Vele vibranti
Vele vibranti anelano
Verso una meta australe.
Astri maligni irridono
Se il loro canto sale.
Scalando ghiacci vergini,
Schernendo gli uragani,
Scogliere ignote cacciano
Mordendo ogni domani.
Le saghe che impedivano
Le rotte sconosciute,
Sfrangiate si dissolvono
Sotto le prore acute.
Paziente sta aspettandole
Un’ultima avventura:
Sfidare una compagine
Fatta d’ogni paura.
Morire combattendola
O vivere ammainate?
La scelta è quasi un obbligo:
Non tornerà l’estate.
Gioielli ingioiellati
Gioielli ingioiellati
In abito da sera…
Cicisbei crepuscolari
Tentano invano di vampirizzare
Qualcosa di indecifrabile,
Illudendosi di esorcizzare
La progressiva decomposizione
Delle loro pallide vestigia.
Mute, contorte e vuote
Si aggirano ombre effimere
Di burocrati semivivi,
Come fossero chiamate
Alla grottesca parodia
Di un apparente Baccanale antelucano,
In realtà un Sabba mostruoso.
I fili ingarbugliati
D’un pensiero quasi sfuggito
Sembra convergano
Verso il simulacro
D’un’immagine riflessa…
Saggia decisione
Quella di rifugiarsi in un vorticare
Tuttavia inglorioso
D’inurbane gozzoviglie,
Sotto l’egida
Di eunuchi compiacenti.
C’è un’accozzaglia
C’è un’accozzaglia
Di elementi chimici
Di per sé inerti
Che però si sono mirabilmente organizzati
Seguendo uno schema impenetrabile
E così diventando vita.
Non più cose: esseri.
Non più oggetti: entità.
Non più brutale Massa
Casualmente aggregata: volontà.
Non più passivi schiavi
Del “non-loro”: demiurghi.
È la vita, Non appena consapevole di sé,
Si dibatte per non morire.
Rabbiosa, ottusa, irriducibile,
Si ciba del mondo, senza tregua,
Artigliando feroce tutto ciò
Che possa consentirle di raggiungere
Quell’unico scopo senza il quale
Tutti gli altri scopi non hanno senso:
Durare.
Ma uomini, uomini,
Davvero basta durare,
Prolungare anche magari all’infinito l’esistenza,
Per poter affermare di vivere?
Realtà evanescenti
Realtà evanescenti
Fatte di brandelli di pallide emozioni
Immolate al fuoco
Del più puro e ipocrita cinismo.
Il sentiero della saggezza si fa impervio
Quando,
Salendo dalle spiagge del mistico
Stoicismo sacrificale,
Dolorosamente si inerpica
Sulle orride balze
Delle rabbie impotenti
E dei Vani e Aspri conati
Di una inane ribellione
Contro un’irridente giustizia,
vittoriosa in quanto bugiarda.
Chissà se ogni ultimo esemplare
Di ciascuna delle migliaia di specie estinte,
Nell’esalare l’ultimo respiro
Si sia sentito più esaltato o annichilito
Dalla grandiosa unicità
Di quell’imminente e indifferente lutto?
Piangendo odoravi
Piangendo odoravi di pioggia gelata,
Di amore cattivo, di menta bruciata.
Eppure mi avevi rubato la mente,
Graffiato le carni e rotto anche un dente.
La rabbia e il tormento, compagni di viaggio,
Giocavano a dadi quel giorno di maggio,
Schernendo quell’uomo che tale non era
Perché si scordava il panino la sera.
Così questo verbo talmente deriso
Diventa l’emblema di ciò che ho deciso:
Se dimenticare è quasi un peccato,
Lo faccio mortale e ne esco rinato.
Mi sono scordato le blande carezze,
I morsi, I deliri, gli abissi, le altezze….
Sei l’alba che nasce, Ma che è già finita….
Andrò dal dentista, ma ho salva la vita.
Sento il delirio
Sento il delirio fremere
Nel corpo malandato,
E gli Elisir non bastano
A darmi un po’ di fiato…
Voglio di nuovo perdermi
Dentro una grotta rossa…
Ecco, gli amici arrivano…
Meglio mi dia una mossa.
Fantasmi che traboccano
Da Oneglia a Portofino…
Dentro il barlume tremano
D’un livido mattino.
Crollata è la piramide,
l’ha spinta un vecchio nano…
non riesco più a risorgere
Benché non sia profano…
Forse anche i santi muoiono,
Però non è sicuro…
Ci riuscirò impegnandomi?
Detesto il chiaroscuro.
Vorrei che il mondo
Vorrei che il mondo restasse sempre imperfetto
Perché è l’unico modo
Per continuare ad esistere.
Vorrei che a tutti fosse concesso
Di continuare a commettere il male,
Ma a patto che riescano a farlo Molto bene.
Vorrei che tutte le auto uscissero già Dalle fabbriche
Con due o tre ammaccature
Per risparmiare ansie ai proprietari.
Vorrei sonnecchiare d’estate
Agli angoli delle strade,
Beffandomi delle grottesche parodie
Di coloro che credono
Che i loro tesori valgano più
Delle loro esistenze.
Vorrei che gli occulti poteri
Che sembra vogliano combattere
Tutti i mercati delle droghe
Riuscissero a distruggere
La peggiore di tutte le droghe:
La smania del potere.
Vorrei che le forze ignote del bene
Potessero dare per sempre pieni poteri ai deboli,
Ai diseredati, ai dimenticati…
Ma insomma!
Forse che gli avidi,
Al potere
Non ci sono già stati abbastanza?
Amore o disamore
Amore o disamore?
È necessaria maggior fatica
A lasciarsi invadere dall’uno,
O a resistere all’altro?
Mi sono pentito
D’aver ricattato la cosa amata
Circuendola d’affetti ed attenzioni,
Soffocandola con l’indispensabilità
Della mia presenza,
Prevaricandola con la presunzione
Che la migliore vita che essa potesse vivere
Non potesse non comprendermi.
Amandola smodatamente,
Ho sostituito i suoi pensieri coi miei,
Le sue parole con le mie,
Il suo modo di fare l’amore col mio,
Con l’agghiacciante sicumera
Che tutto ciò che venisse da lei
Fosse troppo inferiore per consentirle
Di raggiungere quelle vette
Che cibandosi di me sola
Avrebbe potuto conquistare…
E adesso che ringhia e soffia,
E si dibatte per sfuggire
A questo amore parassita e despota…
Adesso che per lei
Disintossicarsi da me significa ritornare a vivere……..
Che faccio….? Che faccio….?
Sera decadente
Mi siedo nel patio, Il crepuscolo scende,
Un dolce dolore pian piano mi prende…
Un solo pensiero mi lascia perplesso:
Non trovo il piccone… Ma dove l’ho messo?
Ripenso a quei tempi dei giorni passati,
Dei baci mai presi dei baci mai dati…
E quando l’inverno ti spinse a partire
Il tuo giuramento valeva due lire.
Poi sei ritornata, e ti ho vista parlare
Di scogli, di fiori e di mandorle amare…
Dal buio guardavo i tuoi occhi lucenti…
Il cuore bruciato da mille tormenti…
Il rosa nel grigio si va stemperando,
S’è alzata la luna, la guardo fumando…
C’è solo il silenzio, sta zitto anche il cane…
Del resto è già morto da due settimane.
La rabbia è svanita, tu stai riposando.
Pian piano più fredda già stai diventando…
Un letto profondo dovrò preparare…
Io penso che un metro dovrebbe bastare.
…….
Se solo il piccone riuscissi a trovare.
Ero distrattamente andato
Ero distrattamente andato a salutare
Una combriccola di amici all’anggiporto.
Brandelli d’umanità
Tagliati in forma circolare
Che appassivano intorno
a un pensiero contorto.
Calda la sera e lunga la marea…
La luna rifletteva
La pelle di una dea…
Spezzato il passato, sfrangiato…
Abbarbicato, straziato…
Da cento lame spellato
Da nessun coro cantato…
Ricordi sbiaditi, confusi nel vento
Invano invocai un sincero lamento
Che di colpo le luci si fecero nere
E io le inghiottii in un solo bicchiere.