Michelangelo Suozzi - Poesie

Bacio di Giuda

 

Ricordi quella cena! Sono passati anni, dodici a tavola, con Pietro e Giovanni

e tutti si chiedevano, chi fosse l’Infame, mentre Tu spezzavi e distribuivi il pane.

Ricordo con le mani, intingevo nel tuo piatto e mentre mi parlavi io diventavo matto,

dicevi solamente, “che dovevo far cosa?” … che avrei poi cambiato, il corso della Storia.

Ricordo le parabole, che raccontavi ai dodici, loro Ti ascoltavano, ma io stentavo a crederci

e nei tuoi miracoli, c’era dell’incredibile, a me sembrava invece, tutto prevedibile.

Ricordo che piangevi nell’Orto degli Ulivi, pregavi tuo Padre affinché non lo tradivi,

mentre io con Altri lo facevo sottovoce e dentro la mia voce, nascondevo la Tua croce:

“Tu con questo bacio tradisci il tuo maestro, quello che devi fare, ti prego, fallo presto.

Io con questo bacio, compio un grande gesto e quelli che verranno, faranno lo stesso”.

Moltiplicavi i pesci, moltiplicavi i pani, io moltiplicavo i miei trenta denari;

L’acqua si fa vino, il vino si fa aceto, ed io con il Sinedrio cospiravo nel segreto;

“Alzati e cammina!” urlasti al paralitico, mentre io diventavo con Te sempre più critico;

“Chi di spada ferisce, di spada perisce!”, ma peggio della spada è l’amico che tradisce;

“Chi è senza peccato, scagli la prima pietra!” dici che ho tradito?… ma Pietro ti rinnega.

Vedi! non dimentico, i tuoi insegnamenti, chissà se capirai i miei turbamenti:

“Tu con questo bacio tradisci un Uomo onesto, quello che devi fare, ti prego, fallo presto.

Io con questo bacio, compio un grande gesto e per quelli che verranno, sarà solo un pretesto”.

“L’occhio, la pagliuzza, la trave del fratello, la cruna di un ago, i passi del cammello…”,

parole che dicevi, a migliaia di persone, mentre io aspettavo, la buona occasione.

30 denari, mi sono stati dati, affinché ti consegnassi nelle mani dei soldati;

28 gradini, da Erode a Pilato, l’igienista della Storia, che le mani si è lavato;

10 metri della mia corda… per farla finita… ma la Storia non mi scorda;

33 anni, di vita vissuta, ma a me basta…1 secondo, per chiederti scusa…

Ma tanto non lo faccio e la mia lingua resta muta, preferisco impiccarmi, all’albero di iuta.

Ricordo che Ti ho visto, appeso sulla croce, le mani bucate e con un filo di voce,

mi sono avvicinato e guardandomi hai detto:

“Giuda, ti perdono… ma sarai maledetto!”.


 Fumo di speranza

 

Rapiti nella notte, portati lontano,

strappati da chi ci teneva per mano.

 

Uomini grigi, croci uncinate,

occhi di ghiaccio, filo spinato.

 

Treni in arrivo, alle porte di un Campo,

s’ode l’orchestra, urla di pianto.

 

Al guinzaglio, cani feroci,

fanno da eco tra rumori e voci.

 

Indossate le righe, cucite le stelle,

marchiati i numeri sopra la pelle.

 

Spogliati, nudi, dentro una stanza,

silenzio, buio, lentamente si avanza…

 

Fummo fumo di Speranza.


I RE MAGI PERSI

 

Certo, che se penso a li Re Magi,

nel deserto, sui cammelli e cò li doni,

devo ammette, che con Te,

se comportati proprio da “Gran Signori”.

 

Nun t’hanno vennuto a quel re,

Erode,

che da quanno ha saputo che eri nato,

nun sè dato pace….e nun sai quanto jè rode.

 

E pe fattela pagà, ha fatto n’macello.

Ha ordinato a li sordati quer flagello,

de ammazza ogni piccolo innocente,

che n’bocca ancora nun c’aveva n’dente.

 

Loro nun hanno fatto come quelli,

che te portavi sempre dietro,

a rota,

aspettando che cantasse er gallo

o pe li trenta denari come l’ Iscariota.

 

Loro hanno seguito la cometa,

che li ha guidati dritta a quella meta,

dove,

scesi dar cammello,

hanno trovato in fasce er Bambinello.

 

Gaspare, Melchiorre e Baldassarre,

sti nomi a sentilli sò bizzarri,

vestiti de porpora e zirconi,

t’hanno portato tutti e tre li doni.

 

Oro, incenso e mirra,

questi so li doni che se narra,

e se li so scerti senza fasse a guerra,

pe regalarli poi ar “Signore della Tera”.

 

Che fine abbiano fatto?

…Nun se mai saputo…

Se dice che tornando, quarcuno sè perduto,

perché la  Stella che l’aveva accompagnato,

ha deciso de veglià sur Pupo appena nato.

 

Ma adesso che è Natale,

so io che te chiedo un dono:

“De tutti i miei peccati, damme er Tuo perdono…”

E già che c’è sto Te chiedo n’ artra cosa:

” Te prego!… Trova li re Magi…e falli tornà a casa.”.


 

 Il bambino di gesso

 

Quest’anno sotto l’albero addobbato, ho trovato un regalo molto strano.

Su un biglietto in una busta originale, c’era scritto:

“È il tuo regalo di natale”.

Sciolto il fiocco, la scatola si è aperta e nel vederlo, una grande scoperta.

Sul fondo del cartone era sdraiato, un bambinello di gesso colorato.

Ho pensato, forse è uno sbaglio, non è certo il regalo che voglio.

Io ho immaginato altri regali, molto speciali e particolari.

E di avere tante altre cose, assai divertenti e meravigliose.

Ho fantasticato così tanto col cervello, ma mai pensavo di trovare:

“Un bambinello!”.

Con un gesto della mano e un po’ stizzito, nel buio della scatola è finito.

Di dormire questa notte non riesco, penso ancora al bambino di gesso.

Quando, all’improvviso nella stanza, si sente un tocco di campana in lontananza:

“È la notte Santa!”

D’un tratto tutto mi diventa più chiaro, chi è il mittente che prima ignoravo.

Scendo dal letto e giù per le scale, riapro la scatola:

“Ecco il Natale!”

Con in braccio il bimbo di gesso, mi sono commosso stringendolo al petto.

Ho pianto tanto, non lo nascondo, ma ho capito nel mio profondo:

 

“Non sono le luci, non sono i regali, che ci rendono tutti molto speciali

Non sono gli addobbi, i dolci e i doni, che ci fanno essere migliori e più buoni

Il Natale non è più lo stesso se non scopriamo il Bambino di gesso

Lui si è nascosto dentro un cartone, non c’ era posto dentro il mio cuore

S’è riciclato, come i regali, perché sa che è così che festeggio i Natali

Da quel cartone l’ho liberato, mettendolo nel posto che la Storia gli ha dato

E se stanotte lo volete vedere, inginocchiatevi con me, davanti al presepe”.


Il segreto

 

Ho letto la tua lettera, ti giuro non volevo,

nasconde  il tuo segreto, ancora non ci credo.

 

Ho letto la tua lettera, per caso l’ho trovata,

nascosta in una cassa, in quattro era piegata.

 

Ho letto la tua lettera, parola per parola,

ricordo ogni virgola, ricordo ogni cosa.

 

Ho letto la tua lettera, conosco il tuo carattere,

di chi non vuole perdere, di chi vuole combattere.

 

Ho letto il tuo segreto, nascosto tra le righe,

in modo che chi legga, non lo possa capire.

 

Ho bruciato la tua lettera, l’ho ridotta in cenere,

custodisco il tuo segreto, nessuno più può leggere.


Il sonno

 

Stanche le mie membra, le abbandono,

su di un giaciglio, al disio del giorno.

 

Raccoglile con cura, dagli ristoro,

è il dono che concedi ad ogni uomo.

 

Cullale dolcemente, come una madre fa col proprio figlio,

che vigile veglia, il suo risveglio.

 

Traghettale nel mare dell’oblio,

là, fino ai confini tra i due mondi,

dove potrò incontrarti “Oh Hypnos!”

e dimorare, ogni notte, nella casa del sonno.

 

Restituiscile vigorose, all’alba del nuovo giorno,

quando mi libererai dalle tue braccia,

e nel mio corpo potrò far ritorno.


PACE TRA GLI ULIVI – (Due Popoli, uno Stato)

 

Spari nella notte, lampi all’orizzonte, cingolati a fari spenti

Che lasciano le impronte, urla di bambini, madri disperate,

uomini in fila con le mani alzate, in un territorio, da Dio

dimenticato, dove c’è chi crede e chi lo ha rinnegato,

piccoli soldati, che giocano alla guerra, mentre i loro padri

sono sottoterra e alla prossima esplosione “tutti giù per terra!”

Lanci di pietre, scontri, l’Intifada, in quella zona calda detta:

“Striscia di Gaza”, contro chi ha subito l’Olocausto di massa,

guidato da fanatici che odiavano una razza, un giorno due

persone si sono strette la mano e dentro quella stretta c’è

stato un gesto umano, ma per colpa di estremisti di entrambi

le fazioni, non possono esistere “…uno Stato e due Nazioni”.

Uccelli di ferro sono ancora in volo lasciando cadere morte e

devastazioni, su quello che doveva essere uno Stato e due Nazioni

case distrutte, cumuli di macerie, dove ogni uomo scava

tra le proprie miserie, quelle di ogni uomo, ebreo o palestinese,

che avrebbero potuto “vivere insieme nello stesso Paese”.

Anni son passati su quel fazzoletto, terra di

Jahvè, Cristo e Maometto, altri passeranno, ad indicar la via

e tutto questo non sarà più un’utopia.

Ieri ho fatto un sogno, era molto strano, Ebrei e Palestinesi che si davano la mano

Ieri ho fatto un sogno, era così bello, l’uno dice all’altro: “Sei mio fratello…”

Due popoli e uno Stato è quello che ho sognato e presto questo sogno sarà realizzato


Penitenziagite

 

In piedi, attendo la mia sentenza

nessuna speranza, nessuna clemenza.

Fredda è l’aula, gelida è la cella

rigido è l’acciaio, che m’attanaglia.

Alle spalle, sbatte il cancello

squarciando l’anima, come un coltello.

Tintinnio di chiavi nei corridoi

Minosse in divisa, assegna i gironi.

Anime perse, storie diverse

affacciate alle sbarre, delle finestre

Dove, Icaro prepara le ali

ma solo nei sogni, possono volare

Sui muri, immagini sacre e profane

cornice confuse di vite dannate.

Fuori, lasciate triste le madri

si portano dentro, le ali spezzate.

Spente le luci, danzano i ricordi

si librano in volo, davanti ai miei occhi.

Non provo rimorso, non sento rancore.

Non chiedo perdono, non trovo parole.

Steso sul letto, odo gemiti e pianto

butto le ali, sconto il mio danno.


RICORDA CHI ERO

 

Nun sò quanto tempo me resta da vive, e quante cose ancora, devo fare e dire,

ma prima che la Morte bussi alla mia porta “…vieni piccolì… siedite in abbraccio…ascorta…”.

St’occhi purtroppo nun te vedranno cresce, ma ringrazio Dio d’avvete visto nasce,

e se un giorno avrai bisogno, stà cosa me rincresce e nun potettè aiutà, ner core me ferisce.

Te tengo stretta ar petto e te riscardi, ma quello che io vojo, è che nun scordi,

che quanno sarai grande t’aricordi ,de sto momento, e in mente te ritorni.

Gli anni so passati troppo in fretta, pè insegnattè d’annà ‘mbicicletta, pè ammiratte con l’abito da sposa, pè vedette sboccia come nà rosa.

Stringime la mano, pè l’urtimo istante, parlami dei tuoi sogni e che farai da grande.

Promettime che nella vita diventerai quarcuno, e che c’è la farai, senza di grazie a nessuno.

Nun crede a chi dirà che “…era n’omo forte!”, perché nun te nasconno che ciò paura della morte.

Nun crede a chi dirà che “…era n’omo santo!”, perché nun saprai mai, quanto ho bestemmiato e pianto.

Giurame! Che n’giorno verrai sulla mia tomba, e quanno lo farai, sarai moglie, madre e donna.

E quanno te diranno, entrando ar cimitero: “Chi è quell’omo in foto, vestito dè nero?”

Tu jè dirai, tenendo un fiore in mano, co na’ lacrima sur viso e sussurrando piano:

“…Ero piccolina…me ricordo come n’sogno…per me lui era tutto…per lui io ero… “Er Monno”.

“Quest’omo era mi Padre… Quest’omo era tu Nonno”.


SCUSE DI DONNA

 

Camminavo pe strada e così per caso…

me sei passata proprio sotto ar naso…

Cosa da nun crede! Anvedi mpò chi se rivede…?

Però nun me sembri più la stessa,

e su quer viso che me ricordavo, adesso c’è sta n’velo de tristezza

 

Con gli occhiali grossi e neri te nasconni er viso e l’ occhi,

e c’hai un vestito lungo che te copre pure li ginocchi

Me dici: “E’pe nasconne er trucco…e pe nun provocà nessuno che nun porto più er tacco…”

Sorridi, ma nun te riesce bene,

c’hai un taglietto sotto er labbro,

eccome te se vede, dici:

“E’ il rossetto un pò sbavato”,

e con la mano te nasconni de lato,

ma a me sembra un rovescio ben piazzato

E se te abbraccio, pe dimostratte affetto,

come se fà tra vecchi amici, anche solo per rispetto,

me dici sorridendo: “Nun stringe forte er petto…e poi me toj Er fiato”,

e con la mano, sento che c’hai er busto tutto fasciato

 

Te guardo dentro l’ occhi e resto muto,

leggo solo che me vorresti chiede, “…Aiuto…”

ma poi nun dici niente,

e io ce vojò crede a stà scusa innocente.

 

Io che da giovane t’ho amato,

me pento solo adesso de nunavè combattuto,

lasciando che quer corpo che ho rispettato,

finisse nella mani de “…quer Gran Cornuto…”

 

Io che sò codardo de natura, sò che la verità,

…me fa paura… ma vorrei ditte solo:

“…Lassallo perde… che omini come quelli, so sole delle …Merde…”!

Tu meriti artro dalla vita e de sta storia:

“… falla finita” …nun solo per te… ma pure pe li ragazzini, che sò vittime innocenti de gelosie e quattrini…”

 

Ma adesso che t’ho ritrovato,

nun me vojo lavà le mani come Pilato:

“Piate sto numero è nun fa la ritrosa…e se c’hai bisogno… CHIAMA!… e nun te inventà na scusa”!

 

Poi te lasso annà, ” …se fatto  tardi…”,

e mentre te allontani, te giri e mi guardi,

vorresti tornà indietro, pe dimmè ogni cosa,

invece me saluti, inventando n’artra scusa.

 

So giorni che te chiamo e nun te sento,

e dentro ar core mio ciò n’ presentimento,

ma poi me dico: ” NO…nun è come io penso…”,

anche se ciò sai che ciò  avuto sempre un sesto senso…

 

E  sta sensazione me diventata reale, quanno stamattina ho letto sur giornale:

“GIOVANE MADRE, MASSACRATA DI BOTTE, DINNANZI AI FIGLI, NEL CUORE DELLA NOTTE”

Camminavo per strada e così per caso…

mi sei passata proprio sotto il naso…

Cosa da  non credere! Guarda un po’ chi si rivede…?

 

Però non mi sembri più la stessa,

e su quel viso che mi ricordavo,

adesso c’è un velo di tristezza.

Con gli occhiali grossi e neri ti nascondi il viso e l’ occhi,

e hai un vestito lungo che ti copre pure le ginocchia

Me dici: “…E’ per nascondere il  trucco……e per non provocare nessuno che non porto più il tacco…”

 

Sorridi, ma non ti riesce bene,

e hai un taglietto sotto il labbro, eccome ti si vede, dici:

“E’ il rossetto un pò sbavato”, e con la mano tI nascondi di lato,

a me  sembra invece un rovescio ben piazzato

 

E se ti abbraccio, per dimostrarti affetto,

come se fa tra vecchi amici, anche solo per rispetto,

mi dici sorridendo: “Non stringere forte il petto..e poi mi togli il fiato”,

e con la mano, sento che hai il busto tutto fasciato.

 

Ti guardo dentro gli occhi e resto muto,

leggo che mi vorresti chiedere, “…. Aiuto…”

ma poi non dici niente, …e io  voglio crederci a questa scusa innocente

Io che da giovane t’ho amato,

mi pento solo adesso di non aver  combattuto,

lasciando che quel corpo che ho rispettato,

finisse nella mani di “quel gran cornuto”…

 

Io che sono codardo di natura,

so che la verità, …mi fa paura…

ma vorrei dirti solo:

“…Lascialo perdere… che uomini come quelli  sono sole delle …Merde!”

 

Tu meriti altro dalla vita,  

e di questa storia: “… falla finita”

…non solo per te… ma pure per  i ragazzini,

che sono vittime innocenti di gelosie e quattrini…

 

Ma adesso che t’ho ritrovato,

non  mi voglio lavare  le mani come Pilato:

“Prendi questo numero è non fare la ritrosa…e se hai bisogno, CHIAMA! e non ti inventare  una scusa”!

 

Poi ti lascio andare: ” Si è fatto  tardi…”,

mentre ti allontani, ti giri e mi guardi,

vorresti tornare indietro, per dirmi ogni cosa,

invece mi saluti, inventando un’altra scusa.

 

Sono giorni che ti chiamo e non ti sento,

e dentro al cuore mio ho un presentimento,

ma poi mi dico: ” NO…non è come io penso…”,

anche se lo sai che ho  avuto sempre un sesto senso……

 

E questa sensazione mi diventata reale, quando stamattina ho letto sul giornale:

“GIOVANE MADRE, MASSACRATA DI BOTTE, DINNANZI AI FIGLI, NEL CUORE DELLA NOTTE”