Nicolas Alvarez - Poesie

Meno

 

Più scruto

e tanto più fuggirei dagli occhi, mia ghigliottina,

specchi della normale consuetudine.

Più persisto occultato dalla luce

respirando vorace plumbei presagi, tanto più dentro gli occhi rassomiglio a loro.

E ora e sempre più

procedo nei vicoli della mordace conoscenza, che è quella di vivere

solamente per morire ancora.


Ho vissuto attimi

 

Fuggendo nei tetri eremi della solitudine ho vissuto attimi

dal peso di vite intere, confinato

nelle tiepide tenebre

di un guscio d’inscalfibile infanzia, prudentemente ciecato

di ogni incomoda verità

e sì da ogni promesso lume e dallo strazio d’ogni suo indeprecabile oblio

per sempre scisso:

Ora

non ho più timore del buio, ma della luce

un terrore viscerale.


La Rosa

Ogni dolce sovvenire sfiorisce in un soffio come una Rosa

i cui perituri petali divengono nel vento inafferrabili

ma le cui spine sono in esso infinitamente temprate

dallo sprezzante incedere di un tempo che d’ogni virtù

è rapace.


Padova, 7 Dicembre

 

Perduto nell’ingrato grembo d’una foschia d’ardesia ho bramato vivere

così ardentemente

da Ritornare in un lampo, seppur immobile,

sulla tenera scia di sempreverdi passi felici,

Tuffato ancora

nelle fresche profondità assopite di borghi addolciti dal vento, infinitamente Risorto

nel fulgido riflesso vivo

di familiari specchi cristallini;

mio malinconico desio,

sei tu tiepido torpore dell’animo!

Titanico in me sorgi in un guizzo di lume,

e sì effimero ti consumi malgrado pura innocenza nato condannato:

E rinsavito così nuovamente nell’offuscante nebbia, non ho potuto che vedere

più nulla,

se non nella nostalgia

il più umano sentimento.


Fronde

 

Contemplo di sottinsù, arido tutto,

la mondatrice montagna.

Gettato nel diserto lito di questo mio spirito, io non son giunco

ma fosca fronda:

non schietta,

ma nodosa e rigida

mai battezzata da miglior acque;

non integra,

ma brutalmente franta dal vessar d’onde

frangenti nel vento spezzato;

Non ad un singolo passo, ma distante miglia

dal misericorde fuoco;

e così sempre più son d’ogne luce muto.


Guardandoti eternamente

 

Guardandoti, rivivrò eternamente

la deturpante natura da me incarnata in giorni pesanti

come inverni interi,

in cui ho negato ignobile splendori vecchi e nuovi e rigettato il nero

di corrotte stille d’incanto.

Guardandoti, scorgerò eternamente

in me il tuo guasto residuo,

e così l’impotenza nel decantarmi dal Male del cui sconfinato focolaio

fosti veicolo eletto.

Guardandoti, rinnoverò eternamente

l’infesta Assolutezza del bene rapace, Il cui tetro manto

Tutto voracemente investe

e di asfissianti tenebre pervade.


Il davanzale

 

Dedicato

a chi ci è stato, c’è

e ci sarà.

Con sconfinato affetto, Nicolas.

Nello sferzare del vento ho ritualmente seduto

il davanzale della vita irradiato tutto

dal cangiante riflesso di venerandi cristalli fatalmente grezzi e inconclusi,

taluni sì integri,

taluni incrinati o insanabilmente crepati, ma ognuno sì lucifero,

e di suprema luce sì veridica promessa, che uomo alcuno il valore

osò mai negare:

I vostri occhi

son l’unica mia dimora, ove traggo ora e in eterno sì chiara

l’irriducibile certezza

di non poter essere sconfitto.


Giuseppe

 

Discaccio i miei desideri, Condanno le mie speranze, Piango i miei inganni:

Celato da occhi indiscreti, ritorno da un mendace cielo alla madre terra

ogni frutto tuo bastardo disfatta ultima

d’ogni antica croce, figlia mia,

che tanto dall’uomo pur sempre sarà

sì stoltamente anelata.


Màni

Mani

rifiutate

son d’ogni bene

per sempre

deluse.


Occhi

Occhi

che negasti

sono ora

specchi infranti

d’ogni luce

in eterno

muti.