Marina Santomauro - Poesie

Colore

 

Colora il mondo col tuo sguardo,

pennelli e sogni e tutto il bello che puoi.

Forte di noi, sarai guerriero e missionario, padre e figlio.

Sogna, ama, credi.


Sempre

 

Ti amo, lo sai?

Conserva queste parole per quando non mi vedrai.

Amore o figlio o chiunque tu sia

la certezza tua e mia,

tienila con te finché potrai,

più di te non ho amato mai.


Sole

 

La terza stella amata e bella

Cresce allegra e pazzerella

Ride e porta il buonumore

Dice tutte le parole

Dona a tutti tanto amore

Se c’è lei c’è sempre il sole


libro

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Una volta in strada notai che Stuart procedeva due metri dietro di me e immaginai fosse stata Mary a suggerirgli di farlo per lasciarmi sola con i miei pensieri; in effetti non avevo voglia di fare conversazione e presa l’auto mi lanciai giù, in picchiata libera, attraverso la città, che, a quell’ora del pomeriggio, mi appariva assopita, privata com’era della compagnia del traffico urbano. Mi chiesi che impressione potesse fare a uno straniero la mia Salerno, bellissima, mutevole in ogni stagione. Il suo vento irriverente e sferzante era da sempre il suo modo di parlarmi. Andando in giro avevo l’impressione che, soffiando, volesse confidarmi un segreto e per farlo si serviva del fiato di Eolo. Un messaggio, un desiderio, un sospiro, e me li sbatteva in faccia, anche se non avevo voglia di ascoltarlo e prendevo vie traverse per evitarlo. Spiffero freddo e pungente in inverno, alito caldo e afoso in estate, il suo moto perpetuo agitava le mie giornate. Vento che taglia la faccia, sul lungomare affollato di primi baci e di promesse per sempre, frizzante in primavera, quando si impregnava di allegria e di aria costiera. «La scuola sta per finire» mi sussurrava spiritoso mentre mi scompigliava i capelli, «e quest’estate si prospetta fantastica». All’inizio di maggio, mi buttava in bocca tutto il sapore del mare facendomi sentire nostalgia della bella stagione prima ancora che iniziasse. Poi a fine giugno si faceva caldo e insopportabile, fino a cuocermi del tutto il cervello. Studiare per la maturità era stata una vera impresa e io, Mary e Fabiana c’eravamo riuscite solo perché, tra mille pause, l’una obbligava l’altra a concentrarsi. Ma le serate fuori erano piene di entusiasmo e diverti-mento. Eravamo meravigliosi, tutti insieme, spensierati e pieni di vita, con in testa solo tanta voglia di ridere. Ogni sera un posto diverso, un vestito diverso, amici nuovi, eppure la notte finiva sempre allo stesso modo, a fare l’amore in macchina e colazione dall’Artista. Una volta all’università, invece, avevo la sensazione che l’estate diventasse sempre più corta. Il delirio delle nostre notti brave durava sempre meno e Settembre, col suo odore di libri, bussava alla porta ogni anno con un po’ di anticipo. Era quello per me l’inizio del nuovo anno, quel ricominciare mi faceva sentire più adulta. Ed eccola lì, la mia città, che, rinunciando alle atmosfere vacanziere, a fatica cercava di indossare la sua veste da giovane intellettuale pronta a nuove sfide, e così con la prima campanella, le melodie partenopee e la musica di Pino sfumavano fino a diventare un lusso da concedersi solo nei week-end. Il ritmo era serrato: studio, studio e ancora studio da alternare a qualche ora di pianoforte e un paio di tuffi in piscina. La malinconia, feroce all’inizio, pian piano passava, ma in me spariva solo all’accendersi delle prime luci di Natale, e ce ne erano di spettacolari, anche loro in balia del vento, come il mio umore.