Salvatore Picone - Poesie

Pensieri del cuore

 

Il tempo del ricordo

 

E poi 

quando hai tanto tempo 

per pensare.

Quando ogni lacrima 

sembra una ferita dormiente

e l’amore per la vita acquista

un prezzo immortale.

È proprio lì che la verità

sconfina le ombre, 

è lì il rumore del silenzio

che tramortisce le voci della mente.

Lontano da ogni verità inquinata

bevo silenzi 

in cui il tempo s’immortala 

in questo sguardo ormai taciuto.


 

A mia nonna Giovanna

 

Parlo ancora con te

come se il tempo

non si fosse mai fermato,

ti guardo e ti abbraccio

come se tutto non fosse mai passato.

E mentre una lacrima scende giù,

affondo nei ricordi

come un bambino

bisognoso dell’affetto della mamma.

Impossibile dimenticare,

come è impossibile non respirare.

Non esiste prezzo che pagherei

per riaverti accanto a me,

non esiste fortuna più grande

nell’averti conosciuto.

Anima preziosa, figlia di Dio,

in alto tra i cieli infiniti

sento la tua voce

attraverso il mio cuore,

casa dei nostri ricordi.


 

Tempo che va

 

Passano le ore

è il tempo di andare,

senza paure ma con convinzione

dobbiamo ritornare.

Tra una risata e una lacrima

bisogna meditare,

oltre le stelle si può solo sognare,

sognare momenti felici

guardando quelle ore traditrici.


 

La maledizione dell’odio

 

La barbarie dell’incoscienza 

nel mio mondo solitario

sorrise a nuvole di polvere

sopra gli occhi della menzogna.

Era forse meglio soffrire in silenzio 

che stringere patti col demonio.

Ma la debolezza della vita 

si arrese definitivamente e

l’oblio cadde sulla miseria.

Sono storie di uomini senz’ anima,

ma sono anche vite di uomini

animati da sontuosa fede.

Dio ha visto, l’uomo è morto!

È andato negli inferi senza capire.

Perché non si capisce 

quando gli occhi gridano odio.

Povere anime…tutte…poveri innocenti!

Adesso 

in questo mio mondo tremo dalla vergogna,

eppure io non ho fatto nulla,

ma tremo e poi piango

piango e poi grido: io non ho colpa!!!

Ma le nuvole della misera barbarie

sorridono agli occhi dell’ignoranza,

e l’anima è una facile preda.


 

Vivendo

 

In alto, lì lontano da ogni attimo,

un fulmine,

la vita che si allontana,

forse è un gioco, 

o una immane sensazione.

Non so, mi addormento.

È un sorriso che non va più via,

una lacrima, un ricordo,

tocco con mano l’amore, 

poi volo in alto

e non so più chi io sia.


 

Buio incatenato

 

Struggente è la mia anima

al fiorir della primavera,

il mio bocciolo non profuma di libertà,

le sbarre della mia prigione si 

rinvigoriscono di fermezza e

il mio docile cuore 

s’ indebolisce di assurdità.

Nel raggio di sole che trapassa la mia vita

ho scoperto la mia sofferenza,

un atto di sacrificio versato da pensieri

privi di determinatezza.

Brilla di luce il mio spiraglio,

vive costante il mio abbaglio.


 

La rivolta della natura

 

Seguono orde di impurità

al calar della rossastra nebbia.

Pura come una vergine, l’anima

sgomenta sull’indefinibile falsità

del finto essere civile.

Sul fiume dell’innocenza 

pesci colorati sorridono a

squallide bombe velenose, 

e la natura si ribella,

sicura, poiché ha una corazza

chiamata risposta di Vendetta.

Eh sì… cari…! Adesso tocca a me!

Si sente il vento della limpidità,

si sente l’odore che rinfresca 

quella terra ormai tradita,

ormai lasciata sola

alla violenta giustizia del Creato.


 

L’ignoranza

 

Povero stolto ignaro del verbo

muto dinanzi all’acerbo.

Lontano dalla vera ragione

nuota su un mare di lacrime

senza meta e comprensione.

Anime credenti cercano invano

la vittoria sull’incolto,

ma mani incrociate non rispondono

agli aiuti dell’amore raccolto.

Prega disse qualcuno,

ma quel povero stolto

non ascoltò mai nessuno.


 

Talia chi bedda! (Guarda che bella)

 

Scattante, impetuoso

l’occhio vispo della passione,

un sentimento travolgente

alla sua vista:

Talia chi bedda!

Talia chi bedda!

Talia chi bedda!

Disarmato, innocente cuore

senza più parole,

annientato ormai

dal suo cieco amore.


 

La nostra fortuna

 

Sospeso come un aquilone fuggito via

osservo le meraviglie del creato.

Mi sposto dal basso verso l’alto

e mi accorgo 

quanto il mio pianeta sia incantato.

È sublime il cambio delle stagioni,

è incantevole la notte dopo il giorno.

Ad un tratto scendo giù,

a ruota libera, senza freni,

mi abbraccio ad un albero

e capisco che siam terreni.

Difficile adesso osservare,

facile disperare.

Sprofondai dunque nell’oblio

non capendo che 

una di quelle meraviglie

 ero proprio io.