Maurizio De Giglio

Poesie e Racconti


Quest’amicizia

Di quest’amicizia cosi lontana,
rimane il tuo sorriso,
Come un fazzoletto ben piegato da mia madre,
Come l’ultima sigaretta del pacchetto,
Come una gomma da masticare per rinfrescare l’alito.
Di questa amicizia così ruvida,
Come il nostro dialetto,
Come l’asfalto bollente,
Come una citta americana,
Ricordo Il tuo sorriso che scalda le mie manI,
placa le mie angosce,
mantiene la barra a dritta.
Di questa amicizia ho salvato il tuo sorriso
Tra le pagine di Guerra e pace,
Tra i miei pensieri tempestosi,
Tra i miei amori velenosi,
Per ritrovare la strada di casa.

 


 

La mia città

Il mio ricordo si spegne su quella rotonda.
E vago sulle mie onde che affondano nel suo mare.
Una città bianca o forse no…
in un mediterraneo da reinventare
lontano mi ritrovo
a ripensarti,
bloccato in casa da un nemico invisibile.

 


 

Il viaggio

Melmose strade percorro di corsa,
incontrando crudeli traversie,
come branchi di bufali passano
sotto gli occhi della prateria,
sfidando la tua mite presenza.
M’invade la coscienza di Dio.
Le vie contano moltitudini
di folla che intraprende cammini
intrisi di dolori soffocanti,
senza che si fermi per sorridere.

 


 

L’ultimo sguardo

Non arriverà…
Una dura pioggia all’orizzonte s’avvicina,
il fiume romperà gli argini
e guardarti le spalle non servirà.
Torniamo, il vento sommerge i pensieri
e ormai casa è lontana!

 


 

Il sorriso di Eleonora

No! In questo momento della sua vita era l’ultima persona che avrebbe voluto incontrare.
Come si fa a lavorare avendo vicino una donna di cui si è innamorati?
La collega aveva chiesto il trasferimento e questo aveva significato per lui un grande sollievo.
Non aveva avuto il coraggio di rivelarsi, perchè non voleva complicarsi la vita.
Una vita tranquilla, senza scossoni ed andava bene così. Questo innamoramento improvviso per una collega più giovane, si era insinuato profondamente nella sua anima e combatteva con tutto se stesso per tenerlo a freno. La sua vicinanza lo faceva stare bene e la cercava continuamente, senza che lei si infastidisse. Sì, pensava che le piacesse.
Certo, credere che fosse anche lei innamorata, ce ne correva. Era da tempo che non chiedeva un permesso e qualche giorno lontano dal suo ufficio, non poteva che fargli del bene. Avrebbe potuto mettere in ordine le idee. Come si può frenare un sentimento di attrazione così forte? Quel sentimento di forte repulsione verso il genere femminile, che lo aveva tormentato durante l’adolescenza, in realtà non lo aveva mai abbandonato.
Ora non le rimproverava di farlo stare male. Quella sensazione, tutta infantile di rigetto, non era altro che rifiutare un’attrazione che lo gettava nell’angoscia. Non voleva cadere in uno stato di malessere che non riusciva a controllare. Così cominciava a trattarle male, sperando che quell’atteggiamento le allontanasse da lui. Ma l’effetto era contrario. Capitava che cominciassero ad incuriosirsi a lui e si attaccassero per dimostrare la loro forza. E forti lo erano davvero, perché ci cascava come una pera cotta. Non riusciva a stare accanto a loro, perché lo rendeva inquieto la loro stessa presenza.
Con Eleonora era diverso. Non era cambiato lui. Si detestava come sempre e non riusciva a trovare quella giusta. Forse si era convinto che fosse meglio rimanere solo. Eppure quella tranquillità che gli trasmetteva e che non aveva mai provato, stando vicino a una donna, lo spiazzava. Anzi, non se lo spiegava.
Snella, bionda, occhi castani con due fossette ai lati della bocca, la sua figura slanciata non lo aveva colpito all’inizio. Era, probabilmente, il suo carattere che lo disorientava.
Passeggiando solo per la città, scontrandosi con gente che scappava via in posti imprecisati, non lo aiutava a trovare risposte e rincasava sempre più depresso, con un insostenibile peso sullo stomaco, che lo tormentava.
Meglio rientrare al lavoro. Continuare a fuggire gli risultava stupido, oltre che inutile.
E quando il diavolo, beffardamente, vuole metterci la coda, lo fece incontrare nel parcheggio dell’ufficio con lei, bellissima e con un sorriso che lo stese definitivamente.
Non riuscì a fermare l’impulso di prenderla, lì, in quell’istante, senza darle il tempo di pensare. Non oppose resistenza e riaprendo la sua macchina, la spinse sui sedili anteriori in una posizione scomodissima, ma che non gli impedì di toglierle i vestiti ed avere la sensazione, per la prima volta, di possedere una donna. Il sesso lo aveva vissuto più come un bisogno primario, un qualcosa che doveva compiersi in certi momenti, senza che potesse essere contrastato. Un’esperienza da provare, per poi dimenticarsela. Non aveva la necessità di raccontarla agli amici, che pensavano volesse darsi le arie di essere superiore. Stava provando in quel momento qualcosa che non avrebbe mai immaginato e stava godendo, come mai aveva provato. Non si preoccupava del desiderio e del godimento dell’altra, come succedeva in passato, perché lui non sentiva alcun trasporto e si disinteressava anche di arrivare all’orgasmo. Incredibilmente ci arrivarono insieme, quasi avessero una lunga relazione e ci fossero arrivati dopo molto tempo.
Era passata quasi un’ora, senza che se ne accorgessero ed erano ormai in ritardo per entrare in servizio. Guardarono l’orologio e scoppiarono a ridere. Mai fatto un ritardo in vita loro!
-Rientra tu, io ho ancora un giorno di permesso e non mi hanno visto. Posso ritornare domani-
Le carezzò la guancia e la baciò dolcemente. Quella fretta di andare via, quando finiva di fare l’amore, non lo pervase e aveva una maledetta voglia di rimanere con lei.
“Io non voglio andare”
“Neanch’io. Ora voglio sapere cosa mi hai fatto”
“Sei tu che eri sempre fra i piedi”
Non rispose ed un lieve sorriso gli apparve sul viso.
“Ti rendi conto che non mi ero mai innamorato e in così breve tempo?…”
“Non ho sentito bene. Ti sei?” chiese con un tono sarcastico.
“Scusa. Mi sento come un adolescente. Ma forse è proprio così”
“Non mi sembrava”
“Non c’entra il sesso. Sono completamente in preda ad un sentimento che non ho mai provato”
“Cosa c’è da capire?”
“Ti rendi conto che viviamo in una cazzo di epoca dove non si deve pensare? Proviamo qualcosa per un’altra persona e non dobbiamo farci caso.” Gli sembrò che stesse risvegliandosi da un sogno impossibile. “Scusa, è stato un attimo di debolezza. Dovresti rientrare”
Eleonora non disse nulla. Anche lei era disorientata ed aprì lentamente lo sportello. Non distoglieva lo sguardo dal suo volto e lui girò la testa per non chiederle di restare. Lei uscì e a capo chino si avviò verso l’ascensore.
Non ritrovò il suo sorriso nella memoria e questo lo inquietava. Forse era meglio dimenticare. Non reggeva quel sentimento. Riprese la via di casa. Aprì la porta e non la riconobbe. Si tolse il cappotto e non sapeva cosa fare.
Pensare ad Eleonora non lo faceva stare più bene. Il pensiero di vederla l’indomani, lo metteva in uno strano stato di agitazione.
Quando si rividero, nessuno dei due sorrise. Distolsero lo sguardo poco dopo e non dissero nulla. Lui aveva sempre pensato che il sesso non dovesse consumarsi senza conoscersi. E loro non si conoscevano. C’era soltanto una forte attrazione?
Sembrava tutto finito. Non riusciva ad avvicinarsi a lei.
Cosa diavolo fosse successo, non riusciva a spiegarlo. All’improvviso avvertiva una solitudine che lo gettava in un’angoscia profonda. Non aveva più nessuno da contattare, a cui rivolgersi in caso di bisogno. Era dannatamente solo.
Non trovava il sonno e durante il giorno sembrava un fantasma. Non connetteva e non pensava più come prima. Tutto era cambiato.
Non gestiva questo nuovo sentimento. Non sopportava di incontrare Eleonora.
Quello che non capiva era come mai non si avvicinasse più a lui. Dipendeva dalla sua freddezza? Sì, era arrivato il momento di andare via.
Se si è soli nel luogo in cui si vive, lo si può essere dappertutto.
Ma la solitudine è il fine ultimo di questa vita?

 


 

Antico amore

Barivecchia in un attimo scorgo
e si staglia sul mare un piccolo borgo.
Proprio a un traditore somiglio,
ma esprimo tutto l’odio di figlio.
Ricordo vicoli assolati
e biancore accecante,
il sale che asciuga saliva,
scogli protesi nel mare
e passi pesanti su asfalto bollente.
Da lontano ti penso,
mordo il mio labbro
e nulla ha più senso.

 


 

Ciò che non sono

Io non sono un feroce guerriero.
Non possiedo enormi ricchezze.
Non rincorro sogni impossibili.
Non ho più amici e fratelli.
Sono qui davanti a me stesso,
a gettar luce nel mio arido animo.
Sono un attore mediocre,
che prova e riprova un’insostenibile ruolo.
Sono solo e mi chiedo:
Ho vissuto davvero?
Inseguo una ruga profonda che segnala inutili anni trascorsi.
Resterò in questa immagine a sperare illusioni mai nate.

 


 

Pandemia

Terrore, volto umano sugli atomi virulenti,
il respiro assente con occhi puntati nel buio.
Figure con camici asettici,
mascherine, guanti, polveroso soffitto sulla testa.
Vicino al dolore, una presa feroce, tunnel infinito
in un cieco biancore, imperscrutabile in un futuro lontano.

 


 

Non sei più qui

Non sei più qui…
Ti seguo nel vento su nostalgici suoni.
Non vedrò la tua sagoma proiettata nell’infinito,
come un ricordo che sfuma nella mente.
I tuoi occhi, tremule onde sonore appaiono.
La tua assenza è presenza
e avvinghia la mia anima a te!

 


 

Incontro notturno

Si aggirava nelle vie del centro che si andavano svuotando. Inoltrandosi in quel silenzio irreale, si sentiva peggio. Non aveva lacrime, non piangeva da tempo e il malessere aumentava. Arrivò davanti ad una saracinesca e scaricò con violenza un pugno, quasi a voler trasformare quella sofferenza interiore in un dolore fisico. Le nocche cominciarono a sanguinare, coprendo di rosso tutta la mano. Non sentì subito male, ma una fitta si insinuò in tutto il corpo, non dandogli tregua. Le lacrime ora scendevano copiose. Ebbe la forza di prendere il fazzoletto dalla tasca e coprirsi la ferita. Riprese a camminare e il dolore si attenuò. Si fermò ad una fermata dell’autobus. Si sedette sulla panchina sotto la pensilina ed ora il dolore lo avvertiva chiaramente. Il fazzoletto era intriso di sangue, ma lo stringeva più forte intorno alla mano. Nel frattempo, non si era accorto che una donna si avvicinava alla fermata. Il dolore non passava e non si accorgeva di nulla. Notò la sua presenza quando ormai era a due passi da lui. La fissò e ne fu quasi spaventato. Aveva un rossetto sgargiante che quasi le gonfiavano le labbra, le guance incipriate oltre misura e le sopracciglia calcate maldestramente. Non c’era dubbio che volesse apparire più giovane, cercando di coprire le rughe che le devastavano il viso.
“Hai una sigaretta?”, chiese a bassa voce.
Abbassò la testa per farle capire che non l’aveva.
“Giornata storta!”, imprecò.
Indossava una minigonna verde, una maglietta rossa aderente che metteva in evidenza il seno ed un giubbottino di pelle di un giallo tenue. Cominciò a fissarlo e Roberto si sentì in imbarazzo. Quando gli accadeva di trovarsi in situazioni simili, aveva il pessimo vizio di arricciare con le dita i capelli dietro l’orecchio.
“Che numero aspetti?”
“Il cinque”, troncò. Non aveva alcuna voglia di chiacchierare.
“Perchè non rimani? Conosco un posticino…”
“No, no, grazie. Devo tornare a casa”
“Lo so, non hai soldi…”. Era vero, ma non era per quello. Pensava che dovesse sempre esserci un po’ d’atmosfera per fare l’amore. Non lo riteneva uno scacciapensieri.
“E se te l’offrissi?” Tipi giovani non dovevano capitarle spesso, pensò.
“Ti ringrazio. Davvero…non è giornata”
“Sì, lo so. Certi giovani d’oggi si fanno un sacco di scrupoli”, disse sedendosi sulla panchina.
Istintivamente si spostò lateralmente, allontanandosi compagnia.
Si aggirava nelle vie del centro che si andavano svuotando. Inoltrandosi in quel silenzio irreale, si sentiva peggio. Non aveva lacrime, non piangeva da tempo e il malessere aumentava. Arrivò davanti ad una saracinesca e scaricò con violenza un pugno, quasi a voler trasformare quella sofferenza interiore in un dolore fisico. Le nocche cominciarono a sanguinare, coprendo di rosso tutta la mano. Non sentì subito male, ma una fitta si insinuò in tutto il corpo, non dandogli tregua. Le lacrime ora scendevano copiose. Ebbe la forza di prendere il fazzoletto dalla tasca e coprirsi la ferita. Riprese a camminare e il dolore si attenuò. Si fermò ad una fermata dell’autobus. Si sedette sulla panchina sotto la pensilina ed ora il dolore lo avvertiva chiaramente. Il fazzoletto era intriso di sangue, ma lo stringeva più forte intorno alla mano. Nel frattempo, non si era accorto che una donna si avvicinava alla fermata. Il dolore non passava e non si accorgeva di nulla. Notò la sua presenza quando ormai era a due passi da lui. La fissò e ne fu quasi spaventato. Aveva un rossetto sgargiante che quasi le gonfiavano le labbra, le guance incipriate oltre misura e le sopracciglia calcate maldestramente. Non c’era dubbio che volesse apparire più giovane, cercando di coprire le rughe che le devastavano il viso.
“Hai una sigaretta?”, chiese a bassa voce.
Abbassò la testa per farle capire che non l’aveva.
“Giornata storta!”, imprecò.
Indossava una minigonna verde, una maglietta rossa aderente che metteva in evidenza il seno ed un giubbottino di pelle di un giallo tenue. Cominciò a fissarlo e Roberto si sentì in imbarazzo. Quando gli accadeva di trovarsi in situazioni simili, aveva il pessimo vizio di arricciare con le dita i capelli dietro l’orecchio.
“Che numero aspetti?”
“Il cinque”, troncò. Non aveva alcuna voglia di chiacchierare.
“Perchè non rimani? Conosco un posticino…”
“No, no, grazie. Devo tornare a casa”
“Lo so, non hai soldi…”. Era vero, ma non era per quello. Pensava che dovesse sempre esserci un po’ d’atmosfera per fare l’amore. Non lo riteneva uno scacciapensieri.
“E se te l’offrissi?” Non dovevano capitarle spesso giovani, pensò.
“Ti ringrazio. Davvero…non è giornata”
“Sì, lo so. Certi giovani d’oggi si fanno un sacco di scrupoli”, disse sedendosi sulla panchina.
Istintivamente si spostò lateralmente, allontanandosi dalla donna.
“Sei ricchione?” Stranamente non perse la calma, come tante volte gli era capitato quando glielo dicevano con un sorrisino sardonico che detestava. No, quella volta non serviva arrabbiarsi. Meditava su quella domanda e cominciava a chiedersi se poi non fosse una cosa così negativa essere diversi. Forse non devi scontrarti con un mondo incomprensibile come quello femminile, meditava.Sì, bisognava combattere quella rabbia che non lo portava da nessuna parte. Eppure non avrebbe risposto di sì, pur di liberarsi da quella presenza indesiderata.Ma chi se ne frega, se una puttana va a dire in giro che sei un ricchione. O no, forse gliene fregava. In che strano tunnel si era andato a cacciare.
“Non c’è niente di male…”
“Senti, per favore, vattene!”
“Ansia da prestazione?”
La guardò e un sentimento di ribrezzo lo pervase.
“Non sei il mio tipo”. Gli sfuggì, rispondendo sgarbatamente.
Ammutolì e tradì una smorfia di rabbia. Era stato troppo brusco e se ne pentì.
“Non volevo offenderti. Te lo avevo detto che era una brutta serata”
“Me lo sono meritato!”
Da quando si era avvicinata, Roberto aveva nascosto la mano bendata in tasca, ma in quel momento la tirò fuori senza pensarci. La donna notò immediatamente il fazzoletto sporco di sangue.
“Cos’è stato?”, disse sinceramente preoccupata.
“Niente, me lo sono fatto accidentalmente in un cancello”
“C’era ruggine?”
“No, non credo”
“Dovremmo andare al Pronto soccorso…”
“No, non ti preoccupare.” la interruppe Non mi fa male, non è quello che fa male”
Per la prima volta in vita sua, si aprì a una persona che conosceva da pochi minuti.
Le raccontò quello che era successo al cinema con Elvira.
“Ma ci avevi fatto un pensierino?”
“Ci conosciamo appena. Era l’occasione per stare un po’ di tempo insieme”
“Allora vuol dire che non l’hai colpita particolarmente”
Era quello che lo destabilizzava. Ma quando una donna si accorgerà di lui, pensava. Ma si poteva vivere senza che le donne potessero metterti gli occhi addosso?
“La curiosità, dove può portare”, disse, pensando ad alta voce.
“Guarda dove sono finita io, per la curiosità”
“Ho sempre pensato che ci volesse un gran coraggio a fare il tuo mestiere”
“Dici? Credimi, lo si fa solo per paura”
“Non capisco…”
“Avrei avuto tanto coraggio, se un bel giorno avessi deciso di smettere”
“Non posso rimproverarti. So che nel tuo ambiente non ti permettono di prendere una decisione del genere”
“Hai detto giusto: sono una vigliacca. Ma anche se mi avessero sfregiato in viso o peggio, ammazzato, non sarebbe stato meglio che continuare questa vita?”
“Sarà stata la povertà? La paura di vivere in condizioni economiche precarie?” azzardò, ma si pentì di essere stato così diretto.
“Devi ancora crescere, ragazzo! Non conosci la miseria che si può provare dentro, che ti assale di notte e non ti fa più dormire. E ti senti una povera anima allo sbando, in questa vita di merda”
“E non è conseguenza della povertà economica?”
“Da piccola, mia madre mi diceva di mettere da parte un bel po’ di grana, per poter essere rispettata dalla società. E’ da una vita che sento questa stronzata. Io adesso i soldi ce li ho, ma il rispetto della gente non lo vedo ancora. Ecco che mi ritrovo più povera di prima, senza neanche più il rispetto di me stessa”
“Non stai dimostrando di essere una persona povera”
“I ricchi possono permettersi di non fare questi discorsi. La povertà, quella vera, è perdere l’entusiasmo di agire, quella speranza di poter cambiare vita. Ho regalato me stessa, in tanti pezzettini, a quei poveracci che vengono a comprare da me un po’ d’amore. Cosa m’è rimasto? Meglio non rispondere a questa domanda”
“E pensare che sono stati scritti interi trattati di filosofia sul significato dell’esistenza e tu, in poche parole, mi hai dischiuso la mente”
“Vediamo un sacco di uomini e mai nessuno che voglia ascoltarci”
“E’ l’epoca che si vuole ricevere senza donare nulla in cambio”
“Peccato che quei disgraziati non se ne sono accorti” disse con amarezza “Ci illudiamo di dare un po’ d’amore a dei miserabili, ma la verità è che vendiamo a noi stesse la stupida illusione che ci sia sentimento in quello che facciamo. Sono più disgraziati loro che si comprano un’ora d’amore o noi che, vendendo l’illusione di un momento di felicità, rendiamo infelici noi stesse?”
La fissò intensamente, perché era rimasto colpito dalla lucidità della sua analisi.
“Dovevi essere bella da giovane!” Questa volta gli sfuggì, quasi involontariamente, un complimento.
“Non sono mai stata giovane!”
Roberto non capiva e istintivamente un’espressione di stupore si disegnò sul suo volto.
“Ho cominciato a 15 anni a fare la vita e non c’era tempo ad essere spensierati”. Un’auto di grossa cilindrata si accostò ai due. La donna cominciò a preoccuparsi e si alzò di scatto dalla panchina. Anche Roberto si alzò e le chiese se non fosse il caso di passeggiare.
“E il tuo autobus?”
“Perdo questa corsa, ma c’è la successiva”
“Ok”
“E’ cattivo?”
“No” disse, mentendo. Non ne voleva parlare.
“Mi chiedevo se provasse qualcosa per te”
“Non me lo chiedo più. Meglio non chiederselo”
Camminava, guardando per terra, quasi volesse nascondere una certa vergogna.
“Una volta ho pensato di mollare tutto. Preparai tutto per partire in gran segreto, ma all’ultimo momento mi assalì il terrore di rimanere da sola e non farcela ad affrontare quella nuova avventura. In realtà ebbi paura di affrontarlo, di dirgli che me ne andavo. Avevo dei parenti al Nord. Ebbi paura perché avrebbe potuto fare del male anche a loro. Non sapevano neanche che facevo la prostituta.” Delle lacrime le solcarono il viso e se le asciugò in fretta, temendo che me ne potessi accorgere.
“Penserai che sono una stupida…”
“No, perché?”
“Dovevo accettare le conseguenze di quella decisione e invece eccomi qua…” Alzò lo sguardo verso il cielo stellato e restò a guardarlo per un po’ di tempo. Roberto non riusciva a dire nulla. Aveva avuto una lezione di vita e tutto ciò che avrebbe detto, sarebbe risultato superfluo. Aveva imparato più quella sera, che in tanti anni di studio. Si sentì orgoglioso di averla conosciuta.
“Nel nostro mestiere si parla poco e si ascolta molto. Quando c’è la possibilità di parlare con qualcuno, tiriamo tutto fuori”
“Tu pensa che le puttane le ho sempre evitate. Non pensavo foste così…”
“Così come?”
“Sensibili…non lo avrei mai immaginato”
Scoppiò in una risata liberatoria.
“E’ da tanto che non ridevo così”
Ora la trovava bella. Con il viso rilassato e il trucco ormai invisibile appariva diversa.
“Perché ti fa ridere tanto?”
“Mi dovresti vedere a parlare in dialetto, bestemmiando contro chiunque”
“E’ la vostra maschera. Poi quando scavi, trovi persone interessanti”
Smise di sorridere e lo guardò intensamente. Roberto distolse lo sguardo dai occhi, che ora lo mettevano in imbarazzo.
La solita macchina sgommò violentemente, riportandoli alla realtà.
“Devo andare. Mi trovi sempre da queste parti. Fatti vedere”
“Cercherò”, disse dispiaciuto, mentre la donna si allontanava. Il dolore alla mano tornò a farsi sentire e si diresse alla fermata dell’autobus.
La notte era chiara, sublime. Chissà, forse è di notte che risalta la grandezza degli uomini. Soli, nell’oscurità, immersi in un mare sconosciuto, immaginano una vita diversa. E’ per questo che sognano?donna.
“Sei ricchione?” Stranamente non perse la calma, come tante volte gli era capitato quando glielo dicevano con un sorrisino sardonico che detestava. No, quella volta non serviva arrabbiarsi. Meditava su quella domanda e cominciava a chiedersi se poi non fosse una cosa così negativa essere diversi. Forse non devi scontrarti con un mondo incomprensibile come quello femminile, meditava.Sì, bisognava combattere quella rabbia che non lo portava da nessuna parte. Eppure non avrebbe risposto di sì, pur di liberarsi da quella presenza indesiderata.Ma chi se ne frega se una puttana va a dire in giro che sei un ricchione! O no, forse gliene fregava. In che strano tunnel si era andato a cacciare.
“Non c’è niente di male…”
“Senti, per favore, vattene!”
“Ansia da prestazione?”
La guardò e un sentimento di ribrezzo lo pervase.
“Non sei il mio tipo”. Gli sfuggì, rispondendo sgarbatamente.
Ammutolì e tradì una smorfia di rabbia. Era stato troppo brusco e se ne pentì.
“Non volevo offenderti. Te lo avevo detto che era una brutta serata”
“Me lo sono meritato!”
Da quando si era avvicinata, Roberto aveva nascosto la mano bendata in tasca, ma in quel momento la tirò fuori senza pensarci. La donna notò immediatamente il fazzoletto sporco di sangue.
“Cos’è stato?”, disse sinceramente preoccupata.
“Niente, me lo sono fatto accidentalmente in un cancello”
“C’era ruggine?”
“No, non credo”
“Dovremmo andare al Pronto soccorso…”
“No, non ti preoccupare.” la interruppe “Non mi fa male, non è quello che fa male”
Per la prima volta in vita sua, si aprì a una persona che conosceva da pochi minuti.
Le raccontò quello che era successo al cinema con Elvira.
“Ma ci avevi fatto un pensierino?”
“Ci conosciamo appena. Era l’occasione per stare un po’ di tempo insieme”
“Allora vuol dire che non l’hai colpita particolarmente”
Era quello che lo destabilizzava. Ma quando una donna si accorgerà di lui, pensava. Ma si poteva vivere senza che le donne potessero metterti gli occhi addosso?
“La curiosità, dove può portare”, disse, pensando ad alta voce.
“Guarda dove sono finita io, per la curiosità”
“Ho sempre pensato che ci volesse un gran coraggio a fare il tuo mestiere”
“Dici? Credimi, lo si fa solo per paura”
“Non capisco…”
“Avrei avuto tanto coraggio, se un bel giorno avessi deciso di smettere”
“Non posso rimproverarti. So che nel tuo ambiente non ti permettono di prendere una decisione del genere”
“Hai detto giusto: sono una vigliacca. Ma anche se mi avessero sfregiato in viso o peggio, ammazzato, non sarebbe stato meglio che continuare questa vita?”
“Sarà stata la povertà? La paura di vivere in condizioni economiche precarie?” azzardò, ma si pentì di essere stato così diretto.
“Devi ancora crescere, ragazzo! Non conosci la miseria che si può provare dentro, che ti assale di notte e non ti fa più dormire. E ti senti una povera anima allo sbando, in questa vita di merda”
“E non è conseguenza della povertà economica?”
“Da piccola, mia madre mi diceva di mettere da parte un bel po’ di grana, per poter essere rispettata dalla società. E’ da una vita che sento questa stronzata. Io adesso i soldi ce li ho, ma il rispetto della gente non lo vedo ancora. Ecco che mi ritrovo più povera di prima, senza neanche più il rispetto di me stessa”
“Non stai dimostrando di essere una persona povera”
“I ricchi possono permettersi di non fare questi discorsi. La povertà, quella vera, è perdere l’entusiasmo di agire, quella speranza di poter cambiare vita. Ho regalato me stessa, in tanti pezzettini, a quei poveracci che vengono a comprare da me un po’ d’amore. Cosa m’è rimasto? Meglio non rispondere a questa domanda”
“E pensare che sono stati scritti interi trattati di filosofia sul significato dell’esistenza e tu, in poche parole, mi hai dischiuso la mente”
“Vediamo un sacco di uomini e mai nessuno che voglia ascoltarci”
“E’ l’epoca che si vuole ricevere senza donare nulla in cambio”
“Peccato che quei disgraziati non se ne sono accorti” disse con amarezza “Ci illudiamo di dare un po’ d’amore a dei miserabili, ma la verità è che vendiamo a noi stesse la stupida illusione che ci sia sentimento in quello che facciamo. Sono più disgraziati loro che si comprano un’ora d’amore o noi che, vendendo l’illusione di un momento di felicità, rendiamo infelici noi stesse?”
La fissò intensamente, perché era rimasto colpito dalla lucidità della sua analisi.
“Dovevi essere bella da giovane!” Questa volta gli sfuggì, quasi involontariamente, un complimento.
“Non sono mai stata giovane!”
Roberto non capiva e istintivamente un’espressione di stupore si disegnò sul suo volto.
“Ho cominciato a 15 anni a fare la vita e non c’era tempo ad essere spensierati”. Un’auto di grossa cilindrata si accostò ai due. La donna cominciò a preoccuparsi e si alzò di scatto dalla panchina. Anche Roberto si alzò e le chiese se non fosse il caso di passeggiare.
“E il tuo autobus?”
“Perdo questa corsa, ma c’è la successiva”
“Ok”
“E’ cattivo?”
“No” disse, mentendo. Non ne voleva parlare.
“Mi chiedevo se provasse qualcosa per te”
“Non me lo chiedo più. Meglio non chiederselo”
Camminava, guardando per terra, quasi volesse nascondere una certa vergogna.
“Una volta ho pensato di mollare tutto. Preparai tutto per partire in gran segreto, ma all’ultimo momento mi assalì il terrore di rimanere da sola e non farcela ad affrontare quella nuova avventura. In realtà ebbi paura di affrontarlo, di dirgli che me ne andavo. Avevo dei parenti al Nord. Ebbi paura perché avrebbe potuto fare del male anche a loro. Non sapevano neanche che facevo la prostituta.” Delle lacrime le solcarono il viso e se le asciugò in fretta, temendo che me ne potessi accorgere.
“Penserai che sono una stupida…”
“No, perché?”
“Dovevo accettare le conseguenze di quella decisione e invece eccomi qua…” Alzò lo sguardo verso il cielo stellato e restò a guardarlo per un po’ di tempo. Roberto non riusciva a dire nulla. Aveva avuto una lezione di vita e tutto ciò che avrebbe detto, sarebbe risultato superfluo. Aveva imparato più quella sera, che in tanti anni di studio. Si sentì orgoglioso di averla conosciuta.
“Nel nostro mestiere si parla poco e si ascolta molto. Quando c’è la possibilità di parlare con qualcuno, tiriamo tutto fuori”
“Tu pensa che le puttane le ho sempre evitate. Non pensavo foste così…”
“Così come?”
“Sensibili…non lo avrei mai immaginato”
Scoppiò in una risata liberatoria.
“E’ da tanto che non ridevo così”
Ora la trovava bella. Con il viso rilassato e il trucco ormai invisibile appariva diversa.
“Perché ti fa ridere tanto?”
“Mi dovresti vedere a parlare in dialetto, bestemmiando contro chiunque”
“E’ la vostra maschera. Poi quando scavi, trovi persone interessanti”
Smise di sorridere e lo guardò intensamente. Roberto distolse lo sguardo dai occhi, che ora lo mettevano in imbarazzo.
La solita macchina sgommò violentemente, riportandoli alla realtà.
“Devo andare. Mi trovi sempre da queste parti. Fatti vedere”
“Cercherò”, disse dispiaciuto, mentre la donna si allontanava. Il dolore alla mano tornò a farsi sentire e si diresse alla fermata dell’autobus.
La notte era chiara, sublime. Chissà, forse è di notte che risalta la grandezza degli uomini. Soli, nell’oscurità, immersi in un mare sconosciuto, immaginano una vita diversa. E’ per questo che sognano?