Renato Lopresto.

Poesie e Racconti


La parola

Parola
sofisticata facoltà
costretta a gioco strumentale
per eludere l’immaginazione
arma di potere di pochi
vacuità sublime
promessa d’un momento
fantasmagorica girandola
rotante
sopra un ospizio di mentecatti
non ci sei che tu
a dare corpo al mio dolore
e alla mia rabbia.

 


 

Le Rivoluzioni

Abbiamo assistito a tante rivoluzioni
(o ne abbiamo sentito parlare):
sociali culturali agricole industriali
copernicana einsteiniana iraniana
amata armata
tecnologica in atto
artistica intestinale sofferta
gravitazionale,
più o meno riuscite, abortite…
ma tutte al brivido!
E tutte
le abbiamo diagnosticate analizzate
deterse
fagocitate
cacate (con forzoso rimpianto). Quante?
Chi se lo ricorda più…
S’è fatta la sua perfino quel povero Gesù!

 


 

Velocità

Alla frequenza di 30 lampi al secondo
l’occhio umano non coglie i cambiamenti
ma vede una luce continua.
Il CPU/ unità centrale di processo
in pochi millimetri quadrati
s’impossessa del progresso
attraverso i “bus”.
Memorie, stampanti, telescriventi,
terminali e altri portenti
ingaggiano battaglia con il tempo:
1 milionesimo, 1 miliardesimo, 1 trilionesimo
di secondo…
(incredibile).
Con logica inesorabile
la macchina (Ligia al programma)
vomita dati elaborati
senza incertezze
senza inibizioni
alla faccia nostra.

 


 

Oceano

Galleggiante immensità
di sogni dimenticati
in movimento
serbatoio di frammenti
trascinati
da correnti millenarie
che non danno tregua.

 


 

Sognando Marilyn

Fu più forte di lui: davanti all’ingresso del cinema Ariston l’Uomo invisibile, vincendo l’ultima esitazione, decise di rischiare mettendosi in coda, con la speranza che non sopraggiungesse nessun altro. Ma dovette spostarsi indietro ancora due volte, perché la gente non s’impaurisse per l’ostacolo che il suo corpo, con suo grande e mai sopito disappunto, di fatto costituiva.
Nondimeno, l’amore devoto che portava al ricordo e all’immagine di Marilyn non gli permetteva di privarsi della malia di quel film che l’aveva resa diva per sempre ed emblema insuperabile dell’eterno femminino.
Provò disagio, per ragioni che potremmo definire di stile, a eludere il controllo mentre tutti mostravano di possedere il biglietto.
Scelse il posto più appartato e si sedette solo dopo che vennero spente le luci. Come lei apparve sullo schermo, si commosse fino alle lacrime. Poi, catturato dalle scene più gaie, rise di gusto. Perfino si eccitò davanti a quelle curve generose senza essere ridondanti; con in più il sollievo stavolta di non dover carpire il piacere. Era questo un aspetto della sua esistenza che gli procurava un fastidioso senso di colpa che avrebbe potuto spingerlo alla depressione.
Al termine dello spettacolo, sentì una voce chiedere permesso: levò lo sguardo stupito e vide una figura morbida di donna che portava sul capo un elegante fazzoletto di seta e un paio di larghi occhiali scuri che le nascondevano il volto. Si mise in piedi lasciandola passare educatamente. Poi si risedette privo di forze.
Quando fu in grado di rialzarsi, era così assorto da non badare a chi entrava: spinse un vecchio signore, che se la prese con un terzo a due metri da lui. Allungò il passo e ritrovò la donna di prima, ferma all’incrocio, che agitava le braccia per chiamare un taxi. S’introdusse dietro di lei nella vettura con impudenza. La donna fece un cenno di sorpresa, senza protestare. L’Uomo invisibile bofonchiò qualcosa, ma lei gl’impose il silenzio.
“Perché mi ha seguita?” chiese una volta a terra.
“Come fa a vedermi?”
“Vuole entrare? Vedo che sta tremando dal freddo.”
Lui trovò che l’appartamento era accogliente ma arredato con gusto forse un pò prezioso.
“Ora può coprirsi,” la donna disse, mentre gli porgeva una raffinata vestaglia da uomo.
“Non ha risposto alla mia domanda.”
“Neppure lei alla mia.”
“Come potevo non seguirla, dal momento che riesce a vedermi? E poi, lei assomiglia a una persona che amo.”
La donna si tolse il fazzoletto e gli occhiali e, con un movimento naturale e seducente, si pose a sedere in poltrona, invitandolo a fare altrettanto: l’Uomo invisibile di colpo impallidì.
“Non si meravigli,” lei riprese,” sono solo il prodotto ben riuscito di un bravo artista del fumetto. Riesco a vederla perché sono simile a lei.”
“Ma lei è…”
“Uguale a Marilyn, lo so. Ma non sono la sua reincarnazione. Mi dia la mano e capirà…. vede? Sono solo un’ombra. Infatti, è stato sciocco in sala chiederle il permesso di passare, perché sarei passata comunque e lei non si sarebbe allarmato. Che dire? La forza dell’abitudine.”
“Io l’amo!”
“Non sia ridicolo: non sente che non c’è che il vuoto? Si rassegni: i nostri destini sono in apparenza diversi, ma siamo entrambi impediti e infelici. Lei non può toccare né farsi toccare, perché non può farsi vedere da nessuno (per questo è costretto a muoversi nudo). Io sono solo un miraggio. E poi, se mi vedesse in pieno giorno, noterebbe che tendo inesorabilmente al pallido: da un pezzo il mio creatore mi trascura per disegnare una certa Madonna. Se continua così, presto scomparirò.”
“Vorrei, almeno per un giorno, toccare e farmi toccare invece di nascondermi come un reietto. Ora qui vorrei che lei…. che tu sentissi come veramente sono fatto e sentirti come ti vedo…”
“Mio caro amico, potessimo almeno scambiarci per una volta il nostro modo di essere, non fosse che per spezzare la monotonia del vivere! Ma, come sa, anche questo ci è precluso: lei e io non possiamo, in nessun modo, opporci al destino.”
Si guardarono negli occhi; poi l’Uomo invisibile s’inginocchiò ai piedi di Marilyn e fece il gesto vacuo di prenderle le mani. E a entrambi sfuggì una lacrima.