Martina Cifani - Poesie

IL GUSTO DELLE PAROLE

 

Il gusto delle parole,

la frenesia della mano

di creare l’indelebile,

di spiegare l’inspiegabile.

Il gusto delle parole

siano esse dettate dal caso,

intenzionalmente ricercate,

pazientemente attese.

Il gusto delle parole trovate.

 

Il gusto delle parole

che non si possono dire,

celate nel desiderio

o nel rancore.

Il gusto delle parole

alle quali credo.

Il gusto delle parole

che diventeranno azioni.

Il gusto delle parole

preziose eppure sottovalutate

ti voglio bene, ti chiedo scusa.

 

Il gusto delle parole

attentamente ascoltate

custodi di infiniti segreti,

al pari della poesia.

Il gusto delle parole travolgenti.

Il gusto delle parole fedeli,

giuste, dignitose, incoraggianti.

Il gusto delle parole violente,

illusorie, estorte, denigranti.

Il gusto delle parole 

che hanno potere.

Il gusto delle parole

alle quali tu decidi di dar potere.


 

CARA



Lene cara
di quell’ adamitico manto
che’l tocco mai azzardò a tanto.

Carezza impalpabile
di quel cipiglio fermo
che’l ceruleo vide come perno
d’un orbe d’inverno. 

Mai la queste fu meno opportuna:
l’arbitrio supera persino la mezzaluna.
Mai l’alma fu più sopraffina:
la pretesa era certa rovina.
Mai il cuore fu più saggio:
“Il ritorno non sarà incarcerato miraggio”,
inoltre “Libertà non è concessione,
bensì della vita, unica professione.”

Cara,
immobile e sospesa,
la mano attendeva una sola resa.
Mai mossa latente
fu più erede dell’attimo fuggente;
il riso tuttavia non tolse,
punto e a capo
la penna mosse.


 

SENTIERO

 

Il desio di arrivare,

di fermarsi.

La scelta, la volontà 

di respirare;

di privarsi della possessività delle genti,             

della gelosia inferma dei luoghi;

di sentirsi soli in una solitudine 

gesuitica

 

infranta

 

dal sentimento che nel cuor conduce 

i chi

ai quali il mero “voler bene” è atto improprio,

gesto inaccorto,

sguardo limitato,

ringraziamento incompiuto;

 

soffocata

 

dai chi che uccidono l’eremo della mente

e la brama di perseguirlo.

 

Arrivo,

mi fermo.

 

Mi volto indietro,

mi rivolto,

mi ribello.

Nel subbuglio

 la permanenza del loro amore,

la virtù della pazienza più innocente.

 

L’ora tarda

la consapevolezza del rientro,

uno stilo di nostalgia.

 

La ferma certezza che in quel sentiero vi sarà ritorno.



ODE ALL’UNIVERSO

 


Oh universo
a te spesso penso,
sì ampio, sì immenso,
sebbene la ragione 
ti voglia stellato ed infinito,
il centro mio
osserva 
quel riflesso poco pio.
Pio. Qual parola!
La religione riaffiora,
tuttavia, essa nulla importa
se l’animo si comporta
in quel modo raffinato
d’uomo, che scherno 
altrui, ha mai giudicato.

Rusticana, la cavalleria 
che travolge la mente mia:
note sincere che con eleganza
si susseguono in una curiosa danza,
come gocce di rugiada gentili
che viaggiano su foglie sottili.

Mi scosto,
lontano me ne vado.
Alla ragione più non presto ascolto
come se essa fosse in torto.

Oh universo
or ti scorgo
sì minuscolo, sì profondo
in quel riflesso
sì blu, sì tondo.

Ed ecco, 
la condanna:
Ragion sempre inganna!
Accusatori senza pietà
borbottano in crudeltà, 
finché sbalorditi
sono al fermo costretti 
dalla propria razionalità.

In cuor loro, il silenzio ha giocato 
e’l pensier accorto
come dadi, il dubbio ha lanciato:
l’universo è vero
visibile
in misura piccola e profonda,
ma come può essere invero
se la mente, tra le meteore, è vagabonda
o se tra oceani, d’altri mondi, s’affonda?
Oh universo, 
una nuova lezione
un nuovo maestro.

È bene ch’io faccia ritorno
come un mulo al suo borgo
cosa falsa non è non vera
poiché il prospetto non cola come cera.

L’orizzonte sereno miro,
la pace dei sensi,
un leggero respiro.
La melodia ancor odo,
ad un nuovo porto approdo.



NEL VENTO D’AUTUNNO

Nella notte, o Sole

riscaldami nella rimembranza

del tuo affettuoso tepore.

Nell’oscurità, o Sole

salvami da questo timore,

sì placido e presente 

sì trepido ed incoerente,

timor d’infante

che dona tempo straziante.

O Sole,

qual dovere devo appagare

affinché questo mostro 

mi possa fortificare?

Timor cupo,

timor soffocante

che la dolce compagnia 

tu muti 

da beata a schiacciante,

che il respiro tu mi obblighi 

a rincorrere

con l’illusione che il vero tremore 

si possa interrompere.

La romantica solitudine

mi costringi a cercare

nonostante io,

sognante

nel vento d’autunno

mi vorrei librare.

 

Nella notte, o mio Sole

ardi nel mio cuore.

Nell’oscurità, o Sole 

incoraggiami contro questo timore

sì lieve ed elegante

sì misterioso ed estenuante,

di Psiche figlio 

cresciuto nel vizio di ogni istante.

O Sole, 

quali azioni devo muovere 

affinché questo mostro

cessi di corrompere?

 

Nel giorno, o mio Sole 

su di me continua a vegliare 

E, nel tuo calore,

permettimi di soggiornare.



AMOR O INNAMORAMENTO


Amor o innamoramento, 
fastidioso tormento!

Un istante, 
invero attimo di convinzione,
quel credere di amarsi
deluso
dal mancato tempo per fidarsi
e l’istante seguente, 
ove la confusione è convinta 
e’l mio tacere per sempre
impedisce ch’io sia vinta.

Amore o innamoramento, 
era mero fraintendimento!

Come potrei mai amarti,
se è l’alba ciò che in verità tu brami,
quando io sono crepuscolo?
Come potrei amarti,
sicché, per te l’amor è pretesa 
e non libera presa?

Amore o innamoramento? 
Amor!
Senza, del tempo,
il timor.



PROCESSO POETICO


Odo 
voci suggerirmi parole;
come eco in lontananza
la parola mi giunge 
e l’anima mia 
si colma.
È poesia.



COME UN PETALO BIANCO

 

Come un petalo bianco

di una pianta in fiore

che risveglia d’incanto 

la commozione del cuore.

 

Come un petalo bianco 

che, abbandonandosi nell’aria,

si adagia al suolo dolcemente

facendo del suo indugio una libertà sorprendente.

 

La sua caduta non è spavento

ma ciò che più ama del suo avvento,

il volo poco sicuro

è il mezzo per scoprire il suo carattere più puro.


 

LODE ALLA CULTURA


Miro te
al mirar di codesta meraviglia
che d’un’epoca sparsa 
è statuaria scintilla.

Miro te
che del bello sei nutrice
d’oculi e d’alma, or intrepidi,
al pensarti ispirazione nei secoli.

Miro te
che’l fiato levi
lordo e assennato 
ingenuo e frastornato;
e’l respiro vero da lungi 
rinvenuto 
riscopre nella tua aria
nuovo contributo.

Miro te
infinito di cangiamenti,
dotto teste 
di congiure e tormenti
di battaglie e tradimenti;
della fede che cerca sempre sposa,
della nota che insegue nota,
dell’amor che, per inchiostro, si fece prosa.

Miro te
d’identità molteplici
che crei le tradizioni 
e speri ch’el diritto divenga esercizio di azioni;
che la ricchezza non è d’argento
ed il vanto non è d’altrui gradimento;
ch’el romanzo traduci in dolci fremiti
e le verità trascendi;
ch’el sogno non è solo di mezz’estate
ed è potere di cardinali avanzate!

Miro te
umana natura.
Te miro
curiosa cultura.



IL BEATO

 

Cullato dall’attesa, il Beato

in elevata virtute a preghiera invita,

nel mentre che

d’Intelletto, vergine speranza, è concepita.

 

Nell’aulico invito a propagar letizia,

nobiltà e servitute si scambian notizia.

Il venir fecondo di fortune è privo,

anche se Veritate, in verità, mai abbandona lo schivo,

infatti,

difatti,

Fortuna assai più grande tra noi è nascente,

indicata dall’Astro, la cometa splendente.

 

Cullato dall’attesa, il Beato

in elevata virtute a preghiera invita,

nel mentre che 

d’Intelletto, vergine speranza, è riuscita.

 

Nell’aulico invito a proclamar l’avvento,

l’innocente novella divien flagello e tormento,

ma ogni sofferenza nel cuor d’Immacolata

diviene speciale sacrificio di forza pregiata.