Roberta Biaggi - Poesie

La solitudine degli amanti 

 

Confondi

il buon marinaio

con colui che invece

ha una donna

in ogni porto

 

il novilunio

ha già allungato

le sue ombre

sul mare ingrossato

e il libeccio

ti ha già spettinato

i capelli

“Anche per chi ha passato tutta la vita in mare c’è un’età in cui si sbarca.” [Italo Calvino]


 

Le zagare di maggio 

 

questi giorni

vuoti di noi

hanno rinsecchito

le zagare di maggio

 

mi bagno

del rumore

che fa la pioggia 

sul tetto

 

sperando

che il vento

risparmi

i miei piccoli limoni

Così ogni cosa ha la sua parte e di respiro e di odori.” [Empedocle]


 

La geometria dell’amore 

 

come un desiderio

che torreggiante

sconfina

 

la linea retta

sceglie due punti,

due punti soltanto

tra tutti

 

correndo insaziabile

all’infinito

dove osano

i nostri sguardi,

 

sino alla Cintura di Orione,

la notte…

Due amanti felici fanno un solo pane,

una sola goccia di luna nell’erba,

lascian camminando due ombre che s’uniscono,

lasciano un solo sole vuoto in un letto…

[P. Neruda]


 

Non so se ti scriverò di nuovo 

 

Non so se ti scriverò di nuovo.

Se lo farò

sarà forse

a inizio primavera,

quando il salice piange

i propri armenti

sulla terra ancora dura

dell’inverno;

 

userò una carta

pregiata color lavanda

che profuma

di Provenza

le memorie.

 

Nell’incertezza

mi addentrerò nel bosco

rosa di macchia

a mostrare solo spine

e lucenti bacche.

Come tutti i sognatori, ho confuso il disincanto con la verità.

[Jean Paul Sartre]


 Attesa

 

.. una manciata di lettere

gettate alla rinfusa,

mormorate sottovoce

in cerca di un pretesto

che mi consumi

 

dando un senso

a questo vento

che si infila

tra l’intercapedine dell’attesa,

nell’incoscienza ormai di chi

confonde il vento con le rose“…


Scusa se

 

Scusa se non riesco a nascondere

in un tabernacolo

le mie emozioni sconsacrate,

confuse come abiti

in un armadio

nel cambio di stagione.

 

Ma è un’anima – la mia,

che osserva tutto

e seduce l’attimo,

lasciando il corpo senza respiro

altrove.


 

Keiryū (Questo cielo di corvi)

 

questo cielo di corvi

a stento trattiene la pioggia

che bagna le piume –

mi scarnificano i becchi

mettendo a nudo i miei ricordi.


 

Il primo garrito in volo (Covid-19)

 

Ridevo solo con gli occhi

e le emozioni galleggiavano

inermi nel corpo vitreo:

mi adattavo,

come si adatta l’acqua

al recipiente che la contiene.

 

Ancora non si vedevano le rondini 

con i becchi sporchi di fango

costruire i nuovi nidi.

 

Di una cosa però ero certa:

il primo garrito in volo

sarebbe stato il mio.


Dove i poeti prendono respiro 

 

ti sei infilato

tra un verso e l’altro 

dove i poeti

prendono respiro

 

nell’intercapedine

tra l’anima

e la carne,

lasciandomi come sospesa

nel solfeggio

abbacinante 

della tua audacia

 

tra il battere

e il levare,

in un punto indefinito

dell’alzata


Marzo 2020 (Covid-19)

 

altro non eravamo

che fili d’erba – 

ancorati nei nostri giardini 

contavamo le palline dell’abaco

con le dita,

accarezzati dal tiepido vento

di primavera.

“Alle fronde dei salici, per voto,

anche le nostre cetre erano appese,

oscillavano lievi al triste vento”

(S. Quasimodo)


Ingorda di vita

 

Obliterai l’anima

convalidando i miei sogni

nell’istante di un respiro.

 

Percepii nella mano

la lieve trattenuta

fugace come abbraccio

alla partenza.

 

Abbandonai il mio passato

stropicciato e ingiallito

sul velluto consunto del sedile.

 

Scesi al capolinea

ingorda di vita.


 

Il vento nell’anima

 

Sfiorata dall’alito di vita

si piega lieve

l’erba nel prato
increspata in chiaroscuri risvolti

simili a orli spumosi di onde.

 

Beccheggiano i vermigli papaveri

nel pelago erboso,

come barche a vela

sospinte dalla brezza marina

sugli attimi fuggevoli del tempo.

 

Mentre la luce vespertina

del tramonto si china

a elargire un’ultima carezza,

muore l’oggi 

e cede il passo al domani;

la coscienza riposa,

sfuma il bucolico brusio

e si affaccia il vento

alle porte dell’anima.


 

Assolo per pianoforte

 

Il mio corpo si veste di note,

mentre infili la tua melodia

nella cruna dei miei pensieri,

tastando la mia voglia di te.

 

Mi raggiungi e mi travolgi

come l’onda che gorgoglia,

s’innalza, spumeggia e s’arresta

quel breve attimo

prima d’infrangersi.

 

Ed è in questo infinitesimo spazio

nel quale mi perdo, mi ritrovo e gemo,

che nel silenzio che ho dentro

divento alba, mare, tramonto,

divento il tuo respiro

un istante prima che si spenga nell’aria

il riecheggio dell’ultima nota,

 

un istante prima che si raffreddi la mia pelle,

adesso che è ancora calda di te.


 

L’angolo delle cose che durano

 

Tremolanti riflessi

di rande e fiocchi arrotolati

si mescolano in colori disciolti

nelle acque del porto.

 

Beccheggiano lievi

scafi ed alberi spogli

mentre il maestrale

tra le scotte tese

attende che il sole morente

spenga gli ultimi bagliori.

 

Cerco in questo nautico approdo

l’angolo delle cose che durano

ma il cielo d’occidente

già si è tinto d’inchiostro

lasciandomi prigioniera

delle mie ombre.

 

(Del vento

tacerà a breve

il triste canto,

e riecheggerà dal mare

l’ultimo accordo.)


 

Sera

 

in questa locanda a ore

dove alberga la sera

e la tovaglia è macchiata

dei nostri discorsi

rovesciati per sbaglio

sull’ordito e la trama

disegno mandàla

con il dito

tra briciole di pane

 

devo ricordarmi più tardi

di girare il materasso sull’estate,

distesa sopra le lenzuola

che sanno di bucato

colorerò il vuoto di sensi

attenta a non oltrepassare i nostri confini

fintanto che la luna

non avrà completato il suo giro.


 

Tramonto sul mare

 

E’ l’epifania improvvisa

dal gusto salmastro

di istanti rubati al vespro,

il cielo cremisi,

le nubi rarefatte

color vermiglio

e il beccheggio nel vento

di imbarcazioni lontane

questo tramonto sul mare.

 

Mi affaccio allo scafo

con la maestria

dell’esperto navigante

che non si è fatto sedurre

dal canto delle sirene

 

respirando tutta la vita 

che ho dentro.


 

Il volo

 

Sono come la neve d’inverno

che cade sui tetti

in silenzio

e si scioglie

tra le mani,

se cerchi di trattenerla.

 

Vòlto pagina,

ed è di un battito d’ali

lo stesso fruscio:

sta nei voli a planare

ed in lune introverse

l’impazienza di vivere.

 

E nella muta di piume

già scorre la linfa.


 

Déjà-vu

 

quando si è girato

(nel tempo sospeso 

tra l’arancione ed il rosso)

ho pensato

che avresti potuto essere tu

 

ma la stagione è quella sbagliata

e anche gli occhi colore

estate trascorsa

non sono i tuoi

 

ho dato la precedenza

ai ricordi duri e legnosi,

ai gusci di noce

aperti per anni a fatica

e ai gherigli svelati

ad addolcirmi la bocca

per non dovermi voltare più indietro

in questo giugno

appena iniziato

che non ci appartiene.


 

Ricordi

 

Quei murales 

sono grumi d’infanzia,

dai contorni sbiaditi

-un nero di seppia

slavato in un mattino 

di reti gravide

di orate e branzini.

 

Riscrivo i miei ricordi

più e più volte

con la frenesia

di una correttrice di bozze,

fino a quando

non fanno più male.

 

*

 

Diffido di chi getta

l’ancora in più porti,

pensando che tutti abbiano

lo stesso fondale.


 

D’estate

 

L’estate ti ha già riferito

tutto quello

che avresti dovuto

sapere da me.

 

Indosso quell’ultimo giorno di sole

che adesso sa di pioggia

intensa, scrosciante,

come di mutevole primavera
che lambisce

con il suo respiro umido

la sacralità violata dell’anima.

 

Voglio solo la carezza

degli alisei

che ingravidano le vele,

ed il beccheggio

che culla lo scafo,

senza voltarmi più indietro.