Sergio Figlioli - Poesie e Racconti

UN FILO E L’AQUILONE

C’era una volta, in un paesino sperduto, un bambino, vecchi nonni e desideri senza un prezzo. Lui giocava con tutto, anche con fogli di carta che diventavano aerei quando il vento forte soffiava e, con la sua bicicletta, vecchio stampo, scorrazzava portando a spasso la fantasia, in un viaggio nel tempo, andata e ritorno. Il suo viso era roseo, abbellito d’aria pura e quando si arrampicava su alberi alti e fitti di foglie, si fermava ad osservare i suoi genitori. Sembrano piccoli, pensava tra sé, divertito dalla loro ridotta statura. Aveva entusiasmo, aveva coraggio ed era azzurro intorno a lui, quando scorgeva il suo aquilone smarrirsi nel blu e ritirarsi nel cielo, lontano, lassù. In fretta riavvolgeva un filo che, presto si trasformava in una matassa e riacciuffato l’amico volante, lo abbracciava come un compagno d’infanzia. Era un bambino di altri tempi, un ragazzino oramai del passato, ma che, aveva compreso senza alcuna spiegazione, di essere davvero fortunato, divagandosi con quel poco che, è un tutto e che ancora oggi si chiama, immaginazione.


IL TANDEM

 

Quando vorresti che un preciso momento non fosse un istante di brio, un attimo di gioia, una breve cascata di colori, ma un viaggio duraturo che, proseguisse a dar splendore, al tuo sguardo ancora pronto a filmare nitide scene. Quando desidereresti che tutto si fermasse all’interno di un fugace briciolo di tempo, in un guscio indissolubile e refrattario ad ogni azione nemica. Quando ti piacerebbe giocare con frangenti passeggeri e celeri, correndoci dietro come un ragazzo che insegue un pallone, che lo aggancia con l’abilità di un campione e, poi, lo calcia dritto ed imprendibile all’angolo della porta. Quando ciò che conta ce l’hai davanti e, felice te ne accorgi, perché non distolto o rapito da vicende noiose, da parentesi che chiudono, confinano. Quando il passato resta passato, il futuro un ignoto responso ed il presente un inconsueto brillare di stelle. Quando all’improvviso arriva questa occasione festosa a cui ti afferri con forza per non consentire che fugga, impugnando un manubrio, in una corsa a due, come con un vecchio tandem.


AMORI IN FUGA

 

Volevo dirti amore, ma poi ti ho lasciata andare con i tuoi trucchi in borsa ed il rossetto sulle labbra. Pensavo che, al sentimento dovevo dare udienza, soltanto con il buon senso, di un passo indietro, di un silenzio. Lasciare, voleva dire, non tallonare chi non corre, non importunare chi ritiene di essere giunta ad una fermata. Volevo dirti amore, ma poi non l’ho più detto, perché’ suonava gravido, pesante alla tua anima, al tuo petto. Non era mio volere lasciarti andar da sola, con addosso un bel vestito e un nodo ancora in gola, ma tu, che ad una festa volevi offrir presenza, in mia assenza l’avresti fatto, con libertà ed incoscienza. Volevo dir ti amo, ma non proferii parola. L’amore è anche più bello, se provi a lasciarlo andare.



LA CASETTA

 

L’abbiamo lasciata la casetta sull’isola non lontana dal mare. Ci aveva accolti ridente, tinteggiata di fresco e spoglia di arredi. Profumava di nuovo, come un fiore appena sbocciato, piccola, semplice e posata sul terreno di una natura spettinata. Sembrava, proprio, che ci attendesse per poter animarsi di addobbi e persone, per potersi munire di figure e calore. La vedo dall’alto di una nave che fa ritorno e la immagino triste, solitaria, silenziosa. L’abbiamo lasciata quella piccola casa che, non conosceva padroni, ne servitori, bensì un gatto di strada che, guardando con occhi fissi le nostre facce, ne aveva, in passato, preso possesso e trovato rifugio. Stamani, abbiamo a lui riconsegnato, il suo proficuo utilizzo, con l’ardente desiderio di un vicino ritrovarsi. La nave va; ancora la si vede. Pare volere alzare un pezzo di muro, per poterci salutare.



GENTILEZZA

 

Se ti posi sul terreno, come un seme e nasce un fiore, tu ti chiami gentilezza. Se ti muovi tra le gesta di qualcuno, con un fare manieroso, tu ti chiami delicatezza. Se solare ti proponi in mezzo al frastuono ed all’arroganza, tra finte mosse e grandi maschere, tu ti chiami sincerità. No, non sei un atto dovuto e meno che mai un fare scontato, sei una scelta, una preferenza, una domanda che cerca la risposta. Certe volte fai fatica ad esser compresa da chi è sbadato e indifferente, al germogliare delle tue gemme, al fiorir dei tuoi sorrisi, ad un viso senza trucco. Signorile e per nulla altera intorno diffondi la tua grazia, anche se piove vergogna sulla testa di tanta gente. Non ti importa mortificare, né ti aggrada screditare, tu sei umile e sei farfalla, tu ti chiami gentilezza.



IL CIELO E IL MARE

 

Tu che sogni quando sei sveglio e disteso ti trovi accanto le stelle, non ti crucciar di fronte a tristi pensieri che calan il sipario ai desideri. Prova a lanciare tutte le frecce, andando a caccia di nuove scommesse, prova ad indignarti e ribellarti, alle obliquità della piacente gente perbene. Tu hai saputo prendere il largo, quando vicino stavi annegando, tu hai riparato le delusioni e fabbricato carte migliori. Ti sei difeso con le tue forze, mentre le lacrime scendevano a gocce, ti sei rialzato ad ogni caduta e sostenuto dopo averla temuta, ti sei perduto e ritrovato, lungo il percorso di un intero passato. Tu che hai portato su giovani spalle, mille incertezze ed una sola speranza, non ti abbrutire e tormentare al suono sordo dei tuoi sentimenti. Torna al tuo cielo, torna al tuo mare, i sogni ed il sale sono nemici del male.


 

LONTANO NEL TEMPO

 

Compagno, testimone di acerbe emozioni, rammento. Rammento i prati, il fiorire di passioni, i palazzi freddi di cemento, dove sognanti fanciulle attendevano eleganti cavalieri. Rammento il tuo viso bianco e puro ed un sorriso mesto con il quale si faceva i conti, quando una gioia, snella ed agile, ci scappava dalle dita; la corsa per riacchiapparla ed i traguardi. Rammento la musica che ci piaceva, la tua vicinanza svolazzante tra le vie della città, l’amore per la stessa donna che, di altri era, ed un timido protagonismo su un palcoscenico che era anche il nostro. Rammento, si rammento, il fischio di un inizio partita, la presenza di un affetto, la prepotenza di una giovane forza e la beffa di un saluto. Caro compagno, ti rammento e adesso che son più vecchio, non ti trovo ma ti parlo e tu, che in uno spazio di cielo ti confondi, mi rispondi.


 LUNA

 

Scrutando dall’alto con occhio ceruleo i misteri nascosti di una terra dormiente, rotonda e chiara ti stagli nella notte. Come una torcia accesa nel buio, lambisci schiarendo palazzi, chiese e bellezze d’arte. Non fai fatica neppure un istante, nel tuo propagar luce da pianeta gigante e, alla poca gente rimasta per strada, ti apri a ventaglio con servil sentimento. Madre e guardiana di donne leggere, proteggi il loro amore mentre vai in scena, dentro piccole scatole a fari spenti ed, insinuandoti negli anfratti dove non può arrivare il Padre Eterno, le rassicuri con un deciso bagliore. Amica di chi non riesce a riposare, più vicino ti aggiri come una grande astronave, forestiera ed in soccorso di notti insonni. Passano i minuti, passano le ore, ma tu non smetti di infonder splendore e, solo quando l’alba fa il suo breve annuncio grattando serena il nuovo giorno, con la tua veste bianca ti ritiri nel sonno.



NON HO MEMORIA

 

Non ho memoria di aver mai posto da canto i sentimenti, le passioni, le semplici cose, neppure quando le vicissitudini della vita ne avevano scolorito il lustro del loro essere anima e corpo. Son cresciuti con me, in un giro circolare intorno agli altri, come esseri viventi bisognosi di risposte, certezze, amore. Non ho memoria di avere mai tradito l’onestà, taciuto all’indifferenza, consentendo ad un io ingordo che tutto vuole, di prevaricare sui più deboli o di dar le spalle a chi, privo della forza di un urlo, implora il tuo aiuto. Non ho memoria di avere mai gioito per le altrui sconfitte o, addolcito la somma dei miei insuccessi, elencando i limiti del prossimo. Non ho memoria di tutte le ingiustizie, gli inganni, le menzogne che lievitano su questo mondo, insieme all’innocenza di milioni di anime a cui, non resta che una illusione, data a bere per dormire, per non far rumore. Ho memoria di me e di pochi impavidi gentiluomini che, per rettitudine e per condotta, hanno tirato dritto senza scomporsi, né vendersi, attratti dal profumo di una cospicua ricompensa. 



UN GIRO INTORNO AL CUORE

 

E se, per sentirti uomo, ti è sufficiente un sorriso regalato, un saluto ad un prossimo appena trovato, un pensiero baciato ed approvato, anche quando al centro di una natura inquieta, regna pur sempre un impalpabile sapore amaro. E se, ad addolcire i tuoi occhi, bastano piccole cose che vivi interamente, come un cerchio che contiene, che avvolge, come un sentimento che fa quadrato, come un amore apostrofato. E se, fuori dall’indifferenza, scopri la realtà di uomini piccoli, la grandezza della loro forza e la bontà genuina e povera dei loro intenti. E se, per sentirti più umano, sono sufficienti le tue carezze ad indifese bestiole, una presenza attiva al loro abbandono, una ciotola, del cibo ed il tuo calore. E se, alla sofferenza trovi una chance, uno sfogo, per non morire in sé stessa, una luce, un risveglio, vestiti e scarpe nuove per non scivolare sul ghiaccio, acqua e argilla per dar nuova forma ad un tempo inesorabilmente passeggero. Se, a questo giro intorno al cuore presterai compagnia, afflatus, ascolto, non sarai mai solo, ma cosciente che della esistenza forse siamo tutti capaci di farne un capolavoro.