Raffaella Marolda - Poesie

Tra illusione e realtà

 

Patinata dal tempo

è la mia giovinezza!

Pur alberga nel cuore 

la torre della castellana

ed il giardino segreto,

inesplorato nei filari delle emozioni.

Echi e spazi del passato 

son custoditi nella memoria.

Sboccia a primavera

lo spirito d’un tempo.

Dismetto la triste malinconia,

compagna fedele dei miei giorni.

M’arrendo alla festosa magia

dei fiori rinati nel sole,

s’acquieta il misterioso fantasma

che vortica nella mente

tra illusione e realtà. 


 

La lunga notte 

 

Attenderò la notte dei tempi

per incontrarti.

Ci sveglieremo dal sonno

di marionette imbalsamate,

nei variopinti cristalli di neve

al suono della banda universale.

 

Sospese nel cielo infinito 

di una bolla d’aria,

limpidi saranno i pensieri oscuri,

liberi i rifugi della mente,

turchine le memorie smarrite 

nel buio della lunga notte.

 

Riprenderemo forma

- non so -

due foglie verdi

congiunte su un ramo nodoso,

i petali nella corolla

di un bianco fiore,

le fiammelle di fuoco

di un devastante incendio

o le particelle di stella cadente

che vagano nell’immenso Universo.

 

Cosa saremo alla fine di tutto il Tempo?

due briciole d’amore

riunite nella vita Futura

o addormentate 

nella quiete assoluta

delle azzurre distese del Cielo.  


 

  Filamenti di luce

 

Filamenti di luce, 

stelle lontane

nelle sere estive,

contemplavo incantata

sull’uscio di casa.

E tu, dolcissima madre,

mi narravi con voce argentina

le storie felici della tua gioventù.

Mi parevan le stelle

immense ed infinite 

nel cielo lassù,

come il tuo tempo delle gioie,

gemme brillanti.

 

Ora che le guardo

dal fondo del mio deserto

non hanno più la stessa luce  

del nostro tempo perduto!

Quanti fulmini e tempeste

son passati

sul nostro cielo!

Quante fantasticherie

per celare alla mente 

la terribile verità!

 

Un colore diverso

avete fisse lì

all’orizzonte,

né più mi date certezze

che anche il vostro tempo

sarà infinito.


 

Per ricordare il tuo amore 

 

E’ tinto di blu e viola

l’orizzonte della tua piccola casa

sull’immenso mare increspato,

in cui specchiavi la tua libertà.

 

In questa terra calabra

tra pigne in cestini di vimini,

le statuine di terracotta

ed il piccolo museo di periferia

vive il tuo spirito.

Nella serenità dei luoghi,

al riparo dalle intemperie,

ti celi beata dietro le tendine ondulate 

della finestrella. Agiti il tuo saluto d’amore,

immagine di giovinezza inalterabile.

 

Nulla può il tempo!

distruggere il tuo universo invisibile.

Ed io, ancor corruttibile, mi rifugio

nei brandelli di luce della memoria.

 

Un vulcano d’immagini

custodisce il sacro fuoco

della vita divisa con te,

per lungo tempo, eppur breve,

come aliti di vento fresco e lieve 

dei monti aspri e impervi, che tanto amavi

nelle sere estive e solitarie.


 

Diffusa bruma

 

Diffusa bruma adombra

i passanti tra le nebulose case

di bianca luce,

i monti sospesi nell’aria 

come silenziosi giganti.

Un respiro lento

emana dalla terra,

un cuore in tormento

s’agita,

dalla nebbia risale al cammino

della dolce giovinezza,

al suo tempo perduto,

all’immane distanza

di anni, mesi, giorni

maldestri e ciechi

caduti nell’abisso dell’oblio.

 

Son io desta o confusa?

in quella bruma

algida dell’anima

spaurita dinanzi un dolente futuro.

 

Che memoria vivrà

dell’età passata

dei cari affetti, pallide ombre

erose dal Tempo,

rocce cui m’aggrappavo

salda e ferrea,

consunta anch’io

dall’ onda del tempo?


 

L’idra vorace 

 

Non avevamo messo in conto

l’idra vorace del Tempo,

feroce ha estirpato 

gli affetti vitali,

ci ha abbandonati

sulla riva deserta

dell’isola senza futuro.

 

Oltre la soglia visibile

spingiamo lo sguardo.

I contorni tremuli

delle sacre immagini,

suoni di campane in festa,

amori dilaganti 

emergono dalla mente 

assetata di luce.

 

Dove sono

i nascondigli ombrosi 

dell’infanzia?

i teneri virgulti dei rami,

dolci parole, sussurri 

nel vento d’estate,

non hanno per noi riparo!

 

Ondeggia una foschia

lenta e arcana

implacabile, spaventosa,

su di noi lacera il presente 

e ci consegna nelle spire del dolore.

 

Verrà la notte!

l’incosciente crudeltà

del vuoto assoluto,

del tempo finito

e noi andremo oltre

i monti impervi

dissolti nel magma primordiale,

che tutto accoglie 

nei suoi legami oscuri.


 

Dai meandri della memoria

 

Dai meandri della memoria

ho scalfito i drappi 

che annebbiavano i ricordi,

fiori della vita,

essenze profumate. 

Dalla luce fioca ho svelato

emozioni perdute,

smorzate dal Tempo crudele.

Ho graffiato dal buio

immagini recondite,

sfuggite alle inani brame

del giorno immemore.

 

Dal rito arcano del sonno

ho ritrovato visioni

intrappolate nel nulla.

Sei ricomparso accanto a me

dalla fanciullezza dimenticata.

Voci, giochi, suoni, immagini

si stagliano sulla scena,

integre nel loro fulgore.

Nulla più ci separa,

neppure il timore 

dell’avida matrigna, 

che ha rubato il tuo respiro.


 

Come un gabbiano

 

Come un gabbiano ad ali spiegate

hai lottato contro le correnti

ma sei caduto nel precipizio,

inghiottito dal cielo.

Un respiro indistinto,

sei scivolato via nell’oscurità.

 

Mi sferza una distesa insormontabile 

di giorni che sgusciano via, 

nè mai più torneranno.

Se sbircio oltre il ticchettio delle ore

nell’azzurro abbagliante, ti vedo fanciullo

giocare con me senza soste, pure i litigi

erano uno scherzo ilare.

 

I tuoi sogni non finiscono, 

proiettano sprazzi di luce dalle foto,

dove non v’erano ombre,

ma concerti chiari e luminosi

di cieli azzurri. 

 

Nel buio che dissolve la luce,

stranita vago  nella fantasia

che tu ora sei felice,

viaggi in pianeti inesplorati,

tu anima vagabonda, mai sazio di

confini e di vertigini.


 

Al di là della vita

 

In quale stella era scritto

che svanissi in paradisi lontani,

inconoscibili, nebulizzato 

in una luce di quiete e di riposo.

In un battito di ciglia,

nell’ora del crepuscolo

ti sei avventurato 

su una costellazione felice,

ove per noi spazio non c’è.

 

Scivola fluido un silenzio immemore.

Siamo ombre intorpidite 

dalla solitudine, 

siamo minuscoli granelli

che dall’ampolla piena

precipitano nel vuoto vaporoso,

inconsistente della vita offesa.

 

Dove sono i tuoi sentieri fioriti,

le infinite strade dei tuoi viaggi,

gli effluvi ammalianti di paesi lontani?

 

Oltre una densa foschia,

confuso stupore di chi t’amò 

sovra ogni cosa terrena.

Ora t’accoglie nel suo mondo 

trasognata e dolente la madre

che ti dette la luce.


 

Primavera sul golfo 

 

Scintille dorate di luce

sul mare d’acque azzurre,

diamanti infiniti

cullati dalle onde,

osservo

dall’alto dirupo sul golfo

e le isole in estasi,

offuscate dal mattutino tepore

della rinata primavera.

 

Lieve brusio di suoni

di voci, di canti lontani

coppa inebriante di gioia,

rompe l’immane silenzio

dell’inverno che gelò

l’animo mio.

 

Svetta sul mare il robusto pino

che mi dona tra rovi e sterpi

bruna pigna con brattee

aperte in oscure  spire.

E’ l’immagine di me,

solitaria piccola pigna

perduta nell’oscurità

di ottusi patimenti. 

 

Vorrei aprire le squame 

dell’animo mio

alla luce radiosa del sole,

come spirali che s’allargano

e si distendono

e sgusciano via 

bianchi frutti generosi

nei liberi flutti dell’aria.

 

Ma irrompe il tuono

tra nubi nere all’orizzonte,

cupo e triste, sparge 

nel vento minaccioso

sottili aghi pungenti.

Stille d’amarezza

cancellano i diamanti di luce

della mia felicità.