Tratti
Il primo appuntamento
Al vederti arrivare fuggì improvviso ogni timore
e l’attesa senza fine si affievolì come smorzarsi di vento.
Quel sorriso che attraversava i miei battiti avvicinava l’incontro
che iniziò con un tonfo afono di voce.
Nell’abbraccio togliesti l’impaccio
mentre rincorrevo
ostinatamente i singhiozzi del cuore.
La tua proposta verso la passeggiata fu la soluzione:
nel gesto che mi accompagnava vedevo già i miei giorni
e tutto intorno una curiosa lucentezza
nonostante sbiadito da una sommessa nebbia d’autunno.
Ma non importava, era il nostro primo appuntamento.
Seguivo i battiti dei tuoi passi
lasciandomi distrarre da un ricordo
che improvviso rivolse a noi il suo tempo.
Arrivammo compiaciuti, avvicinati l’un l’altro
come quel rievocare che fluttuante inondava d’intorno.
All’alba, avvolti dalla tenerezza di immagini future
ci stringemmo per superare il vuoto di un momento
che restituiva emozioni come la brina di ottobre
trascorse, da allora, unitamente.
Sul Golgota
Ti ho trovata o croce
denudata del Cristo già esanime.
Anch’io ti guardo, immobile
trasudando vergogna.
Vorrei aggrapparmi
proteggerti, portarti con me.
Scavata dal sangue caldo del Figlio
ti innalzi a sorreggerci il cielo.
Non sento lamenti sul Golgota
la vita ha cessato il suo corso
anime perse si disperdono
corse lontano si guardano increduli
intorno, sparute
è un cercare di occhi sbarrati.
Ma il Cristo non c’è: è impegnato
col Padre a difendere il mondo.
Il rettile
Sopra la mia amàca
mille rami si disperdono verso il cielo.
Tra il filtrare del sole
una lucertola campestre
con la testa all’ingiù
mi fissa con uno sguardo
insolitamente furbesco.
Non accetta consigli
né il mio stare lì
e si fionda a fare chissà cosa.
Ma non ali per un salto così lungo…
a ciascuno la sua storia.
Scelta
Se anche fossi lontana da me
carezzerei ogni giorno la tua voce
per cancellare le mie afonie;
coglierei gli aspetti più intimi
unendoli ai miei
anticipando istanti
in cui sarai tu a disporre
quegli elementi, in un unico cenno
per un irrinunciabile incontro
che parla di noi.
Abbracci
Una scala blues fissata
a istanti di eternità
consonanze che non inciampano
nei rimorsi della vita.
Seguimmo le armonie di una serata
che arrossiva al nostro sfilare
con la luna appagata
e come incanto d’aprile
ci unimmo in un eterno abbracciarci.
Fardelli
Quante essenze in un gelato al gelsomino.
È un gusto che ricorda le lacrime della gente del Sud.
Lo assaggio piano per non disperdere
la visione di quella terra acre che lo ha generato
quelle zolle spaccate dal vento grondanti sudore antico.
È una frescura ingoiarlo
un toccasana sperimentarlo seduto, non in piedi
perché a lavorare sui terrazzamenti della costa a strapiombo
tremano le gambe.
Lo gusto, mi disappanna, mi riempie
di profumi passati e di ogni densa, ma gelida, consolazione.
Compleanno
Sono solo stasera tra tanta gente.
Incurante, circondo gesti e movenze
sorrisi, mezzi abbracci e una moltitudine di desideri
che su questo viso stanco
rievocano più che mai consolazioni future.
Ho voglia di correre; rimuovo ogni logica
e nell’aprire fessure di ricordi
mi accorgo di quanto ancora
mi commuove: un bimbo, una preghiera
e quel canto antico
che sussurrato appena
fa volgere quanto sono
a un Infinito cielo di luglio
sommessamente mio.
La tua presenza
Un incosciente letargo affronta le solite libertà
e un prato a difesa del mio universo
sprofondato nel vuoto spalanca un paesaggio
fatto d’azzurro. Il cielo e il mare
si confondono in un unico abbraccio
e disseminano nell’aria aspetti particolari d’agosto.
Sulla costiera frotte di cespugli fanno a gara
per chi appare più verde e quel fico
dagli anni maturi, invita a cogliere il suo fiore
per addolcire finalmente la tua presenza.
Aironi cenerini
Voli di aironi cenerini in fila, soldati allineati
che galleggiano nel cielo scalando l’azzurro;
li considero all’unisono, a marcare la rotta
sfidando venti incerti di ottobre.
Intralciano nuvole plumbee
che rincorrono da Est anche i miei giorni
e senza timore incidono un’aria sfoltita di dubbi.
Si cibano di aliti di nebbia
pronta a ricoprire il loro passo
e puntano, fluttuando in direzione, con incedere sicuro
amalgamando battiti di ali
come i miei sospesi indugi
per giungere, scivolando, al termine.
Quattro gennaio
Cime di pini inespressi per età
smossi dal vento freddo del Buran
salutano dall’alto.
Li osservo con occhi prudenti
con il tepore che riveste questi primi giorni di gennaio.
Più in su ammassi di nuvole
cadute e risorte, minacciano ogni desiderio
finché la neve tenue e tempestosa
scende e risale rimischiandosi all’altra
cancellando ogni probabile inquietudine.