Raffaele Taibi - Poesie

Vele vibranti

 

Vele vibranti anelano

Verso una meta australe.

Astri maligni irridono

Se il loro canto sale.

Scalando ghiacci vergini,

Schernendo gli uragani,

Scogliere ignote cacciano

Mordendo ogni domani.

Le saghe che impedivano

Le rotte sconosciute,

Sfrangiate si dissolvono

Sotto le prore acute.

Paziente sta aspettandole

Un’ultima avventura:

Sfidare una compagine

Fatta d’ogni paura.

Morire combattendola

O vivere ammainate?

La scelta è quasi un obbligo:

Non tornerà l’estate.


Gioielli ingioiellati

 

Gioielli ingioiellati

In abito da sera…

Cicisbei crepuscolari

Tentano invano di vampirizzare

Qualcosa di indecifrabile,

Illudendosi di esorcizzare

La progressiva decomposizione

Delle loro pallide vestigia.

Mute, contorte e vuote

Si aggirano ombre effimere

Di burocrati semivivi,

Come fossero chiamate

Alla grottesca parodia

Di un apparente Baccanale antelucano,

In realtà un Sabba mostruoso.

I fili ingarbugliati

D’un pensiero quasi sfuggito

Sembra convergano

Verso il simulacro

D’un’immagine riflessa…

Saggia decisione

Quella di rifugiarsi in un vorticare

Tuttavia inglorioso

D’inurbane gozzoviglie,

Sotto l’egida

Di eunuchi compiacenti.


C’è un’accozzaglia

 

C’è un’accozzaglia

Di elementi chimici

Di per sé inerti

Che però si sono mirabilmente organizzati

Seguendo uno schema impenetrabile

E così diventando vita.

Non più cose: esseri.

Non più oggetti: entità.

Non più brutale Massa

Casualmente aggregata: volontà.

Non più passivi schiavi

Del “non-loro”: demiurghi.

È la vita, Non appena consapevole di sé,

Si dibatte per non morire.

Rabbiosa, ottusa, irriducibile,

Si ciba del mondo, senza tregua,

Artigliando feroce tutto ciò

Che possa consentirle di raggiungere

Quell’unico scopo senza il quale

Tutti gli altri scopi non hanno senso:

Durare.

Ma uomini, uomini,

Davvero basta durare,

Prolungare anche magari all’infinito l’esistenza,

Per poter affermare di vivere?


Realtà evanescenti

 

Realtà evanescenti

Fatte di brandelli di pallide emozioni

Immolate al fuoco

Del più puro e ipocrita cinismo.

Il sentiero della saggezza si fa impervio

Quando,

Salendo dalle spiagge del mistico

Stoicismo sacrificale,

Dolorosamente si inerpica

Sulle orride balze

Delle rabbie impotenti

E dei Vani e Aspri conati

Di una inane ribellione

Contro un’irridente giustizia,

vittoriosa in quanto bugiarda.

Chissà se ogni ultimo esemplare

Di ciascuna delle migliaia di specie estinte,

Nell’esalare l’ultimo respiro

Si sia sentito più esaltato o annichilito

Dalla grandiosa unicità

Di quell’imminente e indifferente lutto?


Piangendo odoravi

 

Piangendo odoravi di pioggia gelata,

Di amore cattivo, di menta bruciata.

Eppure mi avevi rubato la mente,

Graffiato le carni e rotto anche un dente.

La rabbia e il tormento, compagni di viaggio,

Giocavano a dadi quel giorno di maggio,

Schernendo quell’uomo che tale non era

Perché si scordava il panino la sera.

Così questo verbo talmente deriso

Diventa l’emblema di ciò che ho deciso:

Se dimenticare è quasi un peccato,

Lo faccio mortale e ne esco rinato.

Mi sono scordato le blande carezze,

I morsi, I deliri, gli abissi, le altezze….

Sei l’alba che nasce, Ma che è già finita….

Andrò dal dentista, ma ho salva la vita.


 

Sento il delirio

 

Sento il delirio fremere

Nel corpo malandato,

E gli Elisir non bastano

A darmi un po’ di fiato…

Voglio di nuovo perdermi

Dentro una grotta rossa…

Ecco, gli amici arrivano…

Meglio mi dia una mossa.

Fantasmi che traboccano

Da Oneglia a Portofino…

Dentro il barlume tremano

D’un livido mattino.

Crollata è la piramide,

l’ha spinta un vecchio nano…

non riesco più a risorgere

Benché non sia profano…

Forse anche i santi muoiono,

Però non è sicuro…

Ci riuscirò impegnandomi?

Detesto il chiaroscuro.


Vorrei che il mondo

 

Vorrei che il mondo restasse sempre imperfetto

Perché è l’unico modo

Per continuare ad esistere.

Vorrei che a tutti fosse concesso

Di continuare a commettere il male,

Ma a patto che riescano a farlo Molto bene.

Vorrei che tutte le auto uscissero già Dalle fabbriche

Con due o tre ammaccature

Per risparmiare ansie ai proprietari.

Vorrei sonnecchiare d’estate

Agli angoli delle strade,

Beffandomi delle grottesche parodie

Di coloro che credono

Che i loro tesori valgano più

Delle loro esistenze.

Vorrei che gli occulti poteri

Che sembra vogliano combattere

Tutti i mercati delle droghe

Riuscissero a distruggere

La peggiore di tutte le droghe:

La smania del potere.

Vorrei che le forze ignote del bene

Potessero dare per sempre pieni poteri ai deboli,

Ai diseredati, ai dimenticati…

Ma insomma!

Forse che gli avidi,

Al potere

Non ci sono già stati abbastanza?


Amore o disamore

 

Amore o disamore?

È necessaria maggior fatica

A lasciarsi invadere dall’uno,

O a resistere all’altro?

Mi sono pentito

D’aver ricattato la cosa amata

Circuendola d’affetti ed attenzioni,

Soffocandola con l’indispensabilità

Della mia presenza,

Prevaricandola con la presunzione

Che la migliore vita che essa potesse vivere

Non potesse non comprendermi.

Amandola smodatamente,

Ho sostituito i suoi pensieri coi miei,

Le sue parole con le mie,

Il suo modo di fare l’amore col mio,

Con l’agghiacciante sicumera

Che tutto ciò che venisse da lei

Fosse troppo inferiore per consentirle

Di raggiungere quelle vette

Che cibandosi di me sola

Avrebbe potuto conquistare…

E adesso che ringhia e soffia,

E si dibatte per sfuggire

A questo amore parassita e despota…

Adesso che per lei

Disintossicarsi da me significa ritornare a vivere……..

Che faccio….? Che faccio….?


Sera decadente

 

Mi siedo nel patio, Il crepuscolo scende,

Un dolce dolore pian piano mi prende…

Un solo pensiero mi lascia perplesso:

Non trovo il piccone… Ma dove l’ho messo?

Ripenso a quei tempi dei giorni passati,

Dei baci mai presi dei baci mai dati…

E quando l’inverno ti spinse a partire

Il tuo giuramento valeva due lire.

Poi sei ritornata, e ti ho vista parlare

Di scogli, di fiori e di mandorle amare…

Dal buio guardavo i tuoi occhi lucenti…

Il cuore bruciato da mille tormenti…

Il rosa nel grigio si va stemperando,

S’è alzata la luna, la guardo fumando…

C’è solo il silenzio, sta zitto anche il cane…

Del resto è già morto da due settimane.

La rabbia è svanita, tu stai riposando.

Pian piano più fredda già stai diventando…

Un letto profondo dovrò preparare…

Io penso che un metro dovrebbe bastare.

…….

Se solo il piccone riuscissi a trovare.


Ero distrattamente andato

 

Ero distrattamente andato a salutare

Una combriccola di amici all’anggiporto.

Brandelli d’umanità

Tagliati in forma circolare

Che appassivano intorno

a un pensiero contorto.

Calda la sera e lunga la marea…

La luna rifletteva

La pelle di una dea…

Spezzato il passato, sfrangiato…

Abbarbicato, straziato…

Da cento lame spellato

Da nessun coro cantato…

Ricordi sbiaditi, confusi nel vento

Invano invocai un sincero lamento

Che di colpo le luci si fecero nere

E io le inghiottii in un solo bicchiere.