Mario Falchetti - Poesie

SORATTE

 

Ogni giorno che fuggo da Roma

affrontando il logorio del pendolar

e in paese tra i miei tornare,

da lungi ti scorgo all’improvviso,

montagna mia, e mi ritempro

perché ormai son vicino alla meta.

 

E resti muto testimone

delle vicende dei tuoi figli, 

immobile nella tua maestosità

che ti dona la solitudine

d’esser disteso tra basse colline,

scagliato lontano dai tuoi fratelli, 

come disposto sin dalla creazione.

 

Quivi hai resistito a flutti e tempeste

dell’antico mare che rodea le radici,

finchè esso non venne sepolto 

dalle fiamme del Sabazio a ponente

e ricacciato da Fiume a levante,

ch’oggi è passato oltre.

 

Così ti rivestì un folto manto ombroso

riparo per branchi di belve,

regno della grande aquila

che ora s’ammira nel museo

vittima d’un’umanità predona.

 

Composta nel 2005?

 

Pubblicata nel volume In viaggio con me. Poesie dal 1979 al 2016, Apeiron Editori, Sant’Oreste (Roma), 2017, p. 57.


AHI FEDERICO (o della Libertà)

 

Ahi, Federico!!

Ti sento nella mia anima,

ti riconosco in quella della mia famiglia;

dopo aver letto i tuoi versi,

ti abbiamo conosciuto malgrado la tua morte.

Cosa ci tormenta di te, Federico?

 

Da un’isola ancorata tra i piani

un marinaio salpò verso il Mondo,

navigando dal mare in mezzo alle terre

fino alle bocche del porto adorno nelle cassiteridi.

Nocchiero del fuoco nei motori diesel

di un cigno di guerra dai grandi cannoni.

 

Onde burrascose han lacerato la sua giovinezza,

col tormento della nostalgia.

Uno sguardo gli affidò l’età adulta,

conoscendo lei, nel porto di Nazareth,

prima visione, poi compagna di vita.

 

Cosa gli dicesti, Federico?

I tuoi versi mi sommergono del tuo creato.

Ho sempre pensato che dialogassi con lei,

poi ho scoperto le tue rime discorrer con lui,

e hai costretto alla resa la mia falsa percezione.

 

Marinaio,

giovin avventuriero mai sazio di libertà,

affrontasti davvero mille siepi pungenti, senza paura,

per riscattar la tua dama dall’Orco

e viver insieme nel mondo reale?

 

Raccontami, marinaio, quali visioni 

ti hanno aperto le rime di Federico.

Le battaglie d’armi dell’Orlando o del Meschino?

O dei Reali di Francia, ch’animaron i sogni della tua infanzia?

Forse ti ha guidato per le strade di Nuova York,

seguendo i gitani nel tuo peregrinare?

 

Una notte di plenilunio insonne, 

così ho sentito i suoi versi cantare:

Molte volte mi son perduto per il mare

con l’udito pieno di fiori appena colti,

con il gusto pieno d’amore e di agonia. *

Ignorando l’acqua, cerco*

nell’angolo più buio della brezza che nessuno vuole,

la mia libertà, il mio amore umano.” **

 

Aprile 2019- Maggio 2020

 

* Versi liberamente tradotti da “Gacela de la huida”, in “Lorca: vita, poetica, opere scelte”, Edizione speciale per il Sole 24 Ore, 2009, pag. 470-471

** Versi liberamente tradotti da “Poema doble del lago Eden”, “Poeta en Nueva York”, in “Lorca: vita, poetica, opere scelte”, Edizione speciale per il Sole 24 Ore, 2009, pag. 350-351


SON VENUTO DA LONTANO A TE

 

Son venuto da lontano a te

portato dai tuoi simili,

che, come i migratori,

si spostano per il mondo,

senza sosta, rincorrendo sogni;

senza sosta, fuggendo se stessi.

 

Son venuto da lontano a te

perché avete riempito il globo,

perché siete i visibili più numerosi,

coloro che predano la natura,

coloro che predano i simili

e li rendono moltitudine di numeri.

 

Son venuto da lontano a te

non perché mi hanno liberato

o per sterminarvi per congiura,

ma semplicemente perché sei casa,

anzi tante tiepide case

con la dispensa sempre piena.

Case in cui sono ‘sì tanto in agio

che posso mostrare i miei talenti

che voi chiamate sintomi.

 

Son venuto da lontano a te,

tremula foglia al mio cospetto,

che mi cerchi tra la folla per celarti,

chiudendo fuori il tuo universo,

chiudendo fuori i tuoi affetti,

ed evitare ch’io penetri in te

e ti abbracci con la tua condanna.

 

Son venuto da lontano a te

che mi sfidi ad impari duello,

non ascoltando le regole,

non ascoltando il buonsenso,

facendo come se io non fossi

o tu potessi resistere alle mie lusinghe.

 

Son venuto da lontano a te

per rubarti il passato e la tua memoria,

perché ne hai isolato i testimoni

lungi da te e dalla tua frenesia quotidiana.

 

Son venuto da lontano a te,

per portarti via, oh presente,

dal futuro prossimo

che hai abbandonato al caso,

poiché serve solo alla tua vanità.

 

Son venuto da lontano a te,

o futuro prossimo, che tu apprenda

quanto il presente sia frivolo ed egoista,

come t’abbia generato per capriccio;

ascolta te stesso

nelle voci oggi escluse

perché ti vanno annunciando.

 

Futuro prossimo,

lo stesso per tutti, guarda avanti.

Il vascello su cui navighi

è unico e non avrai altro.

Rendilo come una nuova casa,

in cui vi sia posto per tutti,

e i mezzi non siano più fini.

Giugno 2020