Monica Bonetti - Poesie

Anni sbagliati

 

Forse sono nata negli anni sbagliati, 
Per questo vedo tutti questi giorni malati,
non voglio stare nell’epoca di adesso,
Siamo tutte vittime del progresso.
“Ai nostri tempi era dura”, mi sento dire
Anche oggi non è una passeggiata, ma non lo vogliono capire,
la tecnologia ha fatto a pezzi ogni valore,
ed una persona come me ne prova dolore.

Voglio il valore dato ad una canzone, non importa quale,
aspettarla per ore in radio, passando ogni canale.
Voglio il valore di una fotografia, attimo scelto con cura,
per racchiudere magia, prendere vita nella camera oscura.
Voglio la televisione in bianco e nero,
le persone anche, niente sfumature, voglio il vero.
Voglio il valore alle persone, non al denaro,
voglio il valore di un viaggio, anche se non lontano. 


Voglio che una chitarra in piazza significhi festa,
voglio l’amore per il proprio paese di chi manifesta,
voglio la gente che dà la vita per lo stato, 
anche se questo non è bastato,
voglio persone che scrivono e leggono, 
voglio vendere negli occhi ideali che in vita tengono.
Voglio non essere vittima del progresso 
voglio non stare muta e lasciare che il dolore si chiuda in sé stesso.


Il tempo solo parlerà

 

Chissà se mi pensi, quando ricevi una notizia buona,

e non corri da me come prima persona,

chissà se mi pensi, quando hai i tuoi tormenti,

e non puoi parlare con sincerità a me, e allora menti.

 

Chissà se camminando per Berlino, Roma o Praga mi hai pensata,

e, sorridendo, accanto a te immaginata,

chissà se quando devi spiegare cosa provi e chi sei

pensi a quando bastava solo posare i tuoi occhi nei miei.

 

Chissà se quando la gente apprezza la maschera che indossi,

pensi ai brividi di quando sotto ad essa ti vidi, e tu lo sguardo distolsi,

chissà se mi pensi quando sorridi di falsità,

se pensi che con me continuavi a sorridere anche voltandoti di là.

 

Chissà, chissà, chissà,

il tempo solo parlerà,

chissà, chissà, chissà,

se due pensieri si cercano niente li ostacolerà.


 

Rosso,verde,giallo

 

Ho sempre amato la mia memoria impeccabile, 
ho sempre odiato peccasse su di te, un ricordo indimenticabile,
odio che con gli anni io mi sia dimenticata della tua voce, 
odio non ricordare quegli anni, li racchiudo in un ricordo veloce,
odio che gli anni passati insieme 
siamo meno di quelli in cui la tua mancanza mi preme, 
odio essere cresciuta senza di te, lo so il mondo è duro,
tu che da piccola mi accompagnavi verso il futuro,
ma non riesco a parlare di te, allo stomaco ho un blocco
ogni volta che con la mente il tuo ricordo tocco,
e fa riflettere come i più bei ricordi si pensino piangendo, 
dovrei pensare a te solo sorridendo,
ma pure ora che sto scrivendo,
mi cade una lacrima sull’inchiostro, che come te ora sta svanendo. 
Ti penso spesso, il pensiero per te mi trova sempre, 
il primo giorno di scuola, ogni settembre, 
la neve sulla spiaggia in un film, 
come quell’anno al mare, questa cosa mi stupì,
un giostra circondata di bambini 
il mercoledì, pranzo con i cugini,
rosso, verde e giallo, colori che ho sempre amato
perché mi ricordano gli ombrelli che ci avevi regalato,
ho ancora la campanella che suonavi per noi fingendoti Santa Lucia,
solo a guardarla mi trasmette quella magia,
una coperta non terrà mai caldo come le tue,
la cremina magica che guariva le “bue”,
la coperta proteggeva anche nell’oscurità,
forse ne avrei bisogno ora, mi fa paura la realtà, 
forse avrei bisogno anche della cremina, 
ho ferite del passato, non parlo di quelle da bambina,
forse avrei bisogno di vedere oltre questo muro,
facciamo due passi, mano per la mano, riaccompagnami verso il futuro.


 

Era primavera

 

Era primavera,

il sole iniziava ad invadere la sera,

così come la tua presenza invase la mia giornata,

soffiava aria meno annoiata.

 

Era estate,

soffiava aria di illusioni inventate,

un mese caldo ardente,

che brucia tutto e non lascia niente.

 

Era autunno,

e la vita maestra ti rese alunno,

il tempo cambia tutto come le foglie colorate,

soffiava aria che portò con sé le ultime certezze strappate.

 

Era inverno,

soffiava un vento apparentemente eterno,

celava il buio sulla tua visione del mondo severa,

tornerà la primavera.


 

 

Non capisco l’esigenza delle persone di definirsi, 
in una forma inserirsi,
parlare della libertà,
ma poi cercare di darsi un’identità.
Un’infinità di cose siamo,
perché limitarci ad una frase di canzone che sentiamo, 
perché trovarsi in parole che non sono nostre nemmeno,
scriviamo e diamo sfogo ai nostri pensieri per lo meno,
perché dire “io sono questo”
quando dentro abbiamo un universo.
Non c’è niente di più bello di lasciarsi andare alla sincerità,
di essere freddi alle volte e altre lasciarsi sopraffare dalla fragilità,
cambiare davanti ad ogni persona ,non è falsità,
è che le persone danno luce a diverse facce della nostra personalità. 
Sentiamoci liberi, infiniti, indescrivibili,
non limitiamoci a darci dei titoli,
perché i titoli sono un riassunto diversamente interpretabile,
di un racconto che se ascoltato può essere memorabile.


 

Scambiandosi falsità.

 

Questo Natale non ho voglia di festeggiare, 
non ho nulla per cui ringraziare,
sotto l’albero non trovo seconde possibilità di certo,
e nemmeno una macchina del tempo.

Guardo l’albero e penso da quante persone sia atteso,
chissà se qualcuno attende così anche me, mi sento solo un peso,
guardo mamma crescerlo, addobbarlo e guardarlo fiera,
chissà se guarderà mai me nella stessa maniera.

Ammiro l’albero nei suoi dettagli,
rifletto in una pallina e nei miei occhi vedo tagli.
Ammiro sulla punta una stella di colore argento,
un natale con te non lo ricordo, si respira malcontento.

È la giornata mondiale della falsità,
una volta voleva dire famiglia, ora solo vanità,
con un sorriso ci si scambia gli auguri continuando ad odiarsi,
tutti religiosi quando serve una scusa per ubriacarsi.


 

 

Sfoghi di una vita in rima

 

Sono stanca del vostro mettere fretta,

sono stanca della vostra reputazione perfetta,

della camicia ben stirata,

della messa delle domenica di facciata.

 

Sono stanca dei vostri orari,

sono stanca della competizione, siete i vostri stessi avversari,

del vostro paraocchi e al vostro mutismo,

Asfissiate nel vostro falso perbenismo.

 

Sono stanca del vostro essere alla moda e poi non sentirsi nessuno,

sono stanca del vostro parlare e poi passi manco uno,

del vostro sopracciglio alzato di disapprovazione,

poi uscire alla sera sentendosi l’emblema della ribellione.

 

Non vi sopporto più con i vostri cliché,

non vi sopporto più con la vostra personalità che dà forfait,

state tranquilli nella vostra mediocrità,

continuando a sorridere di povertà.


 

 

Sfumature

 

Conosco una ragazza, ha paura delle responsabilità, 
pensa di non essere all’altezza delle opportunità
che il destino le riserverà,
ha paura di crescere e di sbagliare,
ha paura di amare,
ha paura di lasciarsi andare.
Conosco una ragazza,
a lei la determinazione basta e avanza,
non vede l’ora di dimostrare la sua grandezza,
quando tutti la credevano una fallita con certezza.
Conosco una ragazza, si sente sola,
non riesce ad esprimere ciò che prova, nemmeno una parola,
pensa che nessuno la possa capire,
pensa di scappare dalla realtà provando a dormire,
ma si rassegna al fatto che non può continuare così, 
perché i problemi la trovano anche lì. 
Conosco una ragazza, a se stessa sa bastare, 
non le servono le persone, sola per la sua strada continua a camminare,
sa che può dare tanto contando solo su di lei,
non si ferma per nessuno, egoista la definirei. 
E se credevate stessi parlando di più ragazze, state sbagliando,
sono sfumature di una persona soltanto,
s se credete che possa essere bipolarismo,
guardate bene dentro voi, scoprirete che è realismo.


 

Tocca a te.

 

“Ciao sono Joker,
sono 30 secondi che non provo depressione.”
“Ciao Joker,
raccontaci del mondo la tua visione.” 

“Vediamo, da dove potrei iniziare.. Magari in faccia mi potreste guardare…
potrei parlare del fatto che il mio destino sia sbagliato,
dovrei essere un pagliaccio ma non sono né felice né imbranato,
sono solo un triste giullare,
con un cuore troppo piccolo per amare,
sul mio aspetto sempre vi continuate soffermare,
ho un passato che non potete immaginare.
Forse mi dovrei fermare,
non vi voglio spaventare.” 

“Continui, vorremmo sapere cosa le sia successo
per averla reso così depresso.”

 “Vi soffermate sul mio strano sorriso,
sapete che è stato mio padre ad avermelo inciso?
Lo sapete?! Continuate a parlare,
sapete solo criticare.
Sei troppo serio, un giorno mi disse, con aria divertita,
ci vogliono tanti sorrisi in una sola vita,
preferisco fare ridere, risposi, ci sono tante vite in un solo sorriso,
e così afferrò con le mani il mio viso.”

“Pensavamo fosse stato un gesto d’amore, così avevamo sentito,
ma in effetti lei amore non può provare, per questo l’abbiamo subito smentito.” 

“Errato, non è l’unica versione che esista,
ma la seconda non vi piace, a voi piace credermi egoista.
Hanno il volto sfigurato,
all’unica persona che io abbia mai amato,
non riuscivo più a farla ridere,
cosa per cui sono tenuto a vivere,
non vederla felice mi rendeva depresso
e così ho tramutato il mio viso in quello di adesso,
l’ho fatto per amore, per avere un futuro nostro,
e sapete lei cos’ha risposto? Che sembravo un mostro,
il suo sguardo su di me non ha mai più posato,
ha deciso di andarsene, ed il mio cuore ha dimezzato.” 

“Ora capiamo meglio l’accaduto,
ci dispiace di non averle creduto,
è che lei ha questa sorta di follia,
nel parlare di dolore tramite l’ironia.”

“Vi capisco, ma serve pazzia per comprendere questa vita, 
con occhi normali non può essere capita,
bisogna ridere, altrimenti cosa possiamo fare? 
Se non sappiamo con chi stiamo per giocare?
dopotutto la vita è una partita a carte,
c’è chi gioca a carte scoperte e chi ha un asso da parte,
chi bleffa perfettamente,
chi gioca per soldi, altrimenti niente.” 

“E scusi, cosa c’è di ironico in questo? 
Cosa le fa ridere in questo contesto?” 

“Come tutto torna, non importa quale strategia userete,
come dalla partita uscirete,
non importa se di me riderete,
se bene mi vorrete, o se mi temerete,
una cosa non cambierà mai,
quando tutto crollerà, quando sarete nei guai,
avrete bisogno di me, mi verrete a cercare,
perché che vogliate o no, il jolly è l’unico che può salvare.”


 

In sé un’intera stagione.

 

Succede, a volte, di sentirsi il niente,

ma nel niente, l’universo, è presente,

succede, a volte, di sentirsi dentro un vuoto,

ma, come nell’universo, il fascino dell’ignoto.

 

Succede, maledettamente semplici, di sentirsi,

ma dietro alla semplicità, le cose grandi, aspettano di scoprirsi,

ad una margherita non si pone la degna attenzione,

con sé porta la primavera, in sé un’intera stagione,

la sicurezza nella solita canzone preferita,

nasconde comprensione, l’essere capita.

 

Succede, tristemente umili, di sentirsi,

ma i ricordi, di umiltà, amano vestirsi,

carta e penna dicono non essere più usati,

ma una lettera ti trasporta in momenti passati,

un libro, un segno a matita nel testo,

ti portano a quando l’hai letto, ad un altro contesto.

 

Succede, estremamente scontati, di sentirsi,

ma la scontatezza, nella certezza, sa definirsi,

un abitudinario caffè bevuto al mattino,

anche, se ordinario, l’assenza ne è casino,

sul divano, la sera, un bicchiere di vino,

senza quel retrogusto di vita, è come avere una sigaretta ma non l’accendino.

 

Succede, piccoli dettagli, di sentirsi, 

ma i dettagli e la differenza a braccetto sanno divertirsi,

uno sguardo che dura, anche solo, un  secondo in più,

Ma ti resta impresso nelle testa, come un déjà-vu,

persino un minuscolo e innocuo punto il senso della vita cambiare,

tu sei difficile da dimenticare.

 

Tu sei difficile. Da dimenticare.