Paolo Cardillo - Poesie

BELVA FEROCE

 

Belva feroce, 

penetrata, di soppiatto nel mio corpo, 

ad abbrutir di sofferenza la mia vita.

Belva feroce,

mi hai fatto soffrire pene dell’inferno,

tra dolori e tormenti,

cantilene crepitanti di cicale,

e quiete avemarie di tramonti.  

Ora, 

vorrei vedere il cielo

sopra le nuvole, 

limpida tela su cui poter dipinger

la mia rabbia,

tra schizzi di colori tetri,

scagliati con veemenza qua e là,

solo inteneriti da tiepidi raggi del sole

che infilzano i ricordi 

a ridonarmi 

gli ultimi aneliti di vita. 

E tu , belva feroce, 

tutto mi hai portato via.


 

 

COSA SIAMO NOI?

 

Cosa siamo noi?.

Forse due granelli di sabbia, 

spazzati via dal vento?

Cosa siamo noi?,

forse due note di una canzone,

senza una musica

a infrangere il silenzio?.

Cosa siamo noi?.

Forse le parole del verso

dentro una strofa?.

No, 

noi siamo il vento,

noi siamo la musica,

noi siamo la poesia.


 

E’ NELLA NOTTE

 

E’ nella notte 

che si sprigionano i miei inconsci,

e cercano una matita ,

che li tenga vivi.

E’ nella notte

che mi si apre il cuore,

lasciando volar via le mie emozioni.

E’ nella notte 

che non trovo un foglio,

su cui poterli tutti imprigionare.

Poi viene il giorno,

li cerco ardentemente

nei miei sogni,

ma di essi,

è il sol rumore,

che riesco a ritrovare.


 

E’ QUEL CHE ACCADE

 

-E’ quel che accade,

quando nel turchese scarno dei tuoi occhi,

non mi emoziona più il mesto languore del tuo pianto. 

-E’ quel che accade ,

quando il tuo cuore diventa pietra e

piange solo lacrime di fango.

-E’ quel che accade,

quando, tra le mie braccia,

ora geme il canto del tuo corpo.

-E’ quel che accade,

quando, ferale, s’insinua il tarlo della sopportazione.

-E’ quel che accade,

quando le mie emozioni non scaldano più il tuo corpo,

quando non sento più la melodia di un canto,

quando nei tuoi lunghi capelli in balia al vento,

io, più non ne ascolto il magico fruscio. 

-E’ quel che accade,

quando esploro nel turbamento del tuo sguardo,

non più dolce complicità amorosa,

ma solo fastidio della mia vicinanza.

-E’ quel che accade ,

quando il mio ritrovarti non addolcisce più

l’amaro turbinio del tuo vissuto,

quando Il mio colore preferito ,

non è più il colore dei tuoi occhi.

Possa allora il mio orgoglio neve divenire, 

in modo che lo sciolga l’infierir del mio calore.

-E’ quel che accade,

 quando non ci si ama più,

quando un’emozione non è più un’emozione.

E allora amaro, ma forte, vien l’addio.


 

GRAZIE MAMMA

 

Sei li, adagiata, 

nella tua vita eterna,

avvolta in quel vestito scuro,

unico tuo brillante, di tanti eventi.

Ora, ti sono accanto,

ti guardo e mi intristisco nei ricordi.

Vedo un bimbo giocare,

sotto i tuoi occhi vigili,

mentre, a terra seduto,

insegue innocenti evasioni.

Un trenino che sbuffa

su invisibili e impervi binari,

paradiso di orizzonti lontani,

ove sogna arrivare.

Poi, pian pianino, da terra,

quel bimbo, in piedi si alza,

e la madre con quel solo vestito,

lo conduce per mano.

Il vestito era bello 

come gli occhi di chi lo indossava,

mentre il trenino , sbuffando pian piano 

in stazione arrivava.

Oggi quel bimbo , è un uomo importante,

e il sudore e le fatiche della madre

un poco ha scordato,

ma quel treno sbuffante , da te 

lo ha riportato

ad accarezzare quel solo vestito mai consumato.


 

INSIEME NEL TEMPO

 

Sono solo con te,

o mio tempo:

Scappi, inesorabile,

sopra un angusto tappeto di spine, 

avvolto in una nuvola sorniona, 

che si trasforma e si dissolve,

per poi ridarsi vita.

Passi, talora radioso,

a volte, osceno nella tua malinconia;

come un fiume amaro, scorri,

e trascini via i detriti  che ti porti dentro.

Ma sei il mio tempo;

sbarazzino mi coccoli,

mi invadi con le tue rughe amare,

placido o agitato, mi conduci a valle,

fin quando non ti fermo.

Si: ti fermo,

quando entri tu dentro il mio tempo, 

mio amore, quando un istante,

diviene un universo di secondi ,

quando le rughe amare,

diventano dolci rughe,

quando alla fine del percorso,

là dentro il mare,

il mio tempo e il tuo

lo avranno fatto assieme,

e i detriti, allora, saranno dolci detriti,

e tu non sarai stato vano.


MADRE BAMBINA

 

“Non so chi sei”,

 mamma violentata nella tua innocenza;

“Non so chi sei”, 

oh mamma disperata.

Pesano come macigni le tue lacrime,

mentre si perdono ai piedi di quel sagrato.

“Non so chi sei,

eppure mi hai tenuto dentro te,

avvolto nell’ovatta dei tuoi sogni.

“Non so chi sei”, 

oh mamma bambina,

che invece di giocare, 

hai dato vita ai miei bisogni.

“Non so chi sei”,

 oh mamma calpestata nel tuo onore, 

ma il tuo profumo,

io lo riconoscerei in un campo

saturo del profumo di mille fiori.

Sai: ho sentito il tuo pianto,

ho sofferto la tua angoscia,

ho percepito il mutamento del tuo corpo,

sono stato il solo a deflorare la tua innocenza,

quando mi hai partorito,

ho cercato di dirti che ci sarei stato io accanto a te,

ho bramato di poter vedere i tuoi occhi e il tuo sorriso,

ma ho solo percepito il tuo dolore

quando , avvolto tra mille copertine,

mi hai abbandonato accanto a quel portone del sagrato.

Oggi , so che sei morta in quel momento,

ma so anche che se mi stringessi ancora tra le braccia

ritorneremmo a vivere assieme. 

Sei sempre la mia mamma,

mamma disperata, mamma bambina,

mamma calpestata nel tuo onore.