Paola Fasoglio - Poesie

O vecchio tu che mi stai vicino dimmi ti prego raccontami la tua giovinezza, tienimi ancora sul tuo petto nutriscimi dei tuoi racconti sei una fonte di saggezza non tenertela tutta per te. Sono cresciuta sono divenuta grande ma non per questo non ho più bisogno di te: non te ne andare, è ancora presto non avere fretta voglio ancora sentire le tue ruvide mani sulle mie. Voglio passeggiare ancora con te sentire le novelle che sempre mi hai raccontato: perché? Perché te ne vuoi andare? Aspettami voglio venire con te: no, non posso, te ne stai andando ti stai spegnendo o vecchio, vecchio bugiardo! Ti avevo creduto e ora sono rimasta senza di te.


Scrivo a lui, scrivo al mio papà che ora se n’è andato e più non tornerà. Scrivo a te o piccolo grande re non so se si o no ti rammenti di me, io si ti ricordo ancora e mi sembra di tornare la bambina di allora. La bimba che era lì pronta ad aspettare che la venissi a prendere che gli insegnassi a sognare la terra era il cielo e il cielo era il mare e tu mi stavi ad insegnare che la vita è solo un e che di papà ce n’è uno, uno, uno solo. E penso sempre alle passeggiate le strade con te erano fatate, eri il mio idolo eri il mio amore e queste parole che vengono dal cuore lascio che le raccolga il vento tu starai con me, io starò con te e in questo piccolo momento il mio cuore resterà contento.


 

Melodioso e semplice sale dall’anima un canto pieno d’amore, un canto gioioso pieno d’armonia e rimango in silenzio ad ascoltare questa dolcezza che mi riempie il cuore e cresce sempre più. E’ una preghiera senza mai fine che mi brucia dentro che mi trasporta con grande forza: Canta, canta o anima mia riempi il mio cuore di gioia e amore, il mio sguardo della tua luce e il mio viso di gioia e allegria. Ti chiedo queste cose per saperle poi donarle a chi non sa più ridere e gioire della vita, a chi non ha più speranza a chi non sa più sognare, a chi non ha più vita da vivere e ha bisogno di sentirsi amare: aiutami anima mia, aiutami oggi e l’indomani ancora a non essere egoista a sapere dare restami vicina e non mi abbandonare.


 

Giorno grigio, giorno triste e infelice in cui i tuoi ricordi volano in cerca di un perché, e le immagini scorrono senza più un controllo in giorni più felici di sole e di colore. In cui chi ti amava era li accanto a te, e tu eri felice e non spiegavi il perché in questo giorno loro insieme ad altri erano tristi: ma perché? Per te quel giorno era un giorno come tanti e non capivi quel languore che ti cresceva nel cuore. Ora si tu sai capire perché hai perso chi ti amava e in ricordo del loro amore tu gli porti un fiore e accanto a loro c’è una tomba fredda e triste, una tomba grigia senza neanche un fiore, senza più ricordi senza un perché; tu la guardi triste e sconsolata quella tomba non ha nessuno che gli dia un fiore, che gli dia un gesto d’amore. Giorno triste, giorno infelice in cui una tomba non ha un perché e ti chiedi in questo giorno se toccherà a te, e pensi agli amici: gli  amici si fidati, agli amori conosciuto e che hai lasciato. I pensieri brutti corrono veloce lasciandoti un nodo stretto alla gola, ma poi svaniscono velocemente lasciando il posto alla speranza che a te non toccherà. Ma intanto in questo giorno triste pieno di oscurità c’è li una tomba, proprio una tomba senza alcun perché.


 

In questa notte in cui mi è difficile il dormire son qui desta ad ascoltare i suoni che attenuati paiono in sordina, un’aria lieve sfiora foglie e rami facendoli cantare e s’ode da lontano la regina dell’oscurità gridare quasi rivendicasse il suo regno. Taci o civetta che non son qui per spodestarti, ma a pregare il dio del sonno di guardar nel suo sacchetto e se fosse rimasta della sua polve magica di versarmene un poca, che la prima spolverata ai miei occhi non è bastata e se può oltre a questo regalarmi un sogno bello così che il giorno dopo mi senta riposata e serena. Ma questa preghiera che ogni notte levo al suo orecchio sembra egli non potermi esaudire ed inizio a pensare che il suo sacchetto è assai piccino e rimane vuoto, si ché mi ritrovo soltanto a sonnecchiare e di cotesto mi debbo contentare.


Osservo nel buio della notte le stelle in cerca della mia ma in mezzo a mille essa si nasconde, allor per nome mi provo a chiamarla ma lo spazio che ci separa è vasto e il mio chiamare si perde ed essa non arriva. Mi divido il cielo in piccoli quadretti: cred’io di riuscir sì di ritrovarla, ma i quadretti si confondono ed in più i mille puntini scintillanti sembran mettersi a ballare: si forman i ballerini con le loro dame e più l’orchestra. Sbatto l’occhi per cancellar l’illusione ma in paga altri ballerini si uniscono a questa danza, finché una regina passa in mezzo tutta scintillante e tutto cancella all’istante.


In mezzo ad altri colli il mio paese sta, s’arranca sopra ad uno che fra tutti è il più alto così vien chiamato la riviera del monferrato. Sopra ad esso una regina lo sovrasta e lo domina, qualche casa cerca di spodestarla ma essa non si scompone pur la chiesa cerca farle concorrenza ma tocca pure a lei farle la riverenza. Cocconato ha nome il mio paesello ed oltre a questo ha di bello che se lo guardi da lontano sembra sorriderti fraterno, sol la torre sovrana avvolta nel suo scialle di bosco non sorride: ma lei è la regina e da monarca quale è sta tutta impettita e la gente sa che molte arie si da.


Che hai tra le mani e chi sei tu? Son la primavera e porto i primi tepori, gli alberi in fiore ed i primi amori. Che hai tra le mani e chi sei tu? Son l’estate porto il sol leone, frutti dolci e succosi e ogni tanto un’acquazzone. Che hai tra le mani e chi sei tu? Son l’autunno e porto l’uva matura con cui si fa il vino, tingo gli alberi con la mia tavolozza di giallo e arancione perché sono un poco burlone. Che hai tra le mani e chi sei tu? Son l’inverno e porto il bianco freddo della neve, le nebbie con la foschia e con me l’anno mi porto via. Allor voi siete le quattro stagioni aspettate e questo è quello che voi portate, si siamo quelle e siam sorelle figlie di quest’anno e dei prossimi a venire noi non abbiamo né oggi né domani noi siamo ed ora ti lasciamo che non ci puoi fermare abbiamo il nostro bel da fare. Arrivederci sorelle care,non vi disturbo più, tornate pure a lavorare ero solo un pò curiosa ed ora che so più non vi disturberò.


Numeri in sequenza non più un’identità, né nome né cognome numero sei tu: come animale trattato sgobbi dal mattino alla sera con la speranza d’esser un giorno liberato. Quella speranza ti fa andare avanti, anche se molti come te son spariti da un giorno all’altro non sai dove e non sai se torneranno: tu tiri la cinghia un buco dopo l’altro che chi ti tiene poco ti nutre, anzi lascia che il tuo corpo si consumi. E quando tu uomo come loro non hai più forze da donare ti sostan insieme ad altri sotto una fasulla doccia: non acqua scenderà ed il gas la tua vita finirà. Ora cenere nel vento sei ed è così che ritrovi la tua libertà.


Dimmi tu che cosa provi ora che sei dietro quelle sbarre, dimmi se pensi alle vite che hai stroncato, agli innocenti che hai ucciso:dimmelo o assassino. Ora che stai andando verso quella sedia che ti toglierà la vita dimmi che cosa provi a esser dall’altra parte, a esser tu quello che dovrà esser ucciso. Dimmi se ti rimorde la coscienza, se dormi bene o se incubi neri ti perseguitano e le grida delle persone che hai soppresso echeggiano nelle tue orecchie, dimmi tu persona senza sentimenti se hai trovato il cuore ora che sei vicino alla tua morte, ora che con una scossa la tua vita sta per finire e un prete accanto a te ti da la benedizione. Dimmi se hai confessato i tuoi delitti, dimmi se credi che lassù ci sia un Dio o se credi di aver ucciso anch’egli: dimmi….. Con un sogghigno guardi quella persona vestita di nero come per prenderla in giro, non credi a nulla: padrone delle vite degli altri ora qualcun altro è diventato padrone della tua e legato in quella sedia dimmi a cosa pensi. Assassino: tu non pensi a niente, non hai rimorsi, non hai una coscienza si, è così non hai solo assassinato gli altri, hai anche assassinato te stesso e se è anche qualcun altro a tirar giù la leva tu sei già morto da anni: ridi in faccia al tuo giustiziere perché non è lui che ti sta uccidendo no, tu ti senti già morto. Perché morto tu sei la prima volta che hai sparato, morto tu sei la seconda volta che hai accoltellato, il sangue che hai nei tuoi occhi ha accecato la tua mente e non sei più niente e sorridi e sorridendo prendendo in giro la morte muori. Nessuno verserà una lacrima sulla tua tomba che misera e vuota resterà per sempre, non un fiore o un ricordo buono ci sarà per te… Tanto: a te che te ne frega! Non ti interessa, assassino ora muori assassinato da qualcun altro: misero destino di una misera vita.