DONNE
Angoscianti pensieri
danzano negli occhi
delle donne,
tessono vita.
Custodiscono lacrime
contro venti e intemperie.
ADAGIO SILENZIO
Infinita solitudine
…tiene il mio passo,
su rive di un
adagio silenzio.
Trasporti su cime più alte,
distruggi il rumore
focoso dell’animo mio.
Distruggi l’ardore sublime
dell’arsura notorietà,
e risuscita in me
la quiete interiore
riscuotendo il taciturno sillogismo.
Oh silenzio!
ACERBO FRASTUONO
Acerbo frastuono
di inventar lieti gaudi
per non udire
la mente di immense afflizioni.
IL CIMELIO
Entrar nelle paure
di segrete storie
ritrovo il cimelio!
Inizio a costruir
la marea delle mie radici.
ORME POETICHE
S’infrange il cinereo
delle orme
di fantasmi nascosti,
si intrecciano voci
del gemito cantico.
ULTIMI BATTITI
Inchinarsi al sibilo
dei petali… e i miei occhi
ingoiati dal tramonto
e calpestati da un
amaro desiderio.
UOMINI SOLITARI
Solitari cespugli,
arida palpebra
a osservar l’oppio
soffiato da orbite,
vagheggiano passi
di impetuose alghe.
LONTANO TEMPO
Nelle montagne velate di bianco
danzano i corpi di rugiada
a sentir l’urlo del vento.
Nudi pensieri
rivoluzionano l’ebbrezza
del mio cuore,
a veder il volto della saggezza.
Quei corpi freddi
danzano come fiocchi di neve,
e io con il mio carme
scrivo note d’inverno.
ARTE
Finanche le stelle
osano guardar
il truculento poema
dei tuoi dipinti.
MARCO
Ho fuso la mia essenza
nel tuo mondo,
i miei frastuoni
risuonano nel tuo cuore.
L’osmosi dei nostri corpi
trovano rifugio in un nido
coperti d’amore.
Respiro il vento dei tuoi richiami.
Una donna
Quando mi baciava la sua era una stretta asfissiante; avrei già dovuto capire, ma ero una donna innamorata. Mi aspettavo carezze tenere, invece sentivo l’ostilità delle sue braccia che diventavano una rete di ferro attorno al mio corpo, al mio essere donna. L’idea di lui si infiltrava nella mia mente rivoluzionandola, non mi riconoscevo più, la mia volontà si contorceva dentro la morsa della sua, pian piano scivolavo in una coscienza assoggettata che mi faceva accettare di essere schiava del suo ‘amore malato’. Avevo bisogno di essere amata, e lui lo sapeva. Le sue mani le avrei volute portatrici di dolcezza, ma avevo imparato ad averne paura: erano strumenti violenti sul mio corpo: al loro contatto si paralizzava nel gelo dell’angoscia. Faticavo a capire perché lui avesse bisogno di umiliarmi, corpo e sentimenti; mi sentivo rinchiusa in una gabbia di incertezze. Così la mia stessa paura diventò sua complice, e la prigione in cui mi teneva. Era la sua ambiguità a tenermi legata, mi vezzeggiava, mi chiamava “la sua principessa”, poi mi picchiava. Avevo il corpo colorato di lividi, mi guardavo e odiavo il mio stesso sguardo così spaventato. ‘Carota e bastone’, io scivolavo nell’annullamento di me stessa, nell’alienazione di una solitudine il cui fossato è la violenza dell’uomo che ti è accanto. Mi era diventato difficile vivere la quotidianità, non riuscivo più ad ascoltare musica, bevevo vino per dimenticare e asciugavo lacrime con un fazzoletto sempre umido. Reagivo mortificando il mio corpo, mi strappavo i capelli, era il modo che mi davo per sopportare le sue vessazioni. Non riuscivo a muovermi, l’unico modo per poter sentire affetto era quello di poter abbracciarmi da sola, ma non riuscivo, non avevo nemmeno la forza di volermi bene. Ero lì, ad amarlo e odiarlo, a cullarlo sul mio seno, ma per lui io ero solo il bersaglio delle sue frustrazioni. Quella relazione mi gettò nel tunnel della disperazione. Era diventato la mia droga, non potevo fare a meno dei suoi schiaffi, delle sue sgrida e del suo cuore insensibile. Era sempre lì al mio fianco, controllore spasmodico delle mie giornate monotone: pensavo che fosse l’amore, ma ho capito poi che era la mia solitudine a rendermi prigioniera. Le sue parole, i suoi abbracci, dolci al mattino, poi violenti la sera, la sua gelosia che lo consumava, e me con lui, scandirono giorni, mesi, anni. Non avevo più sogni e speranze, non avevo più desideri e progetti, avevo solo paura di non riuscire a fuggire dalla gabbia di un ‘amore malato’. Non parlavo più, non piangevo più, odiavo la vita. I miei occhi spenti, il sorriso assente. Dovevo reagire. Io dovevo reagire.
TEMPESTE DI RICORDI
La tempesta
sgrava flashback
di smisurati attimi
passati insieme.
Logorati dal tempo,
e spazzati via dalla bufera
di dolci lacrime,
sono ancora ricordi che viaggiano
nel mio mare più profondo.
Sono uragani di mielati ricordi,
che rimembrano ancora nei sogni notturni,
sono friabili pezzi di cristallo della mia vita
che assaporano suoni iperbolici di richiami
verso il tuo amore più radiale.
Volano granelli di memorie,
e divorati dalle onde
sono avvolti ancora
dall’infinito dei miei pensieri .
ANGELI SMARRITI
Cammino sull’idrofobia,
del digiuno delle tue speranze.
Sogni iperbolici distrutti
dalla tempesta dei rimpianti,
e coccolati solo da un ricordo amaro.
EURITMIA
L’ armonia del flauto
richiamava la tua voce,
melodie memorabili
riscuotevano nel mio animo.
INFINITO AMORE
Cullami nel nido
di un amore mai avuto,
ripudiata da occhi paterni
e accarezzata da falsi affetti,
cullami con le tue mani vellutate.