Michela Marano - Poesie

Da Estratti preesistenti (Raccolta inedita)

 

I vecchi

 

I vecchi, ovunque,
respirano lontananze vissute,
trascinano giorni contati nell’ombra,
raccontano del figlio, del nipote;
temono tristezze vuote,
ricordano il primo incontro con il mare,
ignorano il nome del loro male.
Hanno le guance ruvide
per il tempo passato,
le mani logore dal campo arato,
gli occhi colmi di pianto
legati di affetto ad un canto.
Brillano della luce dell’esperienza,
tra loro c’è la lotta alla resistenza.
I vecchi, ovunque,
hanno memoria, sono memoria


 

La stazione di Prata

 

La stazione di Prata
canta monotono il suo assolo.
E’ avvolta da
frammenti di caseggiati.
Qualche anno fa aveva
frequenze più assidue:
vite e destini
sui convogli del quotidiano.
Ora vive il suo abbandono
e il raro fischio di un treno
si perde nel silenzio lontano dei binari


 

Permanenze

 

Permanenza al Sud. Irpinia.
Sto qui, in esilio volontario,
per non disertare le radici.
E’ il Sud della Magna Grecia.
Per molti è il posto del malumore,
per me l’origine della poesia, dell’amore


 

Ricerca d’amore

 

Mi piace quando cammini
lungo i margini del mio cuore
e con pazienza cerchi il centro.
E’ sempre nuova
la ricerca dell’amore e timida
si concede a nuova stagione


 

Il padre, la madre

 

Il padre, la madre
non abitano più la loro casa,
luogo di incontri e
antichi affetti versati nel lungo tempo.
Sono emigrati
con il loro viaggio mite.
Ora hanno le mani congiunte
come per una preghiera eterna


 

Il volto del Sud

 

Gli Appennini dell’Italia meridionale:
colline ondulate, campi di colori
diversi per stagione,
ogni fiore ha il suo posto,
le contrade, l’erba
sui cigli delle strade,
paesi invisibili nella loro eterna bellezza,
sentieri che entrano nei passi,
anima fragile che il dolore attenua.
Se penetri lo sguardo nel Cielo del Sud,
c’è l’incanto dell’infinito


 

Esercizio dell’esserci

 

C’è vita anche nel dolore
e nelle ferite delle dita
che scorticano la terra.
Anche quando
le lacrime irrorano
i polsi stretti e chiusi
sul volto.
Anche quella è vita
che risplende,
quando il destino
avanza disinvolto.
Tutto ferisce, ma
nulla finisce.
Non è il gioco dei dadi
che conta la fortuna dei numeri,
la Vita è impegno:
è l’esercizio dell’esserci


 

Meditazione

 

E’ tempo di fermarsi,
porgere valore alla pausa imposta.
E’ la difesa della Vita a dettare la sosta.
Ma il tempo camminerà,
attraverso affanni e distanze,
indugi e speranze.
Le nostre ore meditano
alternative e nuovi accordi.
La pausa del contatto, utile esercizio
per dare più aria alla nostra anima,
per guardarsi con i nostri stessi occhi,
per dare ordine ai nostri luoghi indefiniti.
La malattia è vicina, ci segue fedele,
ma noi sappiamo il suo nome,
il difetto nascosto dell’umana onnipotenza.
E’ inutile ogni alibi
ma riempiamo di solidarietà i nostri calici

 

(Marzo) Versi ai tempi del virus del 2020


 

Consolate la morte

 

Gli indici pregano, invocano il Cielo,
sperano di albe nuove.
L’odore dei campi è ancora aspro,
è fragile la terra, riposa nella nebbia.
Gli uccelli tacciono
nella tardiva primavera.
Ma l’aria respira, come il ricordo dei morti:
ecco le loro voci giungono
dalle ombre dell’eterno, piangono
per una fine crudele, invano cercano
la luce delle candele.
La morte empia dei nostri vivi
implora l’attimo di affetti vicini

 

(Marzo) Per le vittime del virus del 2020


 

Strade vuote

 

Le strade deserte,
luoghi finiti in un lungo sonno.
Le palpebre abbassate,
vibra la voce in gola,
le mani soffrono per non essersi sfiorate.
Germinano i semi della disfatta.
I morti contano i loro numeri,
i vivi sono inquieti nella barbarie della morte

 

(Marzo) Versi ai tempi del virus del 2020