Tra illusione e realtà
Patinata dal tempo
è la mia giovinezza!
Pur alberga nel cuore
la torre della castellana
ed il giardino segreto,
inesplorato nei filari delle emozioni.
Echi e spazi del passato
son custoditi nella memoria.
Sboccia a primavera
lo spirito d’un tempo.
Dismetto la triste malinconia,
compagna fedele dei miei giorni.
M’arrendo alla festosa magia
dei fiori rinati nel sole,
s’acquieta il misterioso fantasma
che vortica nella mente
tra illusione e realtà.
La lunga notte
Attenderò la notte dei tempi
per incontrarti.
Ci sveglieremo dal sonno
di marionette imbalsamate,
nei variopinti cristalli di neve
al suono della banda universale.
Sospese nel cielo infinito
di una bolla d’aria,
limpidi saranno i pensieri oscuri,
liberi i rifugi della mente,
turchine le memorie smarrite
nel buio della lunga notte.
Riprenderemo forma
- non so -
due foglie verdi
congiunte su un ramo nodoso,
i petali nella corolla
di un bianco fiore,
le fiammelle di fuoco
di un devastante incendio
o le particelle di stella cadente
che vagano nell’immenso Universo.
Cosa saremo alla fine di tutto il Tempo?
due briciole d’amore
riunite nella vita Futura
o addormentate
nella quiete assoluta
delle azzurre distese del Cielo.
Filamenti di luce
Filamenti di luce,
stelle lontane
nelle sere estive,
contemplavo incantata
sull’uscio di casa.
E tu, dolcissima madre,
mi narravi con voce argentina
le storie felici della tua gioventù.
Mi parevan le stelle
immense ed infinite
nel cielo lassù,
come il tuo tempo delle gioie,
gemme brillanti.
Ora che le guardo
dal fondo del mio deserto
non hanno più la stessa luce
del nostro tempo perduto!
Quanti fulmini e tempeste
son passati
sul nostro cielo!
Quante fantasticherie
per celare alla mente
la terribile verità!
Un colore diverso
avete fisse lì
all’orizzonte,
né più mi date certezze
che anche il vostro tempo
sarà infinito.
Per ricordare il tuo amore
E’ tinto di blu e viola
l’orizzonte della tua piccola casa
sull’immenso mare increspato,
in cui specchiavi la tua libertà.
In questa terra calabra
tra pigne in cestini di vimini,
le statuine di terracotta
ed il piccolo museo di periferia
vive il tuo spirito.
Nella serenità dei luoghi,
al riparo dalle intemperie,
ti celi beata dietro le tendine ondulate
della finestrella. Agiti il tuo saluto d’amore,
immagine di giovinezza inalterabile.
Nulla può il tempo!
distruggere il tuo universo invisibile.
Ed io, ancor corruttibile, mi rifugio
nei brandelli di luce della memoria.
Un vulcano d’immagini
custodisce il sacro fuoco
della vita divisa con te,
per lungo tempo, eppur breve,
come aliti di vento fresco e lieve
dei monti aspri e impervi, che tanto amavi
nelle sere estive e solitarie.
Diffusa bruma
Diffusa bruma adombra
i passanti tra le nebulose case
di bianca luce,
i monti sospesi nell’aria
come silenziosi giganti.
Un respiro lento
emana dalla terra,
un cuore in tormento
s’agita,
dalla nebbia risale al cammino
della dolce giovinezza,
al suo tempo perduto,
all’immane distanza
di anni, mesi, giorni
maldestri e ciechi
caduti nell’abisso dell’oblio.
Son io desta o confusa?
in quella bruma
algida dell’anima
spaurita dinanzi un dolente futuro.
Che memoria vivrà
dell’età passata
dei cari affetti, pallide ombre
erose dal Tempo,
rocce cui m’aggrappavo
salda e ferrea,
consunta anch’io
dall’ onda del tempo?
L’idra vorace
Non avevamo messo in conto
l’idra vorace del Tempo,
feroce ha estirpato
gli affetti vitali,
ci ha abbandonati
sulla riva deserta
dell’isola senza futuro.
Oltre la soglia visibile
spingiamo lo sguardo.
I contorni tremuli
delle sacre immagini,
suoni di campane in festa,
amori dilaganti
emergono dalla mente
assetata di luce.
Dove sono
i nascondigli ombrosi
dell’infanzia?
i teneri virgulti dei rami,
dolci parole, sussurri
nel vento d’estate,
non hanno per noi riparo!
Ondeggia una foschia
lenta e arcana
implacabile, spaventosa,
su di noi lacera il presente
e ci consegna nelle spire del dolore.
Verrà la notte!
l’incosciente crudeltà
del vuoto assoluto,
del tempo finito
e noi andremo oltre
i monti impervi
dissolti nel magma primordiale,
che tutto accoglie
nei suoi legami oscuri.
Dai meandri della memoria
Dai meandri della memoria
ho scalfito i drappi
che annebbiavano i ricordi,
fiori della vita,
essenze profumate.
Dalla luce fioca ho svelato
emozioni perdute,
smorzate dal Tempo crudele.
Ho graffiato dal buio
immagini recondite,
sfuggite alle inani brame
del giorno immemore.
Dal rito arcano del sonno
ho ritrovato visioni
intrappolate nel nulla.
Sei ricomparso accanto a me
dalla fanciullezza dimenticata.
Voci, giochi, suoni, immagini
si stagliano sulla scena,
integre nel loro fulgore.
Nulla più ci separa,
neppure il timore
dell’avida matrigna,
che ha rubato il tuo respiro.
Come un gabbiano
Come un gabbiano ad ali spiegate
hai lottato contro le correnti
ma sei caduto nel precipizio,
inghiottito dal cielo.
Un respiro indistinto,
sei scivolato via nell’oscurità.
Mi sferza una distesa insormontabile
di giorni che sgusciano via,
nè mai più torneranno.
Se sbircio oltre il ticchettio delle ore
nell’azzurro abbagliante, ti vedo fanciullo
giocare con me senza soste, pure i litigi
erano uno scherzo ilare.
I tuoi sogni non finiscono,
proiettano sprazzi di luce dalle foto,
dove non v’erano ombre,
ma concerti chiari e luminosi
di cieli azzurri.
Nel buio che dissolve la luce,
stranita vago nella fantasia
che tu ora sei felice,
viaggi in pianeti inesplorati,
tu anima vagabonda, mai sazio di
confini e di vertigini.
Al di là della vita
In quale stella era scritto
che svanissi in paradisi lontani,
inconoscibili, nebulizzato
in una luce di quiete e di riposo.
In un battito di ciglia,
nell’ora del crepuscolo
ti sei avventurato
su una costellazione felice,
ove per noi spazio non c’è.
Scivola fluido un silenzio immemore.
Siamo ombre intorpidite
dalla solitudine,
siamo minuscoli granelli
che dall’ampolla piena
precipitano nel vuoto vaporoso,
inconsistente della vita offesa.
Dove sono i tuoi sentieri fioriti,
le infinite strade dei tuoi viaggi,
gli effluvi ammalianti di paesi lontani?
Oltre una densa foschia,
confuso stupore di chi t’amò
sovra ogni cosa terrena.
Ora t’accoglie nel suo mondo
trasognata e dolente la madre
che ti dette la luce.
Primavera sul golfo
Scintille dorate di luce
sul mare d’acque azzurre,
diamanti infiniti
cullati dalle onde,
osservo
dall’alto dirupo sul golfo
e le isole in estasi,
offuscate dal mattutino tepore
della rinata primavera.
Lieve brusio di suoni
di voci, di canti lontani
coppa inebriante di gioia,
rompe l’immane silenzio
dell’inverno che gelò
l’animo mio.
Svetta sul mare il robusto pino
che mi dona tra rovi e sterpi
bruna pigna con brattee
aperte in oscure spire.
E’ l’immagine di me,
solitaria piccola pigna
perduta nell’oscurità
di ottusi patimenti.
Vorrei aprire le squame
dell’animo mio
alla luce radiosa del sole,
come spirali che s’allargano
e si distendono
e sgusciano via
bianchi frutti generosi
nei liberi flutti dell’aria.
Ma irrompe il tuono
tra nubi nere all’orizzonte,
cupo e triste, sparge
nel vento minaccioso
sottili aghi pungenti.
Stille d’amarezza
cancellano i diamanti di luce
della mia felicità.