IL TEMPO
Tra le statiche cose tu,
Tempo ingrato, ancora fuggi;
e nel tuo continuo fuggire,
torni presente eppure instabile;
e, con la tremenda forza del tuo non essere,
distruggi l’Essere.
Ma perché l’uomo ti ha dato un nome?
Eh si, un distruttore effimero è una favola,
ma tu, Tempo, non sei una favola;
tu, non esisti;
eppure sei il giorno, il mese, l’anno;
sei il millenovecentottanta;
sei la mia vita.
Ma cosa sei, insomma?
Io non ti veggo mai,
puro etere, io non ti respiro,
perché non mi ridai il fiato del mio passato?
Quando il tuo spirto prenderà corpo?
Sì, lo so: il tuo corpo è il mio,
è il suo, è la gente, è il mare, è lo spazio,
è l’infinito universo che tu fai ruotare
intorno al tuo asse magico,
e, nel tuo vortice, così magicamente ci derubi.
Ma sei un ladro innocente.
Il mare
Vedo le immagini del mare d’estate conquistato,
devastato, imbruttito da persone senza scrupoli;
vedo spiagge rovinate.
La vita protegge il mare e le sue creature,
poi tutto torna normale.
Il silenzio del tempo scrive.. .
Un osservatore si ferma, guarda, ascolta.
In autunno le spiagge sono coperte di rifiuti,
foglie cadute.
Le onde si muovono piano, stanche.
L’inverno è oscuro, minaccioso;
il mare urla e si dimena,
forse per chiedere aiuto.
I pesci convivono coi nuovi arrivati, malvolentieri.
Poi arriva la primavera,
ma il sole è meno allegro di prima,
Il clima e’ diverso.
Arriva l’estate e il mare attende l’allegra brigata… .
Ma .. ma il mare ci appartiene, è un nostro fratello..!
Certo… per divertirci!
AL MIO GATTO
Ciao Massiccio,
te ne sei andato in silenzio,
tra il frastuono delle macchine,
nel vortice della follia umana che mi è estranea,
con quel tuo fare indipendente e fiero.
Addio mio piccolo, dolce amico.
Ricordo quando sei arrivato a casa con la tua sorellina:
eri tutto sporco, ma avevi coraggio e ti presentasti senza paura,
mentre Egizia si nascondeva tra le piante.
Eri bello, incredibilmente bello e buono e affettuoso e tranquillo,
eri l’immagine della ‘gattità’.
Quanti giorni in casa, quante coccole…
poi è nata la vostra piccola birba ‘Maggiolina’,
lei così pazzerella con due genitori così tranquilli.
Ricordo quando tornavo da scuola,
tu mi aspettavi sul viale e mi davi le testate,
io non l’ho mai capito;
eri così buffo, mi facevi quasi cadere e ti rimproveravo
e allora correvi saltando e poi ti fermavi ad aspettarmi.
Che intesa, che dialoghi, che affetto mio piccolo amico!
Ricordo quando ti portai dal veterinario,
lui mi disse di sterilizzarti, io gli risposi di no, decisa.
Volevo lasciarti la tua libertà e non il mio piacere,
ma ti ho lasciato la libertà in un habitat che non era il tuo,
tra umani e macchine.
Temevo questo pericolo, ma speravo che il destino ti avrebbe difeso.
Invece anche tu, come il valoroso Achille, hai preferito una effimera gloria
alla tranquilla vecchiaia sul divano a far le fusa.
Addio valoroso guerriero!
Quanta gioia mi regalavi quando tornavi, sempre bello;
ti prendevo in braccio e accarezzavo il tuo corpo massiccio.
Che gatto meraviglioso sei stato!
Grazie per l’amore che mi hai dato e scusa se non ti ho protetto abbastanza.
Ti ho affidato alla vita, a quella vita misteriosa in cui profondamente credo
e che, come è giusto che sia, porta con se, in un inspiegabile connubio, anche la morte.
Addio mio piccolo amico… io ti aspetto.. , torna a casa… !
Io nell’universo
Pensa ai giorni che passano, sono tanti…
vanno verso l’infinito
e sembrano tutti uguali!
Pensa al tuo amore per la vita,
è infinito!
Come il significato della vita.
Pensa che sei tutto, sempre
anche là dove appari essere niente.
Pensa al mio sguardo nel tuo, nel suo.. .
Pensa che mille volte nasce un attimo infinito
E tu pensi sia niente.
Pensa quante volte credi che morire
sia un anelito di vita e poi
rimane un ‘non so’.
Pensa alla tua anima che si illumina
nel crepuscolo dell’Anima Universale;
e vedi la mia mano che annaspa
per trovare la tua,
in mezzo al frastuono del cammino,
tra gente ululante, feroce, muta.
Ti vedo e sono viva,
silenziosamente viva.
IL CLOWN
Il clown ride con la sua faccia allegra,
ride felice e guarda ignaro da tutte le parti;
poi qualcuno lo infastidisce, povero clown;
lui piange, è scontento, si siede a terra sciocco.
Un bimbo ride, lo guarda, è felice;
e piange con lui quando lui piange.
La madre sorride,
guarda il suo piccolo,
tace.
Lo spettacolo continua,
il clown si rialza,
qualcuno lo prende a calci
e lui che fa? Non lo sa.
La gente ride, qualcuno si annoia,
qualcuno è indifferente,
i bimbi vorrebbero guardarlo per ore.
Lo spettacolo finisce,
le luci si spengono,
l’unico riflettore lascia ancora
intravvedere quel fantoccio multicolore
inchinarsi, salutare soddisfatto.
La gente va via, la platea è deserta;
il clown è lì, si spoglia di quei cenci,
è un corpo nudo piegato su se stesso:
è sola.
E’ lei, sola coi suoi cenci.
Fuori i bimbi gridano,
le signore parlano,
i signori sono contenti per i loro cari.
Ma il clown è là;
le luci sono spente,
qualcuno si avvicina,
e lei alza la testa,
e lo fissa con quegli occhioni tristi del clown.
Lui le parla, le sfiora la pelle calda,
un brivido le va giù per la schiena,
e quel corpo disperato
si avvinghia a lui con forza,
con amore, con selvaggia attrazione;
poi ricade e lei alza la testina
e parla: ‘non può, non deve,
i miei amanti son là…’
e guarda triste i suoi stracci;
‘non puoi ingannarmi corpo infedele!’
sospira e poi tace.
L’uomo sorride con rabbia a tal mistero:
‘forse anche questa è vita’ – dice.
E pensieroso va via.
L’ALBERGO DEL BENE E DEL MALE
Gentile e buono davanti all’orrido Signore sta
Il mite animo,
pauroso, timido, insicuro, vacillante, fiero.
Torvo e cattivo davanti al nobile Signore sta
il tristo animo,
forte, spavaldo, sicuro, immobile, indegno.
Sempre in lotta, mai in pace avvinghiano,
come cani ringhiosi, la mia anima.
E quest’anima vive l’angoscia
che i momenti belli le donano
e la pace che i momenti tristi le offrono.
E in questa eterna lotta si consuma la mia esistenza,
in cui un’anima ingenua e pura
piega un corpo bramoso e ribelle.
E’ una strana armonia .. insolita, bizzarra.
E in questo corpo vive senza spegnersi un fuoco
tra il ghiaccio, scoppiettando, urlando.
Fuori un campo verde, un fiore,
due occhi profondi, due labbra dischiuse.
LA MIA ANIMA
Mi guardai allo specchio, tanti anni fa:
vidi una bambina felice,
due occhi limpidi, tanta ingenuità;
Dio come era bella!
Mi guardai allo specchio tanti anni dopo:
vidi una donna,
due occhi pieni di pianto,
tanta tristezza;
Dio come era infelice!
In quegli occhi, che tristemente brillavano,
vidi lui, tremante tra le lacrime.
In quegli occhi grandi,
che fissavano il vuoto nello specchio,
c’erano gli occhi di quella bimba,
c’era tanta voglia di tenerezza,
c’era tanta voglia di donarsi,
c’era tanta voglia di capire Dio.
Ma Dio dov’era?
Dio era in quegli occhi.
A quegli occhi incerti, scuri,
chiesi: perché, perché?
Quanta disperazione!
E in quegli occhi comparvero insieme
ingenuità, passione, dolcezza, amore… paura…
e poi Dio… ma Dio era la mia coscienza.
HO INCONTRATO L’AMORE
Ho sentito nel silenzio una voce,
mi ha detto: ‘seguimi’!
Ho visto nell’oscurità una luce.
Con gli occhi chiusi ho camminato.
Ero sola, volevo incontrarti;
poi Ti ho visto,
Ti ho chiamato per nome,
Ti ho chiamato ‘Amore’.
Tu mi aspettavi e io Ti cercavo da sempre.
Le nostre labbra si sono unite in un bacio
E si sono staccate per pronunciare un addio.
Addio per sempre, Vita mia.
E la voce ha parlato al mio cuore:
‘Svegliati! L’amore è un sogno, non è realtà’.
Io ero rimasta lì a guardare il vuoto
e a piangere, con disperazione, lacrime d’amore.
Io avrei voluto, ma niente avevo avuto.
Io avrei voluto rubare qualcosa all’Amore,
si, avrei voluto…. .
Ma i sogni generano sogni.
E nel tempo infinito
due anime abbracciate
avevano lasciato il corpo prigioniero del mondo.
IL GIUDIZIO UMANO
Con il dito teso, l’occhio torvo,
implacabile giudichi lui,
quel povero infelice che ti sorride ignaro.
Sicuro, con sorriso beffardo,
mesci la liquorosa bevanda
e instilli piano,
ora al povero domani al ricco,
ora al buono domani al cattivo,
quel venefico dire.
Poi sghignazzando vai via,
ma tutti ormai sono briachi.
Tutti sono tanti liberi
Che delle loro catene liberarsi non sanno.
Tramonto
Dolce tramonto, a te mi rivolgo!
Tu che nascondi le diurne insidie
Dietro l’opaco chiarore dei tuoi raggi,
tu che, allo splendore inusitato e vario
dei tuoi colori, opponila mesta letizia,
il dolce silenzio,
in te si placa ogni furore e impeto,
con te s’addorme ogni tremor,
per te s’accetta mesto il triste volto
della vicina notte.
Dolce Tramonto,
tu che agli uccelli in volo concedi il nido,
tu che alle madri stanche concedi pace
tu che i cuori amanti avvii all’amore,
dolce tramonto, a te mi rivolgo!
Vano splendore,
vani colori,
fuggente illusione,
tutto m’appar morente
allor che la triste sera mi avvolge
anche tu vai via, tramonto,
immagine sfocata di un sogno.
A MIA MADRE
Tu che soffri in silenzio
e mi guardi con gli occhi dolci,
con quegli occhi che dir vogliono
quello che le labbra non sanno;
Tu che scruti il mio cuore
sì profondamente afflitto;
Tu che della Madre Santa
Specchio Splendente m’appari;
ascolta oggi questo mio delirio inconscio,
sì che il mio animo trovi alfine pace!
Gioie profane non cerco, ma solo Amore
E se i perigli evitar non so, rifugiarmi in te potrò.
Tu che mi hai fatto sai ricompormi
E se il tuo aiuto avrò
Sarò come il cieco e il suo cane.
Non parlare, ascoltami!