Matteo Mazzoni - Poesie e Racconti

INTENSITA’ (POESIA ROCK)


Si abbassa la leva della Fender e, contemporaneamente,
premi il pedale dell’acceleratore.
Subito ogni corda si tende
e la potenza si scarica sulle ruote.

Il suono secco e stridente
è un colpo d’ascia che mi spacca il cuore
e l’urlo delle gomme sull’asfalto prolunga indefinitamente
la sensazione istantanea del dolore 


NON ANCORA

 

C’è una luce in fondo al tunnel,
ma mi servirebbe qui… 


VITA

 

E’ difficile
voltar pagina
controvento. 


Il testo originale è in vernacolo fiorentino

E’ ‘NUTILE

E’ ‘nutile
‘e seguiti
a dire
‘e unn è
Francesca,
se poi
i’ primo
a un credici
se’ te! 

 

 

E’ INUTILE

 

E’ inutile

che continui

a dire

che non è 

Francesca,

se poi

il primo

a non crederci

sei tu!


NON C’È PIU’


Da dove son tornato stamattina?
Dove me n’ero andato questa notte?
Mi stavo riposando dalla vita,
in un sonno che è come una morte.

Poi vivo il giorno come un sogno d’altri,
non mi riguarda cosa sto facendo.
Tempi e spazi che sono immaginari
esistono anche senza avere un senso.

Non son più mio, non sono di nessuno.
Che importa se è la vita che mi vive?
Non cerco più quel che non ho perduto
e son sempre all’inizio della fine.

Non è per te che adesso sono vuoto.
Non è te che io ora non voglio più.
Quale amore farà di me un uomo?
Perché mi manca quel che non sei tu… 


LE TUE MALINCONIE

 

Tristi pensieri oscurano la tua anima
come nuvole nel cielo dei tuoi occhi
dove non posso più riflettermi 


IL POETA E’ UN PO’ P…

 

Per farvi entrarmi dentro
è giusto far pagare
l’affitto, se restate,
o un pedaggio se passate attraverso? 


IL TUO NOME È COME MUSICA


Vorrei aspettare ancora
il suono di un motore
come un battito d’ali
dell’angelo che, senza saperlo,
veniva a farmi visita
nel fondo del mio inferno 


LA POLIZIA BRANCOLA NEL BUIO

 

“Rubate centomila lampadine. La polizia brancola nel buio.”

“Lele, questa ‘un c’è proprio garbata.”

Portanasegammé. E abbozzala col pluralis maiestatis o come caspita si chiama. Tanto te non sai nemmeno l’italiano…

“Si va dall’Agnese?”

E m’avete portato fuori a questo freddo per andare dall’Agnese? E io che mi ci rappresento? A me ‘sta nebbia dai polmoni m’è già scesa nei…

Allora si va. Noi sì che si brancola. Eppure non è tanto buio. In strada perlomeno. Non ci fosse altro di bello nella nebbia tutte le città sono grige. Anche quelle grige. E le strisce pedonali sono bowling dove noi birilli non ci vedono e ci possiamo anche muovere. Ma le palle sono più grosse…

Il Pista si appoggia con due mani sulla pulsantiera di un citofono. “E ora ti ‘ccappa!” Poi ci penserà l’Agnese a dirgli che “non si devano pigliare in giro gli andicappati.”

“Fermi tutti, c’ho una scheda ancora buona.” Il Chiava parla e pensa per tutti. “Signora, è la Sip, potrebbe gentilmente soffiare nell’apparecchio?” E’ la centesima volta che lo fa. E finora si sono gonfiate solo le mie.

Ma il Pista è in serata di grazia. “Ora sì che brancola!” E salta a piè pari contro un lampione. E il giraffone grigio si ringolla all’istante la macchia gialla che aveva sputato nella nebbia buia.


 



“E’ rigore, dai, l’hai presa con un braccio!”, gridò Mattia.
“Ma che dici???”, gli si rivoltò contro Bruno.

In effetti a me non pareva. Però tutto si può dire di Mattia tranne che sia uno che se ne approfitta. Vediamo come va a finire.

“Vabbe’, se tu vuoi il rigore, ti si da”, fece Nino con l’aria di uno che concede qualcosa a un bambino capriccioso.

Come “ti”? Se ce lo date, ce lo date a tutti. E poi state vincendo 3-0, saremo più meno a un quarto d’ora del secondo tempo, c’è poco da fare i signorotti offesi. Certo, meno male che Davide non si è fatto vedere “senza addurre motivazioni plausibili”, altrimenti mi sarebbe toccato fare l’arbitro e qui il rigore non l’avrei dato e forse avrei litigato con Mattia per la terza volta in vent’anni…

“Allora, chi lo batte?”, disse Claudio dopo aver messo la palla sul dischetto.
“Tu l’hai voluto, lo batti tu!”, disse Nino a Mattia con fare provocatorio, entrando in una discussione non di sua competenza.
“No, no, io non lo batto”, disse Mattia deciso.

Mattia, alle volte non ti capisco proprio. Perso per perso, potevi anche batterlo tu… Ma che cavolo, è la mia occasione!

“O ragazzi, se non lo vuol battere nessuno, lo batto io!!!”, gridai.
“Battilo tu”, disse Claudio freddamente, come dire “ma chi se ne frega”.
“Lo batto io, allora?!?”, dissi, probabilmente con un’aria incredula da fare spavento.

Claudio mi fa un gesto come un cameriere che invita a entrare in un ristorante di lusso. Allora vado. Ho fatto già uno sbaglio: non ci si fa piazzare la palla sul dischetto da un altro. Non l’ha messa uno di loro, quindi non ci saranno scherzi come quello di Maspero a Salas. O quello di Benito Lorenzi a non ricordo chi del Milan con il pezzo d’arancia. Ma forse Claudio l’ha messa un po’ avanti rispetto al dischetto e magari il piede mi scivola sul gesso… Tanto più che non c’è manco l’erba qui. E’ vero comunque che il tempo si dilata quando stai per battere un rigore. Ricordo quel racconto sull'”Avvenire” su Paolo Poggi che deve battere il rigore decisivo per la salvezza del Venezia. Colonnine su colonnine di ricordi di partite nei campielli, ma per l’esecuzione due parole “Tiro. Gol”. Ma come tiro? Nell’unico modo che so: d’interno collo destro alla mia sinistra. Sì, lo so che di destro si può tirare anche a destra, basta “aprire la gamba e girare il piede”… E come no? Ma io guardo quelli che lo fanno come la gente al circo guarda i contorsionisti. Via, Alessandro si è piazzato malissimo, è troppo a destra di almeno un metro. A sinistra s’è aperta una voragine. Vai! C’è un silenzio agghiacciante, anche la periferia sembra essersi zittita. Corro e non sbaglio neanche il numero di passi, non sono arrivato né lungo né corto. Stango e la palla sale inesorabile. Alessandro resta dov’è, tutto il suo movimento è un’occhiata a destra per capire che non ci arriverà mai… Dai, dai, dai!!! Traversa!!! Il rimbombo pare spandersi per tutto il quartiere, segue un altro silenzio che si rompe subito…

“Porca puttana!!!”, urlai.