Piermario Ramello - Poesie e Racconti

Il gatto Pop Corn

 

In una casa viveva, comodo  comodo , il gatto Pop Corn che invece di amare la carne era vegetariano e mangiava solo verdura.

In famiglia lo avevano preso perché cacciasse i topi che infestavano il granaio,  e poco serviva un gatto che adorava le verdure cotte o crude.

Non c’era nulla da fare . A Pop Corn i topi non andavano a genio e nulla servica che il padrone lo colpisse con la scopa per invogliarlo alla caccia.

 

Un giorno, mentre fingeva di dormire, udì il padrone di casa che riferiva alla moglie di quanto era stufo di un gatto debosciato e che prima o poi, lo avrebbe portato a perdere nel bosco vicino.

 

Spaventato dalla notizia ,si precipitò dal gatto Soriano Ginolfo, famoso tra i felini per essere in grado di risolvere i problemi  che potevano succedere ai mici, piccoli o grandi.

 

Pop Corn andò nel suo studio, mettendosi in attesa del proprio turno.

In quella occasione conobbe Anacleto il gatto senza coda, Primino il gatto senza baffi, Clotildo il gatto senza un occhio, Romualdo il gatto senza un pelo, Serpico il gatto senza denti, Smanioso il gatto che non sapeva miagolare.

Dopo lunga attesa toccò il suo turno . Entrò e fu fatto sdraiare su un lettino ed invitato da Ginolfo a spiegare il proprio problema.

Ginolfo ascoltava e prendeva appunti su un quaderno.

Quando ebbe finito di raccontare, Pop Corn era curioso di sapere il responso, nella speranza che Ginolfo potesse guarirlo dalla strana malattia che lo aveva colpito.

Ginolfo ci pensò su e poi disse:

“il tuo è un problema di testa. Ti ricordi per caso il muso dll mamma?”

Pop Corn rispose che la mamma non l’aveva mai conosciuta e che non si ricordav nemmeno chi lo avesse allevato.

A lui pareva di essere da sempre stato nella casa in cui abitava .Da sempre non esisteva memoria diversa.

Ginolfo prese il telefono e fece una serie di misteriose chiamate e dopo un paio d’ore  comunicò a Pop Corn con voce miagolante . “ Miao-Miao.. scoperto ho la tua magagna .Nato sei tu in campagna. Abbandonato sotto una catasta di legno. Mamma Topina ti salvò e il suo latte ti donò” Miao Miao—–

“E’ per questo che non puoi cacciare i topini, perché nel profondo del tuo cuore ti senti topo anche tu.”

Che sorpresa per Pop Corn: ecco perché provava simpatia per i topini e non gli garbava di mangiarli. Era topo pure lui.

Ritornò a casa e decise di andarsene via. Voleva raggiungere Topolandia, la città dei topi, e sistemarsi da loro. Così fece.

 

Ma che pasticcio si verificò non appena arrivò a Topolandia.

Tutti i topini si misero a fuggire terrorizzati nel  vedere un gattone così grosso nella loro città.

Pop Corn aveva un bel da fare a spiegare chi era e ch non avrebbe fatto del male a nessuno di loro.

Nel bel mezzo del parapiglia si presentò una vecchia topina con gli occhiali che ben presto riconobbe il gatto a cui aveva fatto da balia.

Si abbracciarono forte forte. Furono baci e furono carezze, con tante lacrime.

Gli altri topi,vista la scena, smisero di correre e fuggire e si radunarono intorno a quello strano abbraccio tra una vecchia topina ed u n grosso micione.

Ascoltarono tutti la storia di Pop corn e tutti insieme dcisero che il gattone poteva vivere in pace con loro.

Pop Corn visse felice e contento, mangiava le sue verdure e  nessuno poteva più obbligarlo a cacciare i topi.


GHIAIA un cane speciale.

 

Vignetta era un bambino vivace che viveva con mamma e papà in una bella casa.

Era sereno,circondato dall’amore dei propri genitori e dei nonni.

Aveva la cameretta piena di giochi e libri e giornaletti ma nonostante tutto soffriva di solitudine.

Avrebbe avuto piacere di avere un fratellino o una sorellina, ma mamma aveva fatto sapere che la cicogna si era persa il loro indirizzo e che quindi nessun altro bambino l’avrebbe raggiunto.

Le giornate passavano nella noia e nella tristezza.

Mamma e papà ebbero una idea:” Vignetta, cosa ne diresti se adottassimo un cane?”

Vignetta si dimostrò entusiasta della proposta e quella notte andò a dormire con il cuore pieno di gioia.

Il mattino dopo, insieme a papà, si recarono al canile municipale.

Appena arrivati Vignetta trovò davanti a se una scena inaspettata: tantissime gabbie nelle quali erano rinchiusi cani di ogni dimensione. Le povere bestiole si davano un gran da fare per attirare l’attenzione di Vignetta.

La scelta si rivelava difficile perché tutti i cani sembravano bellissimi.

Vignetta trovò una gabbia che sembrava vuota e incuriosito si avvicinò.

Non era vuota ma, in un angolo buio vide uno scricciolo di cane, mogio-mogio. Neanche abbaiava.

Si fece aprire dal guardiano del canile ed entrò dentro. Si avvicinò alla bestiola, che timidissimo stava nascosta.

“questo nessuno lo vuole” disse il guardiano.

“è almeno 5 anni che è qui dentro e nessuno lo ha mai voluto adottare”sentenziò l’uomo.

Vignetta lo guardò incuriosito. Il guardiano continuò:” nessuno lo vuole perché ha solo tre zampe. Una l’ha persa sotto un’auto.”

“ormai è un cane rassegnato – continuò – non si fa neppure più vedere.”

Vignetta guardò il papà e disse : “voglio questo, solo questo”. E lo prese in braccio.

Papà non disse nulla ed accontentò  il figliolo.

Vignetta mise un guinzaglio al cagnolino e lo fece uscire dalla gabbia.

Pur zoppicando il cane seguì Vignetta, anche se teneva la coda molto bassa e la timidezza  sembrava cresciuta.

Appena in auto Vignetta prese in braccio il cane e lo strinse in un abbraccio tenerissimo.

Il cagnolino si tranquillizzò e si mise a leccare la mano ed il viso di Vignetta dimostrando così la propria gratitudine.

Bisognava dare subito un nome, ricordò il papà.

E vignetta, sentendo il rumore delle ruote sulla terra battuta del canile, disse:

“GHIAIA, lo chiameremo Ghiaia”

Da quel giorno Ghiaia e Vignetta diventarono amici inseparabili. Nonostante avesse solo tre zampe Ghiaia era bravissimo a correre e saltare. Al mattino accompagnava Vignetta a scuola ed al pomeriggio correva a riprenderlo all’uscita.

Crebbero insieme felici e contenti.


La gallina Coccavilla

 

C’era una volta, in una fattoria lontana, lontana,un pollaio.

Il pollaio era grande e ci abitavano moltissime galline.

Il re del pollaio era un gallo enorme che di nome faceva:  ERCOLE.

Ercole, come tutti i Re si preoccupava del suo reame e delle sue galline.

Difendeva il pollaio da tutti i nemici: dalla volpe e dal lupo, in particolare, che avrebbero ben volentieri pasteggiato con petti di pollo alla piastra.

Le galline, d’altra parte, si davano molto da fare. Producevano un sacco di uova che facevano felice il contadino padrone della fattoria.

Tra le più brave c’era la gallina Coccavilla, che sfornava un numero doppio di uova ed erano anche le più grandi.

Il contadino non faceva altro che farle i complimenti e le aveva promesso che sarebbe stata l’ultima a finire in padella.

Coccavilla era anche la favorita del gallo Ercole che le riservava i chicchi di mais più grandi.

Tutte queste attenzioni attirarono su Coccavillale invidie e  gelosie dalle altre galline.

Tra queste la più inferocita era Lucrezia, una gallina con le piume tutte nere.

Non passava giorno che Lucrezia non facesse dispetti a Coccavilla.

Finché un giorno, al mattino presto, mentre tutti dormivano, Lucrezia sostituì le uova di Coccavilla con le proprie che erano molto più piccole.

E la cosa fu ripetuta per più giorni.

Il contadino, passando alla raccolta delle uova, si stupì della cosa.

Lucrezia faceva uova più grosse, mentre Coccavilla aveva uova sempre più piccole.

Gli episodi di sostituzione continuarono, con grande disperazione di Coccavilla   che non capiva cosa le stesse succedendo.

Oltretutto Coccavilla perse considerazione sia dal contadino che dal gallo Ercole che ormai avevano eletto Lucrezia regina del pollaio.

In aggiunta il contadino la minacciava di metterla in pentola se la cosa fosse continuata.

Sempre più spaventata , Coccavilla era disperata e piangeva sempre.

La sentì il gatto di casa, Leopoldo, che cercò di consolarla e volle sapere perché portava tante pene.

Coccavilla raccontò la sua disperazione e le sue ultime disgrazie.

Leopoldo da buon amico la consolò promettendole che le avrebbe dato una mano.

Leopoldo per prima cosa si nascose nel pollaio in paziente attesa.

Nel bel mezzo della notte Leopoldo sentì dei rumori e con grande sorpresa vide Lucrezia che si intrufolava.

Non solo, ma vide Lucrezia che armeggiava nel cestino di Coccavilla e che sostituiva le uova.

A quel punto Leopoldo capì tutto.

Il mattino seguente informò subito la gallina Coccavilla ed anche il gallo Ercole, raccontando cosa aveva visto e rimarcò il comportamento scorretto di Lucrezia.

La rabbia di Ercole e di Coccavilla scoppiò come una bomba, e la voglia di vendetta inondò l’animo di entrambi

Leopoldo, gatto molto saggio, sconsigliò ogni iniziativa presa in momenti di rabbia, ma di sapere aspettare il momento giusto, e che comunque lui aveva un piano ben preciso.

Consigliò a Coccavilla di sostituire le sue uova con delle pietre della stessa forma e di fare finta di covarle.

Così fece.

Nella notte, al buio, Lucrezia sostituì nuovamente le uova, non sapendo che aveva preso delle pietre.

L’indomani mattina il contadino rimase sorpreso nel trovare sotto la pancia di Lucrezia delle uova di pietra.

Chiamò subito la moglie e le ordinò di mettere sul fuoco la pentola che ben presto un ospite sarebbe arrivato.

Prese Lucrezia e, in men che non si dica , la trasformò in un arrosto per il pranzo.

Coccavilla riprese a far uova grosse e numerose per la soddisfazione del contadino e nessuno più la importunò.

Ercole era felice, Leopoldo ritornò a poltrire nella stalla e tutto ritornò tranquillo.

Morale: chi la fa l’aspetti.


LA storia degli   ORTAIOLI

 

C’era una volta, in un paese lontano un popolo di persone semplici che vivevano del lavoro della terra e dei prodotti che coltivavano.

Avevano orti bellissimi, con carote,patate,cavoli,pomodori,fagiolini, zucchine e tutto ciò che la natura riservava a loro.

Avevano una caratteristica: ogni abitante,piccolo o adulto, possedeva un secchiello ed un mestolo che conservavano gelosamente .

Infatti in quel paese esistevano due pozzi d’acqua purissima.

Uno, profondissimo da cui prendevano l’acqua per irrigare gli orti,l’altro più piccolo dove si dissetavano.

Avevano l’ordine di non sprecare assolutamente l’acqua per cui potevano fare rifornimento solo tre volte al giorno, utilizzando il secchiello ed il mestolo.

L’acqua era un tesoro ed andava preservata.

Gli Ortaioli sapevano che senza acqua sarebbe stata la fine del loro mondo.

 

Al margine del bosco viveva un orco  cattivissimo che si chiamava Petrolio.

Era arrabbiatissimo con tutti gli Ortaioli perché si erano rifiutati di vendere gli orti che lui voleva trasformare in tante piccole e grandi industrie che avrebbero gli avrebbe permesso di diventare l’orco l più ricco e potente di ogni regno.

Una notte,senza luna,buia buia, Petrolio si avvicinò ai pozzi e vi gettò dentro un liquido velenoso dalla formula che solo lui conosceva.

Tutta l’acqua divenne nera e densa,densa.

Il mattino dopo tutti gli ortaioli si presentarono al pozzo per avere la propria parte di acqua.

Ma con dolorosa sorpresa si accorsero che l’acqua non c’era più ed al suo posto c’era un liquido puzzolente.

Tutti, grandi e piccini si misero a piangere e disperarsi perché con una disgrazia tale  era certa la morte, o comunque occorreva allontanarsi da queste terre e cercare acqua da qualche altra parte.

Tra tutte le voci disperate si udì chiaramente una vocine.

Era quella di Pisellino  il bambino orfano del popolo degli Ortaioli.

Pisellino disse:

” smettete di piangere, amici miei, io conosco la fata Nuvolina che forse potrà aiutarci, lasciate che io le parli.”

 

Nuvolina abitava su una isola in mezzo al mare.

Pisellino si mise il costume da bagno , la cuffia in testa, gli occhialini e……paciuffete…. Con un tuffo      entrò in mare e si mise a nuotare leggero e veloce.

E nuotò tanto, tanto per più di 2 giorni.

Finalmente arrivò sull’isola, cercò Nuvolina, che fu felice e contenta di rivedere Pisellino.

Pisellino raccontò l’accaduto alla fatina e le chiese se poteva aiutare lui e tutto il suo popolo.

Nuvolina non ebbe dubbi :

”e’ stata sicuramente opera di Petrolio che è il re della cattiveria>”

“Non solo voglio aiutarti, ma voglio dare una lezione al briccone.”

Nuvolina si allontanò, raggiunse il suo castello, e ritornò con dei palloncini gonfiabili.

Legati ad uno spago c’erano tre palloncini di colore azzurro.

All’altro spago vi erano legati tre palloncini neri.

Consegnò tutto a Pisellino e gli disse:

“torna dai tuoi amici ed appendi i palloncini azzurri in mezzo alla piazza del paese.”

“Poi prendi quelli neri e legali al camino della casa di Petrolio”.

Poi, Nuvolina, chiamò il suo amico Tonno e gli chiese il favore di trasportare a casa Pisellino.

Pisellino salì comodo sulla schiena dell’enorme tonno ed in men che non si dica raggiunse il paese da cui era partito.

Seguendo il consiglio di Nuvolina appese ad un palo in mezzo alla piazza del paese i palloncini azzurri, mentre, piano piano, senza farsi vedere né sentire, legò i palloncini neri al camino di casa Petrolio.

Dopo un po’ di tempo, con enorme stupore di tutti gli ortaioli, i palloncini azzurri si trasformarono in piccole nuvole chiare che si alzarono in cielo e si trasformarono in  una pioggia dall’acqua purissima , che man mano sostituì l’acqua nera,ritornando acqua nuovamente potabile.

Nel medesimo istante sulla casa di Petrolio i palloncini si trasformarono in nuvoloni terribili carichi di fulmini e saette, con tuoni terribili, e  con una pioggia fredda e sporca che si rovesciò in casa di Petrolio.

Non solo, ma una serie di fulmini bruciarono il sedere di Petrolio con grande dolore.

Da quel giorno Petrolio non fu più visto in paese e il popolo degli Ortaioli vissero felici e contenti.

Bevevano acqua purissima e mangiavano verdura così buona che pareva venisse dal Paradiso


LA PICCOLA FOGLIA

 

IL VENTO SOFFIAVA FORTE QUEL GIORNO.

La povera foglia resisteva attaccata al ramo del possente albero.

Non voleva mollare la presa.

L’albero era la sua vita, la sua famiglia.

Nonostante la sua ferrea volontà un colpo d’aria più potente degli altri, la staccò e la fece cadere ai piedi del tronco, dove già giacevano le sue sorelle.

Chiaramente rimanere per terra voleva dire morire sicuramente e la piccola foglia non voleva accettare la fine dei suoi giorni.

Allora chiese aiuto al vento.

Implorò di non lasciarla sola al suo triste destino.

Il vento ascoltò il grido di aiuto della piccola foglia, così impietosito, la consigliò:

“affidati a me e distendi ti a più non posso.”

 

La foglia si piegò, si allargò, trasformò i suoi lati in piccole ali.

A questo punto il vento soffiò verso di lei,delicatamente, e come per miracolo la piccola  foglia si mise a volare.

Che sensazione magnifica poter librare nel cielo azzurro , sempre più in alto.

Il vento soffiava di continuo e accompagnò la foglia sopra un campo di grano.

La nostra piccola foglia che aveva sempre vissuto attaccata all’albero, rimse stupita della bellezza del mondo sottostante.

Il giallo del grano era tutto puntinato da migliia di papaveri rossi che, alla luce del sole, abbagliavano così tanto da costringere la piccola foglia a chiudere gli occhi.

Dopo di che il vento cambiò direzione e spinse la foglia fin sopra il mare.

Che delizia, dall’alto si godeva uno spettacolo grandioso.

Il blu del mare era diamantino. Alte onde  increspavano il profilo dell’acqua con enormi schiume bianche. Decine di delfini, nei loro pazzi giochi, cavalcavano le acque disegnando splendidi cerchi.

SENZA FIATO LA PICCOLA FOGLIA NON SI ACCORSE CHE IL VENTO AVEVA Già CAMBIATO DIREZIONE

In men che non si dica si ritrovò ai piedi di maestose montagne. Cominciò a salire, sempre più in alto.

Scavalcò monti innevati ,nevi eterne,ghiacciai imponenti e trasparenti.

La piccola foglia voleva continuare in quel volo fantastico ma il vento le ricordò che il viaggio era al termine.

Delicatamente spinse le ali della foglia in modo che discendesse.

La riportò ai piedi del suo albero e il vento disse:

“cara amica il tuo destino era segnato dallo scorrere della natura.

Ti ho concesso un piccolo favore perché tu fossi felice ancora per un attimo, ma adesso ti devo lasciare.”

La piccola foglia si assopì sulle sorelle ai piedi dell’albero e con un sorriso si lasciò andare nelle braccia dell’eternità.


PIERINO IL BIMBO OBESO

 

C’ERA UNA VOLTA………

Una mamma molto preoccupata perché Pierino, il suo bambino,era troppo grassottello, faticava a fare tutto,non riusciva a giocare con i suoi coetanei, arrivava sempre ultimo e aveva un fiatone grosso come un temporale.

Nulla però lo distoglieva dall’aprire il frigorifero e mangiava…..e mangiava……

Il pasto  poteva essere dolce o salato , nulla gli dispiaceva.

Il cibo era diventato il suo amico più caro-

I giorni passavano e Pierino diventava sempre più grasso.

E più ingrassava e più aumentava la sua solitudine,non poteva giocare, e i suoi compagni di scuola lo evitavano e talvolta in malo modo, lo allontanavano dai giochi comuni.

La mamma decise di rivolgersi ad una vecchia maga guaritrice, conosciuta perché miracolata.

La maga le consigliò una erba miracolosa, capace di togliere ogni appetito e si trovava in cima al MONTE INFINITO.

La mamma si rese subito disponibile a partire verso il monte per trovare l’erba, ma la maga le spiegò che era impossibile.

Solo al bambino era concesso salire.

Il piccolo doveva recarsi di persona a raccogliere l’erba medicinale e di consumarla sul posto.

La mamma, impaurita, spiegò che il bambino da solo non ce l’avrebbe fatta , che con il peso raggiunto non poteva assolutamente sperare di fare delle salite.

La maga la tranquillizzò :  “ sarà sufficiente che lo convinci a fare piccoli tratti giorno dopo giorno, senza fretta , allungando di volta in volta i metri percorsi.”

 

La mamma così fece.

Il bambino, pungolato a dovere, pur con enorme fatica,  iniziò un giorno dopo l’altro a percorrere piccoli tratti di salita, allungando ogni volta la distanza.

Dopo sessanta giorni , quasi senza accorgersene , raggiunse la cima del MONTE INFINITO.

Con grande sorpresa il bimbo si accorse di essere dimagrito tantissimo e il suo corpo era ritornato sano e tonico.

In fondo l’erba magica non esisteva, ma lo stimolo di raggiungere un obiettivo aveva allontanato l’enorme pigrizia di Pierino che, muovendosi di continuo , si era trasformata in una salutare ginnastica . 

Inoltre l’impegno impiegato lo allontanava dal frigorifero che si trasformò in una scatole vuota, dove prima c’erano ogni ben di dio pronti ad essere mangiati.

Dopo la cura Pierino capì che doveva amare il proprio corpo evitando di riempirlo di zuccheri e grassi condensati in cibarie non del tutto salutari..

Inoltre imparò che il movimento era la giusta medicina per tenere i muscoli allenati oltre ad allontanare cattive abitudini.

La sua vita cambiò del tutto. Gli amici non lo evitavano più, giocavano con lui e Pierino ritrovò il sorriso.

Buon per ultimo, la compagna di classe del primo banco, quella con le trecce bionde, quella dagli occhioni grandi, quella che a lui piaceva tanto, adesso gli sorrideva.


Top out il topino che faceva scappare i gatti.



Top out era un piccolo topo che abitava in un grande granaio.
Viveva beato nella sua tana, molto comoda, con doppia entrata, tre stanze: una cucina grande, una camera da letto, ed un locale  ad uso dispensa.

Il cibo non mancava, c’era un silos di granoturco, uno di grano saraceno, uno di riso, uno di segale.
Alla sera, usciva tranquillo con la sua borsa della spesa e, tramite piccoli fori che aveva prodotto, provvedeva a procurarsi abbondanti scorte di prelibatezze.

Ma un giorno il padrone della fattoria, volle prendere un gatto.

Era un gatto enorme: con baffi lunghissimi, artigli che sembravano rasoi, una coda che assomigliava ad un manganello, aveva un occhio solo  e dei denti da leone.
Si chiamava  Sandogat.

Sandogat si mise al lavoro, sapeva che per guadagnare la zuppa del contadino, doveva fare la guardia ai silos, perché sapeva anche che dove c’è il grano ci sono sempre i topi.
E lui era goloso di topi.
Niente di meglio che un pranzo a base di topi e zuppa del contadino.

Si mise sdraiato davanti ai quattro silos
Facendo finta di dormire.

Provate ad immaginare lo spavento di top out quando si presentò per la sua spesa quotidiana e si trovò davanti quel mostro enorme di peli.

Gli venne un colpo. La testa prese a girare, un senso di nausea lo invase.

Sandogat era troppo grosso, pensò il topino, mai sarebbe riuscito a fuggire ai suoi artigli.
Bisognava studiare un piano diverso, usare il cervello là dove i muscoli mancano.

Gli venne in mente che conosceva Spusun, la sua amica puzzola, e pensò di andare a trovarla.

Spusun viveva si margini della foresta e viveva da sola, aveva pochi amici, stante il puzzo che emanava.
Top out era uno di questi, e fu felice di rivederlo.

Top out gli confido il suo problema e chiese se poteva aiutarlo.
Ben volentieri rispose Spusun, spiegasse solo come.

Top out chiese se poteva avere un po’ del suo fetido profumo, facendo pipì in una bottiglia che si era portato dietro.

Spusun, in men che non si dica, riempi la bottiglia di pipì che puzzava come mille piedi da lavare.

Top out, con il suo prezioso liquido torno a casa.

Alla sera, dovendo andare a fare la famosa spesa, si verso’ il liquido addosso come se fosse acqua da toilette.

Si presentò davanti a Sandogat facendo le linguacce.

Al gattone non sembrava vero di trovarsi di fronte un topo tanto stupido e si preparò per mangiarlo.

Ma appena si avvicinò una nausea tremenda lo investì, un conato di vomito gli fece girare lo stomaco: il topo puzzava da morire, era disgustoso, sapeva di uova marce, odorava come cento maiali.

Corse in bagno a vomitare.

La strada era adesso libera e top out poteva finalmente ritornare a fare la spesa, i chicchi prelibati erano di nuovo a sua disposizione.


La pioggia di notte 

 

Mi pare di essere smarrito in queste paure notturne.

Una brezza fredda spinge la prima luce dell’alba.


Pioggia continua che alimenta pozze d’acqua scura, dove ogni cosa sbiadisce in uno spazio infinito ed ad un tratto tutto sembra fermo.


Odori bagnati si mischiano in una natura che sembra debba morire….


Pur così è il tempo. 

 

Pur così è il tempo, 

una poesia senza rime, una musica stonata, un bagaglio smarrito


Desiderio, nostalgia, impotenza, non mi sottraggo e cerco di riempire i miei posti vuoti.


Pur così è il tempo, un sogno che non ha sostanza, un lento scorrere dal sapore amaro, un lungo contare, tracciato di un calendario. …


La sana ignoranza 

 

Sono semplici le colpe imperdonabili, 

piene di sana ignoranza, affascinanti, brillanti.


Non c’è difesa e ti senti ridicolo perché la pazzia di aver creduto è peggio di un rifiuto.


C’è un ignoto che attrae, che ci spinge nei meandri più bui. …