Silvia De Michele - Poesie

Punto Zero

 

0.57

La Rosa bianca e la sua fiamma, puro e ardente l’Amore.

La Rosa nera e il suo involucro, circoscritto e tiranno il Tempo.

La Rosa rossa e il suo stelo, ruvida e spietata la Morte, sebbene porti con sé i segni del tempo e il colore dell’amore.

Play, pausa, stop, i simboli esemplificativi di questa triade di cui tutti possono esperire per la necessità di accoglienza energetica che rende l’essere umano un animale sociale.

Una realtà data che prescinde dalla volontà del singolo, dalla soggettività, dal percorso individuale, dalla scelta. In questa condizione imposta, vacillante e incerta la verità sta sui segni del corpo che si abita seppur con la consapevolezza di non conoscerne ogni angolo di stanza.

Il corpo, che non è mai solo ha una sua ragion d’essere provata dall’esistenza, dall’urgenza espressiva grazie alla quale può riconoscersi e conoscersi tra gli altri corpi, formando una rete agente, una rete in play che seppur messa in pausa ammortizza lo stop.

 

0.10

Uno dopo l’altro dal tallone alla punta e si va avanti.

Uno dopo l’altro dalla punta al tallone e si va indietro, scardinando la comune espressione “si torna indietro.”

Andando all’indietro non si ripercorre lo stesso tragitto, si esplorano percorsi inediti al buio e questa è la via scelta dagli impavidi.

Uno dopo l’altro strisciano sul suolo, è scomodo ma un valido espediente finalizzato allo scopo: un movimento verticale costante, compiuto dai piedi che disegnano percorsi mutanti in tracce, poi in radici.

Rallentare, accelerare, correre, fermarsi, consci che finché c’è aria nel corpo non esiste immobilità e ciò che appare come fermo in realtà non è stasi, ma stare, quello stare che insegna a reStare in Piedi.

 

0.20

Tu le senti queste voci?

Sussurrano, si amplificano, riecheggiano, cantano o suonano, ti influenzano…

Come si spiegano?

Voci che si intrecciano, rimbombano, si appiattiscono seppur coesistendo sempre lì, nella tua testa.

Tu le senti queste voci?

Ascoltale per ascoltarti,

comprendile per capirti,

seguile per ritrovarti.

Le voci da dentro accolgono le voci da fuori generando quel caos che necessariamente smuove, scuote, sprona a fare ordine tra le consapevolezze per rimettere disordine quando le stesse mutano in incertezze.

 

0.3

Sempre calda e forte la tua mano,

gentile e costante la tua carezza,

sfuggente e timido il contatto, ma presente, viglile, mai distratto.

Muovi, ma non senti…Ti eserciti, ti tormenti: le dita veloci, i pugni stretti e sul torpore rifletti.

Sempre calda e forte la mia mano, raccoglie i semi e si imprime nella tua orma consapevole che si diffonda con la grandezza e l’imponenza di un uomo che si è trasformato in onda.

 

0.38

La scena si ripete ogni volta con uno scenario diverso.

La finestra che dà sul mondo si distingue da quella di ieri e mostrerà un panorama diverso da domani.

Guardare passivamente fuori da sé quello che in sé scalpita, scava, definisce e scolpisce. Come se fosse la proiezione delle vicissitudini interiori, le stesse che si nascondono sono invece così evidenti quando la finestra si apre su di te e sei costretto a guardare. 

Cosa vedi?

Forme, colori, percependo quasi gli odori di quelle sensazioni celate sotto cumuli di ricordi, pensieri e azioni compiute. 

Le finestre sono belle, rendono possibile la nascita di un proprio punto di vista sul mondo, un punto di vista oggettivo, talvolta spietato.

L’istinto di chiudere le finestre che danno sul dolore è veramente forte, ma se sono collegate alle finestre che danno sull’amore?  

Scegliere di guardare il dolore con gli occhi pieni d’amore o l’amore con gli occhi colmi di dolore?

 

0.11

Il corpo è verità e oltrepassa tutte le maschere che spesso s’indossano per adattarsi all’immensa ribalta della vita, sulla quale ogni giorno c’è una nuova parte da sostenere, un diverso ruolo al quale conformarsi e da cui il corpo non può sottrarsi. 

Il corpo consente l’azione tramite il gesto, che non trattiene energia ma la sprigiona per la sua intrinsega finalità comunicativa.

Finché c’è respiro c’è vita, finché c’è vita c’è movimento. 

Il processo respiratorio è notoriamente costituito da una fase chiamata inspirazione, in cui si porta dentro l’aria ed un altro riconosciuto come espirazione che riguarda la fuoriuscita della stessa. 

Ora, cosa succede al corpo durante questo processo? Nel primo momento si compie un piccolo movimento all’indietro, mentre nel secondo si protende in avanti. Similitudine spontanea: cosa fanno le onde? Si ritirano (indietro) e si espandono (avanti) in un movimento infinito e costante, costituendo in tal modo il respiro del mare, elemento di straordinario fascino, forse quello più importante che la natura ci dona.

La vita è movimento e inevitabile mutamento, ma di cotanto divenire cosa ci resta se non l’impronta di chi ci ha preceduto?

Orma, impronta, traccia, sinonimi riconducibili ad una precisa immagine: lasciare il segno. 

E cos’è il gesto? Un segno ancestrale che trattiene e prende, esprimendo anche se tace.

 

0.15

La felicità si conquista e non si pretende…

La felicità è momentanea e non costante…

Correre per afferrarla è insignificante, sedersi e contemplarla è importante.

La felicità non è banale, viene una volta poi scompare.

Accettare il presente aiuta a vivere serenamente. Inutile è rimpiangere il passato, c’è già stato, ormai ha dato. Ancor più inconcludente è progettare disperatamente!

La vita è maestra e in quanto tale insegna ciò che è giusto o non è giusto fare.

L’uomo, rivelazione universale, può lasciar trionfare la sua nobiltà proteggendo la propria dignità.

Vince il sogno analogo all’illusione, ingannando l’uomo proponendogli solo un’occasione. Fantasticare non può che far male perché nulla vita nulla potrà tornare, bensì solo arrivare.

Infondo cos’è la vita? Un viaggio profondo, ma di sola andata…senza ritorno.