NEL TEMPO CHE CADE
Chiedo una stella
per guidare il mio Sogno;
tornerà l’alba nel ricordo
e l’azzurro nel Domani
non cercherà il Vento;
il cuore sospirerà
con la vela bianca spiegata
del mio pensiero
mentre il giorno,
come lama tagliente
getterà il tremore,
come afono d’eterno
respirerà in questo luogo
dell’Anima di liliale
e splendore, sulla prua
della Felicità attraversata
nell’aria mansueta, stringendo
attimo immortale ai funebri
silenzi delle ombre affiorate;
grondante come gigli d’innocenza
crescerà il mio Desio
nell’illacrimato sussulto di Vita,
del mio abisso d’infinito
palpitare.
QUEL GRAZIE
Scrivo il Silenzio
su pagine di sogni compiuti
nella notte solitaria
di Domani e di Albe
e su ceruli pensieri
che di poesia respirano,
la gloria del cuore
sull’umile Anima di carezza
alle parole non dette
dietro l’ombra di un sorriso
che s’infrange di Vita
al ricordo di un grazie.
STAGIONI
Un minuto…..senza fiato
Un secondo….elaborato
In un’ora….pare eterna
al rintocco del Dolore;
sospiriamo aspettando
giorni infranti…dalla Gioia;
secolari sono i mesi e nel Tempo consacrato
di una giovane Speranza in un lamento sussurrato,
una Vita fatta bene;
inseguiamo l”Infinito trattenuto dalla corsa
di follia dichiarata e, al richiamo di un Silenzio
il ricordo di un Respiro.
FILASTROCCA DELL’INNAMORATO
Davanzale dei sospiri
prendi fiato nella notte
per l’amore ricercato.
Suonatore innamorato
sotto il ramo del dilemma
sei riuscito a musicare.
Dolce tenero sonetto
nel duetto della danza
prendi il cuore dell’amata
di una rosa rosso vivo
per un cuor che batte forte
sotto casa di Giulietta,
di un Romeo ormai annunciato
s’incammina nel ritorno
stanco di aver, dato fiato
di un amor, non corrisposto.
Sconsolato, fiducioso
del doman che poi s’appresta
per potersi presentare
sotto il grande davanzale.
Non pensare troppo amico
alle cose troppo grandi,
torna ancora col tuo liuto
per unire il tuo casato,
sotto il fiore dello stemma.
Troppo ricco il tuo pensiero
di una povera speranza
che si spegne con l’andare
di una cammino troppo arduo.
Il tuo passo frettoloso
di tornare un’altra volta
nella notte dei sospiri.
Torna ancora da sceicco
dal tuo Harem ben fruttuoso,
una sola principessa
nel tuo Regno accederà.
Mentre il dubbio poi rimane
di un deserto di un Sahara,
di un’angoscia ancor gravosa
nel gonfiore dell’orgoglio.
Ah! Pensiero col turbante
perché turba la tua mente
sotto il tempo delle ore.
Abbi fede creatura,
i davanzali sono tanti,
basta sceglier la misura.
Buona notte innamorato
sogna ancora la tua amata
nelle notti ancor rimaste.
MAGIA
Fiabe di castelli e di farfalle,
sotto il soffio di una brezza,
nel giardino misterioso, delle rose,
la figlia del sultano
si vestiva eloquentemente
di sentimenti profondi,
nel porgere l’Iris,
sul trionfo della Verità,
al nemico, in una promessa
di Speranza, di un futur
incoronato di Saggezza
sull’inchino della fede,
nel bocciolo della Trinità,
fra i petali dell’alleanza
di un’orazione, in fiore
ove, sul biancospino,
nel suo sorriso,
gradevole e delicato,
le fate danzavano
in un’alba, di buoni auspici,
per tanta meraviglia,
mentre una rosa, solitaria,
in un angolo, dell’incanto,
tra lo schiudersi,
dei suoi petali, svelava
la dolcezza del segreto,
riservato allo stupor.
DAVANTI E DIETRO
L’accidia e l’avarizia
davanti al Bene,
prendevano posto,
dietro il Male,
in una mano protesa,
ardita davanti al povero;
il denaro, nel dover
di donare, dietro l’obbligo
di accettar, il sacro
pedaggio, nel trionfo
dell’egoismo, dietro
l’illusione, di un regno eterno
davanti alla mestizia,
di una miseria.
L’ARTE DEL PARLARE
Noi parliamo,
farfugliamo,
mendichiamo, in parole;
altezzosi, nel poi dire,
in peccati di superbia,
redigiamo, nel sapere
la devota conoscenza
ma il sapere, silenzioso
osservava il nostro andare
in concetti assai, arroganti
ove il sciocco presuntuoso,
si mostrava con corona,
di ridicoli vestiti.
FRASTUONI
- C’è chi ride,
ad alta voce;
– C’è chi piange,
sottovoce;
– C’è chi urla,
nel silenzio;
– C’è chi grida,
nel rumore;
Mentre, la natura,
della pace, silenziosa,
nel rumore,
sottovoce prende forma,
nella voce del Divino.
IL VECCHIO E L’ANDANTE
Il ritmo della tua vita
corre su un Adagio
non ancora udito
da una realtà troppo Allegra
generando un’ouverture
di un’unica Verità.
COLORI E SUONI IN UN AFFRESCO
Tramonto che mi accompagni
verso sogni velati di rosa
mentre le onde del mio lago
sfiorano i pensieri,
intonando la musica del cuore
nell’anima di un paesino
ancora avvolto dal mistero
di una storia narrata,
dalle rughe di volti,
di saggi uomini.
Dolce specchiarmi in questo mare.
MUSICA
Eco del canto,
sul suo ardore,
giungeva da molto lontano,
in un paesino, nell’intento
di asciugar le lacrime,
di una mestizia, mentre
il cuor si cullava,
nelle note di intonare,
l’inno dell’amor,
sul ritornello acceso,
della speranza.
GIOCO PASSIONALE
Il cuor di fante,
chiedeva la mano,
di una regina, vanitosa,
di quadri, di un castello,
nel dar picche,
allo sfortunato,
nell’illusione, di un fior,
donato, dall’innamorato
sotto il gran, davanzale,
di una notte giocosa,
sul fischiettio,
di una delusione,
di desiderar,
la rivincita.
TRA L’IMMENSO E IL PROFONDO
Il mio passo sospinto dal vento,
il mio cuor volava,
in regni lontani,
albeggiando perenne
sulle ali della fantasia,
padrona d’incanto,
servile al mio animo,
sfiorando l’invisibile.
ALLEGORIA DELL’ORTO
Occhieggia quel finocchio, sotto la barba folta tra una terra arida ed avvizzita dal gelo, rallegrando con storie buffe il cuore, dinnanzi attenti astanti, in remoti ricordi, con broccoli di leggerezza, sempre verdi e cavolfiori bianchi, d’illusoria magrezza, mentre rape vanitose in bellezza sfoggiavano, arrossite di nascosto, con la verza sazia di festeggiamenti, riposata in abbondanti Sogni su spinaci, d’appagar la vista con la loro muscolatura, ben scolpita tra ogni abbraccio, grande di foglia, d’intolleranza ai bimbi capricciosi che, arricciavano il loro piccolo naso innocente, di fronte al pianto cagionevole sulle voci di mamme allarmate e preoccupate; scese allora in tavola il radicchio a donar sorrisi e colori all’inverno triste, per cullare il sonno dei più piccoli che aspettavano in una dolce ninna-nanna, che un topolino cortese e affaccendato in abiti d’acribia, nella notte silenziosa imbastita di magia, al dente caduto in disgrazia, portasse soldini musicanti, per preziose caramelle deliziose da reclamare, al palato e laggiù, lontano un carciofo imperiale combatteva il pallore di un dicembre, rimasto frodato, dal fugace di fior appassiti, dalla nostalgia, di quanto è trascorso, di tempo vicino a nonni che, con fiducia, in un orto di Saggezza donata, d’udir il frutto della speranza coltivata d’Amor genuino.
FIABA DI VITA
Esiste tra il confine dell’infinito, nel mezzo e la fine dell’eterno, al centro, ad un certo punto del sentiero d’orizzonte di ¾ nel ricamo di due punti, il regno di valico e promesse ove le certezze si misuravano con la fine del giorno e si lasciava quello che non c’era alla notte che ripiegasse ogni dubbio nel suo manto di nera distanza; tutti gli abitanti, per lo meno i vecchi di storia, si radunavano sulle alture del Sapere e ci si accontentava del mezzogiorno per chiudere il lavoro, all’indomani rimandato di mah! nell’oggi, su cuor sospiranti che reclamavano peccato, che non ci sia luce per continuare il dovere voluto e sollevavano le fatiche del pensiero, nell’antica osteria rallentando il tempo con sorrisi di gioia, canticchiando nostalgie fiorenti d’amarezza sul loro sguardo tacito, che cercava l’Amore di lontananza mentre i muti con il bicchiere colmo di tristezza, annegavano le parole di un Tempo nella voce di Bacco e i sordi echeggiavano sul sogno quasi disfatto dall’aroma di dolore, le poesie di ciò’ che rimaneva nella piccola piazza di ricordi adornata di strofe e filastrocche remote nell’ombra di una secolare quercia dipinta dal destino contro il cielo grigio, per ostentare la forza della Vita sotto il tetto d’universo, allegoricamente spettinata dal vento nel digiuno di un inverno, temprato di noia. Fiocchi e nastri per il Natale che passa fugace, lento di una vecchiaia rivestito d’anni e clamori di gloria, donata alla vecchia vita mentre un fanciullo cercava il suo azzurro aquilone tra nubi, cariche di neve, con novella d’innocenza che s’effondeva per le vie setacciate d’antiche leggende sulla scia di sapori zuccherati da biscotti e canditi, di mille peccati di gola, tra comignoli ardenti di fumo, macchiando folli, con la loro bocca colma e sazia di scoppiettanti rami di bacche, la sera innamorata d’Avvento d’umana sorte e ribolliva la fiamma dell’Anima, ancor carica di speranza quando il primo fiocco di neve posò l’Incanto di candore nella valle del coraggio, ammantando come carezza del Domani il borgo, rimasto sul pendio del sogno, di favola accartocciando nel suo cristallo di melodia celestiale la crusca dell’oblio, spolverando con la farina di angeli, custodi di pace, quel regno laggiù come presepe, incastonato di Bellezza, sulla via di viandanti curiosi dell’Oltre e s’ode ancor oggi la folla in fila, per ammirare lo sperduto paese, incalzando terre d’infinito rasentando Eterno, nel cuore che batte stupito, d’intravedere primavera in giardini schiusi di conoscenza sotto agrifoglio perenne di rosso Amor a 4/3 dell’immensità, senza porti di dolor, ormeggiando stelle di lucciole nel Silenzio per mostrare Saggezza del mare azzurro e del cielo blu che, con bacio segreto, in una buia notte sigillarono la loro unione con la terra di quel regno, figlia della Fede. In quella condanna di distanza, non potendosi sfiorare d’abbracci, affidarono ad un refolo il compito di condurre le loro lettere di perduto Amor su rime di fior, lei in versi di fiocchi, lui, in baci nell’invisibile poesia e brillò di colori il falco di carta tra le piume della Grandezza sorridente, d’immortale luce che piega le ombre, d’umiltà, senza fine, dinnanzi al Valore di Vita nei cuor sospiranti di attimi e di Sogni nella fiaba del Mondo.
GOLDONI IN TUTTA VERITA’
Prodigio dell’altrui e venale la sua Anima, stende quella mano che non dà sentimenti, per avere, senza offrire, un po’del suo cuore, rimasto rinchiuso in vecchie stanze e sull’avvenire parsimonioso non sa’ di essere la vittima del suo stesso imbroglio, ordinato in bramosie di ricchezza, tra libri di conti e ricerche, per lustrare i suoi occhi di Grandezza mentre porgeva un solo dito per non sprecare tempo in tante accuratezze e ornamenti, non restituendo fronzoli di riverenza per non accumular debiti, senza speranza d’altezza; diventava sempre più gobbo e curvo negli anni, ancor di più ammucchiati e camminava svelto per riscaldare le sue ossa scricchiolanti come la sua scrivania, mai sostituita; tra le vie teneva con rigore un bastone, fedele al suo comando, perché lo aiutasse nell’allontanare i seccatori che aspiravano, con miseria di stracci, ricuciti con lacci di Sogni, al suo impero polveroso di tempo; all’angolo, quasi fosse dimenticata, dalla sua anima nera a metà, poiché riflessa per metà nello Splendore, segreto agli occhi di curiosi, una stufa trascurata di Bellezza e calor adornava la sua camera, impolverata di benefizio, ricordando Gloria e gioventù passate. Egli supplicava sulla sua voce buia, lo stento degli altri vizi, ricordando il sudore donato, ai passanti, senza sprecare ciò che aveva di lui per non ricevere gran dolore mentre servitù dovuta era con Stecchino, di cinta magra e un Merluzzo, come sguardo smarrito in fatiche mentre lontano, il servitore di due padroni si divertiva sotto quell’allegro vestito, schiaffeggiando in faccia Verità, nei giorni di beffa di ironiche realtà, tra il dolce e l’amaro e stavano dietro le quinte, i Geni, mostrando protagonista di Vita, tra applausi leggeri, come ali di libertà nel sentire un vento nuovo, come sollievo al cuor di chi piange, in lacrime pesanti e giunse di rifugio, Speranza, nella dimora dell’Anima che, pur piccina che fosse di ristoro, dinnanzi all’avidità dell’uomo, era abadia, sognando bellezza per poter addolcire domani, illudendoci ancor di più per poi ritornare nella notte con i nostri silenzi e, ci fingiamo ammalati per riscattare nella pietà altrui, presunti peccati, sulla buona fede circondati, speculiamo Bontà donataci per venderla ad un prezzo più alto, senza udir lo strazio di giorni stropicciati nel buio di Virtù non concesse al cuor, per Diletto e all’anima per Amor.