Sergio Muzzopappa - Poesie

 Tratti 

Il primo appuntamento 

 

 

Al vederti arrivare fuggì improvviso ogni timore 

e l’attesa senza fine si affievolì come smorzarsi di vento.

Quel sorriso che attraversava i miei battiti avvicinava l’incontro 

che iniziò con un tonfo afono di voce.

Nell’abbraccio togliesti l’impaccio 

mentre rincorrevo 

ostinatamente i singhiozzi del cuore.

La tua proposta verso la passeggiata fu la soluzione: 

nel gesto che mi accompagnava vedevo già i miei giorni

e tutto intorno una curiosa lucentezza

nonostante sbiadito da una sommessa nebbia d’autunno.

Ma non importava, era il nostro primo appuntamento.

Seguivo i battiti dei tuoi passi 

lasciandomi distrarre da un ricordo 

che improvviso rivolse a noi il suo tempo. 

Arrivammo compiaciuti, avvicinati l’un l’altro 

come quel rievocare che fluttuante inondava d’intorno. 

All’alba, avvolti dalla tenerezza di immagini future 

ci stringemmo per superare il vuoto di un momento 

che restituiva emozioni come la brina di ottobre

trascorse, da allora, unitamente.


 

 Sul Golgota  

 

 

Ti ho trovata o croce 

denudata del Cristo già esanime. 

Anch’io ti guardo, immobile 

trasudando vergogna. 

Vorrei aggrapparmi 

proteggerti, portarti con me. 

Scavata dal sangue caldo del Figlio 

ti innalzi a sorreggerci il cielo. 

Non sento lamenti sul Golgota 

la vita ha cessato il suo corso 

anime perse si disperdono 

corse lontano si guardano increduli 

intorno, sparute

è un cercare di occhi sbarrati. 

Ma il Cristo non c’è: è impegnato 

col Padre a difendere il mondo.


Il rettile 

 

 

Sopra la mia amàca 

mille rami si disperdono verso il cielo. 

Tra il filtrare del sole 

una lucertola campestre 

con la testa all’ingiù 

mi fissa con uno sguardo 

insolitamente furbesco. 

Non accetta consigli 

né il mio stare lì 

e si fionda a fare chissà cosa. 

Ma non ali per un salto così lungo… 

a ciascuno la sua storia.


Scelta 

 

 

Se anche fossi lontana da me 

carezzerei ogni giorno la tua voce 

per cancellare le mie afonie;

coglierei gli aspetti più intimi 

unendoli ai miei 

anticipando istanti 

in cui sarai tu a disporre 

quegli elementi, in un unico cenno

per un irrinunciabile incontro 

che parla di noi.


Abbracci

 

 

Una scala blues fissata

a istanti di eternità

consonanze che non inciampano

nei rimorsi della vita.

Seguimmo le armonie di una serata 

che arrossiva al nostro sfilare 

con la luna appagata

e come incanto d’aprile 

ci unimmo in un eterno abbracciarci.


 

Fardelli 

 

 

Quante essenze in un gelato al gelsomino.

È un gusto che ricorda le lacrime della gente del Sud.

Lo assaggio piano per non disperdere 

la visione di quella terra acre che lo ha generato 

quelle zolle spaccate dal vento grondanti sudore antico. 

È una frescura ingoiarlo 

un toccasana sperimentarlo seduto, non in piedi 

perché a lavorare sui terrazzamenti della costa a strapiombo 

tremano le gambe.

Lo gusto, mi disappanna, mi riempie 

di profumi passati e di ogni densa, ma gelida, consolazione.


Compleanno 

 

 

Sono solo stasera tra tanta gente. 

Incurante, circondo gesti e movenze

sorrisi, mezzi abbracci e una moltitudine di desideri

che su questo viso stanco

rievocano più che mai consolazioni future. 

Ho voglia di correre; rimuovo ogni logica

e nell’aprire fessure di ricordi

mi accorgo di quanto ancora

mi commuove: un bimbo, una preghiera

e quel canto antico

che sussurrato appena

fa volgere quanto sono 

a un Infinito cielo di luglio

sommessamente mio.


 

La tua presenza 

 

 

Un incosciente letargo affronta le solite libertà

e un prato a difesa del mio universo  

sprofondato nel vuoto spalanca un paesaggio

fatto d’azzurro. Il cielo e il mare

si confondono in un unico abbraccio

e disseminano nell’aria aspetti particolari d’agosto.

Sulla costiera frotte di cespugli fanno a gara

per chi appare più verde e quel fico

dagli anni maturi, invita a cogliere il suo fiore

per addolcire finalmente la tua presenza.


Aironi cenerini

 

 

Voli di aironi cenerini in fila, soldati allineati 

che galleggiano nel cielo scalando l’azzurro;

li considero all’unisono, a marcare la rotta

sfidando venti incerti di ottobre.

Intralciano nuvole plumbee

che rincorrono da Est anche i miei giorni

e senza timore incidono un’aria sfoltita di dubbi.

Si cibano di aliti di nebbia

pronta a ricoprire il loro passo

e puntano, fluttuando in direzione, con incedere sicuro 

amalgamando battiti di ali 

come i miei sospesi indugi

per giungere, scivolando, al termine.

 


 

 Quattro gennaio

 

 

Cime di pini inespressi per età

smossi dal vento freddo del Buran 

salutano dall’alto.

Li osservo con occhi prudenti

con il tepore che riveste questi primi giorni di gennaio.

Più in su ammassi di nuvole

cadute e risorte, minacciano ogni desiderio

finché la neve tenue e tempestosa

scende e risale rimischiandosi all’altra

cancellando ogni probabile inquietudine.