Salvatore Daniele

Poesie


Ossessione e follia

L’ossessione è follia, follia è ossessione di andare in giro nella mente.
Accorrete, accorrete, salite anche voi, l’imbarco non è semplice, sulla nave c’è posto per artisti, poeti e per chi è folle come me.
È la crociera della mente che partirà…dove arriverà questo non si sa.
È notte fonda ma se applaudi tante luci si accenderanno, saranno stelle i fuochi artificiali. C’è pure Sophie, si chiama Yrina, da lei sono razzi! Sotto non c’è fondo di mare d’amare ma solo lacrime amare. Poco importa per noi il fondo, già visitato, lì nel profondo tra stelle senza pigiama. Che bella compagnia stare soli tra artisti e poeti, i matti insomma, i dissennati che hanno paradisi nel fuoco dell’inferno. Quelli che vivono il mondo che non succede, noi che speriamo senza speranze. E la volontà si perde nell’immensità, succede.

 


 

Stanchezza

Stanchezza del tempo mi prende, mi arrendo, va bene anche dove sono. Sveglio, è notte fonda, mi alzo, mi vesto, esco. Schultz scodinzola, a lui piace che lo porti fuori, che sia notte poco importa. La sigaretta fa fumo ai pensieri miei, solitudine compiaciuta rende spensierata la triste felicità lasciata ieri.
È un po’ che non ho compagnia sotto le lenzuola, lunedì lei tornerà, riprenderò a giocare, senza fretta, a lei piace così. Sospiri nel silenzio alle delicate carezze che al piacere destinate premura non hanno. Oggi è tempo di stanchezza, non è debolezza. Mi sembra di vivere da un’eternità, passata così velocemente da tenerla tutta in una mano. Rimini, lampioni gialli nella nebbia, scendo in spiaggia. Le onde del mare fanno musica alle onde del mio silenzio, il concerto mi è vita, Schultz mi accompagna, scodinzola, mi fa strada, forse lui sa dove andare, io no, mi attrae non saperlo. L’alba ancora lontana, a ottobre fa freddo qui, a lui non importa, neanche ai gabbiani. Va bene anche per me, camminare sotto il cielo che non si vede, mi seduce l’immensità, meravigliosa intensità di sentirmi ancora vivo, crudele padrona lasciami libero. E cammino, cammino con il vento freddo in faccia, mi copro, ho il cappuccio, sto bene in mia compagnia, l’alba arriverà.

 


 

L’artificio

Mi sembrava di vivere da un’eternità, eppure, era passata così velocemente,
spenta come una sigaretta nel nero portacenere. Tu non lo sai, non sei proprio bella ma è proprio questo che ti rende bella. Sorridi, mi guardi, parli un’altra lingua, ti comprendo a modo mio, ho rughe profonde e questo ti rende ancora più bella. Crudele bellezza insalivata alla fantasia. Azione e reazione, nulla si manifesta se non parte dalla mente, penserò a quello che desidero, sarà questo l’abbellimento.

 


 

La paura

La paura di rimanere soli rende vulnerabili, sgomenta, influenza l’essere per il fare, soccombi ed affoghi nella palude della solitudine. Come uscirne fuori o come non entrarci? La mente statica ha pur pensieri dinamici, manifestazione di unicità di essere universali. Fermarsi e chiedersi perché questo disagio? Cosa vorrei io lo voglio, cosa voglio? Nel gregge, figurante io non voglio. Foresta di alberi, se albero pur io sono, spavento non mi fa esserci. Allora cammino io tra alberi e dalla foresta esco fuori. Maledette parole male dette. Essere per il fare, realizzo io i miei passi a portarmi lontano, trionfo di volere e potere, esistenza io sono per fare.

 


 

Triste storia

Meraviglioso componimento, armonia nell’animo fu, dell’alba la luce che accarezzava l’agitato mare della barca mia. L’amore cantava Partenope all’imprigionato Ulisse. Sirena non era, ali di angelo aveva. Si tuffò in quel mare per amare e ne affogò. Questa, d’amore, è triste storia. Ulisse ad ogni Penelope, sognava navigare. Ad ogni ucciso amore, incatenate erano le membra a conforto del pianto suo. Lacrime salate da poter sì dimenticare, mescolate all’acqua del mare scivolate sul viso suo. Mani che mai si tennero a stretta per parlarne potere,
lontani vissero i corpi mentre, del morituro incontro, l’abbraccio straziante fu alla passione.

 


 

Rosa nell’anima

Ti disegno una lacrima triste,
finto mare che bagna i piedi,
è la notte a vestirmi verità sbiadite,
petali di rosa nell’anima.
Nel pugno della mano
stringo paura e dolore.
Parlami sottovoce,
basta anche il tuo respiro,
la cosa più bella è la malinconia.
Non fu partire e neanche arrivare,
l’inquietudine,
fu il viaggio e la valigia.
Avevo messo le cose di ieri
che non mi sarebbero servite domani.

 


 

Il lontano ritrovato

Mi riconosci,
mi conosci dopo tanti anni,
eccomi qua,
mi riconosci senza avermi conosciuto
in tutti questi anni.
Lasciai i domani in mari navigati,
ti incontravo senza trovarti.
Ho chiuso porte e cambiato scarpe.
A piedi nudi mi riconosci,
viaggio lungo per andare lontano,
è qui ora il lontano ritrovato.

 


 

Il mio fucile

Quando ero in missione
l’unica puttana a farmi compagnia
si chiamava adrenalina.
Non c’era posto per madri e figli.
Non c’era posto per sentimenti e paure.
L’anima avevo nel mio fucile,
sopprimere l’orrore per viverla.

 


 

Imperfetta bellezza

La bellezza che ci stravolge e che più ci appassiona di una persona, di una cosa, un paesaggio, un’opera, di una frase o una musica è l’armonia di concordanza nell’osservarla sentendola propria nell’anima. È pietra preziosa che non necessita montatura alla perfezione ma solo seduzione alla nostra imperfezione.

 


 

Quel momento

Incantevole è quando arriva poggiandosi dentro con grazia impetuosa d’intensa armonia. Meravigliosa emozione del momento che appartiene solo a noi stessi. Lo stringiamo forte in paura di perderlo, che ce lo rubino o che svanisca. È attimo di eternità dove meraviglioso è naufragare in noi stessi.