Paola Dondona - Racconti

NEL CUORE DI TENEBRA DEGLI OLOCAUSTI

“Sterminate quelle bestie” di Sven Lindqvist, edizione Ponte alle Grazie € 13,43 anno 2000
“Olocausto americano” di David E. Standard edizione BollatiBoringhieri € 38,73 anno 2001

Per capire l’oggi, è sempre più necessario leggere l’ieri e scavare dietro alla facciata storica per ricavarne le tracce profonde che ci portiamo addosso. Il libro di S. Lindqvist è una prima requisitoria sul concetto di genocidio-olocausto, profondamente diverso per approccio dal secondo, dedicato all’Olocausto americano e poi ad un’indagine più propriamente filosofica del fenomeno genocidario. Lindqvist è uno scrittore particolare, difficile da inserire in un filone, forse accostabile per nomadismo a Chatwin e per riflessione a Terzani. Seguendo il cuore nero di Conrad per le inestricabili selve dell’Africa, ci conduce lucidamente per mano a vedere “quello che sappiamo già” e di cui non vogliamo tener conto: il massacro compiuto dagli europei in Africa, contr’altare dell’estinzione di massa causata nel continente americano, da spagnoli e portoghesi al sud, ed inglesi al nord, di cui parla Stannard. Alla base di entrambi gli stermini – e non solo evidentemente di questi due, anche se forse i più massicci ed apocalittici stermini di massa causati volontariamente dagli europei – c’è il non riconoscimento dell’altro, dell’essere umano che per poter essere trucidato viene prima degradato a rango animale: ne è segno la terminologia usata: lo “schiacciare pidocchi”, già all’epoca dello sterminio indiano, termine poi ripreso da Hitler ed adattato agli ebrei. Quando il “diverso da sé” non è riconosciuto come umano, scatta la possibilità di annientarlo senza doverne rispondere ad alcuna coscienza, così come si presume possa essere facile e soprattutto lecito uccidere un animale, magari anche in nome di un dio che non accetta a suo volta diversi da sé, cioè non propri adepti. Illuminante in proposito, nel volume di Standard la parte concernente le missioni prima gesuite e poi francescane in america, dove i nativi, trattati come schiavi, venivano “cristianizzati” prima di essere lasciati morire di fame, stenti, malattie, fatiche inumane, ecc.
A proposito della liceità di uccidere gli esseri viventi presumibilmente più in basso di noi in un fantomatica scala progressiva di intelligenza, mi vengono in mente due accenni: uno è sempre quello che fa riferimento e parte dalla millenari visione europea antropocentrica da cui non sembra ci si riesca proprio a liberare, l’altro è un accenno, molto più moderno, al rivendicare i diritti degli animali, in quanto esseri a loro volta senzienti, capaci di soffrire anche se non nello stesso nostro modo, che è alla base di diverse impostazioni di vegetarianesimo, che possono sembrare eccessive ma sulle quali forse sarebbe ora di cominciare a riflettere seriamente. Dall’atto dell’uccidere un animale, forse ora ne discende qualcosa di profondamente diverso dall’averne una necessità improrogabile per la propria sopravvivenza, un valore simbolico che si propaga alla nostra concezione in qualche modo di “potere” assoluto sul vivente, con le conseguenze più imprevedibili anche nei campi più disparati (genetica, biologia, manipolazione del vivente a fini apparentemente terapeutici o più smaccatamente economici come con l’ingegneria generica e lo sfruttamento commerciale degli OGM).
Nel testo di Stannart viene poi messo il dito su alcuni meccanismi che stanno alle spalle dell’ideologia legata allo sterminio, in particolare si accenna al fattore religioso collegato alla visione cristiana dell’altro come portatore di un corpo impuro, in quanto selvaggio e senza dio, senza regole. Idea a sua volta di diretta discendenza da una dicotomia fra corpo e anima, che risale alle origini del cristianesimo non solo medievale, in cui il corpo è quanto il simbolo di ciò che deve essere contrastato, represso, in quanto fonte di peccato. Nel libro di Lindqvist non viene messo l’accento su questi aspetti, essendo l’autore uno scrittore più che uno studioso, ma lo sguardo che percorre e penetra la tematica non è meno amaro, in quanto gli elementi che abbiamo a disposizione per riconoscere la verità e la responsabilità delle cause storiche dei vari stermini perpetrati dagli europei, ci dovrebbero essere in realtà più che note, ma sono volutamente o incosciamente disconosciute, tanto da fargli chiudere il libro con la seguente frase: “Ovunque nel mondo esista una conoscenza profondamente repressa che, se fosse resa manifesta manderebbe in frantumi la nostra immagine del mondo e ci costringerebbe a interrogarci, ecco, è lì che si svolge Cuore di tenebra. Tu lo sai. E anch’io. Non è la conoscenza dei fatti che ci manca. Quello che manca è il coraggio di comprendere ciò che sappiamo e trarne le conclusioni.”
( recensione pubblicata sul settimanale “L’Eco delle Valli Valdesi” nel 2002)