Pompeo Esposito - Poesie

Le Stagioni dell’Anima

Il Malinconico Autunno

La tenue luce dell’alba iniziava a dar colore al quadro del creato.

Il sole,

velato da una pellicola di foschia, si accingeva a prender forma e, con soavi pennellate, a

dipingere il cielo.
Il mare,

come un enorme specchio, catturava per poi riflettere il lento evolversi dei colori.

I pochi rami,

scarni e oramai poveri di foglie, si frapponevano tra il mio sguardo stanco e lo spettacolo

offertomi dalla natura.

Era l’alba di un mattino d’autunno…

Gli elementi del paesaggio si svelavano, alla mia vista, immobili,
quasi che fossero imprigionati in un quadro circoscritto.

Solo una folata di aria fredda,

insinuatasi nella fessura delle imposte socchiuse,

riuscì a distogliere il mio sguardo attento e a pervadere il mio corpo di un brivido freddo.

Una scossa che riportò la mia mente sulle frequenze della vita,
ai pensieri che attanagliano l’animo di chi vive in compagnia dei suoi ricordi…

A mano a mano che il sole si liberava dalle acque,

per raggiungere la posizione di faro del creato, anche il paesaggio circostante iniziava a

prendere forma.

Le tinte predominanti erano

il rossastro, il giallo e un marroncino chiaro che delineavano i contorni del quadro,

minuziosamente dipinto da Dio.

I suoni della natura facevano da colonna sonora al paesaggio.

Ascoltavo

il rumore generato dal movimento perpetuo del mare e il grido dei gabbiani…
il fruscio particolare originato dal vento, nel suo sfiorare le foglie…

Al calar del sole, era mia abitudine passeggiare a piedi nudi, sulla bagnata riva…

La malinconia che attanagliava i miei pensieri

era frutto di un malessere interiore, dovuto a fasi contrapposte del mio percorso di vita…
momenti non molto lontani, ricchi di speranza e istanti recenti, segnati da un senso di

incertezza.

All’imbrunire, di ritorno verso casa,

ripercorrevo il fresco arenile, accarezzato dalla bianca schiuma, lasciandomi alle spalle i

pensieri,

come le impronte lasciate dai miei piedi…


 

Il Triste Inverno

Il tempo passava celermente.

Il mite autunno, dalle forti tinte pastello, stava per lasciare corso al freddo inverno,
raffigurato, nel mio quadro mentale, con sottili linee abbozzate a matita, caratterizzato da una

quasi totale assenza di colore.
Le mie passeggiate in riva al mare

divenivano sempre più sporadiche, ma costante rimaneva la mia curiosità di catturare il

paesaggio e i suoi mutamenti.

Cambiamenti repentini, simili a sbalzi di umore o meglio a stati d’animo…

Per far fronte alle intemperie, solevo rifugiarmi sotto la sporgenza di un terrazzo…

Infreddolito,

avvolto da un giubbotto, con il capo coperto da un cappuccio e le mani in tasca,

osservavo l’orizzonte…

Il colore predominante era un bianco sfumato, che lasciava intravedere le sagome delle isolette,

allineate sulla retta che separava il mare dal cielo.

La distesa marina si presentava come una lastra di ghiaccio,
ma con l’infuriarsi del vento iniziò sempre più a incresparsi.

D’improvviso tuoni e fulmini,

a intermittenza, generarono flash di colore nel quadro dominato da una grossa nube di foschia.

Il cielo era colmo, sembrava che stesse per esplodere,
vortici d’aria risucchiavano porzioni di acqua…

Il forte fischio del vento,

trovando ostacolo tra i rami secchi, calava di tonalità e incontrando nella sua direzione gli alti
alberi delle imbarcazioni, stipate nel porticciolo, riprendeva il suo vigore, toccando note alte e

ridondanti.

Calate le folate,
il cielo si tinse di un grigio fumo…
Improvvisamente arrivò la pioggia.

Una bufera d’acqua…

Sembrava che la natura volesse ribellarsi all’opera dell’uomo, travolgendo tutto.
Scampata la tempesta, con i vestiti umidi, mi incamminai a passo svelto verso casa.

La tristezza nel mio animo si era tramutata in sconforto.

I colori della natura erano stati annullati da un bianco manto di neve…

Il periodo delle speranze era un lontano e sbiadito ricordo.

Mi sentivo abbandonato nella mia condizione di esiliato dal mondo circostante.

Pensieri astrusi, continuavano a tormentarmi…


Il Dolce Risveglio

La bianca tela, graffiata da sottili tratteggi a matita, da forme semplici e a ugual modo contorte,

stava pian piano assumendo sembianze definite.

Candidi colori iniziavano a riempire, uniformemente, l’opera.

I piccoli segni, alla base del rettangolo, stavano per esser sovrastati da decise pennellate di

colore verde lucente…

le linee che delineavano i gracili alberi, rafforzate da possenti getti di color marrone e

gli esili rami rinvigoriti da tonalità sgargianti.

Strisce di colore blu

andarono a inondare e sommergere le linee ondulate che ritraevano un mare spento.

Il sole

assunse una tonalità accesa di arancio,

talmente intensa da lasciar riflessa una scia lucente sul blu profondo del mare.

Il cielo,

a chiare pennellate di celeste, era invaso da forme rappresentanti volatili di tutte le dimensioni.

La mia non era immaginazione,

ma una semplice descrizione del panorama che avevo l’onore di ammirare.

Era finalmente giunta la primavera!


La Bella Stagione

In lontananza

un velo di foschia si ergeva dalla sottile e calda sabbia,

impedendo alla mia vista di captare in modo nitido le forme che animavano quello spazio.

A mano a mano che mi avvicinavo,

le figure sfocate assumevano contorni sempre più definiti.

La deserta spiaggia

si era ripopolata di colorati ombrelloni e di allegre persone, che davano voce a un luogo, per

lungo tempo, dominato dal silenzio e dall’eco della natura.

In riva al mare,

la trasparenza dell’acqua permetteva di contemplare lo spettacolo sottostante…

Pesciolini, di diversa forma e colore, sguazzavano liberamente, generando piccoli vortici in

superficie…

meduse dai colori trasparenti si muovevano in modo armonioso…
una grossa conchiglia, adagiata su di uno scoglio, per metà immerso in acqua,
stava per esser ricoperta da piccoli ricci di colore nero lucente…

Immergendomi in acqua, provai un senso di libertà.
L’estate mi rendeva sereno, felice, spensierato.

Le tante preoccupazioni erano state eclissate dalla magia della natura.

L’atmosfera era tale da far sognare a occhi aperti…

Lo spettacolo proseguiva al calar del sole e nelle notti stellate.

Il cielo alternava

tre fasi, passaggi lenti, diversi, ma in egual modo straordinari…

Da un nitido e splendente azzurro,
che dominava gran parte delle lunghe giornate,

mutava aspetto al tramonto, assumendo tonalità tendenti al rosso,

per poi tingersi di un blu immenso, nella notte,
illuminato da brillanti stelle…

Stelle,

luminosi scrigni dei nostri reconditi desideri…

………………………………………


Ritratti di Vita

L’anziano Pescatore

In un angolo del vecchio porticciolo marinaro soleva stare l’anziano pescatore.
Un giubbotto e un cappellino di lana proteggevano il suo esile corpo e le sue tempie dal

pungente freddo del mattino.

Stava lì, curvo, a rammendare le intrecciate reti, senza curarsi di ciò che lo attorniava.
Il volto solcato da profonde rughe, dai segni di una vita dedita al più logorante dei mestieri.

A tradire l’aspetto apparentemente freddo era la profondità del suo sguardo…
occhi languidi riflettevano la malinconia che dilaniava il suo animo, la nostalgia verso un

passato… mai passato…

Con tristezza rimembrava quel tragitto, quella gradinata in pietra levigata che, in gioventù

percorreva quotidianamente.

Era il tratto che collegava il suo rione al porticciolo che custodiva le imbarcazioni.

Dopo una breve sosta davanti alla chiesetta dei pescatori, si apprestava, con gli arnesi da

lavoro in spalla, ad affrontare la ripida discesa che conduceva al mare.

Così,

sotto la benedizione della madonnina, iniziava la sua lunga giornata.

Alla sera,

ad attenderlo vi era una donna che, per tutto il tempo della sua assenza, tra un lavoro e un altro

non distoglieva mai lo sguardo dal mare…

l’immensa distesa d’acqua contenente il frutto del loro sostentamento
ma che, allo stesso tempo, nascondeva insidie e pericoli.

Solo al rientro delle imbarcazioni, il suo volto tornava a risplendere…

L’anziano pescatore,

con i pensieri rivolti ai ricordi, continuava a lavorare le lunghe reti.

Una lacrima scese lungo il suo volto, mentre fissava la piccola imbarcazione che portava

impresso, con una vernice ormai sbiadita, il nome della sua donna…

La stessa che un tempo, alla sera aspettava il suo rientro e adesso, dal cielo, continua a

vegliare su di lui.


L’Uomo che Cammina

Lo osservavo,

camminava, fissava la sua immagine riflessa, sorrideva e riprendeva a camminare.
Non parlava, procedeva dritto verso una meta, una destinazione solo a lui nota.
Per chi lo conosceva era il povero ragazzo, lo squilibrato, lo stolto, il nullafacente…

un uomo invisibile…

Trascorreva la sua esistenza tra una passeggiata e un giro in bici, tra l’indifferenza dei passanti

e la cattiveria di chi lo scherniva.

Non rispondeva agli insulti, era troppo buono e generoso d’animo per replicare, forse timoroso

verso un mondo che non gli apparteneva.

Viveva in una casa dislocata su più piani, chiusa da un cancello ricoperto da erbacce, che

impedivano ai passanti di osservare.

Tante volte la curiosità, l’innocente invadenza, mi spingeva a spiare dalle piccole fessure di

quella inferriata.

Volevo scoprire il mistero, le abitudini della sua vita, ma al primo rumore me la davo a gambe…

Mai nessuno seppe spiegarmi a cosa fosse dovuto il suo disagio.

Ancora oggi
desidererei comprendere,

entrare per un solo attimo nella sua mente, osservare il mondo con i suoi occhi, sentire le

emozioni che prova

e magari scoprire che tutto quello che appare così triste e vuoto, in realtà è solo fonte di

felicità…

un mondo parallelo al nostro, non contaminato da pensieri negativi, pregiudizi, amara

indifferenza.


Una Nuova Vita

La madre, con gli occhi pieni di speranza, fissava la sagoma, del giovane figlio adagiata su un

bianco ed isolato letto di ospedale.

La sottile e fredda lastra di vetro che li separava, non poteva spezzare il cordone ombelicale, il

legame affettivo più forte in assoluto.

Erano passati mesi da quella maledetta notte.

Nei pensieri della donna si susseguivano, in maniera confusa, gli attimi dell’accaduto…
l’inattesa telefonata, il grave incidente, il racconto contorto dei soccorritori e i ricordi di una vita.

Il ragazzo viaggiava in sella a una moto.

L’intesa pioggia rendeva poco nitida la visuale, di quel tratto di strada, di quel tornante privo di

illuminazione e segnaletica.

Il sopraggiungere di un mezzo pesante, contribuì a rendere più spietato il destino.

Il freddo inverno era ormai alle porte.

La donna, nei pochi momenti di distrazione, si soffermava ad osservare da una finestrella, il

paesaggio esterno.

Alla sua vista non passò inosservato un particolare…

In una piccola striscia di terra arida, tra i cespugli per lungo tempo appassiti, vide sbocciare un

piccolo fiore, color bianco crema, dalla bellezza semplice e discreta.

Nello stesso istante, avvertì alle sue spalle una presenza rassicurante.

Riflessa nel vetro scorse, la sagoma
un giovane dai capelli mossi e dalla barba folta.

La donna, senza voltarsi, rimase immobile ad ascoltare.

Una voce soave le sussurrò:

“ Mamma, non essere triste, tramuta la tua tristezza in allegria, il tuo dispiacere in gioia…

Illumina con il tuo sorriso, il mio cammino verso una nuova vita ”.


Figlia Nobile

Una sbiadita istantanea la immortalava nella sua compostezza da bambina…

Lunghi capelli neri raccolti in piccoli fermagli,
un vestitino bianco a comprovare la purezza del suo animo…

Nei grandi occhi verdi,
i riflessi della sua terra,

il dolore per il forzato distacco dal grembo materno…

Genitrice premurosa,

pronta a celare il suo dolore per mostrare ai figli un mondo migliore.

Pronta ad affiancarli nel proprio cammino,
per poi abbandonarsi al volere del destino…

Donna anziana,

con il volto solcato dagli eventi della vita…

I grandi occhi verdi, madidi di dolore,
perennemente rivolti a quella immagine,
al frutto del suo amore…

Tra le mani una croce a cui affidare il suo tormento.

Tra ricordi, figure, pensieri a ritroso
Trova spazio la luce…
L’eterno riposo


Il Luntro e la Palamitara

Nelle ore diurne,

gli “avvistatori”, con le loro barchette disarmate, si appostavano
negli angoli più nascosti del mare, in attesa di adocchiare la preda.

Con remi e bandiere bianche,

si apprestavano a comunicare alla barca armata

il prossimo avvicinamento
del pesce spada…

Al segnale,

il Luntro, dall’alto albero posto al centro, grazie alla prontezza dei Rematori,

raggiungeva celermente
il punto indicato…

I Fiocinatori

con freddezza, infilzavano, servendosi di arpioni a due punte, l’ignaro pesce.

Nelle ore notturne,

la pesca proseguiva con le Palamitare…

Imbarcazioni

recanti sulla prua una palla in legno che mostrava dipinte, separate da una fascia, le stelle

dell’Orsa maggiore.

Il pesce spada veniva catturato con lunghe reti.

I marinai,

dopo aver ottemperato ai doveri,

potevano deliziarsi del pranzo abbondante, offertogli dai padroni delle barche.


Poesie della Tradizione

La processione del Santo

« Dire di san Rocco a Palmi è come parlare dell’aria, della luce, dell’acqua. Egli è il santo
di tutti, è il compatrono della città, è l’avvocato nei bisogni; non c’è famiglia in cui la sua
immagine non sia venerata, in patria e fuori; il suo nome riscuote devozione, rispetto e
timore. »
Domenico Ferraro

Nei giorni a lui dedicati
il Santo,

dalla barba folta e dai lunghi capelli neri, si appresta sorretto da un bastone, a scender dalla sua

nicchia…

Prima

di concedersi ai fedeli in festa,

si abbandona alle cure del priore che, con paramenti pregiati, adorna il suo abito blu.

Solo a questo punto,

avvolto da un lungo mantello rosso, è pronto a salire

sulla base addobbata di fiori, per esser trasportato in spalla dai Portatori…

A indirizzare il suo cammino
Timonieri,
con il compito di guidare
l’assetto di marcia della vara.

Dalla sua postazione privilegiata
osserva e benedice,

tra monumenti storici, strutture religiose e civili, l’intera cittadina.

Al suo seguito
uomini e donne penitenti…

i primi a torso nudo, sanguinanti a causa della cappa di spine che indossano,

le seconde con in capo una corona di ginestre.

Acclamato

tra i suoni della banda, striscioni e coriandoli,

raggiunge la sua meta.

Oramai stanco,

dopo la benedizione eucaristica e lo spettacolo pirotecnico,

decide di far ritorno alla sua nicchia.