Marzia Ornofoli - Poesie

Il cuore di danza

Il cuore comincia a danzare,
melodie che sente solo lui
mentre il corpo riscopre nuove sensazioni.

Impossibile impedire la danza del cuore,
sembra così sicuro del suo battito,
mentre la mente è ancora incerta,
respinge ciò che il cuore sa.

Arrendersi alla carezza del respiro caldo,
lasciare che la mente si svuoti,
e il cuore danza libero.

Le sbarre della gabbia di ghiaccio si sciolgono,
nulla può fermare la sua danza,
il cuore danza su una stella,
danza su una nuvola indorata dal sole,
danza su una foglia color smeraldo,
su un fiore inaspettato
chiamato amore.

Danza cuore danza,
lascia che la dolce melodia
ti inebria con la sua musica.
Lascia che il profumo del fiore,
s’adagi su di te
e spazzi via le incertezze.

Danza e ama cuore mio,
sull’alba dei giorni,
e sulle notti stellate
che son testimoni
della tua danza.

 

 

 

La danza della musa

I pensieri volteggiano nella mente,
come le foglie cadute
mosse dal vento.

Galleggiano sospesi nell’aria
impalpabili,
in cerca della musa
che li sfiora
dando ordine al loro vagare.

Musa, che rifugio ti sei nascosta?

Il poeta sente che non le sussurri
le parole dei versi
rinchiusi nella mente.

Il muro di fango costruito dal dolore
ti ha chiusa nella tua tomba,
quale guerriero ti libererà?

Quali saranno le sue armi?

Forse la spada,
lo scudo,
l’ariete che abbatte il muro,
ma le sue vere armi sono
la penna e la pergamena.

“Oh poeta da guerriero ti sei vestito,

mi hai liberato ma l’oscurità
ancora mi avvolge
crea una danza di parole
in modo che io sfiorandole
le trasformi in luce”.

E il poeta scrive parole
non sa bene dove lo porteranno,
ma la musa danza
le parole diventano fiori di luce
e poeta scrive finché ogni parola
non è luce.

La musa si ferma
alone di luce e scompare nel fiore.

Il poeta ferma la sua mano
e il poema è scritto.

Egli sorride la sua musa è tornata
e danzerà per lui ogni volta che vorrà.

 

 

 

Uomo animale sociale

Uomo corri,
ma dove corri?

Ti sei fermato a riflettere su ciò che eri,
su ciò che sei diventato nei secoli,
su ciò che sei diventato?

Uomo sei nato dal brodo primordiale,
specie fra le specie,
ti sei tolto la pelliccia,
ti fu dato un dono
per capire,
per sapere,
per inventare.

Ma nei secoli sei andato avanti,
ai costruito,
ai distrutto,
ai ucciso,
ai abbattuto
te stesso.

Uomo hai sempre pensato,
quando le cose non andavano come volevi,

“Posso stare solo non ho bisogno di nessuno”.

Ora sai che non è così,
ora che ti sei fermato,
ora che sei rinchiuso in casa,
ora che l’unica compagnia
è una scatola che trasmette
immagini vuote,
di città desertiche,
ora sei al confronto con te stesso,
saprai trarre vantaggio
dalla scoperta del tuo io.

La distanza che sei costretto a tenere
ha costretto la tua mente
a capire che sei
ancora quell’animale che usci
dal brodo primordiale
che la tua specie
è una specie sociale.

La lontananza dai tuoi simili
ti fa abbattere speranze.

Ma devi partire da
questa consapevolezza,
la prossima volta che penserai:

“Io non ho bisogno di nessuno”

ricorda che sei un animale sociale

 

 

 

Dedicata a Van Gogh

Soffia il vento dell’autunno,
sparpaglia le foglie,
mentre cade lenta la pioggia
sul tappeto dell’incoerenza.
Le ruote della bicicletta stridono sul sentiero…
E la follia prende l’artista,
con il pennello egli dipinge
ciò che la mente vede,
ma il vortice del tempo incalza,
e le stelle non son più stelle,
ma vortici luminosi da seguire
nel manto blu della notte,
nello sconfinato infinito cielo dell’esistenza.
Per poi perdersi dietro al primo
ammasso di roccia fusa,
che lascia l’illusione di eternità.

 

 

 

Foglie

Il cielo si ingrigisce,
la luce fioca di un giorno
lento e privo di colori.
Camminando sul sentiero,
sento il dolce sussurrare delle foglie,
parlano del tempo ormai perduto.
Le nuvole si aprono e il sole lieve,
illumina il sentiero,
il fruscio delle foglie cadute,
di colore rosso oro,
fanno da tappeto ai passi.
Un quadro si apre,
all’artista che con
maestria ritrae,
i colori dell’autunno.
Dipinge con il pennello,
l’oro delle foglie del platano,
il rosso delle querce.

Il poeta si riempie
dei colori respirando l’incanto.
La sua penna diventa il pennello,
e traccia parole e versi,
sulla foglia ingiallita del tiglio.
Pare danzare ora la foglia,
con i versi incisi,
trasportata dal vento,
si posa impregnando la scura terra
di parole inquiete del poeta.
Il profumo del mosto si mescola,
l’aria umida e richiama a se
il colore marrone delle castagne,
mentre un dolce malinconia
avvolge i cuori del pittore
e del poeta d’autunno.

 

 

 

Parole 2

Dove sono le parole,
che componevano
frasi e versi,
e che sfioravano
la mente del poeta.

Sono rimaste nel letto,
dalle lenzuola nere.

Porta di un abisso,
che inghiotte pensieri,
desideri e sogni.

Dove sono le parole,
sepolte forse dal fango
del dolore.

L’acqua ormai torbida,
del lago dell’anima,
che nasconde germogli,
rinchiusi nel cuore
del poeta.

 

 

 

8 Marzo

Il profumo della mimosa si fonde,
con quello del mare.
Cielo e mare si mescolano
in un orizzonte lontano,
lasciando la mia mente
libera di vagare
sulle ali di un gabbiano.

Mimosa fiore che rinchiudi il sole,
come la donna che rinchiude
il sole della vita.
Mare rinchiudi segreti,
come la prima scintilla della vita.

L’otto marzo ricordo,
di sacrificio di donne
per lotta di un lavoro equo.
Lotta per il diritto di amare,
senza paura di morire.
Lotta essere donna,
senza essere merce di scambio.
Lotta di essere una donna libera,
di volare sulle ali di un gabbiano,
che sorvola l’orizzonte
di cielo e mare,
mentre il profumo della mimosa
si mescola con quello della salsedine.

 

 

 

Macerie

“Egli è perduto nelle,
macerie della sue esistenza”.
Frase sentita da non so chi,
e in quale contesto fu detta.
La mente riflette e,
comprende che è la verità.

Il corpo involucro intatto,
nasconde le macerie,
dell’esistenza andata in pezzi
in pochi istanti,
l’anima vaga per strade
che non riconosce.
Armature scintillanti di cavalieri,
sono ormai un mucchio di
ferraglia arrugginita,
mentre arpie volano in cerchio,
pronte a posarsi per banchettare
con ciò che è ancora in piedi,
di quella esistenza ormai irriconoscibile.

Sulle pietre cadute,
macchiate dal muschio,
un giorno la luce del tempo
illuminerà ciò che rimane,
e i costruttori ergeranno
nuove mura e nuove strade,
chi è perduto nelle macerie
della sua esistenza si ritroverà,
e avrà la forza di guardare
ancora nel domani che verrà.

 

 

 

Primavera d’inverno

Le nuvole bianche striano il cielo,
gocce di panne su glassa turchese.
Il sole scalda e l’aria gioca,
con le chiome delle donne.
Nei prati ciuffi d’erba smeraldina,
ondeggiano sorpresi da una foglia secca,
le rose sbocciano nei giardini,
ai loro piedi la margherite e i scordar me
colorano di bianco e d’azzurro i campi.
Le gemme degli alberi sono già pronte
e presto sbocceranno,
i rami saranno pieni di foglie nuove,
nel risveglio della vita.
Primavera che avanza,
in una stagione che in realtà,
dovrebbe essere fredda,
l’inverno aveva sussurrato
alla natura per addormentarla.
Primavera d’inverno,
nel strano balletto delle stagioni
che sfiorano il tempo e l’anima

 

 

 

Fragili

Fragili come foglie.
Foglie sbriciolate,
calpestate, secche,
attaccate al ramo
da un fragile picciolo,
una folata di vento
e tutto si spezza.
Noi fragili,
attaccati a una vita
che sembra lunga,
ma diventa breve
nella notte.
Tremore di una terra stanca.
Fragili come briciole,
pane secco,
ignorando la fragilità
di cui siamo fatti.
Fragili come briciole,
di pietre cadute,
dispersi nel silenzio,
dell’attimo in cui
tutto finisce.
Fragili nella mente e nel corpo,
tremanti davanti a un inconscio
che parla di noi.
Fragili, con l’anima
Piena di crepe,
da chiudere con una malta,
anch’essa fragile.
Fragili come polvere,
nella brezza scomparendo
nella fragilità dell’anima.