Zutendaal 13 maggio 2004
Una lacrima innocente
Tu che pretendi d’aver tanto sofferto,
e come Atlante un peso sopporti.
A tutti, stufi ormai, le tue lagne hai annunciato.
Come stanno altri? Dovresti domandarti.
Ma gli altri per te non sono da assimilare.
Dici che l’unico che pena sei tu.
Gli altri, per te, tutti bene a stare.
L’atroce verità, non t’importa più.
Allora ti dico che…
Il lamento degli umani smidollati,
ossa e pelle, strisciano, non sanno camminare.
Fini fini, come bastoni di scope, e malfatti.
Pronti per le loro misere esistenze via a scopare.
Gli orfani in luoghi di guerra a saltellare,
lacerati come le selve vergini, stroncati.
Quali resistenze possono ormai dare?
Con membri degli stessi legni, a misura creati.
Quelli che ricevettero ordigni non comandati.
In polvere in un batter d’occhio sono volati.
Poi con le prime piogge a terra sono tornati
da tappeti organici su campi e prati.
Ostaggi sgozzati, diventano immortali
su scarsa qualità di videofilmaggio.
Ancora spasimati, mentre che a strilli,
i boia chiamano Dio in un altro linguaggio.
…/…
Tanti torturati gridano in celle malsane,
con cavi vengono elettrocutati.
Oppure presi come sporche puttane,
a piacere di tutti, sodomizzati.
Giovani e bambini di esplosivi foderati.
Per la gloria del loro Divino stanno meditando.
A questo esame pazzo tutti sono passati.
Con le loro vittime nel giardino delle delizie stanno levitando.
E i profughi su battelli ingovernabili.
Nel mare sperso, cercano una nuova esistenza.
Di veder terra sperano questi miserabili.
Se non ingoiati dall’acqua incalcolabile e immensa
I milioni d’altri che non ho nominato.
Scacciati dalle loro terre, con cartoni a coprirsi.
O quelli che il virus hanno acchiappato.
Cadaveri mutilati nella natura stanno a marcirsi.
Tutte queste vittime umane sono offerte,
Come agnelli innocenti sull’altare di roccia sanguinante.
Tu con le tue idee egoiste e limitate,
Offri una lacrima innocente, o è troppo pesante?
Porcu Raffaele
Zutendaal 19 aprile 2003
Troppo pesante
Aveva ventun’ anni
Quando con lo sguardo l’accarezzo’.
Astuto e molto abile a non causar danni,
Finché le ultime resistenze lui spezzò.
Lei, neppur ancora diciotto,
Quando lui come un Dio adorò.
“amore sono tua,” era ormai il suo motto,
Non sapendo cosa il futuro preparò.
…/…
“Non tu, non io, ma noi,” si sussurravano.
Trascinati dalle onde di passione.
Non un istante che non si amavano.
Le due anime avevan fatto la perfetta unione.
Adesso, quarant’anni insieme,
dissolti quei tempi passionanti.
Ove l’amore brucia, e dentro all’anima preme.
Ormai non sono più amici, non più amanti.
Il loro passo e sguardo evitano d’incrociarsi,
nessun tema che è trattato.
Con le vecchie poltrone i loro amori ormai scomparsi.
Prezioso amore, frantumato, sbriciolato, poi…volato.
Con fatica dividono lo stesso tetto.
Ore ed ore davanti alla tv.
Giurerebbero con le mani al petto
“da anni non ti amo più”
Dov’è sfumato quel tempo, con i fiori appen sbocciati,
Quel tempo, giurando il loro amore eterno.
Dalle carezze, dei baci, ormai stancati.
Non ce più primavera, e sempre gelido, sempre inverno.
Separati vanno a riposare,
E pregano Dio, patroni, santi e sante.
Delle ore stanno nel letto a recitare,
separati, perché insieme… e troppo pesante.
Raffaele Porcu
As, 25 novembre 2009
“MAMMA”
Il piccolo ancora non vede, ma esamina
da dove deriva la voce di quella che lo stringe al petto.
Cerca unione sensibile con la sua manina.
Prende un dito, non gli e estraneo, e lo stringe stretto, stretto.
Con tanti baci e coccoli lei li ripete che e lei la sua mammina,
finche lui dopo averla sentita con i suoi riccioli in tante occasioni,
replica per la prima volta con entusiasmo, con la sua squillata vocina
“MAMMA,”
e riempie la stanza di sorrisi, i cuori di tenerezza, di emozioni.
Lei, vagando il tempo, lo accudisce, lo fa sentire il suo adorato.
Con stile fermo ma dolce, per tutta la sua gioventù,
e la mamma che accompagna, che forma il suo prediletto.
E lui nella sua percorsa durata, il nome “mamma” non se lo scorda più.
Babbo, negli ultimi periodi da te navigati
eri sofferente, 89 anni, é lucido di mente.
E tante volte mi parlasti, si fino all’ultimo mi dicesti,
che era la tua mamma che imploravi, e poi… più niente.
A mio padre Giuseppe
Raffaele Porcu
San Giovanni Suergiu 8 agosto 2017
L’ultimo desiderio
Sofferente e afflitta sono, ma non te lo manifesto.
Poiché compiaciuta sono di sentirti anche se sei lontana.
Già udire la tua voce mi dà conforto,
e per un momento mi scordo la mia sfortuna.
Nella mia immaginazione ti trovi al mare,
se ce la fai mentre torni portami del pesce,
che ho tanta voglia di vederti e assaggiare.
Accertati brevemente se ti riesce.
Forse non te l’ho detto abbastanza,
ma ti ho sempre voluta bene assai.
Sapevo che tu eri decisa e avevi tanta forza.
E così accudivo i più gracili ma non ti scordai mai.
E per questo che ora indebolita mi rivolgo a te,
perché vorrei raccontarti tanti avvenimenti,
episodi che vogliono uscire da me,
e so che tu da lontano mi sostieni e mi senti.
Ora che ho ascoltato la tua voce non vorrei riattaccare.
Anche se sei tanto lontana mi appari così vicina.
Finché ti farebbe male tutto il viso ti starei a baciare.
Questo e il mio ultimo desiderio, mia grande piccolina.
(telefonata di una mamma moribonda a sua figlia all’estero)
Raffaele Porcu
Zutendaal 30 luglio 2006
Lo scultore
Mentre il ruvido palmo lo striscia, l’accarezza,
e gli occhioni da faro l’accompagnano, esplorano
quel pezzo stracciato dalla roccia grezza,
per scoprire il mistero rinchiuso nell’interno.
Allora cerca impaziente a iniziare,
e dare il suo primo colpo, per tastare
la struttura rocciosa da smantellare,
e il segreto a tocchi monotoni vuole svelare.
…/…
Ma il duro sigillo non sì da vinto.
Migliaia di schegge lui deve sbucciare
dal sarcofago grigio di granito,
prima che l’opera si lascia ammirare
Con il braccio punta e ripunta lo scalpello
con precisione, disegna simile a una matita,
delicato, e scopre per la prima volta quello
che per metamorfosi lui ha dato vita.
Con il sacco a tracollo per altri orizzonti
si avvia, altri profumi vuole odorare,
e con spirito vagabondo cerca altri monti,
perché altre forme rinchiuse vuole liberare.
Raffaele Porcu
Zutendaal 5 marzo 1999
L’immigrato
Un bacio, …un abbraccio,
e un abito da straccio.
Una valigia rotta.
Con un bimbo la sua amata.
In treno lui sale,
l’addio fa tanto male.
Ancora una volta…
dal finestrino guarda.
La folla s’immischia.
Il conduttore fischia.
Si muove il treno.
Il bimbo al seno.
I cuori in gola.
Lei resta sola.
Via e il suo amato,
sì e …immigrato
Porcu Raffaele
Zutendaal 12 aprile 2003
La soglia
Quando l’ora mia quasi suonata,
e a Stige paziente sulla sua riva annebbiata
aspettando che avvenga l’ultima traversata,
in un lampo rivedrò la scena passata.
Vita amica, mondo amato,
anche se non sempre ti ho capito,
anche se ha volte ti ho sofferto,
e l’amore che mi ha accompagnato.
L’amore infinito per l’essere umano.
A colori diversi ho teso la mano,
sradicare l’odio, e il razzismo malsano.
Convincere altri, spesso in vano
Stige, le tue acque nebbiose non vedrò.
Ad occhi chiusi ti traverserò.
E come a Cnosso per l’eterno vagherò.
Il riposo, il silenzio accompagnerò.
…/…
L’ultimo sguardo, l’ultimo sospiro.
Tutto passato, pagato, mi ritiro.
Attraversando la soglia ancora ammiro
Quella che era la mia vita, poi… mi giro.
Raffaele Porcu
Zutendaal 28 maggio 2004
La mosca
Immagini diaboliche, immagini divine.
Dipinti dei pittori Brueghel ammiravo,
con l’aiuto di alcune lampadine,
e bottiglie di vino che svuotando stavo.
Era notte, notte alta.
la fantasia ormai padrona
della mente annebbiata e esaltata.
Vedevo l’Eterno, e i diavoli in persona.
Dalla Genesi all’Apocalisse,
da Adamo all’ultimo giudizio.
Ero sceso nel profondo dell’abisso,
vuoto d’amore, pieno di vizio.
E mentre che credevo d’aver incontrato
questi Angeli scacciati dal Paradiso,
“Darwin” vidi che… da mosca si era trasformato,
e svolacchiava davanti al mio viso.
“Darwin” mi rubò tutta l’attenzione.
Finito il momento magico di sognare.
Era la teoria dell’evoluzione,
che Darwin da mosca mi fece ripensare.
Raffaele Porcu
Zutendaal 12 aprile 2003
Il temporale
Ad ovest il sole, si vuol coricare.
Dal caldo stordite, le piante a pendolare.
La terra è secca, i prati ingialliti.
Anche gli uccelli sembran storditi.
Sui rami aspettan il fresco serale,
in estate è cosi, è un ritorno annuale.
Gli insetti, veloci a volare
da fiore a fiore, il dolce a cercare.
Poi …tutto ad un tratto gli uccelli impauriti!
raduno su gli alberi e tetti, e poi…spariti.
Adesso anche le api e altri volanti
Spariscono nel nulla, del dolce non più amanti.
Al posto di loro, un po’ fastidini,
volano in cerchio tanti moscerini.
Il cane nervoso abbaia al padrone,
spera cosi di tirar l’attenzione.
Poi…tutto ad un tratto dal nulla…che bello!
arriva il fresco con un venticello.
Il cielo dal chiaro in un niente imbrunisce,
tante nuvole scure veloce riunisce.
Adesso che e scuro, c’e un vento veloce,
gli alberi scuote, la pioggia e precoce.
Poi…tutto ad un tratto, come colpi di cannoni,
si presentano a noi imposanti i tuoni.
…/…
Due…tre…quattro secondi…ecco illuminato,
Come mille lampioni, il cielo ha spaccato.
Goccia per goccia…poi precipitosa,
La pioggia violenta sulla terra spugnosa.
Si chiude finestre, portoni e persiane.
Rinchiusi cosi pensiamo, che tempo da cane.
L’angoscia, il timore, a tutti fa star male.
Il padrone adesso e …il temporale
Porcu Raffaele
Zutendaal 4 marzo 1999
La coccinella
Questa storiella che racconterò,
successe da anni e vi dirò:
una coccinella su una foglia sdraiata,
pensava che essa fosse stata imbrogliata.
Vedendo nei prati con altri colori
degli altri insetti, a lei dava dolori.
Da molto era stufa del suo abitino.
Del rosso ormai stanca, voleva un verdolino.
Oppure i colori che si usano qui in valle.
Da tante colonie di belle farfalle.
Anche i puntini che neri egli aveva,
lavarli, sfregarli, si toglier voleva.
Un grillo incontrò che un suono facendo,
vedendola triste, interrompe il suo bando
Per chiederle dove infelice lei andava,
visto che il muso per terra toccava.
Ed ecco che tutto spiegò coccinella,
che con quei colori lei non si trovava bella.
E al grillo gli disse con lacrime al cuore,
che il nome voleva di un bravo pittore.
Ma il grillo rispose un po’ impressionato,
che ogni colore da Dio gli fu dato,
e se lei i colori non teneva, ma cambiava,
impossibile era che lei sposo trovava.
Da allora convinta la nostra coccinella
vola tra i fiori e si ritrova bella.
Porcu Raffaele