Ode a Brian Jones
Avevo l’immagine di mio padre in posizione eretta
Nella sua freddezza
Mentre con uno sguardo statico
Guardava le mie carni e le mie ossa
Borbottava in silenzio per non dare nell’occhio
Come un uomo di buona famiglie dovrebbe fare
Ma il suo dito, seppur in tasca, era esteso
Pronto quasi a denunciare il suo solito moralismo per l’ultima volta
Mia madre era proprio dietro di lui
Con gli occhi più lucidi di un bicchiere di cristallo
Il trucco si scioglieva intorno agli zigomi
Marcando ancor di più le rughe della vita
Pensai a quanto maestosa la mia morte avrebbe potuto essere senza quell’insulso abito
Avrei preferito la mia camicia di lino rossa
Oppure la camicia di velluto dorata
Più dorata dei suoi capelli
E con qualche gioiello in più
Così, oltre al riflesso della luna, attraverso quella patina bagnata,
Avrei visto luci colorate
Riflettei sul desiderio più bramato, su quanto fui contento della sua felicità,
Mentre acqua gelata di un giovedì di luglio entrava nelle mie narici
Pensai più volte alla mia fine ed essa non era affatto sofferente,
Ma soltanto un viaggio verso le grandi valli del paradiso
In quelle valli ci sarei voluto rimanere per minuti, ore, anni
Mentre queste, queste valli sono in salita
Tanto che io scivolo verso il basso
Dopo un po’ le mie ossa ed il mio cuore si annientano a terra
Rendendomi spirito in viaggio verso l’ignoto
Ma mi aggrapperò nel fango di quelle valli ed esisterò
Mi chiesi il perché di così tanta crudeltà ed ingiustizia
E lì capii che non esiste alcun Dio
Mi ha affogato e ho sofferto per le mie ali
Eppure se voi desiderate conoscere come tutto questo sia terminato
Per dare vita alle vostre anime prive di emozioni
Ve lo dirò
Era un gioco ed ero sobrio
Ma anche con una bottiglia di Brandy del ’46 avrei potuto reggere qualche nuotata
Io e lui decidemmo di andare a fare un bagno in piscina
E poi iniziammo a stabilire, come si fa nel mondo animale, chi fosse il capo, il maschio alfa
Mi tirava le ginocchia
Così forte che mi bagnai l’intero viso e il caschetto già lavato da poche ore
Il ricordo del ghigno inciso sul suo volto mi rende timoroso e dubbioso
Della malefica sorte di noi esseri umani
Decadentemente bello caddi
Come Lucifero
Anna vide il mio corpo che si affievoliva scarno e spoglio nel freddo chiaro di luna
Ed un urlo tagliente emise la sua bocca sottile
Mi trascinò fuori da quella piscina che conteneva acqua dolce e lacrime amaramente disperate
L’ultimo mio ricordo di quell’illusione chiamata esistenza sono le mani di lei
Le sue dita sottili tra le mie, rigorosamente abbellite di diamanti blu
Le strinsi la mano ossuta e dissi, in mente o ad alta voce,
“Io ti amo”
E mentre bambini e donne durante la guerra muoiono
Nuovi amori sbocciano, deboli cuori si spezzano e occhi si prosciugano
Io resto lì a guardare.
L’immenso
Era l’immenso
Come potrei mai descrivere il tutto
Offenderlo con così tanta banalità
Il corpo mortale si bloccò, mentre l’anima impulsiva cercava di esplodere fuori da esso
La gola non emise un gemito, avida dei suoi più cari sentimenti
Ma gli occhi…
I due cristalli della verità, urlavano
Invano
Pioveva dagli occhi amore più profondo
Per quell’idealizzata figura della perfezione
La bella donna mortale si spogliò
E di lei rimasero soltanto i frammenti di ciò che era un tempo
No, non è il fumo
Sono le viole!
Le viole viola cresciute nel mio petto
Meravigliosi doni preziosi
Ma non respiro
Annegano i pesci
Corpo trascinato nella notte di un sabato sera
Non si girò
Il desiderio più bramato di una fine all’inizio
Offuscato da quel bellissimo pagliaccio dagli occhi color speranza
Dimenticanza
Angeli ballano in cerchio la canzone dimenticata dal mondo
Il tempo scompare e lo spazio è astratto, buio e senza forma
L’anima spinge verso l’alto il corpo morto di emozioni
Destra
Sinistra
E poi in su
Sto volando!
Rimbomba tutto
Sento il cuore della terra battere
E provo una gran pena per essa
L’abbiamo stuprata
E i suoi logoranti gemiti
Li copro con un grasso eco di una risata
Tè Caldo
Tè Caldo fumante lungo i tavoli di legno
Non si poteva né bere, né drogarsi
Eppure schifosissimo vino rosso girava nelle mani di quei giovani ribelli
Le nuvole grigie ovattavano la mattinata
E la luccicanza del sole fuoriusciva da esse, rendendo tutto, e dico tutto, come una fiaba irlandese
Ovunque mi girassi, in movimento, vedevo pantaloni di jeans anni ‘70
L’entrata, a quella sottospecie di cantina, era inespugnabile
Protetta da una banda di ragazzi con i capelli lunghi e con la barba, molto più alti di me
Mi adattai in fretta a quel clima vintage
Con il rosso delle mie sigarette, troppo pesanti per una quindicenne
10:30, si, per quell’ora mi ritrovai al centro in prima fila, circondata da ignoti
E poi la scena folle, l’entrata del Principe della Casina
Era armonioso, aveva dei ricci biondi, così lunghi che gli accarezzavano le spalle
La fronte prorompente, coperta da un cappello di lana viola e rosso
Abbinato ad un felpone viola che cancellava ogni forma alcuna
Le mani le teneva strette, una attaccata all’altra
Dando l’impressione che qualche brigante gli avesse potuto rubare la bacchetta magica
Gli occhi erano un misto tra azzurro e verde, immensamente lucidi
Dovuti forse alla barca della pace
Non credete a quello che leggete oppure che vedete
In qualche film film d’amore strappalacrime di seconda o terza visione
Quando t’innamori nulla si ferma, nulla si blocca
Ma per pochi secondi, pochi attimi, ogni cosa si rallenta
E tutto muore e tutto nasce
Questo è rivoluzione
Non ho assaggiato il tè fumante
Per la semplice ragione che globalmente è tutto più gustoso, affascinante, interessante
Anziché conoscere la concretezza delle cose
Le Porte Della Percezione
Ritorno al passato
Il sitar incessantemente suona nel mio inconscio
Fanciulla, sei così follemente folle
Svegliati!
Anima stuprata, violata della sua noncuranza, occhi profondi
Verdi come l’ego
Azzurri come il sogno
Fumo nell’aria di maggio
Porte della percezione
Serratevi per sempre
Affinchè il bacio della Dea Libertà sfiorerà nuovamente la mia bocca
E la mia anima ricominci ad esistere
Tinta Rosa
Con tutta questa pioggia e neve
Il mio amore per te muore
Eppure
Follemente tu mi manchi, mi rendi roccia, fredda come la tinta colorata per capelli
Sul corpo dei primi di novembre
Via con te hai portato la mia gioiosa sensibilità
E, nonostante io abbia abbandonato e concluso parte della mia vita,
Non provo nulla
Proprio come un soldato, tornato dalla guerra, dovrebbe
Quando sono stanca della mia apatia, penso a te
Tutto diventa agitato
La pelle colorata e le fossette più evidenti
Da roccia in dinamite pura, mi rendi
Mi rendi viva
Ove Tutto Splende
Riscriverò fino a quando il mio ultimo respiro si recherà nell’oblio
Scriverò per Ophelia
La farò respirare
Scriverò per Dio rendendolo concreto
Infine scriverò per l’Angelo incompreso
Lo riporterò ove tutto splende
Ispirazione, vieni a me
Così che io possa liberare l’apatia, brutta schiava mondana
E farla innamorare ed accecare dalla sensibile dolcezza mortale
Eppure il mio cuore enuncia di te
Della tua camicia in stile vittoriano
Della tua statura nanerottola
E della tua frangia color oro
Il mio cuore batte delle tue vene
Ove caldo sangue scorre
Della tua collana d’argento
E delle tue scarpe in pelle di serpente a punta
L’apatia chiederà scusa ai suoi non sentimenti
E narrerà del tuo storto sorriso
Bambino Dorato
Ho sognato che la nostra amicizia volasse
Proprio come quelle lanterne che comprammo in estate
Tutti quei soldi li sprecammo in guai e risate
Ricordo quella luce, giuro, non ho mai visto nessuno con quella luce
Nessun bambino, adolescente, adulto, ha mai espresso, quanto te, l’importanza della felicità
Ho sognato me stessa, sfrecciavo nel mondo
Proprio come quando mi lanciasti per quella discesa entusiasmante
Ho sognato che prendevi fuoco, come il fuoco di Natale che lanciasti sotto quella macchina
Riscontrando nessun problema alcuno
Hai lasciato il segno su quella strada, sulla strada del mio cuore
Ricordo il diluvio di marzo
Apristi il balcone ed iniziasti a danzare, felicemente sotto fulmini e pioggia
Così facemmo anche noi
Liberammo la nostra infantilità
Bambino dorato, tu che conservi il mio cuore in quella maglia arancione,
Questa è per te
120 giorni
120 giorni, poco più
Passati nel pub dei vanitosi e superbi
Qualsiasi giovane minimamente conosciuto, lo trovi lì
Tra 4 mura verde muschio, con tavoli di legno di quercia
Oppure a mostrare la loro vanità nel bagno ricoperto da scritte di ubriachi
Riflessi nel lungo e sporco specchio
Il bagno non è illuminato e non ha la maniglia
E ciò lo rende estremamente grunge
Ieri quel luogo non emanava la sua complessità
Per quanto invaso da fanciulli con drummini e Tennent’s
Contrariamente al solito e sereno schema, non era completo
E fui colpito da un grosso senso di smarrimento e soffocamento
E, con sobrietà assoluta, guardavo i Babbo Natale, sui muri di ottobre
Muoversi lentamente in direzioni opposte
Esisti?
Oppure tutto era un semplice frutto della mia immaginazione adolescenziale
Per fortuna i folli quanto me mi continuano a dire di si
E ciò mi rende sana
Eppure, alla domanda contenente il tuo nome, rispondo tu chi sia
Mostrando un’enorme curva di un sorriso, strepitosamente falso
Quell’istante
Sono immensamente turbata da quell’istante
Sono passata di fianco a te ridendo
Così forte, tanto che le mie lacrime si lasciavano cadere sui miei zigomi sporgenti
Mi sentivo nuda
Nuda ed osservata dai loro occhi, dai tuoi
Eri così sicuro, tu
Indossando la tua camicia estiva, con Cristo affianco
Mai la mia mente cancellerà quel momento dalla mia memoria
Quel sorriso, sadico, egocentrico, provocante sorriso
Eppure io sono la Dea delle provocazioni
La tua voce, mentre cantavi quella canzone che racconta della pioggia
Mi ricordi sempre la strada che vuole seguire la mia anima