*
Specchio del tempo
E tu, frammento
di specchio
a cui affido il mio
fantasma, seduto
sull’orlo del mondo,
affidando lo sguardo
alle luci dell’alba
dimentica il finto sorriso
raffreddato dal tempo
e dalla notte.
Pietà di me,
e mea culpa al sol levante,
ultimo, reietto figlio
dell’immaginazione
e del sentimento del tempo,
logora sfinge che sabbia
carezza e consuma,
soffiata dai venti del Nord
di gelide passioni.
Arancio e azzurro
colorano i pensieri
sopravvissuti alle tenebre:
croce e delizia,
inferno in cui amo
rifugiarmi.
*
Occhio Bruno
Sei un folle,
uomo,
se per strada cerchi
lo sguardo
del passante.
Rifuggono i tuoi
occhi, infastiditi,
turbati, feriti
da tanta insolenza.
Tu li trafiggi, e
loro, nudi, si riparano in
parole vuote,
risi rubati,
emozioni veloci
e baci mai dati.
(… o dati, ma
avventati.)
Brucia lo sguardo
sul rogo, avvolto
dal nero cappuccio,
circondato da un
campo di fiori.
Fiori
si riflettono
su lenti specchiate
che restituiscono a te,
esploratore di
occhi mai visti, la tua
solitudine.
*
Ho sbagliato più di te
A N.
Mi vedi perso,
per strada,
immerso in fiumi
di contrada.
Mi vedi nero,
nel mio abito lungo,
quasi fuggissi la luce
nelle ombre
dei vicoli.
Mi vedi consumato,
polvere di strade
e di tempo riempie
ferite incise
sul volto dal fato.
Mi vedi chiuso,
libero in me
e in queste rime,
girare il mondo
e i pollici aspettando
l’alba.
Non per questo
timore apparente
sono diverso da
te.
Se assaporo il
tempo, e il mio
sorriso la notte
si spegne, è perché
ho sbagliato,
ho sbagliato più di te.
*
Canto Pisano
Odo ancora il grido
e la mano cieca sul
ferro della porta infame.
Di quel giorno del buio,
strepitìo di rapimento
e di lupi inseguiti, ricordo
cavalli sacri insigniti di
croci, e folle in festa
per la mattanza politica.
Nel mio gelo di dura pietra,
granito rigato da venature
di pianti invisibili, parole
incise soltanto nel solco
della storia, della carta,
e nel legno graffiato da
unghie cieche.
Reggo la torre d’avorio
e il suo mito, come
un turista nel prato
che attaccherà la sua
foto su qualche squallido
muro pubblico di social network.
E non esiste giustizia
divina, solo tanto ghiaccio
delle emozioni umane,
e compianto di due viaggiatori
che assistono alla reliquia
di un mito come un figlio
mai conosciuto davanti al
suo più vicino caduto di
guerra. Sarà nel gelo
che troverò la mia pace,
quando sarò stanco di
aprire la mia bocca per
la poesia,
mio fiero pasto.
*
Cinque Minuti
Lasciami cinque minuti,
Mondo,
per guardare le stelle,
per abbracciare questa
pietra calda e salata
del sole marino,
cinque minuti per piangere,
e rendere di nuovo le lacrime
onore in questo mondo
ieratico,
ascoltare il vento caldo
sui miei segni
di un volto stanco
e meridionale.
Cinque minuti, per
sentire un’ultima volta
racconti e motti di spirito,
frammenti di vita
vissuta.
Cinque minuti, passati,
evaporando nell’aroma
dell’ultima tazza di caffè,
mi accompagnano
alla porta:
“tolgo il disturbo”.
*
Contrabbandieri di idee
Fermi alla dogana
della stazione
[ragione]
contrabbandieri di idee
e libri nascosti
fra stracci.
*
La stanchezza di Dio
Non è morte
colonna d’Ercole esistenziale
che spaventa i naviganti.
La meta in fondo
è adrenalina,
piacere del cattivo
e del lieto fine.
La stanchezza e
il biancore dell’eremo
raggiunto con anni
di viaggi, è pacata
soddisfazione dei sensi.
Nessuno deve essere
più stanco di Dio,
costretto al suo giogo
di immortalità:
poca ebbrezza risiede
in un eterno presente.
*
Non è tutto verso
Crono cancella
tormentato
da sensi di colpa
versi-figli dal
suo spoglio taccuino.
Righe di sangue
su inchiostro sprecato
figli legittimi
e mai amati
scompaiono dagli
annali della poesia.
Non è tutto verso
quel che luccica,
né tantomeno sarà
una lingua arcana
di élites illuminate
ad incidere le sue
scontate/scontrose
parole sulla carta
e sulle corone
di alloro.
*
Bar di notte
Un Jolly Roger
e assordanti
profondità lacerate
da caldo di locali
notturni, e passanti
bendati contro gelo
e illusioni.
Nei fumi dell’alcol
grida il rosso
e il verde delle più
terribili emozioni
umane.
*
Noli me tangere
Getta via questi stracci,
sotto cui nascondi i tuoi
vuoti di carne e di spirito.
Gettali via nell’armadio,
fai felici i tuoi scheletri,
è passato tanto tempo
dall’ultimo fuoco acceso
fra queste mura.
Quando sarai nudo,
puro come un neonato,
siediti al tuo scrittoio
e ascolta:
canzoni di televisori
lontani, lamenti di
risate ipocrite,
odori di cucina
morta in piatti vuoti
e senza eleganza.
Sfiora con la guancia
il foglio, seguendo con
gli occhi il flusso del mondo
immortalato su povera carta:
disturbata per poco,
meri ritratti di vita urbana
e versi che non volevi scrivere.
Ormai dormi su frasi
e pensieri interrotti,
troppa stanchezza in queste mani
e in presenze indesiderate.
Noli me tangere,
tempus edax rerum.