Mariachiara Sticchi - Poesie

I poeti della notte

 

Le poesie sono preghiere

scritte da angeli camuffati

da quei diavoli di poeti.

Sembrano dolci pensieri,

ma alla base ci sono mani tremanti

e cuori pesanti.

Scrivono parole che si sbriciolano

sulle loro stesse ossa di sale.

Ogni notte piangono blocchi di vita

per poi scaraventarli

nella cantina buia della loro anima,

regno di esseri tristi e deformi.

Si scavano dentro fino a sanguinare,

fino a morire di stenti nelle notti di luna piena.

Eppure sopravvivono,

sopravvivono al male che si fanno

pur di raccontare

ciò che altri cercano di celare.

I poeti della notte sono diavoli e streghe

che continuano senza sosta

a bussare alle porte del cielo,

ottenendo solo raramente

un qualche tipo di risposta.

Eppure, tutto questo finisce per bastargli:

tra le loro mani rimane

la purezza della parola,

che sembra provenire

da un mondo lontano e infinito.


 

Accettarsi

 

Negli scroscianti pomeriggi di solitudine

mi ritrovo a pensare

alla mia difficoltà di rivoluzionarmi,

alla mia incapacità di accettarmi,

alla mia bussola della ragione

che ruota sempre su sé stessa.

Penso che siamo tutti soli

in questo diluvio di corpi straziati e menti sbrindellate,

che siamo indifesi

in questo mondo di squilibrio e follia,

che siamo persi

in questo tempo di silenzio senza quiete.

Vorrei far tacere questi pensieri,

che come crepe nere

squarciano i veli di cartapesta della mia pelle,

che come grosse gocce rotonde

scavano nell’arena del mio petto.

È una sensazione che asservisce

membra, parole, azioni,

e in quei momenti vorrei averti al mio fianco

perché sei l’unica persona

capace di sbrogliare il rompicapo

alla base di queste catene.

Vorrei tanto essere

l’eroina del romanzo abbozzato nel mio cuore,

la promessa che si realizza,

il diamante che non si scalfisce.

Vorrei tanto essere

l’incrollabile sostenitrice delle mie idee,

la regista delle mie scelte,

l’aeroplano dei miei sogni,

l’inizio e la fine di me stessa.

Vorrei essere tante cose,

tutte quelle che non sono adesso.

Ma vorrei anche non aver più timore

di quel che mi sta intorno,

di esser come sono,

anche se non dovessi mai essere

la versione migliore

che ci si aspetta da me.


 

Mattino

 

Ciondolo colorata alle prime luci

mentre si ramifica in me

un’alba di primizie.

Un filo d’oro mi trapunta il petto

dando luce a pensieri di acqua cristallina.

E mentre un vento nordico mi sferza contro,

sentendomi vela o aquilone

mi lascio condurre lontano,

trasformandomi in un argenteo gabbiano.


 

La scansione ritmica

 

Buongiorno amore,

il mattino si infrange su di noi

e ci dice che è ora di riprovare,

di sbatterci di nuovo la faccia,

di correre e di prendere treni

non ancora persi,

di fare, fare, fare e cercare,

di non sbagliare.

Dai, svegliati amore,

torna da me,

anche se so che non sei mai andato via.

Avvicinati a me,

stringimi a te

come se fossi l’ultimo tulipano

del tiepido aprile.

Apri gli occhi, amore,

oggi il sole è il grande assente,

e per me è tutto sbagliato.

Piove, in quell’acqua sporca mi ci rifletto,

e mi piaccio ancor meno.

Alzati, amore,

abbracciami e rivestimi del tuo odore,

quello che mi fa spaccare il mondo,

che mi porta a gridare:

«Oggi non mi fermate».

Ecco, mi avvolgi.

Nello spazio di cielo tra le tue braccia

sento di poter spiccare il volo,

sento di avere uno spazio infinito nel quale esprimermi.

Non andrò via subito,

aspetterò ancora un po’,

voglio memorizzare la scansione ritmica del tuo cuore

per poi ripetermela in testa durante la giornata:

mentre aspetto la metro sulla banchina,

mentre attraverso le strisce pedonali,

mentre arrivo a destinazione,

mentre esco da lavoro,

mentre metto in moto la macchina,

mentre aspetto al semaforo,

mentre inserisco le chiavi nella serratura,

per poi ricongiungermi alla fonte originaria

e scoprire che ho tenuto il ritmo perfettamente,

perché il mio pensiero combacerà col tuo cuore.

Pur non passando del tempo assieme,

avremo tenuto il tempo insieme,

nell’infinito del nostro tempo.


 

Lentiggini

 

Le tue lentiggini

non sono segni,

ma punti di inizio e di fine

di viaggi fantasiosi

nati dalla contemplazione del tuo viso.

Non sono imperfezioni,

ma fugaci pennellate ambrate,

dalle mille sfumature e conformazioni.

Sono minuscoli barlumi di universo

che danno origine a infinite costellazioni

che, sapute leggere correttamente,

possono fare da astrolabio alla stella più luminosa:

la tua anima ardente.

Questi punti, indefiniti, ti definiscono,

sono l’accenno di ciò che interiormente sei:

un mondo inesplorato e puro

da conoscere e contemplare ininterrottamente.


 

Viaggio

 

Svegliati,

il sole è un limone d’oro che insaporisce l’aria,

e che acquerella caleidoscopi sul tuo fianco ambrato.

Cosa desideri fare oggi?

Una ricca colazione al caffè?

Quello con la terrazza che profuma di spuma di mare,

quello coi tavolini in ceramica e in ferro battuto,

quello che ci fa sentire due americani in vacanza.

Svegliati,

non voglio perdere un attimo di questo giorno benedetto,

vorrei andare a Sant’Andrea, vedere il mare dal punto più alto,

sedermi al limitar del faraglione,

provare quel terrore misto a esaltazione.

Ti piace fino a qui?

Poi pranzeremo, cibo rustico ma buono,

e quell’amabile vino rosso che ci ciondolerà nel pomeriggio di salsedine.

Sei sveglio,

mi sussurri: «Basta che ci sia tu,

a me piace osservare il mondo dai tuoi occhi,

occhi che mi conducono lontano ma così vicini ai miei,

occhi che mi cercano come se fossi una delle sette meraviglie.

Baciami, voglio le tue labbra amaranto sulle mie,

baciami e poi ti porterò a vedere il mondo,

ad esplorarlo ed amarlo come solo tu sai fare».


 

Estate

 

Brindiamo a un’estate

che sa di crema e di sale,

di risate a crepapelle

e di tuffi sgraziati di noi due mozzarelle.

Brindiamo al mare

che ci leviga la pelle,

al sole che la brucia,

ma che ci alleggerisce come rondinelle.

Brindiamo ai trabocchi,

alle due Sorelle imperanti sul mare e agli altri faraglioni

che ci danno ristoro nel purpureo mezzogiorno,

e alle cole rinfrescanti bevute sulle coste abbacinanti.

Brindiamo all’abbronzatura color biscotto,

alle lentiggini più marcate,

ai cerchi di leone intorno agli occhi

e alle labbra più sanguigne e stuzzicanti.

Brindiamo alle trecce di latte,

ai pomi dorati,

alle foreste di ulivi

e alla terra brulla e ferrosa.

Brindiamo alla fine della terra

e alla nostra estate da fine del mondo,

ai mari di foci diverse che si lanciano in rocamboleschi

baci,

alle grotte di pietra salmastra e a quelle di cristallo zuc-

cherino.

Brindiamo alle nostre avventure e scoperte,

alle tante camminate in terre barocche e ai dolci che le

hanno pareggiate.

Brindiamo, dunque, alla vita con questo bicchiere di vino

di fronte a questo ultimo paesaggio salentino.


 

Groviglio d’infinito

 

Arzigogolati e pastosi

i nostri corpi:

un’unica materia,

una massa di stelle

che ritorna alla sua origine:

l’universo.

Siamo uno scarabocchio

su carta,

una matassa

che sa di potersi sciogliere

da un momento all’altro,

e che per questo

ancora di più

s’ingarbuglia.

Siamo incagliati da tempo

in un sentimento

che è anche un dolce tormento,

un intricato labirinto,

ma anche uno spazio

dove siamo e ci riconosciamo:

l’unico luogo

in cui è consigliato perdersi

per ritrovarsi all’infinito.


 

Mi trai in salvo

 

Tu percorri mille miglia di me ogni giorno,

mi rincorri se ti sfuggo e non ti stanchi

di sbrogliare i pensieri e soppesarmi il cuore.

Ti imbatti spesso nei miei scogli e nelle mie terre bruciate,

ma non indietreggi, non ti spaventi, avanzi

e abbatti i demoni che devastano la mia mente.

Mi trai in salvo da me stessa ogni giorno,

mi leggi e mi racconti le storie di polvere

che mi sono incisa dopo le tante bruciature.

Mi riveli e mi ritrai come sono

e non come penso di essere,

aiutandomi ad essere e a diventare nel tempo.

Al mio cuore urli in silenzio

parole che mai udirò, ma che sento

anche adesso che non sei qua.

Mi scorri dentro come lava,

mi pulsi nelle membra e nei pensieri,

mi attraversi e non mi fai male: mi vivi.

Come angeli sulle braci sono i nostri cuori,

un po’ santi e un po’ oscuri,

ma così irresistibilmente imprevedibili.

Mi colori e mi fai sbocciare

gli spazi lividi dell’anima,

e io, in cambio, ti faccio dono di qualche mio frammento.


 

Pulviscolo

 

Sei quel genere di magia

che si verifica al tramonto,

un groviglio di rami spogli e flessuosi

e i colori dei Caraibi come sfondo:

i gialli febbrili di Van Gogh,

l’oro sensuale di Klimt,

il rosso pompeiano della villa dei Misteri.

Sei come la nascita della filosofia:

dalla meraviglia nasce la domanda,

“Chi devo benedire per il nostro incontro?”.

Non ci sarebbe una grande dissertazione in me,

per il dono che sei benedirei anche un demone.

Sei l’attesa di un desiderio e il millisecondo seguente:

l’attimo dove si concentra l’euritmia di un’esistenza.

Sei quel pulviscolo di stelle dorate

che immagino di avere sospeso tra cuore e anima

ogni volta che appari

nel mio campo visivo e mentale.