Maria Silvana Piccinni - Poesie e Racconti

“Il cuore sperduto”

(di Maria Silvana Piccinni)

 

Un giorno, un piccolo cuore confuso e triste per le ingiustizie inflittegli dall’uomo, fuggì nascondendosi in un bosco dove trovò conforto nella generosità e nella bellezza della natura.

Mentre si riposava sulle foglie di un castagno arrivò il vento, il quale, vedendolo lì addormentato si incuriosì e gli si avvicinò sfiorandolo con una leggera brezza. 

Il piccolo cuore si svegliò e, notando l’espressione sorpresa del vento, volle spiegargli le ragioni della sua presenza in quel luogo raccontando brevemente le offese che aveva dovuto subire durante la sua convivenza con l’essere umano che, di umano, aggiunse, poco aveva ed ancora meno si proponeva di esserlo in futuro.

Il vento, dopo averlo ascoltato, gli chiese se poteva essergli di aiuto. 

Il cuore restò per qualche istante in silenzio, dopodiché lo invitò a parlargli dei viaggi da lui compiuti, così da poter dimenticare le proprie sofferenze. 

Il vento cominciò a descrivere con molti particolari i territori da lui abitualmente sorvolati, soffermandosi sugli aspetti più belli ed originali dei paesaggi. Il piccolo cuore lo ascoltava attentamente. Era affascinato dalle immagini che scaturivano dalle parole del vento e gli chiese se poteva portarlo con sé nei luoghi che gli aveva appena descritto. 

Lieto di potersi rendere utile, il vento lo invitò a salire sulle sue ali ed insieme partirono per un viaggio che si sarebbe poi rivelato quasi …infinito!

Sorvolarono i boschi e le foreste circostanti, superarono monti e colline e poi, seguendo il percorso dei fiumi, discesero attraverso valli e pianure fino a raggiungere il mare. Qui il vento si fermò. 

-E’ davvero meraviglioso!- esclamò il cuore pieno di entusiasmo -… non avevo mai visto tanta bellezza ed armonia!-

 -E’ vero!- affermò il vento -condivido pienamente il tuo pensiero e mi ritengo molto fortunato perché ogni giorno posso vedere nuovi paesaggi!- 

-E’ tutto così affascinante che sarebbe uno sbaglio non andare avanti! Non lo credi anche tu, mio buon amico?- aggiunse il piccolo cuore accarezzando le ali del vento.

Quest’ultimo era un po’ perplesso. Pensava di aver già fatto tutto il possibile per poterlo accontentare ma, evidentemente, non era così semplice soddisfare le attese di un cuore e, appena ebbe ripreso fiato, si alzò nuovamente in volo. 

Proseguirono il loro viaggio avventurandosi sulle acque dei mari e degli oceani, esplorando isole e arcipelaghi. 

Si unirono ai voli di gabbiani, pellicani e rondini di mare e poi, seguendo le rotte degli uccelli migratori, raggiunsero le foreste equatoriali dove scoprirono, tra il verde intenso della vegetazione, l’argento di altissime cascate. 

Da lì ripartirono per conoscere la quiete delle grandi pianure ed il freddo delle catene montuose e qui, volando sulle cime più alte, raggiunsero gli eterni ghiacciai dove il vento, stanco ma fiero di sé, si fermò, sicuro di aver superato ogni aspettativa. Aveva percorso migliaia di chilometri ed era orgoglioso della propria resistenza e dell’abilità che aveva dimostrato nell’evitare i ritmi, a volte impetuosi, degli altri venti.

Per qualche istante regnò il silenzio più assoluto. Erano entrambi rapiti dalla bellezza che si offriva al loro sguardo.

-Allora, sei soddisfatto?!- chiese infine il vento.

-Oh sì, è stato un viaggio davvero fantastico!!- rispose il cuore continuando ad ammirare il paesaggio intorno a sé -E’ straordinario quello che l’uomo ha avuto in dono e non riesco proprio a comprendere come possa, a volte, dimostrarsi così ingrato e arrogante. Se ricordo quello che mi ha fatto patire…- aggiunse infine sospirando. 

-Su, su, ora non ci pensare!…- lo interruppe il vento, meditando su quanto gli era costato fargli cambiare umore.

-Sì, certo, hai ragione…- affermò il piccolo cuore.

Nei minuti che seguirono il vento cominciò a programmarsi mentalmente il viaggio di ritorno mentre il cuore continuava ad osservare il mondo circostante. Era consapevole di quanto il suo amico fosse stanco e provato, ma intuiva di essere molto vicino alla sua meta e non intendeva fermarsi proprio ora.

-E adesso, cosa c’è??- Chiese il vento, che aveva ormai imparato a conoscere ogni sfumatura di quell’imprevedibile compagno di viaggio. -Non dirmi che non sei ancora contento! Non esiste un angolo della terra dove io non ti abbia portato!-

-Sì… sì, lo so…- affermò il cuore abbassando lo sguardo come per scusarsi…

-È tutto meraviglioso, ma io so che esiste qualcosa di più, qualcosa che l’uomo non può toccare ma solo percepire attraverso me, e io devo assolutamente trovarlo, se tu vorrai ancora aiutarmi…- concluse guardando l’amico con aria supplichevole. 

Il vento era al limite della pazienza. Aveva proprio voglia di mollare tutto e tornare in gran fretta tra i suoi boschi e nelle sue valli, ma ormai si sentiva prigioniero di quel piccolo essere.

-Bene!- dichiarò infine con un umorismo molto rarefatto -Vediamo di scoprire cos’è questo “qualcosa in più”. Sicuramente oggi entrerò a far parte del guinness dei primati riservato ai fenomeni naturali, compresi quelli più ingenui, proprio come me!- E, così dicendo, si alzò nuovamente in volo dirigendosi sempre più in alto fino a dove riuscì ad avere ancora un briciolo di respiro e lì si fermò.

-Ecco…- disse ansimando -questo è il mio limite ma non oso chiedermi se sia anche il tuo. Vorrei proprio sapere cosa mi ha spinto a portarti in viaggio con me, per giungere infine qui, dove non esiste altro che il nulla!- 

Il cuore taceva. Era dispiaciuto per il suo buon amico ma, nello stesso tempo, era incantato da tutto quello che si offriva al suo sguardo. 

Lo spazio si estendeva all’infinito e nel cielo splendeva la luna circondata da migliaia di stelle. Non aveva mai visto tanta armonia e non si era mai sentito così felice. Finalmente aveva trovato il punto da cui ripartire e, rivolgendosi al vento, disse: -Mio caro amico, qui ha avuto origine ogni cosa ed è proprio qui che posso sentire la presenza del vero amore, ed ora che l’ho trovato ne porterò un po’ con me affinché l’uomo lo possa riconoscere ed impari nuovamente ad amare!-

Il vento era commosso. Ora sapeva cosa aveva guidato quel piccolo cuore fin lassù ed era contento di averlo assecondato in ogni suo desiderio. Improvvisamente si sentì bene, anzi benissimo. 

-Sono felice che tu abbia finalmente trovato quello che stavi cercando- disse avvolgendo il piccolo cuore -ed ora, se vuoi, sono pronto a riportarti da dove siamo partiti-.

-Ti ringrazio, amico vento, mi sei stato proprio di grande aiuto!- rispose il cuore palpitando di gioia e poi aggiunse: -E allora, cosa aspettiamo?! Laggiù c’è qualcuno che ha bisogno di me e io sono impaziente di riprendere il mio posto accanto a lui!-

-Sei una contraddizione unica…- scherzò il vento. -Prima scappi spaventato e poi non vedi l’ora di tornare. E’ proprio  vero che al cuore non si comanda!- 

E risero entrambi mentre scendevano velocemente attraverso le nuvole, inebriati e felici per l’incredibile viaggio appena compiuto!

 

Fine! 


“Il vento e l’eucalipto”

(di Maria Silvana Piccinni)

 

… Il vento ansimò ancora per qualche attimo prima di fermarsi all’ombra di un grande  eucalipto.

- In che terra mi trovo? – chiese rivolgendosi all’albero -…credo di essermi perso, puoi dirmi dove sono finito? -

- Sei in Australia, amico mio – rispose l’albero – e, vedendoti così affaticato, immagino che tu abbia viaggiato molto prima di giungere qui. Da dove arrivi, se posso essere curioso? -

- Concedimi qualche attimo per riprendermi – disse il vento – Qui, sotto le tue fronde si sta proprio bene, c’è un profumo intenso ed una pace che mi rigenera… -

- Mettiti pure comodo – lo invitò l’eucalipto – e riposati quanto vuoi! – 

-Sai – proseguì poco dopo l’albero – ho visto passare molti tipi di vento qui accanto a me. Alcuni impetuosi e prepotenti, altri gentili e tiepidi ed altri ancora freddi e scostanti…-.

- Sembra quasi che tu stia parlando del genere umano… – osservò il vento.

- E’ facile che così sembri – affermò l’eucalipto – poiché viviamo in un mondo in cui ogni elemento si completa con l’altro ed ogni scambio è essenziale per donarci la vita. Non a caso gli umori del vento si riflettono in quelli dell’uomo, l’uomo e la natura si adeguano alle stagioni e queste hanno un ruolo essenziale nell’evoluzione della nostra esistenza -.

Il vento lo ascoltava con curiosità ed attenzione. Era affascinato da tanta saggezza e, incoraggiato dalla disponibilità che dimostrava l’albero, decise di confidargli i suoi dubbi e le sue incertezze.

-E’ vero – ammise – è proprio come dici tu. Noi facciamo parte di un insieme ma spesso ci sentiamo soli ed è difficile sapere cosa fare e dove andare. Questo ci disorienta ed avremmo bisogno di qualcuno che ci aiuti a comprendere quale sia il nostro cammino…-.

 Si guardò intorno osservando l’orizzonte. Si sentiva incerto, quasi combattuto dai suoi stessi pensieri e, dopo qualche istante, proseguì dicendo: – Io, ad esempio, ho lasciato la mia terra perché la mia inquietudine e la mia curiosità mi hanno spinto a cercare nuovi spazi anche oltre l’oceano. Ho viaggiato molto prima di giungere qui e non so neppure se quello che sto cercando sia in questo luogo oppure altrove, ma se sono arrivato qui una ragione deve pur esserci!- concluse con un profondo respiro.

L’albero lo osservò molto attentamente. Gli era simpatico quel vento. 

Gli piacevano la curiosità, l’intraprendenza ed il coraggio che aveva dimostrato nell’avventurarsi in quel viaggio e voleva, per quanto gli fosse possibile, aiutarlo in questa sua ricerca esistenziale.

Cercò, quindi, delle parole molto semplici per esprimere quella che, grazie alla sua grande esperienza, considerava una verità fondamentale, ed infine disse: – Non è possibile avere sempre una risposta alle nostre domande, per questo non dobbiamo assillarci se le nostre scelte, a volte, non sembrano quelle giuste; spesso è solo l’istinto a saperci guidare ed in questo caso dobbiamo imparare ad assecondarlo usando soltanto il nostro buon senso-.

Il vento rifletté sul significato di quelle parole ed infine comprese che non doveva mai perdersi d’animo ma che avrebbe dovuto seguire i propri ideali armandosi di pazienza e di buona volontà; le risposte sarebbero giunte al momento opportuno. 

All’improvviso si sentì rassicurato e ritrovò la fiducia in se stesso. Non ricordava di essersi mai sentito così “tranquillo” e, rivolgendosi con gratitudine all’albero, disse:- tu parli come se avessi già vissuto cento e più anni. Ascoltarti mi fa bene e, se sei d’accordo, vorrei fermarmi qui per qualche tempo. Dopotutto io sono il vento e posso compiere il mio dovere in qualunque luogo; sarei quindi molto felice se potessi assolverlo qui spargendo ovunque i semi della tua conoscenza! – 

L’eucalipto era commosso per quelle parole così gratificanti ed era anche molto sorpreso da quell’incontro, a dir poco, inconsueto. Non era certo all’ordine del giorno trovare un compagno così attento e disponibile e si riteneva, per questo, molto fortunato. Quel giovane venticello, con il suo entusiasmo e la sua voglia di scoprire il senso della vita, lo aveva reso meno imperturbabile del solito e, con un leggero fruscio, rispose: – Sarò lieto di averti vicino per tutto il tempo che vorrai; credo che insieme potremo realizzare quello che custodiamo nel nostro cuore, quindi… benvenuto in Australia, amico mio!!!-

 

Fine! 


“Il vento, la pioggia e il ballo di fine estate”

(di Maria Silvana Piccinni)

 

  

Quando il vento invitò la pioggia al ballo di fine estate, lei rispose con un timido sì, pensando a quanto la rendesse felice volteggiare con lui in uno spazio che le sembrava infinito.

Si diedero appuntamento per una sera di settembre. 

Nell’aria risuonavano i canti dei grilli e dai prati saliva il profumo dell’erba appena tagliata. Una strana sensazione di attesa si era impadronita di tutta la valle.

Ad un tratto lui arrivò, impetuoso, volitivo, armonioso. Sfiorò i rami degli alberi facendo frusciare le foglie, si rotolò sull’erba e sul fieno e poi salì verso le colline dove alcune nuvole sostavano in attesa. 

Lui le avvolse in un tiepido abbraccio e le spinse a valle. Poi, inchinandosi buffamente, invitò la pioggia a danzare.

E la pioggia iniziò, dapprima lenta, apparentemente restia, ed infine gioiosa e sicura.

Tutta la natura partecipava alla grande festa. La terra emanava un dolce tepore mentre profumi ed aromi d’estate si fondevano tra loro facendo esaltare le essenze della stagione che stava ormai per finire.

 

Volteggiarono così fino a notte alta. Poi la pioggia si congedò dal vento ritirandosi nelle nuvole e, nuovamente, lui le avvolse in un tiepido abbraccio riportandole sulle colline. 

Quindi ridiscese a valle sfiorando i rami degli alberi per asciugarne le foglie, scivolò sull’erba sollevando il fieno in un susseguirsi di strane capriole ed infine volò verso il cielo, forse per giocare con le tremule stelle… 

Fine!


“L’osteria del buon cuore”

(di Maria Silvana Piccinni)

Molto tempo fa vivevano nei boschi delle piccole creature, intelligenti e laboriose, che amavano molto la natura: erano gli Gnomi. 

Questi personaggi, alti poco più di 15 cm, erano agili e forti e potevano vivere tanti e tanti anni. Conoscevano tutti i segreti del bosco, piantavano i semi per far nascere nuovi alberi e soccorrevano i piccoli animali che si trovavano in difficoltà.

Erano discreti e riservati ma amavano anche l’allegria e la buona compagnia.

Vivevano in piccoli villaggi ed erano molto ben organizzati. 

Infatti, oltre agli gnomi che si occupavano di raccogliere legna e curare le piante, c’era anche il falegname che impagliava e intrecciava cesti e stuoie, il fabbro che lavorava i metalli come il rame e il ferro, ed il calzolaio che, usando pelli e cuoio, preparava stivali e cinture per tutti.

Questa è la storia di una piccola comunità di gnomi che trascorrevano i loro giorni serenamente, alternando alle ore di lavoro, altre dedicate al divertimento e all’allegria.

Infatti la sera, dopo aver riposto gli attrezzi, si ritrovavano tutti in una osteria dove la moglie dell’oste preparava delle zuppe di erbette e fagioli che serviva insieme a un delizioso succo di mele fermentate. 

Così le serate trascorrevano sempre in allegra compagnia!

Un giorno, però,  arrivò in questo villaggio uno gnomo prepotente e cattivo. Era un brigante!

Entrò nell’osteria chiamando ad alta voce l’oste affinché gli portasse subito da bere e da mangiare. L’oste, appena lo vide si rifugiò in cucina insieme alla moglie, ma il brigante battendo i pugni sul tavolo si mise ad urlare ad alta voce: 

-Oste, oste, dove sei?!? Portami subito da bere perché ho sete!!-

L’oste riempì un boccale con del succo di mele e glielo portò, e poi con voce tremante gli chiese cosa volesse mangiare.

-Tutto quello che hai in pentola!- rispose il brigante mettendosi a sedere – e sbrigati perché ho molta fame!!-

L’oste corse in cucina e disse alla moglie: -Presto, metti in una ciotola la zuppa di fagioli che hai preparato questa mattina. Quello non scherza, ed è meglio servirlo subito!!-

La moglie era molto spaventata e disse che avrebbero dovuto avvertire il capo del villaggio, ma non potevano uscire dall’osteria senza essere visti.

L’oste allora si guardò intorno in cerca di un’idea e, vedendo su una mensola i vasi che contenevano delle erbe mediche, chiese alla moglie se aveva anche quelle che facevano dormire. 

Lei rispose di sì e prese dalla credenza un grande vaso colmo di erbe e fiori. 

L’oste lo aprì e ne mise due belle manciate nella zuppa di fagioli mescolando vigorosamente e poi la portò al brigante che la divorò in pochi istanti. 

 Marito e moglie lo osservavano di nascosto dalla cucina per vedere se l’erba avrebbe avuto l’effetto desiderato e, infatti, dopo qualche minuto il brigante cominciò a sbadigliare vistosamente, dopodiché si distese su una panca e si addormentò.

L’oste e la moglie corsero subito ad avvertire il capo del villaggio e quando tornarono lo trovarono ancora lì profondamente addormentato. Così lo misero su un carro e lo portarono in prigione, dove continuò a dormire fino alla sera del giorno successivo.

Quando il brigante si svegliò si mise a sedere sul bordo della branda e si guardò intorno. Aveva l’aria smarrita e confusa. 

Il capo del villaggio vedendolo seduto esclamò:- Finalmente ti sei svegliato, brigante!! Hai fatto proprio una bella dormita! Si vede che la prigione ti concilia il sonno!! –

- Ma… cosa ci faccio qui!? – chiese timidamente il brigante –  perché sono in una prigione?!? -

- Non fare il furbo! – rispose il capo del villaggio – lo sai benissimo perché sei in prigione. Sei un brigante!! Te ne sei forse dimenticato?!? – 

L’altro continuava a guardarsi intorno. – Ma, perché dici che sono un brigante? – chiese timidamente – Io non ricordo nulla! –  concluse poi rivolgendogli uno sguardo disperato.

Il capo del villaggio lo guardò perplesso. Era davvero strano per un brigante dimostrare tanta …umiltà!

Non sapendo cosa fare andò a chiamare l’oste e la moglie. 

Quando tornarono il brigante si alzò e chiese gentilmente se poteva avere qualcosa da mangiare. 

L’oste lo guardò stupito: non sembrava proprio lo gnomo prepotente che era entrato urlando nella sua osteria!

- Avete visto?- disse il capo del villaggio -Allora, cosa ne pensate?!? -

L’oste non rispose. Era veramente molto, molto sorpreso!

Disse alla moglie di andare a prendere qualcosa da mangiare e quando lei tornò lo diedero al brigante affinché si sfamasse. 

Lui ringraziò e poi mangiò e bevve in silenzio.

L’oste continuava ad osservarlo con aria perplessa e, ricordandosi delle erbe che avevano messo nella zuppa, si chiese se la causa del cambiamento non fosse dovuta proprio a quelle. Così decise di mettere al corrente il capo del villaggio dello stratagemma usato per farlo addormentare. 

Costui era uno gnomo molto saggio e conosceva tutte le erbe e le loro proprietà curative. Dopo aver ascoltato le parole dell’oste disse che, secondo un’antica leggenda, se un brigante avesse mangiato quel tipo di fiori e di erbe, sarebbe diventato buono, ma nessuno lo aveva ancora sperimentato. 

La leggenda, quindi, poteva anche essere vera e decise di tenere lo gnomo in prigione ancora per qualche giorno per vedere come si comportava. 

Dopo circa una settimana il brigante continuava a mostrarsi mite e  ubbidiente, così il capo del villaggio decise di liberarlo, ma lui rispose che non sapeva dove andare e lo pregò di farlo restare in quella comunità.

Allora il capo riunì gli abitanti del villaggio e chiese se erano disposti ad accoglierlo e a dargli ospitalità ed un lavoro.

Tutti risposero di sì, così l’oste e la moglie lo presero come aiutante nell’osteria e gli diedero anche una stanza dove alloggiare.

Dato che non ricordava nulla del suo passato decisero di dargli un nuovo nome e lo chiamarono Beniamino, che vuol dire “benvenuto”, e lui ne fu molto contento.

Trascorse qualche tempo e tutto procedeva bene. Beniamino era diventato amico di tutti e svolgeva diligentemente il suo lavoro presso l’osteria. Gli gnomi del villaggio erano ormai sicuri che le erbe magiche avevano compiuto un prodigio e, dato il successo ottenuto, l’oste e la moglie decisero di chiamare la propria osteria: “L’osteria del buon cuore” e così rimase per sempre. 

 

Fine!


Riciclami, per favore!!”

(di Maria Silvana Piccinni)

Sul tavolo della cucina la donna aveva posato i suoi acquisti, tra i quali spiccavano le belle forme colorate dei vari tipi di frutta ed ortaggi. 

Altrettanto variopinte erano le scatole e le lattine che contenevano surgelati, passati di pomodoro e bibite. C’erano, anche, una bottiglietta di vino bianco ed alcuni detersivi, sia in contenitori di cartone che di plastica. 

Fra questi ultimi ce n’era uno che aveva una forma leggermente allungata, di un bel colore giallo tenue, e sembrava essere un tipo molto irrequieto poiché continuava a lanciare, attraverso l’etichetta, delle occhiate poco rassicuranti.

La signora però non ci fece caso e, prelevandolo per primo dal mucchio, lo depositò nel ripostiglio sotto il lavandino, dato che era il detersivo per i piatti. 

Dopo aver sistemato ogni altra cosa al proprio posto, prese dalla borsa il giornale che aveva appena comprato ed iniziò a sfogliarlo, approfittandone per riposarsi un po’.

Intanto, nel ripostiglio sotto il lavandino, il contenitore di plastica giallo ripensava con nostalgia ai bei giorni trascorsi su una mensola del supermercato, fra tante luci, suoni e colori, ed a tutta quella gente che lo aveva osservato ed esaminato lasciandolo poi lì, fino al momento in cui era arrivata quella signora che, senza un attimo di esitazione, lo aveva acquistato e portato via. 

Ora, in quell’angolo buio, si stava chiedendo quale sarebbe stata la sua fine una volta che il detersivo da lui contenuto fosse terminato.

Anche la bottiglietta di vino bianco si trovava in un mobile della cucina, in attesa di essere aperta per insaporire arrosti e risotti.

Passò qualche tempo e, una mattina, il detersivo per piatti finì, il vino bianco giunse all’ultima goccia ed il giornale, insieme ad altri settimanali, venne gettato via. Fu così che, tutti e tre, si ritrovarono nello stesso sacco per l’immondizia.

-Ciao!- disse il contenitore di plastica giallo rivolgendosi agli altri due. -Io sono Plastìc, vi ricordate di me? Eravamo nella stessa borsa della spesa una mattina di qualche tempo fa! Suvvia, non fate quelle facce! … Ehi tu, bella bottiglietta, me lo faresti un sorriso?!?-

-Ma chi ti credi di essere?!- lo rimproverò il giornale. -Come ti  permetti di importunare la signorina con la tua invadenza? Non ti hanno insegnato ad essere educato?-

-Ma certo…- rispose Plastìc -usiamo pure le buone maniere, intanto qui finiamo tutti in spazzatura!-

-Questo non giustifica affatto il tuo comportamento!- ribatté il giornale, -si può mantenere la propria dignità anche nelle condizioni più avverse!-

Bottiglietta lo guardò con gratitudine regalandogli un sorriso. 

Plastìc lasciò andare un sospiro e poi disse: -Chiedo scusa per la mia esuberanza, ma essere gettato via così mi manda fuori di testa! Posso sapere qual è il vostro nome?- 

-Io mi chiamo Giornaletti- rispose il giornale -…e io Bottiglietta- aggiunse lei con un filo di voce. 

Giornaletti provò pena per lei, oltre che per se stesso e per quel borioso di Plastìc. Sapeva molto bene quale destino li attendeva se la donna non avesse provveduto, in seguito, a deporre ognuno di loro nell’apposito contenitore in modo che potessero essere recuperati e riciclati. 

Questa possibilità, però, sembrava ormai preclusa dato che si trovavano già chiusi in un unico sacco; il solo modo per salvarsi da una fine ignobile era quello di approdare ad una discarica ecologica, dove sarebbero stati automaticamente selezionati. Ma questo era soltanto un bel sogno! 

Anche Plastìc era a conoscenza del rischio che stavano correndo, ma non diceva nulla per non rendere più angosciante la situazione, anzi, cercava di alleggerirla come meglio poteva.

Ad un tratto la donna sollevò il sacco per portarlo via e Bottiglietta scivolò tra le pagine di Giornaletti il quale, pur restando fermo ed impassibile, non riusciva però a nascondere la propria emozione.

-Ehi!!- esordì ancora una volta Plastìc, mentre si dondolava seguendo il ritmo dei passi della donna, -…ma guarda cosa mi capita di vedere in questo rozzo angolo di mondo!! Credo proprio che sto assistendo all’inizio di un grande amore!!-

-Ma vuoi stare un po’ fermo e zitto?! – gli intimò una vocina proveniente dal fondo del sacco.

-E tu, chi sei?!? chiese sorpreso Plastic.

-Io sono Lattina e mi trovo proprio sotto di te!-

-Oh scusami, non mi ero accorto della tua presenza!- 

-Va bene, ma abbi un po’ di riguardo per i tuoi coinquilini!-

-Sì, ma dimmi, da dove arrivi??- continuò Plastìc.

-Oh, semplice! Prima ero nel reparto frigo di un supermercato, dopodiché mi hanno acquistata, bevuta, ed ora eccomi qui!-

-Un viaggio molto veloce!- commentò Plastìc.

-Già, forse anche troppo veloce…- affermò Lattina con aria pensierosa.

-Ooohhhplà! Eccovi arrivati!!- esclamò intanto la signora mentre gettava il sacco in un contenitore per l’immondizia.

-Maleducata, incivile, antiecologica!!!- urlò Plastic al colmo della rabbia, facendo seguire altre imprecazioni. 

-Calmati Plastic, cerchiamo di fare il punto della situazione!- aggiunse Giornaletti con l’intenzione di ristabilire un certo controllo.

-Ma quale punto vogliamo fare?- commentò Lattina -…ormai ci restano ben poche speranze!-

-Se penso…- ammiccò timidamente Bottiglietta -a tutto quello che mi hanno insegnato nel luogo in cui sono nata! Mi avevano detto che avrei potuto vivere a lungo perché il vetro non si consuma mai!-

-Oh bèh, se è per questo, anche a me hanno detto le stesse cose!- ribatté Plastìc fra l’ironico e l’arrabbiato.

-Anche a me!- aggiunse Lattina -…però avrei dovuto avere la fortuna di incontrare delle persone che avessero rispetto per la natura, per l’ambiente e anche per noi! Possibile che non sappiano che ogni cosa usata può essere riciclata?!?-

Oh, lo sanno benissimo!- affermò Giornaletti che era rimasto ad ascoltare tenendosi stretta Bottiglietta, -ma non vogliono spendere né soldi né energie per tutto quello che hanno usato e preferiscono buttarlo via! Come sarebbe bello invece se riuscissero a vedere l’utilità anche in queste cose!»

-Sei proprio un sognatore!!- disse Plastìc -meriteresti davvero di essere riciclato, e… anche tu, bella Bottiglietta!

-E io?- chiese timidamente Lattina.

-Sarei molto felice se riciclassero anche te, mia simpatica Lattina, concedendoti una nuova immagine di tutto rispetto!» affermò Plastìc, cercando di stare fermo per non importunarla.

-Sei molto gentile- disse Lattina -…ti ringrazio per le tue parole!-

E dopo questo scambio di idee e di emozioni, regnò il silenzio.

Il mattino seguente, molto preso, un camion si fermò lì vicino.

-Ecco, sono arrivati gli addetti all’immondizia!- annunciò Giornaletti mentre il grosso contenitore veniva sollevato e svuotato all’interno dell’automezzo che ripartiva subito verso la sua destinazione.

-Auguriamoci buona fortuna!- aggiunse Plastìc consumando quel po’ di umorismo che ancora gli restava.

Poco dopo il camion entrava in una grande centrale.

Furono scaricati su dei rulli forniti di fasce fotosensibili e, nell’urto, il sacco si ruppe facendoli rotolare fuori.

-Ehi!- urlò Giornaletti -ma questo è un vero miracolo! Siamo finiti in una discarica ecologica! … allegri, amici, continueremo ad esistere e, chissà, forse ci incontreremo ancora!-. 

 Stava rotolando con Bottiglietta ancora avvolta tra le pagine. La sentì dare un sospiro di sollievo. Si guardarono, poi lei scivolò via finendo altrove.

Dopo quel giorno trascorse molto tempo…

Una mattina, un’anziana signora rientrando dalla spesa, posò con delicatezza sul tavolo della cucina una borsa dalla quale tirò fuori un poster che raffigurava un bellissimo campo di fiori sotto un cielo azzurro.

-Ciao nonna!- la salutò una bambina irrompendo nella stanza -cosa hai comprato di bello oggi??-

-Vieni a vedere…- rispose entusiasta l’anziana signora  -guarda che bel poster ho trovato dal cartolaio! Mi è piaciuto tanto che ho deciso di farne un quadro!-

-Hai ragione nonna, è proprio bello! Ma, per fare un quadro, ci vogliono tante altre cose…-

-È vero, infatti ho già acquistato tutto l’occorrente!- E, così dicendo, prese dalla borsa una cornice di plastica, dei morsetti in metallo ed un vetro.

-Ma è fantastico!- esultò la bambina -…ti posso aiutare??-

E, poco dopo, il quadro faceva la sua comparsa su una parete della cucina.

-…. Ehi, amici, quando ci siamo ritrovati tutti su quel tavolo credevo di sognare…- stava dicendo la cornice.

-Hai proprio ragione mio caro Plastìc- rispose il poster -siamo stati molto fortunati ad incontrarci ancora!-

-Sai, Giornaletti- osservò allegramente Plastìc -ti donano molto questi colori!-

-Anche tu hai fatto un salto di qualità- affermò Giornaletti -ora sei una splendida cornice!-

-E io?- s’intromise Lattina …non vi piacciono i miei morsetti?-

-Sono davvero incantevoli- dichiarò subito Plastìc -ed essere tenuto a freno dalle tue piccole dita mi fa sentire infinitamente bene!-

-Sei sempre il solito…- scherzò lei.

Giornaletti e Bottiglietta intanto si tenevano stretti, come molto tempo prima.

-…ti proteggerò dalla polvere- stava dicendo il vetro.

- e io ti regalerò ogni giorno i miei fiori più belli…- le sussurrava dolcemente il  poster…

 

Fine!


“Tu nel mio cuore”

 

Tu nel mio cuore
ed invento il tuo respiro
dentro e fuori di me 


affinché le mie notti si perdano
al di là delle stelle
ed i miei giorni non abbiano
più confini 

 

così che io possa amarti
oltre ogni logica
ed ogni ragione…


“Dimmi…”

 

Dimmi…

dove ti sta portando quel pensiero

che ora nascondi nel tuo cuore…

 

Lo sai 

sono gelosa di quel magico stupore

che a tratti appare sulle tue labbra socchiuse…

sono gelosa di quello sguardo inquieto

che si perde laggiù

oltre il mio viso

oltre il mio amore 

 

ma non posso fare niente

per fermare questo fiume che lentamente

ti sta portando via

da me…


“La risposta”

 

Siamo andati dove la terra

era più fertile

per coltivare le nostre menti 

 

Abbiamo osservato il mutare dei venti

la bontà della pioggia

la forza del sole 

 

Spesso ci siamo chiesti cosa rappresentiamo

in questo incredibile Universo 

 

e la risposta era sempre lì

nel  nostro cuore

in attesa di essere compresa 

amata 

rispettata…


“L’amore…”

 

L’amore ci guida lontano…

lento e veloce è il cammino

dolce l’intesa 

 

Lui è stato un grande artefice in ogni tempo

poiché ha annullato tutti i nostri confini

regalandoci un mondo pieno di luce

dove la povertà dei sentimenti

non può esistere 

 

Abbiamo pregato 

affinché il nostro cuore conoscesse la gioia

ringraziando

le Possibili Vie dell’Universo…


“Inventati…”

Inventati ogni giorno 

un giorno di sole

e portarci a spasso le tue speranze 

 

Inventa prati fioriti e campi di grano

e fanne la culla dei tuoi desideri

 

Inventati una casa

che sia grande come il tuo cuore

e dipingila 

con tutte le sfumature dell’amore

 

Regala e regalati sempre 

un sorriso 

 

e quando incontrerai la tristezza e il dolore

inventa una preghiera

che ti dia la forza di lottare

per un domani migliore…