Rosa Schena - Poesie

Dicembre

 

Indosso l’abito intessuto di freddo.

Vesto il velo dei pensieri.

Il silenzio mi completa.

 

Nè pori nè vapori dalle branchie.

 

Solo gli organi mi parlano

di una Signoria che non mi riconosce.

 

Incatenata alla follia

mendico rotondità…

 

Cammino e…

 

Ho portato a spasso

le mie mani per il mondo.

 

Senza guinzaglio.

 

Senza che mai avessero

visto il tuo volto,

da te mi hanno condotto.

 

Inerpicate alle tue,

consumarono poi

la comune essenza…

 

Nel fuoco dorato

e mai più celato.

 

Incenso

 

Ritorna l’odore d’incenso.

Lungo

il cammino che ha fatto,

il condotto che ha riempito!

…per arrivare fin qui,

agli antipodi

di quel tempo andato…

 

Incrociandosi in mille bivi

…ed intrecci:

 

fra le borsette delle signore,

le figurine dei santini

le venature tristi di quei banchi

le fughe lustri di quei marmi

salendo e scendendo

da quegli ori sacri

al bordeaux degli inginocchiatoi

appeso al freddo delle acquesantiere…

esposto al furente colore di quei vetri

rannicchiato nello spessore di quelle lenti…

 

Arrampicato a quel Portone

Ancora chiuso…

 

Splash Down

 

Distolta

Liberata da me stessa.

Qui ed Ora (da questa scomoda dimora).

Una chimera. Un inganno.

 

Rituffarmi in me stessa,

nei miei fondali.

Nell’abisso?

 

In mezzo ai miei occhi: la geografia.

Un errore! Un suicidio…

Un bagno torbido – un sogno impossibile.

 

Meglio le bolle

d’aria che transita

indisturbata

per gli stessi, stretti cunicoli ombrati,

finché come ambra levigata

il ‘genio’ non luccicherà – Sovrano.

 

Occhi

 

Due caramelle ho ereditato

dalla bambina che ero:

Si sciolgono in lacrime,

gioia e dolore.

Ne rifondono lo spessore.

Distribuiscono il colore.

Spartiscono profondità

e superfici.

Si caricano di gentili

screziature

come la carezza del tempo…

E ritornano indenni

dalle passeggiate

nei ricordi

fino a quella culla

consumata dall’amore

e da un biancore…

 

Come ingessata in quell’attimo.

Senza fiato.

Quando da una mano

(mano di mamma)

ricevettero la scintilla!

 

E da allora

divennero gemelli

e si vollero bene,

mai si offesero,

ma mai (raccontano)

si fusero…

 

E camminarono insieme

e impararono il loro nome:

Anima

 

Gelo

 

In una serata come questa

quando niente ti porta ad escludere niente,

quando quello che eri

riposa sul fondo dei tuoi occhi!

Fai esplodere il Natale dentro di te…

tendendomi la mano.

Sovrasteremo le alture

di quella feconda festosità

appannaggio delle anime libere,

capace di stordire le distanze

rinnovando la carezza,

recuperando dalla malinconia le cose perse,

far risplendere la gioia nella notte.

Reinventeremo la Via Lattea!

Nel gelo brillerà una nuova Cometa.

 

Pagine d’amore (Fine di un incontro)

 

Gli atomi

che abitano il mio ventre

nautilando

nell’atavico fluido secolare

…istoricizzano

nella tua mente,

come elettrico formicolio

che, con forza di tuono

si abbatte

sugli esausti,

rinsecchiti rami

(echeggianti dolore).

Come in una muta

di lattanti denti,

cadono

le ultime foglie…

a stampare sogni

sul suolo lunare.

 

Viaggio nell’Io malato

 

Impiccata a una corda d’oro

così – facilmente

mi privo dell’anima.

Nel buio, freddo mattino,

sorriso della notte!

 

Leggimi attraverso:

come la luna nel sole…

Oscura la malasorte.

Non più idee

cattura il mio cervello

ma vive in simbiosi

con le distanze

che lo raggiungono…

Mani, braccia, dita!

Non tentacoli…

 

Il mio respiro

fondendosi nel cosmo

toglie ogni arbitrio!

Tendini, muscoli

“mattoni rossi”

a reggere la solidarietà…

non rabbuierà le fonti dell’amore.

In te perderà

il suo fardello

di dolore

 

A me e te

 

Nascosti nel sonno.

L’Eden a difenderci

Nelle mie viscere le ragioni di te.

Tu, ragioniere delle mille scintille,

dei cupi centimetri della mia pelle,

 

Fabbro dalle mille fiamme

che elidono, che riparano

Che sciolgono le nevi del remoto debito.

Motore di moltiplicanti avversità…

Tu, inauguri la risalita

congedi l’abisso.

Proclami il Sabato.

(Una speranza fatta di carne:

ma allora è proprio vero?

Che le nebbie si diradano

che i cocci si riattaccano…

Non l’avevi “impiccato” Tu,

il mio giudizio?

Tu, il capostipite,

il primate

il primato ormai raggiunto.

 

Gennaio (1)

 

Privati gli occhi della coscienza,

del pudore la pelle:

il confine.

 

Se ne stanno per conto proprio.

Incapaci di comporre

la curva dell’orizzonte,

di tener salda

la cupola celeste.

 

Come in una danza

le stelle compiono

tragitti inauditi!

Tracciano traiettorie invalicate.

 

È la follia


 Deliro e…

 

 

Immagine capovolta:
neri scogli di mare
a formare la superficie
di stalattiti celesti.
I miei piedi, catturati
da mille asperità
mi tengono in bilico

ma barcollo… così,
a testa in giù,
in un fragile equilibrio
che rischia di farmi
colare a picco.

Indecente stalagmite
mimerò
a rimembrare sembianze
stanziali
di ctonii mondi.
Inescusabili, orripilanti
vestigia
di animalesca brama.
Deliro


 

Rosa

Me ne sto in silenzio.
Rosa… dal tarlo della fame.
La notte in bocca,
arrostisco col fumo
la sete che provo…

E provo a spegnerla
coi miei pensieri
divagando… tra verdi distese,
celesti onde
e piane rivestite di luce…
e di ali di farfalle
frementi.


 

Uomo (A U.)

I tuoi passi
si son fatti di velluto.
Di bambagia
le tue parole.

Te ne stai lì,
seduto in quel banco,
riparato dietro
quel tuo sguardo di more.

E la mistura di sole e gelo
lì, da fuori…
non scalfirà il disegno
del tuo Impero.


 

Raccolgo vuoto

Mentre ancora bevevo
dalle tue maestose spalle,
il mistero s’infittiva
e a ondate investendomi
mi colpiva.

Come un birillo truccato
ero già in terra.
Cos’è la fedeltà?
Appunti di battaglia
Chi vincerà?
La nobiltà trionfa(nte)
è un’infante in fasce.
Va, striscia il pensiero malato
Un morbo che non passa
Ha la febbre alta
Come: è già lì?
Ma nulla appare all’orizzonte

Una colonna di fumo
è lì
Come: è già lì?

Due bambini, figli di non so quali genitori
coi grembiulini azzurri
Nel cielo (come il cielo)

Il silenzio….assume forme indecifrabili, imperscrutabili.
Si fa liquido, d’incenso,
di tempio, di Chiesa.
Ma, tacciono le campane…

e già squilli squarciano
la quiete frustata a sangue..
La sveglia suona…
Avanza.
Il resto è…
Brusio.
Inutile cianciare di vecchie comari
nel sole rigato delle strade
al pomeriggio.
Di quando… raccolgo vuoto


 

La Creazione

Nei miei occhi
si incrociano le strade
di tutti i mendicanti
i disperati
i desolati
i senzatetto…

Le mie palpebre… mascoline
(che non li coccolano)
sono ben misera custodia
al loro segreto pianto.
Inesistente riparo…

E asciutte scortano, impotenti,
mendacemente funeree,
cotante tragedie…

Finché un accecante bagliore
non creerà lo “shining”…
a far trionfare il loro ruggito.

È Dio.
L’Innocenza ritrovata,
creduta persa.

Ora
piangono luce.