Stefano Astolfi - Poesie

Destrutturazioni 22

Il contrario è l’eguale
ed un tutto non è mai unico,

dal seme deriva il frutto
e dal frutto deriva ancora il seme…

e come ‘mai’ non può essere per ‘sempre’,
‘sempre’ non sarà ‘mai’.

 


 

Alterazioni 17

Tutto quel che conosci
è quanto sei in grado di sentire.?

I tuoi sensi stabiliscono la realtà
ed il risultato del tuo mondo,
è il registro delle tue percezioni nervose…
Puoi ammettere, dunque, l’esistenza di ciò che non puoi sentire?
Puoi descrivere, allora, un mondo che i tuoi sensi non rivelano?
Puoi negarlo, senza averne idea?
Eh si, proprio così: ora non può sfuggirti la vera eccezione.

Visto quanti mondi trascendono i tuoi sensi?
Guarda come vivono, in quella tua meravigliosa capacità di sognare.
Festanti, svolazzano spensierati.

La tua straordinarietà non appartiene ai tuoi sensi,
i voli oltre i limiti del probabile, appartengono alle tue idee.


 

Alterazioni 12

Se mente A mente a mente B

Se per esempio A mente a mente B, può risultare che mente B creda alla menzogna.

In tal caso, nella realtà di B si è formata almeno una parte di realtà inesistente. Un pezzo di realtà vera solo virtualmente. Una falsità.
Solo A ne è cosciente. B ne è incosciente.
Ciò si verifica perché le menti sono separate e la menzogna va da una all’altra. Quindi si crea il presupposto a ché le stesse menti abbiano difficoltà all’avvicinamento.
A, da quel momento, dovrà sempre calcolare una distanza congrua per non tradire la menzogna che ha proferito a B.
In altre parole, chiudendosi A verso B, dopo aver mentito, si troverà A a sostenere un ruolo consapevolmente e B a sostenerne uno inconsapevolmente.

Se mente A mente a mente A

Se per esempio mente A mente a mente A, può risultare che mente A creda alla menzogna?

Ciò che subentra come elemento fondamentale, come elemento scindente, tra il primo ed il secondo caso, è la direzione che la menzogna assume o verso l’esteriore o verso l’interiore.
Volendo A mentire ad A si ha in pratica una inversione della direzione della menzogna verso se stessa, ossia: mente A mente a mente A.

Perché sussista la virtualità di tale realtà, è richiesta la disponibilità della psiche a riconoscere il falso come verità.
È requisito indispensabile (considerata l’impossibilità della coesistenza cosciente sia di mente A che di mente B) che si formi progressivamente una mente B dove c’è mente A.
In definitiva, la famosa “ipocrisia” è l’espressione di detta impossibilità.
Perché non è il fatto stesso che in ognuno esiste un’altra mente, sebbene in diversi gradi di sviluppo, a dimostrare che si può mentire a se stessi, bensì il contrario.
Non sussistendo la regolarità di una simile evenienza, lo sdoppiamento psichico non è altro che la manifestazione dell’anomalia.
In tale evenienza, dunque, non si è nella realizzazione della possibilità, piuttosto si è nel malfunzionamento.
O, se si preferisce, si è nel funzionamento che permette una sincronia tra l’attivazione di una mente e la disattivazione dell’altra (a volte cosciente ed a volte incosciente, sempre secondo il grado della degenerazione).
Fintanto che A, dopo aver mentito, sostiene la bugia semplicemente per il timore della rivelazione della verità, la formazione di B in A non ha ancora avuto inizio.
La manifestazione dell’anomalia si ha quando mente A, a furia di sostenere la menzogna comunicata a mente B, finisce per creare dentro se stessa la realtà vista da B.
Ovvero, mentre prima essa aveva creato e controllava quella realtà per B, ora le motivazioni passano a controllare essa stessa.
La formazione della mente B nella mente di A si genera precisamente allo scopo di non veder venir meno i progetti che avevano richiesto la menzogna.
S’innescano in questa maniera processi per cui le ragioni false della mente B, acquistano più importanza delle ragioni vere della mente A.

Il timore interiore del fallimento, non lascia ammettere che si tratta di compromessi, coinvolgimenti ed implicazioni fuori controllo.
Impone la dimostrazione esteriore che si tratta di convinzioni.

 


 

Quando senti?

“Senti”, quando sei impegnato avidamente nei tuoi interessi?

O ”Senti” quando un profumo arriva inaspettato, a scuoterti da qualsiasi concentrazione?

”Senti”, quando ti applichi al raggiungimento di un possesso?

Quando le tue voglie tecnologiche, diventano un obbligo? O addirittura una routine?

Oppure ”Senti” quando tremi e fremi dinanzi chi desideri?

Quando riesci a toccare ed accarezzare la pelle che hai bramato?

”Senti”, quando i tuoi sforzi sono tutti volontariamente tesi a soddisfare i tuoi bisogni di apparenza?

Quando incoscientemente sei teso a soddisfare le condizioni dei tuoi simili?

”Senti” realmente, quando ottieni la conferma della tua osservazione ai canoni?

Oppure avverti una differenza nel sentire,
quando le tue membra e tutti i tuoi nervi,
il tuo cuore
ed il sangue che spinge,
insorgono e pulsano, irrefrenabili, per un sentimento?

Quando ”Senti”?

Tu ”Senti” quando un’emozione esplode tanto prepotente
da sconfinare nel mondo materiale…

Dove i tuoi sensi sono lì, normalmente persi tra surrogati e droghe,
inermi ed incapaci a trascendere,
condannati ad attendere…
la materializzazione dell’amore… che li sublimi.

 


 

Vita

… il cambiamento della pianta nella sua vita,
quanto quello dell’animale nella propria,

ed in definitiva ogni mutevolezza
di tutte le infinite parzialità,

potrebbe esser inteso come la mutevolezza della totalità.

Una mutazione assoluta
senza direzione,
né posizione.

Essa è compresa e comprende allo stesso tempo.

 


 

Destrutturazioni 3

Tutto cominciò a muoversi come in un rallenty, quando vide che i suoi interlocutori si muovevano in un labirinto.
Vide che la scena davanti ai suoi occhi, si svolgeva come tutte le scene in atto.
Ogni persona lì presente, conosceva bene la propria stanza (parte) che non avrebbe potuto lasciare facilmente.
Lui non era da meno nei confronti della sua, ma quella visione lo aveva trattenuto al di fuori per un tempo più lungo del solito.

Al rallentatore, aveva visto chiaramente quel tipo che non usciva mai dal suo locale, quello che ci aveva rinunciato e quell’altro che invece era avvezzo a lasciarlo.

Non poteva ancora dimostrare decisamente i segnali che distinguevano il primo dal secondo tipo ma aveva potuto decifrarli almeno dentro di se.
Così, non era neanche sicuro del fatto che il secondo fosse poi così pratico nelle vie del labirinto fuori delle stanze.
Di quest’ultimo gli appariva chiaro solo che, nelle uscite, la libertà conquistata restava mutilata da un principio fondamentale: non perdere mai di vista la via del ritorno.

Questa moviola non gli aveva permesso di guardare meglio alle scene ed agli attori, ma gli aveva permesso, e questo lo aveva allibito, di vedere la loro collocazione.

Gli scenari, pieni di attori, erano lambiti ed avvolti dai percorsi di un labirinto.
Una reticolo che ogni attore era libero d’intendere come possibilità di collegamento o, al contrario, come divisorio.
Esso univa gli scenari e nello stesso tempo li separava.

Fuori da ogni scenario, il labirinto era, comunque, l’assoluto ed il vero.
Quel reticolo avviluppato intorno alle dimore degli attori, di cui la maggior parte di essi non era neanche a conoscenza, in cui molti di essi avevano abbandonato ulteriori esplorazioni, di cui molti altri avrebbero continuato a percorrere solo i tratti già esplorati ed in cui altri, pochissimi, vi avevano stabilito la loro esistenza, era la realtà.

 


 

Scelta, terra e cielo

E così, tutti i giorni vediamo vincere le debolezze.
Assistiamo alle difficoltà che eventualmente comporta una loro registrazione ed a miriadi di capitolazioni

Debolezze di ogni genere che rompono gli argini e vengono accolte ed abbracciate…
La resa a quel che piace… Perché no? Che c’è di meglio?

L’abbandono ai piaceri che la terra ci offre e la rinuncia alla conoscenza del cielo, è intelligente oltre che piacevole.

La progressiva razionalizzazione umana partorisce oggi, più che mai, gli effetti dell’applicazione intensiva di questa dottrina.
E questi parti, interessanti ogni ordine e grado della società odierna, che vengono discussi, opinati, dibattuti, cinicamente raccontati e normalmente biasimati, per la loro follia e la loro demenza, non conoscono univoca e incontestabile spiegazione.
Anche la società odierna, figlia del libero pensiero presenta i suoi misteri…

E si giustifica la debolezza che, per il suo piacere, alla fine controlla e comanda.

La scelta tra la terra ed il cielo non può più esistere perché il cielo non è vero.
Mentre la prima si può toccare il secondo no…

Come si fa a pensare che il cielo va coltivato?
Se esso non esiste, non si può pensare che lo si può toccare proprio come la terra o che lo si può odorare.
E visto che non esiste, esso non cambia colore e non diventa bello, brutto, fantastico, né curioso.
E sebbene continui a mostrarsi infinito, i limiti a questa inconcepibilità sono sufficienti ad una certificazione d’inesistenza.

Meglio la terra con i suoi grappoli di grassa frutta che basta cogliere. Pronti all’uso.

Il cielo non offre nessun frutto. Si dice che esista ma che bisogna coltivarlo e che non è garantito che i suoi frutti maturino.
Anzi! Pare che la richiesta di questa garanzia sia già titolo per non veder maturarne alcuno. Chissà perché. Forse un’altra scusa?
Ma che dubbi sono questi? Ma che sono queste parole?
Ormai, le carte sono scoperte e di misteri non v’è più traccia; né in chi crede né in chi ha scelto di esser libero.

 


 

Tempo_spazio 12

Le combinazioni delle singole posizioni, nella continua metamorfosi cosmica, sono infinite.

Quelle in cui si sta transitando, determinano più o meno sensibilità verso le immutabilità universali. Ovvero, esercitano potente influenza sul singolo.

Quest’ultimo, allora, in tali posizioni, può o no far leva su ciò che ha maturato. Su ciò che ha fatto e sta facendo dell’essere.
Quando si è meno sensibili alle immutabilità, è probabile che ci si confonda nella stima dell’effimero.

Dunque, si rivela l’immensa distanza dalla ricettività dell’immutabile, quando vi è un completo controllo delle superficialità sull’essere.

Poi, in una condizione di semi ribellione a tale controllo, può realizzarsi l’errore di confondere la conquista di un loro distacco, con un sentimento di disprezzo.

In ultima analisi, invece, questo sentimento può al massimo esser destinato, non all’effimero ma all’atto di abbandonarvisi.


 

Nozionismo (differenza)

L’elemento che distingue il sapere dalla conoscenza è qualcosa che si manifesta solo quando dal puro ripetere ciò che si è letto, visto o saputo, si passa a sentire il concetto e quindi si è in grado di farlo proprio.
L’elemento, dunque, consiste in un passaggio mediante il quale il sapere muta da meccanico in creativo e cosciente.
Diviene vivo… Ma può definirsi vivo il sapere? E cosa vorrebbe dire?

Intanto è bene accennare al fatto che qualsiasi sapere appartenente alla meccanicità di un immagazzinamento dati, andrebbe indicato con un articolo indeterminativo, in quanto abbisognando del dato in luogo della cognizione, esso non potrà mai compiersi in una unicità. Non potrà mai aspirare ad una qualche atipicità. Non avrà caratteristiche né singolarità

Dall’altra parte invece si potrebbe indicare la sapienza cosciente e creativa con l’articolo determinativo, non per il fatto che snobba i dati, ma giacché, prediligendo la cognizione piuttosto che l’accumulo delle nozioni, essa diviene unica per la sua superiorità alle nozioni.

Riassumendo si può dire che la questione appartiene alla priorità per la quale si preferisce tenere in vista la cognizione, mediante l’ausilio della nozione, o viceversa, ci si rivolge al raccoglimento dei dati, ed alla loro ripetizione, in vista del vantaggio offerto dal concetto e non per la sua sostanza.

Adesso è possibile azzardare dire che il sapere si vivifica quando, attraverso detto varco, esso si libera dalla dipendenza dal titolo.

Nel caso non si fosse semplificato abbastanza quanto espresso sopra, è bene precisare che non è deprecabile, naturalmente, il conseguimento di titoli, nelle varie forme della istruzione istituzionale, ma lo diventa senz’altro, quando il titolo costituisce un mezzo.

Pertanto, cogliere il manifestarsi del passaggio ed il varcarlo, concretizzando una visione del tutto nuova, oltre che immensa e pura, del sapere, determina una nascita interiore; nasce, vive, si anima il sapere meccanico e assurge a conoscenza.

Una digressione è necessaria poiché si potrebbe far confusione tra il far proprio un concetto e la indebita appropriazione.
Questo è un errore che può commettere tanto chi esprime un sapere, quanto chi sta cercando di apprenderlo, poiché bisogna considerare che il passaggio può o meno esser colto o accolto già nell’apprendimento.
Da ciò deriva esattamente la inevitabile alterazione del risultato che si provoca equivocando il fine del desiderio di conoscenza.
Un tale comportamento, estremamente diffuso nella nostra progredita epoca, certo non preclude l’ottenimento del sapere ma, realizzandosi così, in una sapienza corrotta da un rapporto di dipendenza dalla vantaggiosità, questo viene danneggiato quantunque procuri vantaggi personali, nelle strutture di questa realtà.

Da ciò si può costatare in maniera evidente come la produzione di un titolo, e quindi di un insegnante, si può ottenere anche senza aver colto o accolto l’elemento vivificatore.
In altre parole, privando il sapere di quella spontanea organicità, che sboccia esclusivamente quando il desiderio del sapere ha per fine l’amore di esso stesso, si abortisce quella nascita e quella vita alla conoscenza.

In questa maniera diffusa, quindi, per la quale maestri inconsci di possedere concetti alla stregua di un attrezzo, spingono schiere di discepoli a desiderare un utensile che chiamano conoscenza, si assiste alla confusione tra una alta concezione di sentir proprio un sapere ed una bassa di appropriarsene.

 


 

Con te – infinito – sublime

Volevo solo dirti
che con te ho già attraversato i venti,
su strade calde ed assolate,
in cui non siam mai stati.

Tu non lo sai
ma insieme siam rimasti spesso
a contemplar la pace e la freschezza della primavera.

Ed abbiam corso fra ogni gradazione di verde
ed abbiam riposato coricati
fra tutti i colori.

Io e te abbiam solcato onde marine
ridendo di ogni meta.

Ed abbiam giocato inebriati
in acque limpide e gelide,
nel mezzo di valli incantevoli.

Ci siam scaldati insieme nei freddi inverni
ed insieme ci siamo asciugati,
dopo aver vagato, persi…
sotto piogge inesauribili ed insistenti.

Tu non lo sai
ma insieme abbiam goduto parlando,
senza pronunciar parola

e fra mille melodie,
abbiam guardando meravigliati
l’immensità del nostro cielo.