Copenaghen
Ti sei dichiarata come fa il freddo
quando scolpisce l’acqua d’una fontana
ed io
rimasi di ghiaccio.
Ricordo…Copenaghen.
Cuore
Crudele carezza
Caotico canto
Cigolio continuo
Ciarlatano compiuto
Congedati.
Eroi
Eravate eroi
Evasioni.
Eterni esempi,
Ed eccovi esangui…
Erosi.
E’ il tempo
Non si contavano più i passi nel buio pesto di Roma,
inciampavamo tra le macerie di bottiglie scolate
e urla sbronze, moleste.
Roma era scura come un racconto di Poe,
troppo scura per i miei occhiali e per il tuo cuore
pallido e freddo che sentirlo battere era sempre per caso.
Guardavamo la notte che non diventava mai sole,
come noi,
esposti al gelo di quelle parole rapite,
cosi precari
che giurammo addio a quel vuoto fatale.
Ma dove siamo ora?
Adagiati nella certezza dell’ovunque, beffati
dalla difficile bellezza di esserci scambiati amore.
Vaghiamo su tram diversi
con i vetri appannati e gli occhi annegati.
Prenoteremo le nostre fermate
cosi distanti, cosi diverse e scenderemo
da questo ferroso addio.
E’ il tempo che non ci ha trattenuto.
Giudice
Vergine voce
inebria e ferisci,
incolpa questi corpi
senza ragione
che
ambiscono grazia
dal reato.
Soccorri il destino
dal cuore iena
che tallona la moda.
Feconda i vulcani
spenti
e colaci tra le menti.
Ingrassaci di cenere
che d’inverno nutre i campi
e poi se vuoi
concedi la giusta pietà
o condannaci
all’eternità.
Il Pianista
Volteggiano le dita sull’avorio pregiato
funicelle intonate palpitano
in un capogiro di note
e nella lunga coda
il concilio.
Sono io,
l’eremo curvo dell’evasione
che affidaste al canto d’un piano.
Col prestigio d’accordi stregati
trabocca il teatro di occhi sospesi.
L’ultima nota
e dalla quinta rubina
l’inchino
a tender le mani
ad uno scroscio di mani.
Il regalo
E’ nel tratto obliquo d’una biro
che i miei pensieri si combinano.
Steso
tra i bordi perfetti della bianca voragine
sta lì
come una goccia scorre
sulla schiena della foglia
e poi non l’abbandona.
Sigilla la china nera
ciò che sono
nel tempio degli echi riordina il travaglio.
Spoglia il respiro allo straniero
e poi si fa voce.
Su questo diario che t’ho permesso
troverai comoda la mia testa
fra gli spigoli del mare
e le spalle dell’amore.
La vanità
Son io,
faziosa donna che non teme rivale
nell’uomo dimoro
e del sesso risalto lo stile.
Ti guardo mutare ed io son là
nel brivido freddo di un metallo indossato
negli occhi che cambian colore.
Sarai fiuto per il naso accurato
lo sfarzo d’un corpo
nel desiderio celato
- nello specchio leziosa l’immagine mia -
Guarda chi non viene a cercarmi
ha i capelli disfatti dal vento
la pelle sciupata degli anni
e l’accento mancato in quel sorriso sbiadito.
Cosi, nudi di me,
nell’ostinata voglia di purezza
ombre taciute, distanze tra stelle
mio è il mistero, l‘incertezza.
Ossido
…e quegli occhi affidati al congedo
divennero calore
nel gelo concepito di quel teatrale istante,
e il calore divenne alito e turbamento
dettando spasmi inconsulti,
ed eccolo!
Il delirio anelato,
tragitto dell’ossessione
mi portò in platea
dove la sua fuga armoniosa s’arrestò
ed io distratto in poltrona
d’una seconda fila.
Vendetta
Nel bigio speco della mente
va bollendo,
gendarme d’una ferita.
Incede con veemenza,
come fa il vino
quando invade la gola,
estasia il giudizio.
Bizzarro
come tutto sia insolito
con occhi addomesticati
e d’un tratto
attraversa la vena
e ti fa ostaggio.
Finché, matura,
cade il lampo
e d’incognita s’aggrava il pensiero.
Se non foste cosi sciocchi
di pensare
che l’empietà non fecondi
vendetta,
sapreste quale esito meriterebbe
il dispetto.
Voi,
che mani pentite mi offrite,
dinanzi al mio tormento
ginocchia indulgenti piegate
in questo teatro non prenderò posto.
Dal vostro pianto berrò
saziando, chissà, questa passione
mentre dilagherà il sorriso
sentendovi il rimorso.
Piansi anch’io quella volta.