Nicolò Rigoni

Poesie e Racconti


Le montagne

Alte e fiere si ergono davanti a noi.
Guardiane di sconfinati spazi.
Testimoni di antichi eventi ed epoche ancora da venire.
A dura provano mettono chi decide di valicarle.
Coloro che le affrontano uno spirito forte e una volontà ferrea devono possedere.
Per quanto la meta possa sembrare lontana,
il suo raggiungimento una grande soddisfazione porterà.
Dalle loro vette chiunque contempli l’orizzonte,
la propria via riuscirà a trovare,
aprendo il proprio cuore e la propria mente alla vita.
Così alla fine i propri sogni potranno realizzare.

 


 

Il vento

Sulla tua voce potente
i suoni provenienti da terre lontane giungono alle nostre orecchie,
raccontandoci mille e più storie.
Portati sulle tue forti quanto leggere mani
i profumi di lidi ignoti scuotono il nostro animo.
Il tuo tocco così delicato sulla nostra pelle,
un senso di libertà dona al nostro animo;
altrettanto potente può diventare
e tutto sul tuo cammino finisce col tremare.
Così come gli uccelli si librano liberi nel cielo,
così sulle tue possenti braccia
il nostro spirito si elevano alto.
Volando sulle tue ali immense,
contempliamo quell’infinito di cui facciamo tutti parte:
la Natura, nostra cara madre.

 


 

Mai arrendersi

Per quattro anni Kesi visse per strada, cercando di sopravvivere con tutti i mezzi che quella vita aveva da offrire. Per riuscire a sfamarsi racimolava qualcosa chiedendo l’elemosina; quando i soldi non bastavano, ricorreva anche a furti per non morire di fame. Tuttavia questa non era sempre stata la sua esistenza.
Fino a tredici anni aveva avuto ciò che molte persone desiderano: una casa, una famiglia e tanto amore. Era cresciuta in un quartiere di New York: i suoi genitori erano i proprietari di un negozio di alimentari, ben voluti e rispettati da tutto il vicinato. Lei era una ragazza allegra e vivace; si trovava sempre a giocare con gli altri ragazzi del quartiere e andava anche molto bene a scuola.
Sembrava che niente e nessuno potesse turbare questa armonia, fino a quella fatidica sera di autunno. Il padre di Kesi stava chiudendo il negozio, mentre la madre toglieva i contanti dalla cassa per riporli in cassaforte. Proprio allora due balordi fecero irruzione e intimarono di consegnargli tutti i soldi. La madre era pronta a collaborare, ma quando il padre vide che quei due volevano farle violenza cercò di difenderla. Nella colluttazione un colpo partì e il padre di Kesi venne ferito all’addome. In quel mentre Kesi stava facendo i compiti e, quando sentì quel terribile rumore, la ragazza corse di sotto e quello che vide la lasciò paralizzata: il padre giaceva a terra in una pozza di sangue col respiro affannoso, mentre sua madre cercava di tamponargli la ferita. Fu la sua voce a ridestarla: le disse di chiamare i soccorsi. Quando questi arrivarono era troppo tardi: suo padre aveva esalato l’ultimo respiro. Lo shock e il dolore per questa perdita spezzarono il cuore e l’anima della madre di Kesi: non riuscì a riprendersi e, dopo un anno di sofferenze, se ne andò anche lei.
Fu così che Kesi si ritrovò sola, senza più una casa. Venne presa in carica dai servizi sociali, ma, dopo un anno passato tra istituti e case famiglia e senza riuscire ad affrontare quello che le era successo, decise di scappare. Non riuscendo più a fidarsi di nessuno, divenne una senza tetto e visse per molto tempo senza avere contatti con chiunque.
Il giorno del suo diciottesimo compleanno una pioggia violenta arrivò a tempestare New York con raffiche di vento e acqua torrenziale. Kesi era ormai ridotta allo stremo: da tre giorni non mangiava e i suoi vestiti erano ormai talmente zuppi da non poterle offrire alcuna protezione. Mentre camminava per un vicolo, chiedendosi per quanto ancora sarebbe riuscita ad andare avanti, si appoggiò ad una porta che risultò essere aperta. Senza pensarci due volte la aprì e cadde all’interno ormai incapace di muoversi ancora. L’ultima cosa che vide prima di perdere i sensi fu la sagoma di uomo venirle vicino. Allora pensò:
“Ci siamo: è arrivata anche la mia ora. Chissà se rivedrò i miei genitori.”
Poi fu il buio.
Dopo un periodo di tempo che lei non riuscì a quantificare, cominciò lentamente ad aprire gli occhi e a guardarsi intorno: si trovava a letto, all’interno di una stanza. Si guardò e vide che indossava una camicia da notte troppo grande per lei. Si alzò dal letto senza fretta e si diresse verso la porta. Uscì e scoprì di trovarsi in una palestra di pugilato.
“Vedo che finalmente ti sei ripresa.”
Kesi vi voltò in direzione di quella voce e scoprì che era di un bianco.
“Chi sei e che cosa vuoi da me?”
“Intanto sapere come stai e se hai fame?”
Kesi lo guardò un po’ perplessa.
“Tieni, mettiti questi dopo, se vuoi, raggiungimi nel mio ufficio.”
L’uomo lasciò su di una panca dei vestiti puliti e si allontanò. Kesi non sapeva come comportarsi: sua madre le aveva detto di non fidarsi dei bianchi, dato che erano stati due di loro ad uccidere suo padre. Ciò nonostante la ragazza pensò che se quell’uomo voleva farle del male probabilmente glielo avrebbe già fatto. Inoltre aveva una fame terribile. Decise allora di fare buon viso a cattivo gioco: intanto avrebbe recuperato le forze, poi avrebbe deciso cosa fare.
Una volta vestitasi, raggiunse l’uomo nel suo ufficio, dove trovò tante di quelle cosa da mangiare che le fecero pensare che non faceva un pasto decente da tanto tempo. Si avventò su di esse e cominciò a divorarle. Ad un certo punto si ricordò dell’uomo e vide che era stato ad osservarla per tutto il tempo. Lentamente cominciò a ricomporsi.
“Dovevi essere proprio affamata.” Kesi mosse il capo in segno di assenso.
“Vuol dire che stai già meglio, se hai così tanta voglia di mangiare.” Kesi rispose con un altro assenso.
“Come ti chiami?” ma Kesi non rispose.
“Io mi chiamo Chad. Vuoi dirmi dove abiti?”
“Io non una casa.”
“E la tua famiglia?”
“Non ho più nessuno.”
“Oh, mi dispiace. Se vuoi puoi restare nella stanza dove ti sei svegliata. Se poi hai bisogno di qualche soldo, qui ci sono un sacco di lavoretti da fare.”
“Okay.”
“Ora scusami: ho delle faccende da sbrigare.”
Appena Chad fu uscito dallo studio, Kesi si guardò intorno: c’erano molte foto e trofei. Osservandoli, pensò che doveva essere stato un campione un tempo ed ora faceva l’allenatore. Dopo qualche minuto uscì anche lei e cominciò a fare un giro per la palestra. Fu sorpresa di vedere gente sia bianca che nera allenarsi insieme ai sacchi, sul ring o per conto loro. Mentre li osservava vide appesa sulla parete la foto gigante di un pugile nero. Vi si mise davanti e cominciò ad osservarla. Anche se era solo una foto, Kesi vide che i suoi occhi emanavano una grande forza interiore, come a voler dire agli sfidanti:
“Provate ad affrontarmi, se avete coraggio.”
“Impressionante, vero?”
Kesi vide che Chad era al suo fianco.
“Chi è?”
“È Mohamed Alì, uno dei più grandi campioni della storia del pugilato.”
Kesi si rivolse a Chad con sguardo interrogativo.
“Non lo conosci?” e lei scosse la testa.
“Viene con me.”
Tornarono nell’ufficio di Chad dove le consegnò dei libri.
“Leggi questi e lo conoscerai.” e poi la lasciò sola.
Era da molto tempo che non apriva un libro e temeva di non sapere più come si facesse a leggere. Ne aprì uno con molto titubanza e, con sua somma gioia, scoprì di essere ancora in grado di farlo. Fu così che cominciò a conoscere il campione.
Ciò che apprese di lui la lasciò sorpresa: anch’egli aveva sofferto a causa del colore della sua pelle. Ciò che la stupì maggiormente fu apprendere il fatto che fu un agente di polizia, e per di più bianco, a consigliargli di praticare il pugilato come difesa contro le sfide della vita. Non furono certo pochi gli ostacoli che Alì trovò sul suo cammino, ma lui non si arrese mai fino alla fine dei suoi giorni. In questo modo conquistò il rispetto sia della sua gente che dei bianchi, come di altri popoli, ed egli fece altrettanto con coloro che incontrava.
“Potrebbe esserci ancora una speranza.” pensò Kesi.
Da quel giorno, quando in palestra non c’era più nessuno e dopo aver svolto le sue mansioni, Kesi cominciò ad allenarsi per conto proprio. Faceva esercizi con le macchine, con la corda, flessioni, addominali: tutto quello che poteva esserle utile per rafforzare il suo corpo. Restando in palestra, aveva potuto osservare gli altri atleti, apprendendo così i movimenti da compiere e i colpi da lanciare: ripeté i medesimi gesti allo specchio e sul ring. Dopo qualche settimana Chad non poté fare a meno di notare che la sua giovane amica cominciava ad irrobustirsi. Curioso di saperne di più, una sera fece finta di andarsene, così vide cosa stava succedendo.
“Sembra che tu abbia un vero talento.”
“Scusami non volevo.”
“Come mai lo fai di nascosto?”
“Ecco io …”
“Dimmi: ti piace?”
“In effetti quando lo pratico mi sento libera.”
“Non hai tutti i torti. Però devo dirti che ti manca qualcosa.”
“Che cosa mi mancherebbe?”
“Sai, ti ho osservato in questi giorni e ho notato che, quando combatti, non lo fai con lo spirito giusto.”
“Non capisco.”
“Girati verso lo specchio.” Kesi fece come le aveva detto.
“Vedi: quello è il tuo avversario peggiore. Quando imparerai a contrastare le tue paure ed il tuo passato, allora potrai affrontare la vita a testa alta.” detto questo la lasciò sola.
Per tutto il giorno restò nella sua stanza a riflettere su quello che Chad le aveva detto. Verso sera era ancora lì a pensarci, quando sentì qualcuno che si stava allenando. Pensando che ci fosse un intruso, andò a controllare con molta cautela. La palestra era immersa nell’oscurità, salvo per alcuni zone illuminate dalle luci dei lampioni stradali che entravano dalle finestre. Grazie a queste Kesi poté vedere un uomo che si stava allenando ai sacchi. Prese una mazza da baseball che Chad teneva in ufficio e si avvicinò a lui. L’uomo doveva averla sentita, perché smise di boxare e si girò verso di lei. Quando il suo volto venne illuminato, Kesi credette di stare sognando. Guardò anche la foto appesa alla parete e non ebbe più alcun dubbio: davanti a lei stava Mohamed Alì in persona.
“Ma tu sei …”
“Morto? Io continuo a vivere nel cuore di coloro che continuano a lottare.”
“Non so se posso considerami una di loro.”
“Il fatto che sei qui vuol dire che non ti sei ancora arresa.”
“Io …”
“Pensi che per via di quello che è successo alla tua famiglia, tu non possa più fidarti di nessuno?” Kesi feci un timido cenno di assenso.
“Quello che succede in questa palestra, dovrebbe farti pensare il contrario: donne e uomini di tutta le età e razze si trovano per migliorarsi insieme. Parla di quello che ti è successo con Chad: anche se è un bianco, mi sembra un tipo apposto.” detto questo Alì le diede i guanti con cui stava boxando.
“Ricordati: la vita non è fatta per stare sempre da soli.”
Detto questo, Alì si voltò e fece per andarsene. Kesi allungò una mano per fermarlo; fu allora che si risvegliò nel suo letto. Pensò che fosse stato solo un sogno e fu allora che vide su di un tavolino i guanti che il campione le aveva dato. Dopo averli preso in mano e contemplati per alcuni istanti, Kesi andò da Chad dicendogli che aveva bisogno di parlargli e gli raccontò la sua storia.
“Hai subito davvero una terribile ingiustizia mia cara. Capisco anche perchè all’inizio non ti fidavi di me. Posso chiederti come mai hai cambiato idea?”
“Qualcuno mi ha ricordato che non si può vivere nella paura.”
“Allora ti farà piacere sapere che c’è ancora giustizia a questo mondo.”
“Che vuoi dire?”
Chad le mostrò il giornale e vide la notizia di due balordi arrestati e condannati alla pena capitale per vari crimini, tra cui la morte di suo padre.
“Sono stati arrestati per rapina e, una volta messi a confronto, sono stati identificati come quelli che avevano sparato a tuo padre.”
Kesi si sentì come se si fosse liberata di un grande peso.
“E adesso che cosa vuoi fare?”
“Vuoi aiutarmi a diventare una campionessa?”
“Quando cominciamo?”
Nei mesi seguenti Kesi si allenò in modo costante sotto la guida di Chad. La ragazza riuscì a trovare anche un altro lavoro, grazie al quale poté mettere da parte i soldi per riprendere gli studi da dove li aveva interrotti. Un giorno Chad disse a Kesi che si era affezionato a lei e che la considerava come la figlia che non aveva mai avuto. Per questo le chiese se poteva adottarla. Kesi rispose di sì e lo abbracciò felice, per poi ripensare a quello che le aveva detto Alì:
“Avevi ragione: è davvero un tipo apposto.”
Nel giro di due anni Kesi cominciò a farsi una certa reputazione: molti cominciarono a chiamarla “L’Indomabile”. Riuscì anche a vincere una borsa di studio e a laurearsi a pieni voti. Infine le si presentò una grande occasione: gareggiare per il titolo dei pesi medi femminili. Per l’occasione Kesi indossò i guantoni che Alì le aveva donato. L’incontrò risultò essere molto impegnativo: la sua avversaria picchiava duro e sembrava non dare alcun segno di cedimento. A metà del quinto round Kesi finì al tappeto e pensò che fosse finita.
“Vola come una farfalla, pungi come un’ape.”
Kesi si voltò verso quella voce e vide Mohamed Alì a bordo ring mostrarle i pugni come segno di incitamento a non mollare. A ridarle completamente forza fu vedere a fianco del campione i suoi genitori.
“Siamo fieri di te figliola.” disse la madre.
“Non ti arrendere mai.” disse il padre.
Kesi si alzò di scatto, lasciando gli spettatori e lo stesso Chad a bocca aperta. Si mise in guardia e fece cenno alla sua avversaria di farsi avanti. Lei si buttò alla carica, ma Kesi la schivò senza problemi, saltellando da una parte all’altra del ring. Vedendola muoversi in quel modo, Chad ebbe l’ impressione di rivedere Alì all’opera. Dopo altri due round l’avversaria cominciò a dare segni di stanchezza e fu allora che Kesi partì all’assalto con raffiche di pugni così veloci e potenti che sembrava non aver incassato alcun colpo per tutto l’incontro. Alla fine l’avversaria finì al tappeto e, dopo che l’arbitro ebbe terminato il conteggio, una nuova campionessa venne proclamata. Kesi continuò a combattere per molti anni e divenne famosa in tutto il mondo. Oltre a questo, la campionessa fondò una sua associazione per aiutare coloro che erano in difficoltà, a qualunque razza appartenessero. Alla fine si unì in matrimonio, pensate un po’, con un ragazzo bianco ed ebbe una bellissima famiglia con cui condividere moltissimi momenti felici.

FINE … non ancora.

Nella sua palestra Chad appese accanto alla foto di Alì una di Kesi.
“È propria una persona di cui essere fieri.” disse tra sé.
Fu allora che Chad ebbe l’impressione che il campione gli avesse fatto l’occhiolino dalla foto. Scosse la testa pensando di esserselo immaginato e se andò.
“Hai ragione: c’è proprio da essere fieri di lei.” disse Alì.