Meno
Più scruto
e tanto più fuggirei dagli occhi, mia ghigliottina,
specchi della normale consuetudine.
Più persisto occultato dalla luce
respirando vorace plumbei presagi, tanto più dentro gli occhi rassomiglio a loro.
E ora e sempre più
procedo nei vicoli della mordace conoscenza, che è quella di vivere
solamente per morire ancora.
Ho vissuto attimi
Fuggendo nei tetri eremi della solitudine ho vissuto attimi
dal peso di vite intere, confinato
nelle tiepide tenebre
di un guscio d’inscalfibile infanzia, prudentemente ciecato
di ogni incomoda verità
e sì da ogni promesso lume e dallo strazio d’ogni suo indeprecabile oblio
per sempre scisso:
Ora
non ho più timore del buio, ma della luce
un terrore viscerale.
La Rosa
Ogni dolce sovvenire sfiorisce in un soffio come una Rosa
i cui perituri petali divengono nel vento inafferrabili
ma le cui spine sono in esso infinitamente temprate
dallo sprezzante incedere di un tempo che d’ogni virtù
è rapace.
Padova, 7 Dicembre
Perduto nell’ingrato grembo d’una foschia d’ardesia ho bramato vivere
così ardentemente
da Ritornare in un lampo, seppur immobile,
sulla tenera scia di sempreverdi passi felici,
Tuffato ancora
nelle fresche profondità assopite di borghi addolciti dal vento, infinitamente Risorto
nel fulgido riflesso vivo
di familiari specchi cristallini;
mio malinconico desio,
sei tu tiepido torpore dell’animo!
Titanico in me sorgi in un guizzo di lume,
e sì effimero ti consumi malgrado pura innocenza nato condannato:
E rinsavito così nuovamente nell’offuscante nebbia, non ho potuto che vedere
più nulla,
se non nella nostalgia
il più umano sentimento.
Fronde
Contemplo di sottinsù, arido tutto,
la mondatrice montagna.
Gettato nel diserto lito di questo mio spirito, io non son giunco
ma fosca fronda:
non schietta,
ma nodosa e rigida
mai battezzata da miglior acque;
non integra,
ma brutalmente franta dal vessar d’onde
frangenti nel vento spezzato;
Non ad un singolo passo, ma distante miglia
dal misericorde fuoco;
e così sempre più son d’ogne luce muto.
Guardandoti eternamente
Guardandoti, rivivrò eternamente
la deturpante natura da me incarnata in giorni pesanti
come inverni interi,
in cui ho negato ignobile splendori vecchi e nuovi e rigettato il nero
di corrotte stille d’incanto.
Guardandoti, scorgerò eternamente
in me il tuo guasto residuo,
e così l’impotenza nel decantarmi dal Male del cui sconfinato focolaio
fosti veicolo eletto.
Guardandoti, rinnoverò eternamente
l’infesta Assolutezza del bene rapace, Il cui tetro manto
Tutto voracemente investe
e di asfissianti tenebre pervade.
Il davanzale
Dedicato
a chi ci è stato, c’è
e ci sarà.
Con sconfinato affetto, Nicolas.
Nello sferzare del vento ho ritualmente seduto
il davanzale della vita irradiato tutto
dal cangiante riflesso di venerandi cristalli fatalmente grezzi e inconclusi,
taluni sì integri,
taluni incrinati o insanabilmente crepati, ma ognuno sì lucifero,
e di suprema luce sì veridica promessa, che uomo alcuno il valore
osò mai negare:
I vostri occhi
son l’unica mia dimora, ove traggo ora e in eterno sì chiara
l’irriducibile certezza
di non poter essere sconfitto.
Giuseppe
Discaccio i miei desideri, Condanno le mie speranze, Piango i miei inganni:
Celato da occhi indiscreti, ritorno da un mendace cielo alla madre terra
ogni frutto tuo bastardo disfatta ultima
d’ogni antica croce, figlia mia,
che tanto dall’uomo pur sempre sarà
sì stoltamente anelata.
Màni
Mani
rifiutate
son d’ogni bene
per sempre
deluse.
Occhi
Occhi
che negasti
sono ora
specchi infranti
d’ogni luce
in eterno
muti.