Tiziana Miretti - Poesie e Racconti

image9

 

 

 

 

 

 

 

https://www.booksprintedizioni.it/libro/manuali/manuale-per-la-gestione-di-un-conto-corrente-bancario&a=101696


 

 

Racconto “Anno 2020: Pandemia coronavirus ed un nuovo modo di vivere” Il racconto è stato selezionato ed è stato pubblicato all’interno dell’antologia in formato e-book “Racconti ai tempi del Corona virus” edito da BookSprint Edizioni

Racconti ai tempi del Coronavirus: ecco i nomi dei finalisti – BookSprint Edizioni Blog

 

ANNO 2020: PANDEMIA CORONAVIRUS ED UN NUOVO MODO DI VIVERE

 

Da lunedì 09/03/2020, tutta l’Italia è diventata “zona protetta” con restrizioni di ogni genere, causa pandemia “coronavirus” o “COVID-19”. Per sconfiggere questo virus gli italiani devono cambiare le loro abitudini di vita riorganizzando la propria quotidianità. E’ indispensabile evitare i contatti sociali, si deve stare a casa il più possibile, si può uscire solo per un valido motivo, quale lavoro, salute e fare la spesa. Siamo in presenza di un “coprifuoco”. Nessuno si aspettava di vivere tutto questo.

Era Dicembre 2019 quando la Cina annunciava i contagiati del coronavirus; sembrava così distante ed impossibile, osservavamo le conseguenze di questo virus da lontano, ma purtroppo è arrivato anche qua, in Italia, e si sta diffondendo ovunque, minacciando noi e i nostri cari. Un virus che di fronte alla morte non permette neanche di stare vicino e di dare l’ultimo saluto alle persone che purtroppo non riescono a sopravvivere.

Ci troviamo tutti nella stessa “tempesta”, dove i giorni vengono vissuti tra incertezza, paura di fronte ad un nemico invisibile, che può colpirci quando meno ce lo aspettiamo, che ha portato tutti noi ad interromper la routine quotidiana, a fermarsi in alcuni casi, ad azzerarsi oggi per ripartire più forte domani.

Da un momento all’altro, dalla sera alla mattina, ci è stato chiesto di essere responsabili di noi stessi, delle nostre azioni, di rispettare gli altri, di rinunciare alla nostra libertà, ai nostri modi di vivere, ai nostri hobby, agli affetti, alle amicizie, agli svaghi. Ognuno di noi deve fare la propria parte. Il motto sui vari social, alla televisione, alla radio diventa IORESTOACASA.

Questa emergenza sta provocando l’annullamento di ogni iniziativa, ha fatto chiudere le attività non di prima necessità, obbliga chi opera in prima linea – medici, infermieri – a fare turni senza senso, rischiando ogni giorno di essere contagiati, perché non godono delle misure necessarie e sufficienti per poter operare nel modo più sicuro.

Questo virus è arrivato all’improvviso, senza preavviso, coinvolgendo tutti, senza distinzione di categoria, ceto sociale, fede, politica, colore della pelle.

La mia vita è cambiata totalmente e mi sento prigioniera di casa mia. Prima di questo isolamento, trascorrevo la maggior parte delle ore fuori casa, per motivi di lavoro, per la partecipazione ai vari eventi sportivi organizzati nella mia provincia e dintorni, uscivo con gli amici/amiche, ero presente a qualsiasi camminata del fitwalking in compagnia di chi come me aveva il mio stesso hobby, frequentavo la famiglia con visite infrasettimanali e alla domenica era normale, se non avevo altri impegni, pranzare dai miei genitori.

Tutto questo si è fermato all’inizio di Marzo 2020.

Adesso trascorro quasi 24 ore su 24 tra le mura domestiche. Lavoro in un settore di prima necessità (mangimificio), dove non è possibile interrompere il lavoro e per non fermarlo ho dato disponibilità di continuarlo da casa, attraverso lo smart working, il lavoro agile. Terminate le ore di lavoro, svolgo in una zona della casa, un po’ di attività sportiva, affinché il mio corpo non risenta dello stare più ferma e per mantenere un equilibrio tra corpo e mente; tutto questo grazie ai video che gli istruttori condividono nei vari social. Durante il weekend riesco a dedicare più tempo a me stessa, alle pulizie più approfondite della casa, uso di più il cellulare per chiamare le persone che non si possono più frequentare, alcune volte si usano le videochiamate, con il vantaggio di vedersi, anche da lontano …  Attraverso Facebook, Instagram si condividono le notizie su questo virus, cercando di tenersi uniti, nonostante la distanza, provando a farsi coraggio a vicenda, perché l’unione fa la forza. Nelle grandi città, la gente esce sul balcone per cantare, per salutarsi, per farsi gli auguri di Buon Compleanno, che acquista ancora più importanza in questo triste periodo, perché si può “festeggiare” solo con sé stessi.

I negozi, i supermercati, le farmacie hanno messo a disposizione dei cittadini il servizio della spesa a domicilio, rivolto in primis ai soggetti più deboli e con determinate problematiche. Ai tempi del coronavirus, fare la spesa vuol dire entrare uno per volta, adottare tutte le misure di sicurezza, e nascosti dietro ad una mascherina, si cerca di fare il più velocemente possibile, senza incontrare gli sguardi di nessuno.

E’ in questi momenti che si capisce l’importanza della libertà, di fare quello che si vuole quando si vuole, senza dare alcuna giustificazione. Eppure, in questo periodo così triste e difficile per tutti, si è potuto vedere e si osserva ancor oggi, tanta ignoranza, superficialità ed indifferenza.

Questa epidemia diventata nazionale, è un “attacco” che abbiamo dovuto subire a livello fisico, ma anche a livello psicologico ed emotivo; non si tratta di una vera e propria guerra in quanto non c’è l’uso delle armi ma è pur sempre una guerra, dove i soldati siamo noi che cerchiamo di fare nel nostro piccolo la propria parte, mentre il conflitto è rappresentato dal virus.

Per chi vive da solo, come me, è necessario non farsi prendere dalla malinconia, dall’angoscia, dalla paura, dallo smarrimento generale del momento. Bisogna restare lucidi, mantenere i nervi saldi, atteggiamenti non proprio semplici da attuare a causa del panico, dell’insicurezza, dell’instabilità che questa situazione di emergenza sta dilagando, soprattutto perché non si sa fino a quando questo isolamento durerà; proprio per questi motivi non è possibile programmare nessun evento personale nel futuro, si deve vivere giorno dopo giorno. Per cercare di evadere un po’ dal presente, mi capita, nel tempo libero, di fantasticare su cosa farò quando la televisione darà il via … la prima cosa sarà correre dalla mia famiglia, ovviamente!

La mia speranza è che, il prima possibile, la ricerca in campo medico riesca a trovare un vaccino, per sconfiggere la pandemia.

Per chi ha la fortuna di vivere in famiglia, la convivenza forzata può avere delle ripercussioni negative, ma può anche rivelarsi positiva. Per le famiglie è comunque un modo di riscoprire il valore dello stare insieme, aiutarsi, far passare il tempo leggendo libri, facendo i compiti con i ragazzi che non possono andare a scuola, condividendo con loro l’istruzione on-line, giocando con i più piccoli, recuperando il tempo perso … reinventandosi la propria quotidianità, vivendo in un isolamento forzato, in una nuova dimensione di vita, più intima e di resistenza, sopravvivendo senza la regolare dimensione sociale.

Sicuramente tutto questo avrà un senso, che comprenderemo più avanti.

Il presente è difficile, ma il futuro spaventa ancora di più, mi auguro che tutte le attività che sono state interrotte possano riprendere ad operare, che venga restituito il lavoro a tutti e che ogni persona in difficoltà, venga effettivamente aiutata e non abbandonata.

Per ritornare ad una vita quasi normale, il cammino sarà lungo, lento e sicuramente le norme di sicurezza saranno adottate anche successivamente per non vanificare i sacrifici di adesso; i gesti che prima di questa tragedia immane erano scontati, normali, non si potranno ancora adottare, anzi si dovrà trovare un nuovo modo di salutarci evitando così la stretta di mano e gli abbracci.

Spero che l’uscita da questo periodo porti più solidarietà sociale tra le persone, meno egoismo, meno invidia, meno violenza, che cessino le guerre, che si dia più valore alla famiglia, a noi stessi, che ci si lamenti di meno e si agisca di più per apportare cambiamenti, si discuta per questioni importanti e non per motivi futili o per cose superflue, si continui a ricordare tutte le persone che sono morte in questa tragedia, e che si dia più importanza alla vita. 

Sicuramente il domani sarà diverso, solo insieme ne usciremo, tenendoci per mano anche se non siamo fisicamente insieme.

Rallentare non è una sconfitta, ma una vittoria.

Se ti vuoi bene rimani a casa, metti il virus alla porta.

Lontani ma vicini.

Distanti ma uniti.


 

Partecipazione al Concorso Letterario Racconti dal Piemonte 2019 con il racconto “La magia e la forza dello sport”. Il racconto è stato selezionato e pubblicato nell’Antologia edita da Historica Edizioni. La premiazione e la consegna degli attestati è avvenuta l’11 Maggio 2019 durante il Salone del Libro di Torino

 

LA MAGIA E LA FORZA DELLO SPORT

 

Domenica 13 Gennaio 2019 è stata una bellissima giornata…

Dopo ben diciassette anni dalla provincia di Cuneo sono ritornata nella capitale piemontese, per trascorrere delle ore in una stupenda palestra, per vivere lo Sport allo stato puro. Per spostarmi ho usato come mezzo pubblico il treno, nonostante fosse abbastanza pieno, sono riuscita a sedermi ed a fantasticare sugli sviluppi della giornata; per fortuna il viaggio è durato circa quaranta minuti, non ha avuto intoppi e sono riuscita a raggiungere la mia destinazione con la dovuta puntualità. Quando sono scesa a Torino Porta Nuova, sono rimasta stupita dallo scenario che mi si stava aprendo innanzi agli occhi, non potevo credere a quello che stavo vedendo, mi sembrava di essere scesa in un’altra città. Non riconoscevo più “Porta Nuova” che tanti anni fa, era stata per me, un luogo comune, in quanto studentessa pendolare. Oggi, la stazione è quasi una città, che mette a disposizione degli utenti una vasta gamma di servizi ed all’interno della quale si può effettuare shopping di tutti i tipi e per tutti i target.

Abbigliamento: si trovano marche di prestigio dove l’eleganza maschile è ineccepibile, per passare alla seduzione femminile grazie ad una semplice calza di ottima qualità resa tale dai filati e dalle tecniche di lavorazione con cui vengono realizzate. E’ anche importante indossare capi resi vivaci dai mille colori che li caratterizzano e per far sì che le persone rimangano al passo con la moda ed al tempo stesso semplici nel loro insieme, senza però perdere di vista né le donne sempre in movimento, uniche nel loro essere femmina, che trovano divertimento nel fare shopping, né le esigenze di chi vuol essere casual, semplice, sportivo. Un pensiero va anche alla moda internazionale, oltre a quella italiana, e “l’andare per negozi” ha come target donne, uomini ma anche bambini con particolare attenzione al rapporto tra qualità e prezzo e per questi ultimi ovviamente c’è un ampio spazio dedicato ai giocattoli.

Accessori: oltre all’abbigliamento, per chi ama viaggiare ed essere comodo durante il viaggio ci sono stores che mettono a disposizione borse e valigie ideali per ogni tipo di viaggiatore, infine come ulteriore accessorio non poteva mancare un negozio di gioielli, orologi e di calzature.

Cura della persona garantita dalla presenza di una farmacia comunale con personale qualificato, attento a risolvere nel migliore dei modi i problemi della clientela.

Libri e musica con riferimento alla cultura, rivolta a libri, album musicali ed a graziose idee regalo.

Food: infinite prelibatezze per godersi una pausa caffè, momenti di relax, pause sfiziose, veloci snack, degustazioni di determinati prodotti pregiati, la concessione di un peccato di gola … qui c’è veramente l’imbarazzo della scelta…

Hi-tech: negozi specializzati in telefonia ed in soluzioni elettroniche, informatiche, telefoniche che riguardano ogni ambito della vita quotidiana.

Tabacchi & gioco dove trovare tabacchi, ricariche, lotto – per chi vuol sfidare la fortuna e la dea bendata -, gadget e souvenir legati alla cultura ed alla città di Torino ed infine edicola con magazine, giornali di testate nazionali ed internazionali

Oltre a questi negozi, centri commerciali che hanno fatto rinascere, trasformato e ridato vita e colore a Torino Porta Nuova, ci sono i classici servizi tipici di una stazione, anche questi modernizzati ed adattati alla nuova veste. Tra questi servizi non poteva mancare la cabina digitale per fototessere per i documenti e/o per ricordare un momento speciale, ma, ahimè, in questa società così moderna, tecnologica e con il sopravvento di cellulari, smartphone, i-pod… con i selfie… mi sa che la cabina resterà un pezzo di antiquariato ed un servizio storico.

Dopo essere rimasta incantata di fronte a questo immenso cambiamento, a tutti questi negozi, centri commerciali, scale mobili che portano alla metropolitana, a tutti i servizi offerti, ecco che mi trovo nella parte esterna della stazione e mi incontro con il ragazzo che gentilmente mi è venuto a prendere, evitando così i mezzi pubblici della città; ragazzo che avevo conosciuto alcuni mesi prima in una convention sportiva organizzata nella palestra che frequento a Savigliano.

Il traffico, lo smog, gli autobus, i tram, gli interminabili semafori, quelli non sono cambiati, quella parte è rimasta intatta, uguale a diciassette anni fa.

Nonostante fosse stato difficile trovare un parcheggio, a quell’ora del mattino, circa le nove, Torino era deserta; ma io non ero andata a Torino per fare shopping, per ammirare le lunghe vetrine che caratterizzano la città, io mi ero recata a Torino per praticare sport, per divertirmi, per svagarmi, per cercare di lasciarmi alle spalle un evento che mi aveva fatto finire il 2018 non nel modo in cui avrei voluto…, per fare quello che potevo – praticare sport – con quello che avevo – il mio corpo – nel posto in cui ero – la palestra -. Volevo semplicemente essere libera! Volevo solo aver cura di me stessa pensando al mio benessere.

La palestra non è semplicemente il luogo dove si pratica l’attività sportiva, ma a mio avviso, la palestra oltre ad essere l’insieme degli strumenti che consentono alla persona di allenarsi, di mantenersi in forma, è formata da personale altamente qualificato. Istruttori, personal trainer, che giorno dopo giorno grazie alla loro passione, all’impegno, alla dedizione, fanno crescere la palestra motivando le persone che frequentano tale ambiente. Non tutte le persone iniziano a frequentare una palestra per essere, per rimanere belle fisicamente o per diventare solo muscoli, per alcuni sarà così, per altri invece iniziare ad andare in palestra significa superare dei blocchi collegati al passato per avvenimenti connessi a quello che oggi viene chiamato “bullismo”, in altri casi non sempre il mettere in mostra il corpo in mezzo ad altre persone è semplice. Si decide di frequentare una palestra per cercare di migliorare i propri difetti fisici che rimarranno per sempre, ma si possono rendere più accettabili, più leggeri anche moralmente, con un allenamento continuo, costante, duraturo nel tempo, per sfidare i propri limiti, perché molte volte uno non ha la forza di farcela da solo, ma ha bisogno di determinate persone, alcune volte è più facile parlare di cose personali e private con persone inizialmente sconosciute che poi poco per volta senza giudicarti, senza usare le solite frasi fatte e di circostanza, semplicemente ti ascoltano, ti prendono per mano, ti aiutano, nel tempo diventano amici/he, che senza tante parole, ti capiscono già da come varchi la porta della palestra.

Il titolo della convention: Training R-Evolution Day Suite New Generation.

Quella domenica, su quel palco della palestra, c’erano istruttori che hanno dedicato parte del loro tempo a noi partecipanti alla convention, che ci hanno consentito di star bene, di svagarci. Loro hanno lasciato per quelle ore le mogli, i mariti, i figli, le fidanzate, i fidanzati a casa, hanno lavorato duramente anche nei giorni precedenti l’evento, per far sì che, quella domenica, ogni tassello si incastrasse perfettamente nel punto giusto, ottenendo i risultati prefissati a monte. Io ringrazio, anche, chi ha dedicato parte del suo tempo a venirmi a prendere ed a riaccompagnarmi alla stazione, tenendomi compagnia fino all’arrivo del treno, chiacchierando, coinvolgendomi, dandomi la possibilità di partecipare a quella giornata, in quanto facente parte degli istruttori.

La giornata ha visto il susseguirsi di ben sette istruttori dotati di tanta professionalità, con tanta passione nello svolgere il loro lavoro e nel trasmettere motivazione, coinvolgimento e voglia di muoversi ai sessanta partecipanti che hanno aderito. E’ stata una full immersion sportiva, diverse lezioni in successione della durata di quaranta minuti, intervallate da cinque minuti di pausa per riprendere fiato e un po’ di forze; nonostante la fatica, sono state ore piene di energia, movimento, musica, fitness, benessere. Ore dedicate al corpo ed alla mente, lasciando da una parte i problemi quotidiani, ore che diventeranno un bellissimo ricordo nei giorni a seguire.

Lo sport, oggi giorno, come la scuola per i giovani, il lavoro per gli adulti, deve o dovrebbe occupare un ruolo di fondamentale importanza nella vita quotidiana di ogni essere umano. Per i giovani la pratica di un’attività sportiva è molto salutare in quanto li toglie da ore trascorse davanti al cellulare, computer e televisione, trascorrendo così altrettante ore in movimento. Rappresenta un investimento, un modo per allargare i propri orizzonti, conoscere nuove persone, scambiare le proprie idee, confrontarsi, sfogare la rabbia, i dispiaceri, le amarezze, si provano nuove sensazioni ed emozioni, consente anche di crescere perché non si smette mai di imparare. Per i più giovani, lo sport viene vissuto come un gioco, alcune volte proprio come un gioco di squadra, dove sperimentano ad uscire dal contesto “famiglia”, un ambiente conosciuto, ed incominciano a condividere gli spazi con altre persone della stessa età, imparano ad ascoltare e non sempre ad essere al centro dell’attenzione, osservano delle regole dettate dagli istruttori che hanno anche il compito di educare e cosa molto importante imparano a rispettare i compagni, gli avversari; apprendono che oggi si può vincere, essere felici, toccare il cielo con un dito, ma domani, nonostante tutto il buon impegno messo nell’allenamento si potrà perdere; la sconfitta farà male al morale, all’orgoglio, ma sarà l’inizio di un nuovo traguardo, inizieranno a comprendere che si impara più da sconfitta che da una vittoria. Il rialzarsi dopo una sconfitta renderà la persona più forte con un bagaglio di esperienza più variegato, aiuterà a capire ai giovani, ma anche agli adulti di tenersi ben strette quelle persone che si accorgono quando si è a terra, quando si è toccato il fondo, perché ti sporgeranno la mano per rialzarti mentre molti non vedranno neanche le cadute avute nel cammino della vita.

Lo sport significa impegno, superare i propri limiti, fare sacrifici per realizzare i propri sogni, porsi degli obiettivi, avere fiducia in noi stessi.

La pratica di uno sport è correlata anche ad una corretta alimentazione e norme di igiene alimentare.

Il mio 2018 è stato “Fantastico” in ambito sportivo e questo grazie a tutte le persone che mi sono state accanto in questo “mondo”, che giorno dopo giorno, grazie alla loro professionalità, pazienza, amore per il lavoro che svolgono, mi supportano e mi sopportano. Ciascuno in base alla propria personalità, esperienza, mi trasmette positività, tranquillità – almeno in quelle ore che cerco di dedicare a me stessa ed al mio corpo – cercando di dimenticare tutto quello che può farmi stare male, rattristarmi, farmi venire il malumore, provocarmi preoccupazioni… C’è chi ha la fortuna di capirmi senza tante parole, e questo è un gran dono, perché è una grande qualità che non contraddistingue tutti, inoltre frequentando in maniera costante la palestra mi è stata data la possibilità di partecipare a degli eventi che mi hanno fatto vivere emozioni indimenticabili, mi hanno regalato delle soddisfazioni che in nessun altro ambito provo, emozioni difficili da spiegare, perché solo vivendole si possono capire. Non sono fanatica delle fotografie, non ho tante foto di me, della mia famiglia, degli amici/he, non amo farmi i selfie, anche perché non rimango benissimo nelle foto, ma sono dell’idea che alcune volte non servono le foto, ci sono eventi, che per la loro peculiarità resteranno per sempre nella mia mente e nel mio cuore più di uno scatto, perché ci sono avvenimenti che mi fanno sentire più viva che mai, ci sono momenti fantastici che non si dimenticheranno mai, perché erano occasioni speciali e con persone speciali. Mi sento viva quando le persone che mi stanno accanto mi vogliono bene per come sono e non per quella che potrei essere, perché mi danno fiducia in quello in cui riesco meglio e mi aiutano a migliorare in quello in cui non riesco come vorrei. Nello sport ho avuto la fortuna di trovare persone che pur essendone impegnate, occupate, trovano sempre del tempo da dedicarmi, anche solo per un saluto, un abbraccio, una pacca sulla spalla, un messaggio per chiedermi come sto, per ricevere un complimento, per una battuta di incoraggiamento a seguito un periodo non facile della mia vita e negli ultimi anni ne ho avuti parecchi, per darmi uno stimolo, seppur piccolo ad andare avanti nonostante tutto, per coinvolgermi nelle attività sportive organizzate da chi ha una tal grinta ed un’energia da vendere, una motivazione per migliorare sempre più il rapporto tra corpo e mente, affinché l’umore sia sempre al top. Mi è stato insegnato che anche nello sport non si deve mollare, parole non sempre facili da mettere in pratica; nello sport c’è competizione, ma anche aiuto, al di fuori di questo ambiente molto spesso l’aiuto, la comprensione vengono meno e quindi anche il mollare è più facile e il combattere non ne vale la pena.

In ambito sportivo ho fatto molte conoscenze, che con il passare del tempo si sono trasformate in amicizie, vere, solide, con le quali si condividono gioie, ma anche dolori, persone che mi accettano così come sono, con i miei pregi, i miei difetti, che non mi additano in continuazione per farmi pesare gli errori, mi aiutano, mi consigliano – verbi che ormai non si usano più e non si sa neanche più il significato di queste due parole – e che hanno contribuito ad aumentare la mia autostima, qualità quasi inesistente.

Per me praticare sport, è diventato di fondamentale importanza, mi aiuta a combattere lo stress, aiuta a scaricare qualsiasi tensione nervosa, mi sento realizzata, mi sento me stessa, alleno non solo il fisico ma anche la mente.

Grazie allo sport ho incontrato delle persone speciali che mi comprendono, sono capaci di leggermi dentro, di regalarmi quella felicità, quella voglia di ridere, di divertirmi che avevo dimenticato, sono quelle persone che non ringrazierò mai abbastanza per averle incontrate sul mio cammino…

Concludo con due frasi che riassumono tutta la magia e la forza dello sport.

 

C’è un circolo virtuoso nello sport: più ti diverti più ti alleni;

più ti alleni più migliori; più migliori più ti diverti.

(Pancho Gonzales)

 

Per ogni individuo, lo sport è una possibile fonte 

di miglioramento interiore.

(Pierre de Coubertin)


 

Partecipazione al Concorso Letterario Racconti dal Piemonte 2020 con il racconto “Si aprono le porte del carcere: Ciak, si gira!”. Il racconto è stato selezionato e pubblicato nell’Antologia edita da Historica Edizioni.

 

SI APRONO LE PORTE DEL CARCERE: CIAK, SI GIRA!

 

In un determinato periodo dell’anno, verso la fine di settembre e gli inizi di ottobre, nella Casa di Reclusione “Rodolfo Morandi” di Saluzzo (CN), si alza il sipario per il tradizionale appuntamento con i detenuti, che diventano protagonisti e mettono in scena uno splendido spettacolo, raccontando attraverso il teatro temi della loro vita vissuta in carcere. Nonostante la storia che ognuno di loro ha alle spalle, riescono a recitare con maggior enfasi, portando sul palco scene della realtà carceraria. Tutto questo è possibile grazie alla compagnia “Voci Erranti”. Si tratta di un’iniziativa che il carcere mette a disposizione dei detenuti, per dar loro la possibilità di avere voce in capitolo.

Voci Erranti nasce nel 2000, all’interno dell’Ex Ospedale Psichiatrico di Racconigi (CN), facendo l’esperienza di un laboratorio teatrale con un gruppo di malati ed infermieri psichiatrici, e con loro si cerca di narrare, celebrare e soprattutto non dimenticare le persone che vivono ai margini.

Nell’ottobre del 2002 l’esperienza teatrale si sposta nel carcere di Saluzzo, ponendo l’attenzione al luogo (il carcere) e alle persone (i detenuti). Si tratta di un’Associazione ONLUS, senza finalità di lucro. La sua missione è rivolta alla formazione e alla produzione teatrale attraverso la promozione di attività culturali, artistiche e socio-educative collaborando con Università, Enti, Associazioni, Fondazioni ed Istituti Scolastici.

Voci Erranti ha come logo il simbolo di una barchetta che accompagna il loro viaggio errante. La barchetta esce da un muro per entrare in altre mura, per fare teatro con i detenuti. La recitazione è affidata ad una ventina di uomini; attraverso il teatro fisico hanno la possibilità di sentirsi ancora vivi, di poter ri-leggere il proprio vissuto, per prendere coscienza dei propri limiti e delle proprie capacità. Sono previsti due incontri alla settimana. Ci sono sbarre e cancelli da oltrepassare. Uno spettacolo nuovo all’anno aperto alla cittadinanza, dove si registrano più di mille spettatori ed oltre milleseicento studenti e docenti per il Progetto Educare alla Legalità. A mio parere, è giusto che anche i giovani entrino in contatto con questi luoghi, per far capire loro che se durante la loro vita compiono del male, dovranno rispondere dell’ingiustizia fatta e la penitenza è rappresentata da un luogo fuori dal mondo.

Nel 2004, per la prima volta, sono usciti fuori. Da quell’esperienza il gruppo è cresciuto e, oggi, esce mensilmente per replicare gli spettacoli in ambiti nazionali di Festival, di convegni e Stagioni Teatrali, senza la scorta della Polizia Penitenziaria; si tratta di un caso unico a livello nazionale a testimonianza di una buona pratica artistica in campo sociale.

E’ stato possibile realizzare i Laboratori Teatrali per due gruppi di detenuti, uno a Saluzzo, l’altro fa parte di un Progetto Teatrale in partenariato in collaborazione con l’Associazione Hestia per il carcere Salto del Negro di Las Palmas (Gran Canaria). Attualmente l’esperienza coinvolge i detenuti comuni e l’Alta Sicurezza, studia e realizza due nuovi spettacoli all’anno, che vede impegnati un gruppo di attori-detenuti in art. 21 e di ex detenuti che recitano in trasferta.

Tutto quanto detto finora è stato reso possibile grazie al lavoro importantissimo e scrupoloso svolto nel tempo ed all’impegno di tante persone coinvolte: la Direttrice, il Comandante, il Magistrato di Sorveglianza del Tribunale di Cuneo, le Educatrici dell’Istituto responsabili dell’Area Educativa, gli agenti di Polizia Penitenziaria.

Voci Erranti è uno dei fondatori del Coordinamento Nazionale del Teatro in Carcere, e dal 2017, è Cooperativa Sociale con lo scopo di creare opportunità di lavoro e di reinserimento sociale di persone diversamente avvantaggiate.

Nel dicembre 2018, a Roma, hanno ricevuto il premio della Critica ANCT (Associazione Nazionale Critici Teatrali) – Teatri delle Diversità, con lo spettacolo “La Classe”.

Si parte dal lavoro fisico in cui gli attori si mettono in gioco con corpo, anima e mente per arrivare al traguardo della messa in scena. Le esibizioni rappresentano un punto di arrivo, per far vedere alla comunità che sono ancora in grado di comunicare e di trasmettere delle emozioni, facendo esplodere i sentimenti che provano e che vivono quotidianamente.

È un viaggio interiore che richiede fatica e sincerità. È un’immersione che coinvolge la persona e il gruppo. E’ un percorso di ricerca di sé stessi, un viaggio introspettivo, un’analisi, una sfida. 

Per loro ascoltare significa giocare con il corpo, riappropriarsi del respiro e del tempo, dare voce ai sensi, al rito e alla parola; raccontare equivale a prendere coscienza della propria creatività e ritrovare modi per costruire relazioni autentiche in uno spazio senza giudizio, spazio rappresentato dai laboratori di Voci Erranti.

Ho avuto l’occasione di partecipare a due spettacoli. Per me entrare in una casa di reclusione, ha avuto un impatto emotivo molto forte. Varcare quella soglia, significa avere un incontro con essere umani che fanno parte della società, ai quali generalmente non pensiamo, in quanto ci è più facile giudicarli a priori ed evitarli.

Il carcere è un posto dove vigono delle regole, pieno di cancelli e di sbarre da oltrepassare, dove alle comuni celle si affiancano quelle di isolamento, che accolgono i detenuti considerati un pericolo sociale, dove vengono compiuti atti di autolesionismo, dove le celle contengono più persone di quelle che possono realmente ospitare. Non sempre l’inserimento di un detenuto è accettato positivamente dagli altri, per via della convivenza forzata tra estranei e dalla presenza di problematiche quali la tossicodipendenza, la violenza verbale e fisica, i problemi psichici che possono far nascere discussioni animate e concludersi con dei feriti.

La prenotazione a questi spettacoli è obbligatoria, può essere fatta telefonicamente oppure online, lasciando i propri dati personali. Occorre presentarsi mezz’ora prima dell’inizio della recita per la verifica dell’autorizzazione, essere muniti di un documento di riconoscimento in corso di validità e di quanto necessario per il pagamento dell’ingresso. Per i minorenni, entrambi i genitori devono compilare il modulo del consenso. Non sono ammessi dispositivi elettronici, cellulari, zaini, borse, ombrelli o altro. Dopo il metal detector si attraversa una specie di garage, tetro, triste, al fondo la porta che si apre immette nel cortile, dove i detenuti nelle ore ricreative, chiacchierano con altri compagni di cella, giocano a calcio, fumano, respirano un po’ di aria, si mettono in contatto con i propri cari, fantasticano sul futuro, si sentono per quanto sia difficile, vivi. Durante l’attraversamento si vedono solo le griglie alle finestre delle celle, si respira, per chi è esterno, un’aria pesante, malinconica. Tutti i luoghi sono controllati dagli agenti del Carcere. Finalmente si entra nella sala, ovviamente senza finestre, solo un’uscita di emergenza e una porta che accede all’interno del Carcere. Gli spettatori vengono disposti su delle gradinate, dietro c’è la regia che ha il compito di colorare il luogo grazie al gioco di luci e di suoni.

Le luci si abbassano, lo spettacolo inizia, gli attori entrano, il pubblico diventa muto.

Anno 2018 – FUORI DI TESTA

Il laboratorio teatrale di cui fanno parte i detenuti è curato e diretto da Grazia Isoardi, regista dell’Associazione Voci Erranti, mentre la coreografia è affidata a Marco Mucaria.

Tutti gli attori sono vestiti di bianco.

Un titolo che non fa presagire nulla di buono ma, anticipa ed affronta un tema di fondamentale importanza, per chi deve vivere all’interno di un determinato ambiente. Il locale dove avvengono le prove e dove viene presentato al pubblico lo spettacolo è il carcere stesso. La cella nella quale vivono è paragonata ad una scatola collocata fuori dall’abitato (nel caso in questione il carcere di Saluzzo dista poco più di tre Km dalla città), fuori dal tempo, dal mondo. Il detenuto è per sua natura uno “spostato”, strappato all’amore, all’affetto dei propri cari e degli amici, costretto a cambiare cella e sezione, allontanato dal suo territorio e dal contesto in cui viveva. Lo stare chiuso in quel luogo, solo o in compagnia di un altro detenuto, con il quale, probabilmente, potrà nascere un rapporto di amicizia, può mandare, forse, fuori di testa. Sono persone comuni che ad un certo punto nella loro vita, qualcosa non è andato come avrebbe dovuto, si sono macchiati di una “colpa”, diretta e/o indiretta, per avere reagito in maniera negativa o eccessiva ad un comportamento, ad un’azione, per aver visto un qualcosa che non avrebbero dovuto vedere, per essere al posto sbagliato nel momento sbagliato. La conseguenza di un’azione non legale li ha portati a varcare una porta che mai avrebbero pensato.

I detenuti hanno a volte la sensazione di vivere all’interno di un manicomio: una nave di folli, che recita una farsa per anestetizzare e tranquillizzare le coscienze e gli animi. Una scatola vista come un contenitore che ospita delle persone che durante la loro esistenza, sono andate fuori legge, fuori dalle righe e si cerca di portarle sulla retta via. La recitazione forse è la terapia giusta, per prepararli alla nuova vita, per affrontare un mondo che è il medesimo nel quale loro stessi ne erano i protagonisti, prima di entrare in quella scatola, dove per loro il tempo si è fermato, ma il mondo è andato avanti, quindi si devono allenare per affrontarlo nuovamente, per riconquistare la fiducia delle persone, per ripartire da zero, per ritornare ad essere normali.

Qui di seguito, un’osservazione di un detenuto, di nome Rachid.

Cosa mi piace del teatro?

La solitudine dell’attore in scena.

Le luci spente, il pubblico muto.

In quel momento io divento sordo e non vedo più nulla, tranne un filo invisibile che mi collega alla platea e mi sento come fossi inchiostro mentre il pubblico è la carta bianca; mi sento leggero.

Sono altrove.

La mia chiave di lettura è la seguente: recitare lo fa star bene, il testo diventa “creatura” che si sviluppa, cresce e porta l’artista-detenuto ad avere una parte attiva nella scena. Nel momento in cui le luci si spengono, l’attore-detenuto cerca di far recepire al pubblico il messaggio che attraverso le azioni, le parole, i gesti, la musica, vuole esprimere e solo in quell’istante si concentra su sé stesso, per sfogare le proprie rabbie e lì non si sente più soffocato, ma avverte una sensazione di leggerezza e di libertà, trovandosi in un’altra dimensione.

Fuori di Testa è stato replicato in via speciale agli inizi di Dicembre 2018, per uno scopo benefico. Con il ricavato, ottenuto dalla vendita dei biglietti è stato acquistato un forno da pane per i detenuti del carcere della capitale del Burkina Faso, e per garantire una pagnotta di pane al giorno, sono stati organizzati per i carcerati locali, dei corsi di panificazione. Iniziativa nata su proposta dell’Associazione saviglianese “Noi con voi”, impegnata nei progetti di cooperazione umanitaria in Africa.

Anno 2019 – SCUSATE L’ATTESA

E’ una riflessione sul tempo; fuori passa troppo veloce e dentro è eterno. La vera condanna del recluso è questa sospensione temporale, un’attesa vuota come in una sala d’aspetto di una stazione senza luogo e senza tempo dove non passerà nessun treno. Il tempo è analizzato nelle sue varie sfaccettature:

passato, ciò che hanno commesso,

presente, come stanno vivendo,

futuro, non tutti sono sicuri di avere un futuro, perché potrebbero aver avuto una sentenza di condanna a vita e quindi il loro domani sarà senza prospettive. Per chi, invece, ha qualche speranza, il pensiero va al re-inserimento nel mondo.

I volantini dello spettacolo consegnati all’ingresso riportavano quanto segue (tra parentesi alcune mie considerazioni personali).

Il tempo dentro (eterno),

Il tempo fuori. (non si ha il tempo per vivere tutto)

Dentro il tempo è morto. (ma può essere utile per riflettere su quanto fatto)

E fuori? (corre troppo in fretta)

Tempo legale, (Alternanza dell’ora legale con quella solare)

tempo musicale, (la musica che aiuta a distrarci)

Io sono sempre fuori tempo.

Tranquilli,

siamo ancora in tempo.

Per cosa?

Arriviamo tardi e andiamo via troppo presto.

Perché?

Quante idiozie facciamo per ammazzare il tempo.

Per tutto c’è un tempo: un tempo per cercare e uno per perdere, un tempo per amare e uno per odiare, un tempo per parlare e un tempo per tacere. In carcere il tempo è morto. E allora non mi rimane che aspettare.

Diceva Qolet nell’Antico Testamento, e lo ha ripreso Ivano Fossati, che c’è un tempo per tutto eppure quello dell’attesa è vissuto con ansia e frustrazione. E non possiamo liberarci facilmente dell’ambiguità della vita con il suo alternarsi di presenza-assenza, “non più-non ancora”. Forse la musica è riuscita a rendere nel modo più concreto questo dualismo, ma con ritmi più definiti rispetto alle vicissitudini della vita. Non ci resta che ballarci sopra, perché, tutti siamo dentro a questo ballo.

La battuta finale dell’esibizione è stata la seguente: “Voi andate pure a casa, che noi abbiamo imparato ad aspettare”.

Al termine di entrambi gli spettacoli ci sono stati applausi infiniti, incessanti, come se il pubblico non volesse congedarsi da loro, un modo per ritardare il commiato tra gli attori-detenuti e la comunità, per impedire loro di ritornare subito nelle celle, senza avere la possibilità di parlare con la platea. Una breve presentazione degli attori, uno ad uno pronunciano i loro nomi, italiani e non, poi il saluto definitivo. I volti delle persone sono tristi, gli occhi lucidi, si ha un nodo in gola, con dispiacere si esce di nuovo in quel cortile, più tristi di prima, pochi riescono a parlare, c’è stupore di come certe persone riescano a recitare così bene, si vede la loro voglia di riscattarsi, di chiedere perdono attraverso la recitazione, di mettersi in gioco, per riuscire, forse a cambiare.

Un augurio di libertà per tutti, prima o poi, che possiate ritornare dalle Vostre famiglie, cercando di recuperare il tempo perduto, riflettendo sull’esperienza, personale e teatrale, vissuta in carcere.

A Grazia, ai suoi collaboratori, al cast, continuate a credere nel lavoro riabilitativo che state facendo, per l’effetto terapeutico che ha e per i viaggi, interiori e non che vi porterà a fare!

 

“Siamo sempre stati artisti senza saperlo”.

Molière


 

Articolo sul Saviglianese, giornale locale, della città dove sono nata

 

image11

 

 

 

 


 

 

Partecipazione al Concorso Letterario “Premio Internazionale di Poesia Inedita Parole in fuga” con la poesia “Virale”. La poesia è stata selezionata e verrà pubblicata nell’Antologia Parole in fuga edita da Aletti Editore

 

POESIA “VIRALE”

 

2020 anno bisestile

un anno non proprio gentile,

il diffondersi di un virus

di nome Coronavirus.

 

Abbracci e baci, gesti scontati,

diventano contesti vietati.

I nostri affetti diventano difetti.

La distanza tra le persone

rappresenta una soluzione.

 

Distanti ma uniti.

Lontani ma riuniti.

 

Lavarsi accuratamente le mani,

pare che allontani il contagio

seppur adagio adagio …

 

La mascherina che copre il viso

è un nuovo dispositivo usato all’improvviso.

I guanti, non comodi da indossare,

sono una protezione per non infettare.

 

Restrizioni a tutto andare

“Resta a casa, non obiettare”

Un’autocertificazione dovrai compilare

ed una giustificazione dovrai spiegare.

 

I camici bianchi, in prima linea, sono sempre in azione

anche se in mancanza di protezione.

 

In quarantena abbiamo trascorso

il periodo pasquale,

chiusi nelle nostre abitazioni,

in maniera inusuale.

 

restiamo dentro ORA

per tornare a vivere DOMANI.


Partecipazione al Concorso Letterario Viaggi di Versi XVI edizione Casa editrice Pagine. La poesia L’immenso Blu è stata selezionata per essere pubblicata all’interno della nuova collana di poeti contemporanei “Luci sparse”

 

L’IMMENSO BLU

 

Seduta in riva al mare

ammiro l’orizzonte, l’immenso blu,

assaporando la libertà, la pace e l’armonia.

 

Odoro la fresca e frizzante brezza marina …,

ascolto il rumore delle onde infrangersi sugli scogli …

scorgo con incanto il gioco di luci-colori del tramonto.

 

Vorrei essere un gabbiano, per spiccare il volo,

con leggerezza, verso l’infinito, senza pensieri,

alla ricerca della libertà e al superamento dei limiti.

 

Solo in quell’immenso blu, riesco a sognare,

ad occhi aperti, ad essere me stessa, a sperare

ed il naufragar m’è dolce in questo mare …!


 

IL MARE, I SUOI COLORI, LE SUE SFUMATURE, LE SUE MERAVIGLIE

 

image2

 

 

 

 

 

 


 

 

 

image10

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 

image13