Atlantico
dove soldati contro il tempo
con elmi giocattolo
costruiscono sogni altrui
e forse come me inviano
lettere d’amore disperate
come di chi può morire domani.
Ti scriverò dal mare
con la scia che lascio
con questa nave
gigantesco scarabocchio
sorriso bianco e gelido
nello specchio azzurro,
che poi affonda dentro sé stesso.
Ti scriverò dal mare
dalle pinete profumate
tra le spiagge e i campeggi
dove gli amanti appena nati
nascondono i fuochi e i baci
mentre si posa la sera
Sgombra da ogni pensiero.
Ti scriverò dal mare
nel pomeriggio arancione
dalle auto bloccate
in fila sulla litoranea
con le dita di sabbia e di sale
messaggi leggeri di sole
che leggerai nuda e di fretta.
Ti scriverò dal mare
parole pesanti come balene
e seducenti come sirene
ma aggrovigliate
e intrappolate
nelle reti dei pescatori,
che lascerai a seccare
sugli scogli tormentati dalle onde
sulle barche appese nel tuo porto.
Ti scriverò dal mare
molto più in là delle lampare
molto vicino al cielo
dove anche satana si sente solo
in lingue di terre lontane
impossibili per te
da tradurre
ma chiarissime e soavi
proprio come l’estate.
A QUALUNQUE SAFFO
In che mito ti specchi?
Oh no, cara, fermati!
Chiudi il libro e gli occhi
ogni giorno tu sorgi per dipingere
la tua preda e le tue preghiere.
E non rivelare mai la tua ispirazione
quella è tua intima precipitazione
osceno organo della tua arte,
e non specificare la destinazione
né l’albero a cui ti appoggi.
Ecco, il tuo amore si comporta
come un antico esercito.
Perché scateni un incendio?
Il tuo canto è già giunto.
ABBRACCIO DI VITTORIA
Bocciolo di donna
mi sovrasti
mi stai dinanzi
come grata di confessionale
come finestra su un mare in burrasca
a te spalanco il sipario
e muto e devoto
brillo
mi metto a respirare.
LA LEZIONE DEL MARE
Quanto tempo dovrei restare
a studiarti da quest’orlo?
lunghi snervanti capitoli
di silenzio da tradurre.
E qual è la grande verità
da pescare fuori da questo blu?
un vecchio re irresoluto
Fiero e sicuro di vincere sempre.
Tu neppure senti il nostro peso
sei la somma di tutte le distanze,
coi colori di un’attesa infinita
e questi suoni che non si armonizzano.
E cosa mai si può imparare
a largo, dove nascono le onde?
A loro neanche importa che strada fanno
se vanno a casa o a perdersi.
Perché non scriviamo noi, amore
una pagina tutta nostra su queste acque?
una storia che possiamo ricordare
raccontare al mondo o riderci su.
Siamo noi troppo piccoli per capire?
O solo troppo incantati dal dramma
quando ti cambi d’abito e ti presenti
senza fretta e senza memoria.
NOTTE SU TUTTO
Io, costantemente avido
di abitare la tua pelle,
stanotte da solo mi ritrovo
non appena ti addormenti
sul mio petto dove si aprono
queste miglia di silenzio vivente,
tanto soave come tutte le valli
di cielo e terra vanno a baciarsi
nell’inganno dell’orizzonte,
così città e costellazioni
mi diventano oscure.
Dunque, definitivamente triste
di questi vuoti celestiali
e dei nostri amati cortili
traditi e inselvaggiti,
io non mi opporrò più
alla misera seduzione di agosto
perché semplici e ridicoli
imitiamo sempre ogni stagione
e struggenti lettere d’amore
che sbocciano coraggiose sul cuscino
mai inviate, abortiranno
domani nella tempesta di anime,
e così folle di questa
poesia perdente
al rifugio delle tue labbra
segretamente mi arrampico.
OCCHI COLOR MARE
Il mare ed io
abbiamo firmato una pace nei tuoi occhi
nostro comune specchio
di colore sconfinato
irrequieto di vita
e pagine da riempire.
Il mare ed io
Abbiamo trovato pace nei tuoi occhi,
quindi ora lasciatemi qui
a mancare ogni battito e respiro
e sorridere in dolce attesa
a cantare come l’estate
ferisce e sbiadisce.
Ma non c’è mai davvero
un porto di arrivo
perché tu sei orizzonte
nuove terre da scoprire
e noi cavalchiamo incantati
la melodia del tuo tempo.
E poi appoggiato su questi abissi
Mi sentirò a casa ora che
il mare ed io
Siamo un pezzetto dei tuoi occhi.
(a mia figlia Vittoria)
PULCHERRIMA
T’immagino
nuda nella neve
che allatti il mio bambino.
T’immagino
che non appartieni a nessuno
e visiti luoghi selvaggi.
Ma aldilà di tutto
io e te siamo cerchio;
ho parlato di te a Dio, amore
ci sposiamo in una nebulosa
stanotte
come ogni notte
dal profondo i nostri relitti
risalgono e si uniscono
in questo sacratissimo scontro
per coprire di eternità
l’oscura certezza.
IO NON SONO UN MARINAIO
Io? Io non sono un marinaio
dunque, vi prego, non chiamatemi così!
le mie radici sono in strade e case
anche se ho costruito il mio nido con il sale
il mio corpo non è fatto per galleggiare.
No, io non sono un marinaio
ho ristretto tutto il mare in una cartolina
da indossare come medaglia sul cuore,
ho estratto ogni goccia di poesia
dall’orizzonte fino alle mie lacrime.
Cara, io non sono un marinaio
l’amore a largo si ammala e si storpia
il tempo invece è una nebbia troppo fitta,
compagni di cella divenuti famiglia
tutti dimenticati una volta liberati.
Vedi, io non sono un marinaio
ho romanzato il mio conto alla rovescia
mi son riempito le tasche, ho mantenuto l’equilibrio
le mie ferite sono arrugginite fino a polverizzarsi
e ora volano via ad ogni colpo di vento.
Eppure io non sono un marinaio
forse solo un navigatore
impaziente di toccare nuove terre,
non leggo nient’altro nelle stelle
che le mie fantasie di bambino.
Ascoltate! Io non sono un marinaio
Ponte! Non so calcolare la rotta
quindi dirotto tutti via da questa follia
toccate la banchina, gettate l’ancora
e lasciatemi andare nel mio porto di casa.
CANTICO CONTRO LE CREATURE
E quando l’impaziente sole di giugno
accenderà tutte le ciliegie
sulle tue guance e nella tua mente
sarà allora che inizierà la caduta.
E stelle, qual è la vostra opera?
il vostro incantesimo non è mai caldo,
lavative lampare fuggite in volo
puttane di marinai gettati via
Prime gocce di pioggia che toccano terra,
come dita che deflorano un pianoforte nuovo
e iniziano a suonare la cupa musica
dell’infinito settembre in cui viviamo.
Ora, compagna di viaggio, spalanca il tuo buio
la gloria che inseguiamo è un fuoco d’artificio;
veniamo mossi come nuvole o pezzi di scacchi
con un’apocalisse caricata sulle labbra.
E le luci che hai creduto di vedere
ci hanno dato il diritto di svoltare,
dunque dolce è la scena del crimine
e ogni pagina che scegliamo di bruciare.
Oh, amore! Tu sei nostra creatura
poi ci conduci dove vuoi tu
vali davvero ogni battaglia?
Fragile croce da portare a casa.