Sovrano
Aveva mani grandi che terminavano arti piccoli,
le libellule alla sera
erano crogiolo delle sue mani,
di tutte quelle impronte
lasciate a impalare
all’occhio del raggio.
Aveva sangue lacerato,
il suo bicchiere alla sera
era trafitto dal rosso della polpa,
il sangue picchettava
come il tamburo asservito
alla gravità del bicchiere che cade.
Era tiranno più il povero innocente
che il sovrano stanco.
Rosa bianca
Chiudi i pensieri
nel pensiero chiuso,
stipato lì da qualche parte.
Riapri il pugno
per cedere rose,
han preso la forma del pugno.
Danzavi da fermo
sulle ripetizioni
che non sono produzioni
di autentica bellezza.
Attendevi
un alito di vento o d’allegria
mentre le bollicine
salivano con i pensieri,
raggiungendo il cielo,
lì da qualche parte.
Film
Di soppiatto
il sospetto
chiude e schiude
il bisogno d’altro.
Allora si tagliano i capezzoli
come si recidono gli steli…
Ero il terrore
sulle tue ginocchia
che raccoglievano capezzoli di seta.
Ero il terrore
lungo le tue mani lunghe
che raccoglievano capezzoli di seta.
Ero capezzoli di seta su se stessi,
ansimanti,
nel bisogno d’altro,
nell’altro bisogno.
Infinitamente di più
Infinitamente di più
del mestolo che s’aggira nella brodaglia:
vischioso cumulo d’insieme
rigettato sul pavimento freddo.
Infinitamente di più
degli aghi che pungono le carni:
giaciglio di voci
riferite a gente senza orecchie.
Infinitamente di più
del buio stretto-stretto tra gli spazi:
interstizi che non videro la luce
fra le cose.
Infinitamente di più
della sedia senza seduta:
sagoma abbandonata
a flettere su se stessa.
Infinitamente di più
sei tu.
Diabete
Scopriva la pelle
esposta com’era
al dovere dell’ago.
Ficcava la paura
Indulgente.
Le vecchie pubblicità
sono memoria collettiva,
quelle nuove
solo un ago ficcato.
“Voglio tornare a casa mia”
Andava dai mari alle ande.
Grazia
Nulla è delicato
come un gesto di grazia:
il suo dovere non è umiliare,
il suo diritto non è essere ricambiato,
il suo fine non è imporsi.
Esso è semplicemente così:
immutabile nella sua compostezza
e altrove nel suo affetto senza pretese.
Nulla è meno improvvisato di un gesto di grazia.
Baby
Quando quel giorno ti vidi piangere:
ogni lacrima era diamante,
ogni lacrima un ricordo serbato,
retto dal tempo interrotto.
Ogni lacrima eri tu colma di te stessa,
rilasciata e concessa
nella penombra di chi ha donato.
Ogni lacrima era la riprova
che una scelta per essere tale, per essere sentita, comporta quasi sempre una perdita.
Ogni lacrima ero io che ti piangevo,
senza maschere ormai,
perché il tempo lo scorsi andar via
e non devo più esser forte per entrambe.
E non potranno mai dirmi chi tu sia stata o
chi tu sia ad oggi perché ti conosco come il mio palmo:
nel sempre tentativo di afferrati la mano e salvarti, tu salvasti me.
Mistero
Inquietante
Il tratto
D’uno sguardo
Che si rivela.
Prosa
La tazza fredda
Ho stretto tra le mani un bicchiere e ho bevuto una cosa, non ci ho fatto cascare dentro le lacrime, Dio aveva chiuso i rubinetti.
Mi sono ricordata allora quella storia deprimente, quella del latte versato: certo può capitare di bagnarsi anche le scarpe ma che tu sappia fermarti in tempo per non essere in ritardo con la vita, per non corromperla troppo quella vita… C’è gente che con la teoria del latte versato è andata lontano
e al ritorno la tazza era già bella che fredda. Quella gente cammina a posteriori e riflette a posteriori e si spinge a posteriori
e quasi ride pure delle battute a posteriori. Il guaio è che anche piange a posteriori quando poi la precedenza non l’ha mai data.
Penso che certe cose viaggino solo nel prima e mai nel dopo, come se avessero un posto esclusivo, di prima fila. Il rispetto in primis,
il sentimento al di sopra e persino la fine alla prima occhiata. Allora mi contemplo il bicchiere di consapevolezze, che sembrano
troppe giuste per essere state sbagliate, un pò come le vecchie storie d’amore.
Nana
C’è un momento preciso, affilato come la lama che verticalizza una necessità: è il momento del bisogno, quello che apre le narici, respira forte e disvela.
Con le mani unite, come in preghiera, affida tutta l’attesa al momento preciso traboccante di verità. Accade che quel dettaglio di precisione diventi ad un tratto generico, opaco
come lo specchio che orizzontalizza un dubbio: è l’incubo della colpevolezza di aver osato troppo. Le mani allora si slegano dal moto dell’unione e tornano a scivolare sole lungo il corpo.
Colei che fu amica ricordò sempre quel momento preciso e rimase sempre vicino a quell’Altra. Da lontano.