Sergio Zanola - Poesie

Immenso

 

Immenso e infinito il tuo sguardo lo vedo arrivar lontano,

oltre quell’orizzonte

dove anch’io e non ricordo,

il mio sguardo all’inizio arrivò

Il tuo sguardo è il sole, è il cielo, è il mare

e la luna

È luce che mi abbaglia,

mi blocca e mi porta lontano…

… lontano, si, verso quella luce che un giorno rivedrò,

la luce che solo un bimbo vede il sole, il mare, l’amore, la vita


La collina

 

Amata collina di un tempo lontano camminavo con te che mi tenevi per mano Dai prati si eleva il profumo di fresca rugiada

e il silenzio mi avvolge mentre guardo il sole che sorge

La città muta è distante

con la calma che regna costante

distratta solo da famigliari suoni dei tralci tagliati, dalle vibranti voci lontane

e dai colpi sul ferro che affilan la falce pronta col suo filo a sprigionar intensi e inebrianti profumi

Amata collina, col vento che irrompe sul viso sereno scaldato dal sole che da sempre ho di fronte portando via i silenzi, le voci

e i ricordi di un tempo lontano,

ma ricordandomi ancora di te che mi tenevi per mano


…anima…

 

Se mi fermo e chiudo gli occhi

è perché esiste un posto segreto in cui mi rifugio lontano dai rumori e dai silenzi

volando in cieli azzurri ed ampi spazi lì ti abbraccio, ti rincorro

e poi ti ascolto, tu che sei musica e poesia

Esiste un posto segreto in cui mi nascondo lontano dagli sguardi e dagli indici puntati danzo con le emozioni e le dolci note riempiendo con luci e colori le mie stanze vuote e poi ti guardo, tu che sei musica e poesia

Esiste un posto segreto in cui ti proteggo lontano da parole e voci stridenti cantando con i miei pensieri e sentimenti

cammino e mi riposo su di un petalo di rosa

e a te va il mio canto, tu che sei musica e poesia

E quando gli occhi son pronto a riaprire sei ancor vicino me per ripartire

tu che sei musica e poesia


Alba padana

 

La nebbia, la mattina,

il silenzio, il verso di un corvo,

il lontano suono di una campana

mi ricordan che è l’inverno della pianura padana

E mentre il sole fa capolino intravedo nel bianco un contadino che guarda la terra e la sua mano

pregando che il suo lavoro non sia vano

Alzandosi il sole la nebbia trafigge

tra sfumature grigie la brina sui rami si scioglie l’albero piange e il giorno risorge

L’ora è arrivata la terra è spianata

son pronte le mani callose e le rughe profonde a piantar la vanga che bagnerà la fronte


Le parole che volevo sentire

 

Nel mio cielo manca una stella vestita di bianco era la più bella fugace e veloce fu la sua luce

Il posto ha lasciato al mio primo vagito volando in un blu immenso e infinito lontano dai miei silenzi brillando in altri spazi

Emozioni confuse

quando fra tanti cercavo il tuo sguardo lontano volavo crescevo e non prendevo la tua mano

Avanti e coraggio continua il viaggio tra voci lodanti ma spesso nemiche

ma non eran queste le parole che volevo sentire

Schiaffi in faccia inciampando in buche profonde ginocchia sbucciate e guance bagnate

rialzarmi e partire con le tue parole che volevo sentire

Anche ora che il grigio tinge la fronte mi sembri distante cammino spedito rifiuto i rumori che mi fanno soffrire ma ascolto soltanto le parole che volevo sentire


Silenzi

 

Quando sei bambino i silenzi invocano rispetto rivelano nel tempo le prepotenze che hai subito

Negli occhi truccati i silenzi denunciano violenze i colori accesi sulle labbra esaltano i sorrisi spenti

Gridano, soffocati dalle voci tuonanti

che calpestano le tue emozioni e i sentimenti

Nei pugni chiusi custodisci i tuoi silenzi abbassi lo sguardo mentre rubano i tuoi spazi

E quando appaiono i segni che scolpiscono il tuo volto

i silenzi danno le forze per riprenderti quel che ti han tolto


Momenti

 

Albeggia il mattino di un’estate innaturale in cui nulla scompare

ma tutto ritorna facendomi star male

In prigione nel mio universo

son perso se non libero l’emozione quasi nella disperazione sono disperso cercando il verso seduto sul balcone

Vorrei non pensare ma solo dormire

sul verde prato dal sole scaldato

Nel vortice della passione il pensiero è disperso nel rimorso di un tempo si perde l’ispirazione

foglio bianco come cotone nei pensieri sono immerso

la penna e un cielo terso vola l’anima con le ali di un airone

Mi scuote il fragor del mio silenzio ma neppure il vento che mi da respiro

respinge l’angoscia che mi ruggisce dentro


Dado e il ranocchio Pedro

Durante il periodo estivo nei paesi si organizzano svariate feste, per stare tutti insieme, giocare e divertirsi. In un paese della Pianura Padana per la festa del Santo Patrono è stata allestita una grande fiera, e i genitori con i loro bambini escono per far festa. Si ritrovano per giocare e passeggiare tra le bancarelle addobbate di giochi, dolci e qualsiasi cosa che possa attirare l’attenzione dei bambini.

Alla fiera di questo paese era andata anche la famiglia di Dado, un bambino molto solare, vivace e molto attento a tutti i particolari sulle bancarelle e voleva provare tutti i giochi senza alcuna paura. Saliva sulla giostra, poi sul trenino e sulle macchinine.

Passeggiando con la sua famiglia con la mano nella mano della sua sorellina si divertiva molto, guardava tutti i giochi, le bancarelle e i palloncini di ogni forma e colore.

Dado fu incuriosito molto da un gioco in cui i bambini dovevano pescare con un asta ed un rampino, che simulava una canna da pesca, dei cigni in plastica che galleggiavano sull’acqua della vasca. Per

premio c’erano tante cose, trenini, macchinine, pupazzi, palle e palline.

Dado volle mettersi subito alla prova per vedere se riusciva a pescare i cigni. Prese la canna da pesca e con tantissimo impegno riuscì a pescare ben dieci cigni.

<<Complimenti!!!>>, disse la signora che gestiva il gioco.

<<Adesso devi scegliere quale di questi bei premi vuoi avere per aver fatto una grossa pesca così>>. Dado ammirava con stupore tutti i premi che aveva davanti, tutti bellissimi: una macchinina telecomandata, un pallone da calcio, un trenino elettrico e tanti altri.

Ma guardando bene, attento com’era il suo sguardo si fermò, ascoltate bene, su un ranocchio verde, giallo e nero, con due occhioni dolci e il sorriso buffo e le gambe aperte

<<Voglio quello!>> disse Dado.

<<Cosa vuoi?!>> rispose la signora.

<<Voglio proprio quel ranocchio!>>, ribadì con sicurezza Dado.

<<Ma sei proprio sicuro? Con il punteggio che hai raggiunto puoi avere molto di più>>, disse stupita la signora.

<<Ho detto che voglio quel ranocchio e basta>>.

La signora meravigliata diede al bambino quel ranocchio.

Il ranocchio stupito chiese al bambino: <<Ma perché hai scelto proprio me, sono bruttino nessuno mi ha mai cercato ne voluto>>.

<<Mi sei simpatico, non mi importa di come sei, mi interessa di più quello che mi trasmette il tuo sguardo>>. Rispose Dado.

Fu così che diventarono amici inseparabili.

Dado chiamò il ranocchio Pedro e lo portava sempre a dormire con sé.

Pedro sapeva che il bambino aveva scelto bene il suo premio, vedendo anche quello che c’era dietro l’apparenza e che gli altri non riuscivano a vedere.

Infatti Pedro da ranocchio, quando il suo amico dorme, si trasforma in un forte soldato che veglia sul suo amico proteggendolo fino al suo risveglio.


aforisma

…amarsi è semplicemente prendersi per mano e camminare lungo la strada scelta insieme,

senza lasciare mai la mano che a volte sembra aggrapparsi… ma che sempre ti può sorreggere…


aforisma

…la vita è come una montagna,

si può raggiungere la vetta in vari modi, ma si apprezza la sua bellezza

solo dopo averla faticosamente scalata…