Paolo Callisto - Poesie

*

Specchio del tempo

 

E tu, frammento

di specchio

a cui affido il mio

fantasma, seduto

sull’orlo del mondo,

affidando lo sguardo

alle luci dell’alba

dimentica il finto sorriso

raffreddato dal tempo

e dalla notte.

Pietà di me,

e mea culpa al sol levante,

ultimo, reietto figlio

dell’immaginazione

e del sentimento del tempo,

logora sfinge che sabbia

carezza e consuma,

soffiata dai venti del Nord

di gelide passioni.

Arancio e azzurro

colorano i pensieri

sopravvissuti alle tenebre:

croce e delizia,

inferno in cui amo

rifugiarmi.


 

*

Occhio Bruno

 

Sei un folle,

uomo,

se per strada cerchi

lo sguardo

del passante.

Rifuggono i tuoi

occhi, infastiditi,

turbati, feriti

da tanta insolenza.

Tu li trafiggi, e

loro, nudi, si riparano in

parole vuote,

risi rubati,

emozioni veloci

e baci mai dati.

                (… o dati, ma

                   avventati.)

Brucia lo sguardo

sul rogo, avvolto

dal nero cappuccio,

circondato da un

campo di fiori.

Fiori

si riflettono

su lenti specchiate

che restituiscono a te,

esploratore di

occhi mai visti, la tua

 

 solitudine.


 

*

Ho sbagliato più di te

                                              A N.

 

Mi vedi perso,

per strada,

immerso in fiumi

di contrada.

Mi vedi nero,

nel mio abito lungo,

quasi fuggissi la luce

nelle ombre

dei vicoli.

Mi vedi consumato,

polvere di strade

e di tempo riempie

ferite incise

sul volto dal fato.

Mi vedi chiuso,

libero in me

e in queste rime,

girare il mondo

e i pollici aspettando

l’alba.

Non per questo

timore apparente

sono diverso da

te.

Se assaporo il

tempo, e il mio

sorriso la notte

si spegne, è perché

ho sbagliato,

ho sbagliato più di te.


*

Canto Pisano

 

Odo ancora il grido

e la mano cieca sul

ferro della porta infame.

Di quel giorno del buio,

strepitìo di rapimento

e di lupi inseguiti, ricordo

cavalli sacri insigniti di

croci, e folle in festa

per la mattanza politica.

Nel mio gelo di dura pietra,

granito rigato da venature

di pianti invisibili, parole

incise soltanto nel solco

della storia, della carta,

e nel legno graffiato da

unghie cieche.

Reggo la torre d’avorio

e il suo mito, come

un turista nel prato

che attaccherà la sua

foto su qualche squallido

muro pubblico di social network.

E non esiste giustizia

divina, solo tanto ghiaccio

delle emozioni umane,

e compianto di due viaggiatori

che assistono alla reliquia

di un mito come un figlio

mai conosciuto davanti al

suo più vicino caduto di

guerra. Sarà nel gelo

che troverò la mia pace,

quando sarò stanco di

aprire la mia bocca per

la poesia,

mio fiero pasto.


*

Cinque Minuti

 

Lasciami cinque minuti,

Mondo,

per guardare le stelle,

per abbracciare questa

pietra calda e salata

del sole marino,

cinque minuti per piangere,

e rendere di nuovo le lacrime

onore in questo mondo

ieratico,

ascoltare il vento caldo

sui miei segni

di un volto stanco

e meridionale.

Cinque minuti, per

sentire un’ultima volta

racconti e motti di spirito,

frammenti di vita

vissuta.

Cinque minuti, passati,

evaporando nell’aroma

dell’ultima tazza di caffè,

mi accompagnano

alla porta:

“tolgo il disturbo”.


*

Contrabbandieri di idee

 

Fermi alla dogana

della stazione

        [ragione]

contrabbandieri di idee

e libri nascosti

fra stracci.


*

La stanchezza di Dio

 

Non è morte

colonna d’Ercole esistenziale

che spaventa i naviganti.

La meta in fondo

è adrenalina,

piacere del cattivo

e del lieto fine.

La stanchezza e

il biancore dell’eremo

raggiunto con anni

di viaggi, è pacata

soddisfazione dei sensi.

Nessuno deve essere

più stanco di Dio,

costretto al suo giogo

di immortalità:

poca ebbrezza risiede

in un eterno presente.


*

Non è tutto verso

 

Crono cancella

tormentato

da sensi di colpa

versi-figli dal

suo spoglio taccuino.

Righe di sangue

su inchiostro sprecato

figli legittimi

e mai amati

scompaiono dagli

annali della poesia.

Non è tutto verso

quel che luccica,

né tantomeno sarà

una lingua arcana

di élites illuminate

ad incidere le sue

scontate/scontrose

parole sulla carta

e sulle corone

di alloro.


*

Bar di notte

 

Un Jolly Roger

e assordanti

profondità lacerate

da caldo di locali

notturni, e passanti

bendati contro gelo

e illusioni.

Nei fumi dell’alcol

grida il rosso

e il verde delle più

terribili emozioni

umane.


*

Noli me tangere

 

Getta via questi stracci,

sotto cui nascondi i tuoi

vuoti di carne e di spirito.

Gettali via nell’armadio,

fai felici i tuoi scheletri,

è passato tanto tempo

dall’ultimo fuoco acceso

fra queste mura.

Quando sarai nudo,

puro come un neonato,

siediti al tuo scrittoio

e ascolta:

canzoni di televisori

lontani, lamenti di

risate ipocrite,

odori di cucina

morta in piatti vuoti

e senza eleganza.

Sfiora con la guancia

il foglio, seguendo con

gli occhi il flusso del mondo

immortalato su povera carta:

disturbata per poco,

meri ritratti di vita urbana

e versi che non volevi scrivere.

Ormai dormi su frasi

e pensieri interrotti,

troppa stanchezza in queste mani

e in presenze indesiderate.

Noli me tangere,

tempus edax rerum.