Maria Rosaria Giunta - Poesie e Racconti

RICORDA

 

Viviamo in un mondo

Dove i se e i ma fanno da padroni

Viviamo in un mondo

Dove i valori ormai sono gocce nell’oceano

Ma l’esperienza…

L’esperienza ti dice 

Quanto il tuo mondo sia ricco di desideri

Che tu solo potrai realizzare

Ma…

Ricorda

Solo se lo vorrai



VOCE DI UN’ESILIATA

 

Ti sento,

avverto i tuoi odori, i tuoi sapori, i tuoi colori.

La mente divaga,

mentre i ricordi della tua acqua cristallina

inondano il mio cuore di rimpianti.

Sei il mio amante perduto,

sei la passione della mia gioventù,

sei l’azzurro che mai più ho rivisto.

Lontano il pensiero corre,

ormai gli anni giungono al loro bivio,

ma tu, mio mare di stelle,

rimani lì ad osservarmi, 

indifferente al tempo che passa;

tu ripeti il tuo ruolo da eterno bambino,

mentre la vita scivola

e rimane la nostalgia di un amore lontano

e mai vissuto,

della perdita di te,

mio amato Jonio,

mentre la fredda nebbia dell’indifferenza

mi porta via gli ultimi istanti dei tuoi tramonti.



ELISA (ad Elisa Taioli)

 

Luci, albe, tramonti

Buio, sere, notti

Alternarsi di dolori

Alternarsi di gioie

Una giostra di percorsi

Una giostra di vicende

Questo noi siamo

Questo noi viviamo

Oggi, domani, ieri

Che importa?

Che significa?

Che vuol dire?

Vivere, morire, respirare

Proseguire una lotta

Verso quale obiettivo

Proseguire una via

Destinata prima o poi

A finire, a fermarsi

Come una strada

A vicolo cieco

Che vuol dire?

Che significa?

Che importa?

Amare, odiare, dimenticare

Non esiste un perché

Non esiste un come

Non esiste un quando

La nostra vita è un treno

Con varie fermate

Ma con una sola

Destinazione

Che porta  

Ad un’unica soluzione

Percorri il treno della vita

Fermati alle stazioni

Ma prosegui sempre

Il viaggio continua

Non esiste fine

Non esiste termine

Esisti tu

Nel tempo

Nell’eternità Nel ricordo



UN FIORE

 

Perché un fiore dona

Gioia

Perché un fiore esprime

Amore

Perché un fiore dà

Allegria

Può essere rosso come

La passione

Può essere giallo come 

Il sole

Può essere blu come

Il cielo

Può essere un arcobaleno come

La vita

E tu?

Tu sei un fiore di serra

Raro 

Prezioso

Ancora in boccio

E la tua vita

Sarà 

Un insieme di colori…

Sempre



SOLITUDINE

 

  Occhi che vagano

Alla ricerca dell’immenso

  Mani tremolanti

Che toccano un’aria putrida

  Di odori mai vissuti.

 

Cerco la libertà 

  Tra i cuori altalenanti

Di una società

   Ormai in disuso

 Spero in un’umanità

   Distrutta dal pensiero incredulo

Dei fallimenti.

 

   Corro per le strade

Alla ricerca disperata

   Di un’ altra me stessa

Sola, in questa notte di dolore,

   Esprimo il mio cuore

Attraverso versi di oblio.



VIVERE

 

Vivere è come un cerchio

Senza lati

Senza spigoli

Ad ogni tappa

Ripercorri un momento

Che non tornerà

Non importa il dolore

Non importa il pianto

Questo è il bello

Della vita

Un cerchio

Che continua 

A girare

Alla ricerca di sé

Alla ricerca del valore

Alla ricerca del vero amore


 

RICORDI (per Giorgio)

 

Ieri il nostro incontro

Ieri la nostra giovinezza

E si rideva

E si scherzava

E si giocava

Abbiamo pianto insieme

Per un dolore mai sopito

Abbiamo vissuto

Abbiamo amato

Abbiamo conservato

Nei nostri cuori

Il dono più prezioso

Il ricordo

Ed è così che voglio pensarti

Lontano nel tempo

La tua presenza

Continua nella mente

Non importa il non esserci

Non importa la lontananza

Non importa la perdita

Tu sei il passato

Il presente

Il futuro

Perché vivrai in me

Piccola grande meteora

Di una vita passeggera

Di una vita ormai conclusa

Su una terra 

Calpestata

Disillusa

Ma mai dimenticata.


 

LA TERRIBILE

C’era una volta…Non è così che iniziano le fiabe?

C’era una volta una terribile fanciulla, che non credeva nella bontà. Ella viveva nel suo castello incantato e non usciva mai, l’unico suo divertimento e l’unica sua compagnia era il computer con il quale arrivava persino a parlare. Viveva sola, fuori dal mondo e persino gli abitanti del paese non la conoscevano. I viveri arrivavano ogni primo del mese, venivano scaricati davanti al cancello e nessuno era mai entrato nel castello. In realtà non era un vero e proprio castello, ma una enorme villa arroccata sulla collina, tutta dipinta di azzurro, di quell’azzurro che si confondeva col cielo e che, durante le belle giornate di sole, faceva tutt’uno con esso. Il nome della “terribile” non lo conosciamo, sappiamo soltanto che era sgarbata, scontrosa e vigliaccamente abitudinaria. Si svegliava all’alba, usciva per i boschi e passeggiava senza mai incontrare anima viva. Tornata a casa si preparava un misero pasto e poi si metteva al computer e passava lì le ore a viaggiare su Internet. Aveva visitato tutti i luoghi del mondo, ma solo virtualmente e conosceva tutti gli usi e i costumi. Era così abituata a non parlare che aveva dimenticato il suono della sua voce, non esisteva specchio nella casa ed ella non sapeva di che colore fossero i suoi occhi e i suoi capelli. Viveva in un isolamento non comune, convinta che solo la sua macchina le fosse amica e che il mondo non esistesse al di fuori della sua casa.

Un giorno, durante uno dei suoi infiniti viaggi, qualcosa la disturbò. Si trovava in Grecia fra le rovine del Partenone assaporando le antiche pietre come se fosse stata lì davvero, quando ad un tratto un turbine improvviso la prese, le sue cellule si smembrarono di colpo per poi riassestarsi all’ombra di un verde albero a due passi dal mare, su una spiaggia assolata e solitaria. Il panico prese la “terribile” e non riusciva a capire cosa fosse accaduto. Era sola, in una specie di paradiso terrestre ma lei non voleva star lì, voleva la sua casa, la sua sicurezza, il suo computer, unico amico di una vita solitaria…La “terribile” rimuginava e pensava a cosa avrebbe dovuto e potuto fare quando all’improvviso una figura evanescente apparve davanti a lei. Man mano che passavano i secondi la figura prendeva forma e assumeva sembianze di essere umano. La “terribile” lo guardò, non riusciva a pronunciare verbo, abituata alla solitudine e osservava questa strana figura che non aveva mai visto.

-C6?- Una voce metallica provenne da quella figura, la “terribile” lo guardava non più con timore, ma con un misto di stupore e curiosità e il suono della voce le faceva uno strano effetto come se  l’avesse sempre sentita.

-C6?- Ancora una volta quella domanda.

La “terribile” articolò un suono e ne uscì un rumore roco, ma armonioso insieme.

-Certo che ci sono, ma tu che vuoi, chi ti conosce, come ti permetti di parlarmi, come mai sto qui?-

Una raffica di domande uscirono dalla sua bocca, con un suono innaturale, ma no n per questo spiacevole.

-Come nn mi hai rikonosciuto?-

-No-

-Sn il tuo pc, mi ero stankato di vederti sempre sola e chiusa in quella casa e ho deciso di farti questo regalo.Scusami se non ti ho avvisato,ma nn ci avresti mai creduto-

Parlava nella stessa maniera in cui scrivono i ragazzi di oggi al cellulare e al pc, con quelle k fuori luogo, i xkè, i sn, i cmq,ma la”terribile” riusciva a capirlo e lo guardava affascinata, incredula ma tranquilla, sapeva che non correva pericolo. Di colpo non si sentiva più sgarbata , scontrosa e sapeva che il suo posto era là con lui e il resto non importava.

-Che vuoi da me?-

-Assolutamente nulla-rispose l’uomo pc come ormai lei lo chiamava,-Voglio solo che tu sia un poco felice e io ho fatto in modo che tu lo fossi-

Man mano anche il suo parlare diventava comprensibile, come le sue sembianze che assumevano sempre più contorni umani, di una bellezza strana ma non descrivibile.

-Felice? E come?-

-Tu hai bisogno di amore e la tua solitudine non porta né amore né felicità. Ho deciso di diventare persona per te, perchè tu possa vivere con me in questo sogno e vivere serena-

La “terribile” guardò per un attimo il suo uomo pc, ma non ebbe tempo né voglia di pensare a lungo e si affidò alle sue mani, alle sue braccia che la portarono in un mondo stellato, fatato pieno di gioia e colori….

Gli abitanti del paese dove lei viveva, la ritrovarono abbracciata al suo computer, aveva lasciato i viveri abbandonati davanti al cancello. Sul suo viso un sorriso.



La tavolozza dei colori

 

C’era una volta, tanti anni fa, una ragazza che credeva che il mondo fosse tutto colorato, rosso, verde ,azzurro, giallo, di ogni gradazione, non solo, ma credeva fermamente che tutti quei colori emanassero un profumo unico, di dolcezza, di bontà e di allegria. Questa ragazza, che chiamerò Gioia, era felice  per il solo fatto di essere al mondo. Un giorno passò davanti alla sua casa un cavaliere: alto, bello, biondo e chiese alla fanciulla di regalargli un po’ di verde, la speranza. Gioia, che credeva in lui, gli donò il verde, ma il suo mondo perse un po’ del suo profumo. Passò del tempo e un giorno un principe si fermò alla sua casa. Egli era quanto di più magnifico potesse esistere e chiese a Gioia un po’ di rosso, la passione. Gioia, ancora una volta, accondiscese e, ancora una volta, si rese conto che il suo mondo stava perdendo profumo. Lei, tuttavia, non se ne rammaricava, perchè era convinta che i suoi colori, pur donati, non l’avrebbero mai lasciata. E così passarono gli anni ed ogni volta che qualche viandante si fermava presso la sua casa, la fanciulla donava un suo colore, finchè un giorno…..Gioia si rese conto che non le era rimasto  altro che il grigio e il nero e che nessuno, proprio nessuno voleva quei due colori. Ormai gli anni erano passati, ma nel suo cuore e nel suo spirito aleggiava ancora un non so che di fiducioso e sereno. E così con questi due colori Gioia iniziò a tessere una tela di fili intrecciati, preparò una grande nuvola leggera e partì alla ricerca dei suoi colori. Dall’alto la terra sembrava una girandola di arcobaleni, ma lei voleva di più, non si accontentava di ciò che vedeva, cercava  il Colore allo stato puro, cercava Il Colore che dava la felicità, la serenità, la speranza e la passione in ciò che viveva. Il suo viaggio doveva terminare, la nuvola ridiscese sulla terra e lei si rese conto che il suo grigio e il suo nero, mescolandosi potevano dare un arcobaleno con la fantasia, con la forza che dentro lei aveva e, pur nella solitudine, Gioia riscoprì  che vivere era un colore unico e che tutti coloro che l’avevano conosciuta, non avevano rubato nulla, perchè il tesoro immenso che lei possedeva era suo..soltanto suo..e solo lei conosceva il suo segreto. Io conosco questo segreto, ma lo tengo per me, perchè spero di trovare anche io il mio arcobaleno. La mia tavolozza  è sgargiante, unica, forse  manca qualche colore, ma c’è l’oro, c’è l’argento e tanto basta per vivere.


 

LA CONTADINELLA  DI TIMBUCTU’ CHE VOLEVA SCALARE LA MONTAGNA DI BAMBU’

 

C’era una volta un omone grande e grosso di nome Barbablu perchè aveva una lunga barba blu…No, no la storia non è questa, la storia non è quella di Barbablu anche se  il nome è lo stesso, è una storia diversa e soprattutto il protagonista è diverso.

Tanti anni fa nacque a Timbuctù una bambina da poveri contadini .

Era una bambina deliziosa, solare e carina, ma aveva due piccoli difetti: non sapeva sorridere perchè appena apriva la bocca i suoi denti blu spiccavano sul roseo delle labbra e poi… poi aveva il corpo ricoperto di una fitta peluria blu che più si tagliava e più ricresceva. Per questo motivo i genitori l’avevano chiamata Barbablu. Con gli anni la bambina divenne ragazza e poco amava l’infelice nome che le era stato attribuito e così decise di cambiarlo in Barby. Cresceva sana e robusta al sole di Timbuctù e i suoi tratti contadini la rendevano piacevole a guardarsi sebbene non sorridesse mai a causa dei suoi denti blu; tuttavia era simpatica e gioviale e tutti le volevano un gran bene. Barby aveva un sogno: voleva scalare la montagna di Bambù che si trovava nella lontana isola di Cliù, un’isola in mezzo all’oceano irraggiungibile ai naviganti perchè spinosa, intricata e poco ospitale. In questa isola c’era la montagna di Bambù, era una montagna fatata che aveva un potere unico: chiunque fosse riuscito a scalarla avrebbe conquistato la felicità eterna. Una antica leggenda raccontava che la montagna di Bambù era un tempo un uomo bellissimo, dotato di poteri straordinari che affascinava tutte le giovani fanciulle del villaggio, le usava e poi le abbandonava. Un giorno, per sua sfortuna, conobbe una splendida ragazza che però era una diabolica maga. La sedusse e l’abbandonò. La fanciulla per vendicarsi lo tramutò in una montagna incantata che aveva

il potere di donare felicità eterna a chi l’avesse scalata e tormento infinito a chi ci avesse provato senza riuscire a raggiungere la cima. Una mattina Barby raggiunse la montagna e la guardò decisa a compiere l’impresa; in effetti a lei bastava perdere i peli blu e avere un bel sorriso, ma si rendeva conto che  ciò che l’aspettava era decisamente uno sforzo sovrumano. Con sé aveva solo una borraccia e una cordicella di filo di diamante che le era stata regalata in occasione del suo diciottesimo compleanno. Piano piano iniziò la salita. La prima parte della scalata procedette senza intoppi, ma la ragazza non si rendeva conto che ogni passo corrispondeva a un mese della sua vita. Arrivata a metà salita, Barby avvertiva una certa stanchezza e non riusciva a capirne il motivo. Ad un tratto dalla montagna si aprì un baratro da cui uscì una splendida fanciulla bionda.

- Chi sei? – chiese Barby

- Sono l’amore – rispose la fanciulla – e sono stata la prima donna che ha scalato la montagna, ma son scivolata presto e il baratro mi ha inghiottito. Attenta, ragazza, il tragitto sembra facile, ma l’obiettivo da raggiungere non sarà quello che desideri. -

Barby riprese la salita e il tempo passava e lei si sentiva sempre più stanca.

Improvvisamente un’altra donna più matura, ma splendida e bruna uscì da un’altra fossa della montagna.

- Chi sei? -

- Sono la passione, ho amato tanto, ma è durato l’insieme di un  istante e ora piango per il tempo sprecato dietro chi non ha apprezzato il mio sacrificio -

Barby non si rendeva conto di ciò che le due donne volevano dirle e continuò il suo viaggio finchè raggiunse la cima.

Un’enorme felicità prese il suo cuore quando vide che la montagna di Bambù si era trasformata in uno splendido uomo, mentre lei si scoprì una carnagione libera dai malefici peli e un sorriso luminoso. Desiderosa di vedersi cercò uno specchio d’acqua, mentre lo splendido uomo la guardava con uno sguardo indecifrabile.

Raggiunse un piccolo laghetto e si specchiò.

Vide un’immagine riflessa che non riconobbe: un’anziana signora dai candidi capelli la osservava dalle limpide acque. L’uomo le sorrise, l’accarezzò lievemente sulla guancia, le volse le spalle e andò via per sempre.

A Barby non rimase che il suo bel sorriso mentre la vita le era sfuggita tra le dita dietro un sogno di carta che appena realizzatosi si era dissolto come neve al sole.

Vivi Barby, sii quel che sei, la vita  ti è sfuggita dietro un sogno apparente che ti ha abbandonato appena il nulla si è trasformato in un uomo di pezza.